Ritorno a Nikolajevka
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Ritorno a Nikolajevka

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Ritorno a Nikolajevka

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Informazioni sul libro

Un desiderio e una sfida: ripercorrere a piedi il tragitto della drammatica ritirata delle truppe italiane in Russia nel gennaio del '43, dal fronte sul fiume Don a Nikolajevka. A distanza di quasi 70 anni, cinque camminatori esperti partono per rivivere i luoghi attraversati dagli alpini della divisione Tridentina nella lotta stremata per la salvezza. Un reportage appassionato che racconta come nasce l'idea, l'organizzazione del viaggio e l'avventura di sei giorni in cammino, nella neve e senza mezzi di trasporto. Con tutte le informazioni utili per chi desiderasse ripetere l'esperienza. Un viaggio alla ricerca del passato del nostro Paese che conduce all'incontro con un popolo non più nemico e forse mai stato tale.

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Informazioni

Anno
2015
ISBN
9788861899421
Categoria
Viaggi
La grande ritirata

Martedì 18 gennaio

Martedì mattina: ci troviamo in aeroporto.
Finalmente il momento è arrivato. La ricerca di informazioni, la scelta dell’equipaggiamento, le decisioni di non portare le tende e di non cercare alberghi fanno parte del passato. È l'ora di partire.
Ci attende un lungo viaggio, in volo da Orio al Serio a Mosca (Aeroporto Domodiedovo) e poi in treno da Mosca a Rossoš’.
Arriveremo a Mosca nel pomeriggio per salire la sera sul treno che ci porterà a destinazione nel pomeriggio del giorno dopo.
Viaggiamo con indosso gli scarponi e l’abbigliamento più prezioso, nel bagaglio a mano teniamo il sacco a pelo e le cose più importanti. Dedichiamo al rotolo delle carte topografiche le stesse cure che potremmo riservare a un antico vaso cinese... Anche se siamo molto carichi non superiamo i limiti di peso.
Atterriamo a Domodiedovo e seguiamo alla lettera le indicazioni di Gianna come se fossero le istruzioni di una caccia al tesoro. Cambiamo i primi euro in rubli e saliamo sul trenino Aeroexpress che ci porta alla stazione di Paveleckij.
Alessio ci dice che il suo gruppo Ana ha stanziato 500 euro per il viaggio. Avevamo deciso che il cammino non sarebbe stata l’espressione di nessuna organizzazione, ma gli alpini di Casatenovo sono stati simpaticissimi fin dal primo giorno (e lo saranno anche in seguito). Accettiamo allora il loro contributo anche per risarcire Alessio delle spese sostenute per rifare passaporto e visto. È anche un modo per farli “camminare” con noi.
Arriviamo alla stazione, manca qualche ora alla partenza e possiamo fare un giretto per Mosca. Non abbiamo molto tempo, ma ci proviamo lo stesso. Ci muoviamo nei pressi della stazione, arriviamo solo fino a un ponte sulla Moscova. Non arriviamo alla Piazza Rossa, ma ci andremo al nostro ritorno. I marciapiedi ghiacciati ci fanno pensare alla scelta di non portare i ramponcini… avremo fatto bene?
Al rientro in stazione ci raggiungono due amici di Arutjun con i biglietti per Rossoš’: “Non hanno la faccia da russi! Sembrano arabi…”. Capiamo che hanno origini armene.
Comunichiamo in inglese, ricordiamo loro che il biglietto di Alessio riporta il numero del passaporto smarrito.
Mostrano biglietti e documenti alla capotreno che dà il suo benestare, forse non si è accorta della differenza dei numeri, ci sarà comunque un secondo controllo della capotreno e uno della polizia.
Alle 21.04 partiamo. Siamo in scompartimenti da quattro persone, sono molto più comodi delle aspettative, i sedili sono cassepanche capienti e nel vano sopra il corridoio ci stanno gli zaini. Non è un treno ultra-tecnologico di ultimissima generazione, è però ben pensato per chi viaggia con tanti bagagli.
Stiamo viaggiando da un po’, quando passa un poliziotto a controllare i documenti. Ci indica delle monete, forse vuole dei soldi, gli mostriamo un euro e capiamo che le colleziona. Ce lo restituisce, ma glielo regaliamo e lui ringrazia contento. Per un momento abbiamo pensato alla richiesta di una “mancia”.
In ogni viaggio c’è sempre una fase di avvicinamento che precede il “cuore” del viaggio stesso.
Questo viaggio non è stato organizzato da un’agenzia, non siamo accompagnati e non abbiamo guide da seguire. È un viaggio che chiede di essere sempre ben attenti a ciò che ci circonda, a tutto ciò che può accadere.
La non conoscenza della lingua ci chiede ancor più di prestare attenzione a ogni cosa, soprattutto di essere molto intuitivi.
La carrozza è calda, caldissima; facciamo fatica a dormire, ma in Russia non faceva freddo???
Il riscaldamento è offerto da una stufa a legna nel corridoio.
Anche gli alpini arrivarono in Russia in treno, una delle prime sorprese fu il diverso scartamento dei binari che impediva di proseguire ai treni italiani.
Le strade asfaltate in Russia erano rare, ci si muoveva su percorsi di terra battuta che, alla fine dell’inverno, diventava fango. Molti arrivarono al Don a piedi dopo centinaia di chilometri di marcia e spingendo spesso i mezzi bloccati nel fango.
Ci rinfreschiamo la memoria in merito alle varie vicende, c’è chi ha letto qualche libro e chi ha ascoltato il racconto dei reduci. Cristiano e Diego ripassano i testi che leggeranno davanti ai monumenti.
Ci siamo immaginati molte volte in cammino e ogni volta che si è aggiunto un tassello del mosaico abbiamo ipotizzato i vari contesti, dagli incontri con la gente alla bufera o ai possibili dolori causati dallo sforzo e dal freddo.

Le scarpe di stracci

Fra le immagini classiche della ritirata ci sono le “scarpe” fatte con le coperte.
Si dice che gli scarponi chiodati invece di proteggere dal freddo, aumentavano la dispersione di calore. Molte scarpe erano fatte con materiali inadeguati per cui si spaccavano, erano le cosiddette “scarpe di cartone”. Devo dire però che non ho letto nulla in tal senso, ne ho solo sentito parlare.
Nelle lunghe marce della ritirata molti perdono le scarpe nel fango profondo che le trattiene. I piedi si congelano e si gonfiano. Qualcuno preferisce togliere le scarpe perché limitano la circolazione sanguigna causando forti dolori, avvolge attorno ai piedi coperte e stracci legati con spago e fil di ferro.
In Centomila gavette di ghiaccio Scudrèra si avventa come tanti su un mulo morto, non riesce a ottenere un pezzo di carne, ma toglie un ferro dallo zoccolo e lo lega sotto la coperta che gli avvolge un piede per non scivolare.
I reduci parlano dei valenki, gli stivali dei soldati russi. Li invidiano molto, perché proteggono dal freddo e sono di un materiale che consente al piede di non gonfiarsi a differenza degli scarponi italiani che molti devono tagliare per liberare i piedi gonfi.

Mercoledì 19 gennaio

La mattina prepariamo un tè prendendo l’acqua da una caldaia del vagone a disposizione dei passeggeri: basta aprire il rubinetto dell’acqua. Non siamo abituati a un servizio così, abbiamo sistemato i bagagli senza problemi e c’è pure l’acqua calda!
In seguito Gianna mi spiegherà che è una tradizione russa quella di avere l’acqua calda per fare il tè sempre pronta: il samovar è costantemente acceso in ogni casa.
Il paesaggio russo è... bianco. Attraversiamo villaggi e città, la ferrovia è sempre seguita da alberi, scopriremo poi che accompagnano ogni strada, immaginiamo che servano a proteggere dal vento e capiremo poi quanto siano preziosi, sono spesso betulle.
Nicola è stato in Russia per la salita al monte Elbrus e ci spiega alcune cose.
Il treno si ferma in qualche stazione in cui salgono delle signore che vendono pesci, scialli e sciarpe.
Ci domandiamo se i pesci di fiume siano essiccati o affumicati. Cristiano (il nostro specialista ittico) ci dirà che forse si tratta di Gardon (Rutilus-rutilus) essiccati.
Vendono anche scialli e sciarpe fatti a maglia. Io penso siano scialli semplici e comuni... invece sono quelli tipici di Orel, solitamente bianchi o grigi, quadrati da mettere in testa, molto caldi e vaporosi. Non avrei mai pensato al termine "vaporoso" per defirli, ma mi hanno detto che è il più adatto. Mostrano anche pelli di animali.
Gianna ci dirà poi che vengono venduti anche granchi di fiume e pagnottine salate...

Indice dei contenuti

  1. Da Belogor’e a Nikolajevka (20-25 gennaio 2011)
  2. Premessa
  3. Ideazione, progettazione, preparazione, partenza
  4. La grande ritirata
  5. Appendici
  6. I libri di Terre di mezzo Editore