Capitolo Primo: Cosa sono e come sono scritti i Quaderni del carcere
La genesi
«È questa una macchina mostruosa che schiaccia e livella [...]. Certo io resisterò»
Alle 22,30 dell’8 novembre 1926 il deputato comunista Antonio Gramsci, segretario del suo partito, venne arrestato nella casa dove aveva affittato una camera, in via Giovan Battista Morgagni n. 25 a Roma, e rinchiuso in stretto isolamento presso il carcere di Regina Coeli.
Già nella prima lettera dal carcere che di lui si conservi, dopo essersi scusato con la sua padrona di casa «per i disturbi e i fastidii [...] i quali non entravano, in verità, nell’accordo di inquilinato», Gramsci chiede immediatamente di poter ricevere tre libri:
Vorrei avere questi libri: 1° la Grammatica tedesca che era nello scaffale accanto all’ingresso; 2° il Breviario di linguistica di Bertoni e Bartoli che era nell’armadio di fronte al letto; 3° gratissimo le sarei se mi inviasse una Divina Commedia di pochi soldi, perché il mio testo lo avevo imprestato. Se i libri sono rilegati, occorre strappare il cartone, badando che i fogli non si stacchino [...]
Antonio Gramsci ha insomma ben chiara, fin dai primi giorni della sua detenzione, la necessità di rendere il tempo che lo attende in carcere essenzialmente un tempo di studio. E si tratta di un tempo lungo: Gramsci non si fece mai illusioni a proposito della durata della sua detenzione; se già nella citata lettera alla signora Passarge invita la sua pigionante a «ritenere libera la stanza e disporne», nella prima lettera a sua moglie Giulia (Julca) Schucht respinge implicitamente da sé l’idea, avanzata dalla donna «che noi due siamo ancora abbastanza giovani per poter sperare di vedere insieme crescere i nostri bambini», e il 25 aprile 1927 scrive alla madre: «sono anche arcisicuro che sarò condannato e chissà a quanti anni». Il 12 marzo 1928, prima ancora del processo, scriverà a sua madre:
Adesso sarò certamente condannato a molti anni, nonostante che l’accusa contro di me si basi su un semplice referto della polizia e su impressioni generiche incontrollabili [...]. Ecco perché io sono così tranquillo. Tu pensi che ciò che deve contare non sono queste circostanze accessorie, ma il fatto reale della condanna e del carcere da soffrire? Ma devi anche contare la posizione morale, non ti pare? Anzi è solo questo che dà la forza e la dignità: il carcere è una bruttissima cosa; ma per me sarebbe anche peggiore il disonore per debolezza morale e per vigliaccheria.
Se volessimo (utilizzando anche noi il metodo di studio a cui Gramsci fu costretto) percorrere fino in fondo le labili tracce e i riposti significati della primissima lettera scritta dal carcere alla sua padrona di casa, allora si potrebbe sottolineare che lo studio a cui Gramsci si dispone presenta già dei connotati precisi: esso riguarda argomenti di alta cultura, für ewig (per sempre) come lo stesso Gramsci scriverà più tardi, cioè non limitati o troppo immediatamente legati alla contingenza politica; ed entro quest’ambito o livello unificante Gramsci allude a tre direttrici: lo studio delle lingue straniere (qui il tedesco) per potere tradurre; gli interrotti (ma sempre presenti) studi universitari di linguistica; la Divina Commedia, cioè il testo letterario per antonomasia della nostra tradizione culturale. Tutte e tre queste direttrici qui subito accennate nei primissimi giorni della detenzione saranno peraltro percorse, in varia misura, nel corso del lungo lavorio dei Quaderni. Inizia insomma fin dai primi giorni del carcere la lotta personale e psicologica, ma anche politica, di Gramsci contro i devastanti effetti di abbrutimento che il carcere reca con sé:
[...] ho sempre la paura di essere soverchiato dalla routine carceraria. È questa una macchina mostruosa che schiaccia e livella secondo una certa serie. Quando vedo agire e sento parlare uomini che sono da 5, 8, 10 anni in carcere, e osservo le deformazioni psichiche che essi hanno subìto, davvero rabbrividisco, e sono dubbioso nella previsione su me stesso. Penso che anche gli altri hanno pensato (non tutti ma almeno qualcuno) di non lasciarsi soverchiare e invece, senza accorgersene neppure, tanto il processo è lento e molecolare, si trovano oggi cambiati e non lo sanno, non possono giudicarlo, perché essi sono completamente cambiati. Certo io resisterò.
Questa determinazione morale di Gramsci, talvolta eroica anche se mai retoricamente atteggiata o autocompiaciuta («Io non voglio fare né il martire né l’eroe. Credo di essere semplicemente un uomo medio, che ha le sue convinzioni profonde, e che non le baratta per niente al mondo»), è il terreno su cui si costruisce l’intero edificio dei Quaderni. Non a caso lo stesso verbo, «resistere», comparirà all’estremo opposto della parabola di Gramsci, in una delle ultimissime sue lettere a Giulia, datata 25 gennaio 1936:
In verità io mi trovo in questa situazione da molti anni, forse dallo stesso 1926, subito dopo il mio arresto, da quando la mia esistenza è stata, bruscamente e con non poca brutalità, costretta in una direzione data da forze esterne e i limiti della mia libertà sono stati ristretti alla vita interiore e la volontà è diventata solo volontà di resistere.
«Rendre la vie impossible»
In questo sforzo di resistenza intellettuale e morale Gramsci è praticamente solo: mentre si logorano progressivamente, e all’inizio degli anni Trenta drammaticamente, i legami con il suo partito, si allentano inevitabilmente quelli che lo univano alla famiglia sarda, mentre la moglie russa Giulia Schucht, lontana e malata, sembra sempre meno in grado di sostenere il peso, anche psicologico e affettivo, della corrispondenza con il marito in carcere.
Ma sono al fianco di Gramsci (e lo resteranno fino alla fine) due straordinarie presenze: Sraffa e Tania.
Il grande economista Piero Sraffa, che aveva conosciuto Gramsci ai tempi dell’“Ordine Nuovo”, offre a Gramsci il sostegno della sua amicizia (fu l’unico non parente che potè visitarlo in carcere, già nell’agosto 1927 a San Vittore e poi fino all’ultimo, nelle cliniche di Formia e di Roma, mentre nel 1930 si era recato a trovare la famiglia di Gramsci in Unione Sovietica) e aiuta lo studio di Gramsci in...