De Sanctis, Gramsci e i pro-nipotini di padre Bresciani
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De Sanctis, Gramsci e i pro-nipotini di padre Bresciani

Studi sulla tradizione culturale italiana

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De Sanctis, Gramsci e i pro-nipotini di padre Bresciani

Studi sulla tradizione culturale italiana

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Un libro che sfida la "proibizione del passato" che caratterizza i nostri tempi, mettendo al centro Francesco De Sanctis e Antonio Gramsci in un'analisi approfondita della Storia della letteratura italiana e dei Quaderni del carcere. Mordenti ne analizza il contesto storico, le concrete linee di rapporto (Umberto Cosmo) e loro variegata (s)fortuna critica cercando di illustrare una specifica tradizione culturale italiana. Guardando a tale tradizione emerge infatti un costante contrappunto, o – se si vuole – un'ombra negativa, duratura e purtroppo spesso vincente, "un convitato di pietra della storia culturale della nazione italiana, tanto sgradevole quanto imprescindibile": le forze dell'anti-Risorgimento, il trasformismo e il gesuitismo che prevalsero su De Sanctis; il fascismo e la sua "intellettualità delinquente" che prevalsero su Gramsci. Entrambi riassunti nella cultura del berlusconismo che – nelle sue varie espressioni – prevale pressoché incontrastata ai giorni nostri. La riproposta della categoria polemica dei "brescianesimo" è dunque un polo indispensabile per la ricostruzione della specifica tradizione culturale italiana: il romanziere gesuita padre Bresciani oggetto dalla polemica desanctisiana, i "nipotini di padre Bresciani" su cui Gramsci esercitò il suo sarcasmo appassionato, lasciano oggi il posto secondo Mordenti ai "pro-nipotini di padre Bresciani", incensati dal mainstream giornalistico dominante.

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Informazioni

Editore
Bordeaux
Anno
2019
ISBN
9788832103373
Capitolo Primo: Cosa sono e come sono scritti i Quaderni del carcere
La genesi
«È questa una macchina mostruosa che schiaccia e livella [...]. Certo io resisterò»
Alle 22,30 dell’8 novembre 1926 il deputato comunista Antonio Gramsci, segretario del suo partito, venne arrestato nella casa dove aveva affittato una camera, in via Giovan Battista Morgagni n. 25 a Roma, e rinchiuso in stretto isolamento presso il carcere di Regina Coeli.
Già nella prima lettera dal carcere che di lui si conservi472, dopo essersi scusato con la sua padrona di casa «per i disturbi e i fastidii [...] i quali non entravano, in verità, nell’accordo di inquilinato», Gramsci chiede immediatamente di poter ricevere tre libri:
Vorrei avere questi libri: 1° la Grammatica tedesca473 che era nello scaffale accanto all’ingresso; 2° il Breviario di linguistica di Bertoni e Bartoli474 che era nell’armadio di fronte al letto; 3° gratissimo le sarei se mi inviasse una Divina Commedia di pochi soldi, perché il mio testo lo avevo imprestato. Se i libri sono rilegati, occorre strappare il cartone, badando che i fogli non si stacchino [...]475
Antonio Gramsci ha insomma ben chiara, fin dai primi giorni della sua detenzione, la necessità di rendere il tempo che lo attende in carcere essenzialmente un tempo di studio476. E si tratta di un tempo lungo: Gramsci non si fece mai illusioni a proposito della durata della sua detenzione; se già nella citata lettera alla signora Passarge invita la sua pigionante a «ritenere libera la stanza e disporne», nella prima lettera a sua moglie Giulia (Julca) Schucht respinge implicitamente da sé l’idea, avanzata dalla donna «che noi due siamo ancora abbastanza giovani per poter sperare di vedere insieme crescere i nostri bambini»477, e il 25 aprile 1927 scrive alla madre: «sono anche arcisicuro che sarò condannato e chissà a quanti anni»478. Il 12 marzo 1928, prima ancora del processo, scriverà a sua madre:
Adesso sarò certamente condannato a molti anni, nonostante che l’accusa contro di me si basi su un semplice referto della polizia e su impressioni generiche incontrollabili [...]. Ecco perché io sono così tranquillo. Tu pensi che ciò che deve contare non sono queste circostanze accessorie, ma il fatto reale della condanna e del carcere da soffrire? Ma devi anche contare la posizione morale, non ti pare? Anzi è solo questo che dà la forza e la dignità: il carcere è una bruttissima cosa; ma per me sarebbe anche peggiore il disonore per debolezza morale e per vigliaccheria479.
Se volessimo (utilizzando anche noi il metodo di studio a cui Gramsci fu costretto)480 percorrere fino in fondo le labili tracce e i riposti significati della primissima lettera scritta dal carcere alla sua padrona di casa, allora si potrebbe sottolineare che lo studio a cui Gramsci si dispone presenta già dei connotati precisi: esso riguarda argomenti di alta cultura, für ewig (per sempre) come lo stesso Gramsci scriverà più tardi, cioè non limitati o troppo immediatamente legati alla contingenza politica; ed entro quest’ambito o livello unificante Gramsci allude a tre direttrici: lo studio delle lingue straniere (qui il tedesco) per potere tradurre; gli interrotti (ma sempre presenti) studi universitari di linguistica; la Divina Commedia, cioè il testo letterario per antonomasia della nostra tradizione culturale. Tutte e tre queste direttrici qui subito accennate nei primissimi giorni della detenzione saranno peraltro percorse, in varia misura, nel corso del lungo lavorio dei Quaderni. Inizia insomma fin dai primi giorni del carcere la lotta personale e psicologica, ma anche politica, di Gramsci contro i devastanti effetti di abbrutimento481 che il carcere reca con sé:
[...] ho sempre la paura di essere soverchiato dalla routine carceraria. È questa una macchina mostruosa che schiaccia e livella secondo una certa serie. Quando vedo agire e sento parlare uomini che sono da 5, 8, 10 anni in carcere, e osservo le deformazioni psichiche che essi hanno subìto, davvero rabbrividisco, e sono dubbioso nella previsione su me stesso. Penso che anche gli altri hanno pensato (non tutti ma almeno qualcuno) di non lasciarsi soverchiare e invece, senza accorgersene neppure, tanto il processo è lento e molecolare, si trovano oggi cambiati e non lo sanno, non possono giudicarlo, perché essi sono completamente cambiati. Certo io resisterò482.
Questa determinazione morale di Gramsci, talvolta eroica anche se mai retoricamente atteggiata o autocompiaciuta («Io non voglio fare né il martire né l’eroe. Credo di essere semplicemente un uomo medio, che ha le sue convinzioni profonde, e che non le baratta per niente al mondo»483), è il terreno su cui si costruisce l’intero edificio dei Quaderni. Non a caso lo stesso verbo, «resistere», comparirà all’estremo opposto della parabola di Gramsci, in una delle ultimissime sue lettere a Giulia, datata 25 gennaio 1936:
In verità io mi trovo in questa situazione da molti anni, forse dallo stesso 1926, subito dopo il mio arresto, da quando la mia esistenza è stata, bruscamente e con non poca brutalità, costretta in una direzione data da forze esterne e i limiti della mia libertà sono stati ristretti alla vita interiore e la volontà è diventata solo volontà di resistere484.
«Rendre la vie impossible»
In questo sforzo di resistenza intellettuale e morale Gramsci è praticamente solo: mentre si logorano progressivamente, e all’inizio degli anni Trenta drammaticamente485, i legami con il suo partito, si allentano inevitabilmente quelli che lo univano alla famiglia sarda, mentre la moglie russa Giulia Schucht, lontana e malata, sembra sempre meno in grado di sostenere il peso, anche psicologico e affettivo, della corrispondenza con il marito in carcere.
Ma sono al fianco di Gramsci (e lo resteranno fino alla fine) due straordinarie presenze: Sraffa e Tania.
Il grande economista Piero Sraffa486, che aveva conosciuto Gramsci ai tempi dell’“Ordine Nuovo”, offre a Gramsci il sostegno della sua amicizia (fu l’unico non parente che potè visitarlo in carcere, già nell’agosto 1927 a San Vittore e poi fino all’ultimo, nelle cliniche di Formia e di Roma, mentre nel 1930 si era recato a trovare la famiglia di Gramsci in Unione Sovietica) e aiuta lo studio di Gramsci in...

Indice dei contenuti

  1. Introduzione
  2. Nota editoriale
  3. Prima Parte: Francesco De Sanctis straniero in patria
  4. Capitolo Primo: De Sanctis e padre Bresciani
  5. Capitolo Secondo: Gli esili del professor De Sanctis
  6. Seconda parte: La Storia delle letteratura italiana e la sua eredità
  7. Capitolo Primo: La composizione della Storia della letteratura italiana
  8. Capitolo Secondo: La Storia desanctisiana come fondazione della nazione italiana
  9. Capitolo Terzo: L’“eredità diffusa”: da De Sanctis a Gramsci (passando per Umberto Cosmo)
  10. Terza parte: Gramsci e la lotta per l’egemonia
  11. Capitolo Primo: Cosa sono e come sono scritti i Quaderni del carcere
  12. Capitolo Secondo: “Il canto decimo dell’Inferno” di Gramsci
  13. Quarta Parte: La vendetta dei pro-nipotini contro Gramsci
  14. Capitolo Primo: A mo’ di premessa: che cosa è il “rovescismo” dei pro-nipotini di padre Bresciani e cosa significa
  15. Capitolo Secondo: Il professor Lo Piparo e l’inesistenza del quaderno scomparso
  16. Capitolo Terzo: Orsini, “La più bella riflessione teorica sulla sinistra fatta negli ultimi anni”
  17. Capitolo Quarto: Togliatti traditore? Giuseppe Vacca e il “Non si può escluderlo”
  18. Capitolo Quinto: Conclusione: la dialettica e il problema degli intellettuali
  19. Bibliografia