Gli ammortizzatori sociali
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Gli ammortizzatori sociali

Numeri, riflessioni e strategie sindacali in vista di una possibile riforma

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Gli ammortizzatori sociali

Numeri, riflessioni e strategie sindacali in vista di una possibile riforma

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Più instant book di così è veramente difficile.
La Ministra del Lavoro ha annunciato, quindici giorni fa, la volontà del Governo di procedere ad una riforma degli ammortizzatori sociali. Due giorni dopo ha insediato una commissione di esperti per accompagnare le riflessioni ed i confronti con le parti sociali. Primi incontri sul tema che si sono tenuti nella seconda metà di luglio.
Nel frattempo, un evento del sindacato per presentare elaborazioni e raccogliere contributi, da esperti e dal dibattito interno alla Organizzazione.
E poi: riflessioni, qualche cautela ma anche proposte e disponibilità a contrattare su questa prestazione che è pagata con i soldi delle imprese e dei lavoratori (per cui compete anzitutto a loro decidere se, quando, come intervenire a modificare assetti, allargare tutele, omogenizzare prestazioni salvaguardando le specificità).
Ma andavano messi in fila anche molti valori e principi, su cui si è strutturata negli anni anche questa protezione sociale, dai quali qualsiasi intervento legislativo non può prescindere.
Dopo di che: siamo riformisti per impostazione (perché sappiamo che ogni questione e situazione può sempre essere migliorata), contrattiamo e siamo quelli del dialogo, ma non consentiremo a nessun boscaiolo di tagliare il ramo su cui milioni di lavoratori sono stati messi a sedere in queste settimane di epidemia sanitaria, che è diventata economica, produttiva, occupazionale e sociale.
Tutto questo, e molto altro, in questo volume, che abbiamo voluto agile, saggio ma provocatorio, e soprattutto instant, per non perdere l'attimo fuggente.

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Informazioni

Anno
2020
ISBN
9788832104264
Argomento
Business

Guglielmo Loy
Presidente CIV – INPS

Questo seminario, dedicato agli ammortizzatori sociali, importante ed efficace, ha permesso a tutti noi di comprendere meglio, ciò che sta avvenendo nel nostro Paese e ragionare sulle possibili prospettive che il Paese ha di fronte, affrontando un tema molto delicato: coniugare la protezione e le tutele sociali con un percorso di ripresa, di rinascita e di ricostruzione dopo la tempesta che si è abbattuta in questi mesi. Ovviamente io non posso non partire dal fatto che alcune delle cose che dirò sono frutto di atti formali che il Consiglio di Indirizzo e Vigilanza dell’INPS ha posto in essere. È corretto che la dialettica si fondi anche sul rispetto delle Istituzioni che il nostro Paese ha costruito in generale ed in particolare, sul grande mondo che riguarda appunto il sistema di protezione sociale, non solo gli ammortizzatori. Con un fatturato di 350 miliardi, l’Inps è il più grande centro di spesa del Paese. Centro di spesa che si fonda in parte sulla fiscalità generale: 120/125 miliardi riferiti a quest’anno. Discuteremo se approvare il Bilancio Consuntivo 2019. Si tratta di un bilancio contabile che appunto mette in luce che 350 miliardi sono le entrate per l’Istituto e di queste quasi due terzi si fondano sul sacrificio di imprese e lavoratori. Questo vale principalmente per le pensioni ma non solo, 230 miliardi circa è l’entrata da contribuzione ed una parte significativa di essa dipende dalle contribuzioni legate alla cultura della protezione mutualistica assicurativa che produce per via legislativa, per via del dialogo sociale, vari sistemi di protezione sociale di cui abbiamo parlato e che Ivana ha riepilogato nella sua introduzione. Principalmente oggi l’oggetto è la cassa integrazione, ma è importante considerare l’andamento della spesa per gli altri strumenti di protezione sociale perché immagino che, nel prossimo futuro, non ci sarà una distinzione netta tra cassa integrazione nelle sue varie declinazioni e, ad esempio la Naspi. Sarà una valutazione che le Parti Sociali e la politica dovranno affrontare per comprendere come uscire più o meno gradualmente dall’attuale sistema di tutele, doveroso e immediato, messo in campo dal Governo su sollecitazione delle Parti Sociali e del Sindacato. In prospettiva, questo sistema dovrà integrarsi con altri interventi tenendo conto delle disponibilità finanziarie. Pertanto, invito a una riflessione riguardo la necessità di proteggere comunque il sistema mutualistico assicurativo del nostro Paese. Facile prevedere che a fine anno il bilancio dell’Inps sarà sottoposto a un inevitabile choc che porrà un problema di tenuta, per il combinato disposto delle minori entrate e delle maggiori uscite dal bilancio non sempre garantito dai trasferimenti dello Stato. Non c’è da allarmarsi ma è evidente, che il rapporto tra contribuenti attivi e spesa a carico dell’Istituto è un tema che la politica si dovrà porre, innanzitutto, per tenere solido il sistema previdenziale. Se calano i contributi perché le aziende sono in difficoltà, spesso in cassa integrazione, è presumibile che a fine anno ci saranno minori entrate ed in prospettiva, anche minori contribuenti attivi. Pertanto, considero la salvaguardia di questo modello, certamente migliorabile, modernizzabile, razionalizzabile come una caratterista del nostro Paese ed un valore assoluto da garantire e da tenere presente quando ragioniamo degli interventi di emergenza e di prospettiva futura. Lo ricordavano Michele Faioli e Marco Leonardi: c’è un’ala politica che ritiene, peraltro con un discreto successo elettorale e quindi assolutamente legittimata, che sostanzialmente non c’è una distinzione di fondo nella produzione di tutele tra quelle di origine mutualistica assicurativa e quelle legate alla fiscalità generale.
È fondamentale invece considerare chi si sacrifica tutti i giorni e tutti i mesi: mi riferisco al mondo del lavoro in senso lato, che siano lavoratori o siano imprese, i quali rinunciano a una parte del proprio reddito o di guadagno per l’impresa, versando aliquote importanti innanzitutto per la previdenza, il 23% e il 32%, o per gli ammortizzatori sociali. Come risulta chiaramente dalla tabella prodotta dalla UIL, ci sono aziende che versano il 2,5%, il 2,6%, il 2,7%. È un investimento per l’impresa e il lavoratore di quell’impresa, per garantire anche la continuità produttiva con il lavoratore, ma viene meno una quota di risorse per la disponibilità, ad esempio, della contrattazione salariale: ma questa è una scelta condivisa dalle Parti Sociali ed è parte integrante di un sistema di relazioni industriali e del dialogo sociale. L’idea che tutto finisca nel “calderone” per cui, simulando, il bilancio dell’Inps indistinto vale 350 miliardi che potrebbero essere gestiti a seconda degli umori della politica, è possibile. Noi dobbiamo ragionare che anche nel momento in cui gestiamo un’emergenza e affrontiamo anche i doverosi aggiustamenti, è necessario salvaguardare, comunque, il principio che vede il nostro Paese fondare il suo sistema di protezione sociale, costruito nel corso della sua lunga storia centenaria, sulla responsabilizzazione delle persone attraverso un contributo che viene versato. Tutto nel rispetto della migliore tradizione, sia quella di cultura laica e riformista, ma anche quella cattolico sociale, che hanno contribuito a produrre nel tempo questo modello. È ovvio che la pandemia ha prodotto uno scossone violentissimo, ma lavorando nel Consiglio di Indirizzo e Vigilanza, insieme agli altri Consiglieri, eravamo stati già da due anni facili profeti che alcune procedure e alcune gestioni dei modelli di erogazione delle prestazioni non andavano bene. Mi riferisco al FIS (Fondo Integrazione Salariale) con l’ esplosione della domanda che si è decuplicata. I dati sono evidenti: un milione e 400 mila domande di cassa integrazione. Ovviamente sappiamo che la media aziendale è di circa 10 addetti per ogni azienda e questo ci consente un veloce calcolo approssimativo per comprendere quale sia la platea che è stata coinvolta dall’intervento sulla cassa integrazione con procedure, purtroppo, ordinarie che sono state interessate solo da qualche aggiustamento. Da 20 mila domande sul FIS siamo passati a 200 mila, più tutto quello che sapete sia sulla CIGO e, in particolare, sulla CIGD. Perché l’idea di ricoinvolgere le Regioni rispetto alla CIGD? Marco Leonardi ha giustamente sottolineato gli interventi che sono stati fatti, ma l’infrastruttura sostanzialmente è rimasta la stessa con una semplificazione sull’indicazione della causale: ovviamente “Covid”. Tuttavia, nel frattempo non tutte le domande sono state classificate “Covid”. Di conseguenza dal bilancio dell’Istituto, quindi dalla GPT, nei primi mesi sono uscite cifre importanti che peseranno poi nel saldo finale del bilancio 2020. Quasi un miliardo e mezzo è uscito dalle casse dell’Istituto che si aggiunge agli altri 32 miliardi sugli ammortizzatori sociali e sulle altre prestazioni che il legislatore ha trasferito all’Inps. Il Consiglio di Indirizzo e Vigilanza dell’Inps inoltre a marzo, all’inizio della crisi, ha indicato e indirizzato l’Istituto sul processo di massima semplificazione. Risultato mediocre anche se devo dare atto ai lavoratori dell’Istituto, posti per il 95% in smart working, di aver lavorato con grande abnegazione, la gran parte di questi utilizzando mezzi propri e con WIFI personale. Di fronte all’emergenza vera, è emersa dal punto di vista tecnico una difficoltà prevedibile dell’Istituto in termini di infrastrutturazione informatica. Posti di fronte ad una richiesta del legislatore, pur consapevoli che l’impatto delle domande sia sui bonus che sulla cassa integrazione avrebbero creato problemi seri, hanno scelto di non rivelare quale era il quadro generale e se ne sono assunti la responsabilità. Sul bonus sappiamo quello che è successo. Sulla cassa integrazione è evidente che ci sono ancora gravi problemi pertanto, abbiamo sottolineato appunto come Consiglio di Indirizzo e Vigilanza, la necessità di una semplificazione delle procedure che sostanzialmente non c’è stata. Io invito ovviamente la Confederazione, ma attraverso di lei anche le Strutture delle Categorie territoriali, a segnalare singoli casi e come il sistema di relazioni industriali nel territorio sia stato impattato. Ciò è possibile farlo anche attraverso le realtà partecipate dell’Istituto, i Comitati provinciali e regionali. I nodi sono certamente quelli relativi ai pagamenti per le aziende che optano sempre di più, purtroppo, per il pagamento diretto e quello relativo a tutta la fase autorizzativa che è in capo alle sedi provinciali che operano con le difficoltà che sappiamo in termini di quantità e di attività da svolgere con il limite, correlato, delle procedure. Aspettiamo l’ultimo decreto per capire cosa accadrà con le nuove domande. I dati sono ad oggi ancora precari e provvisori.
Da questa seconda ondata si comprenderà la gestibilità da parte dell’Istituto, ma anche la qualità della domanda. Questo sarà elemento necessario per capire come tenere insieme quell’equilibrio fondamentale tra tutela delle persone e politiche di uscita dall’emergenza dal punto di vista socioeconomico. Se dovesse verificarsi lo stesso trend di qualche settimana fa e raggiungere 1 milione e 400 mila domande, bisognerà prendere atto che l’impatto della pandemia, dal punto di vista socioeconomico, è molto diffuso; se invece ci sarà una selettività della domanda, il percorso misto di tutele che coinvolgerà, probabilmente, anche altri strumenti che non sono solo la cassa integrazione e il sostegno alle imprese, potrà trovare una sintesi diversa. Per far questo, naturalmente, è necessario, è obbligatorio, mi rivolgo anche a Marco Leonardi per la sua funzione attuale, che l’Istituto, a meno che non si esprima in via riservata al Ministero dell’Economia, sia più trasparente. Perché la questione della gestione delle prestazioni, il loro andamento e la verifica della funzionalità dell’Istituto, riguardano la vita di milioni di persone e la qualità dei prossimi interventi normativi. Il dato di impatto di utilizzo delle prestazioni manifesta lo stato dell’economia del Paese insieme ad altri fattori: la spesa, il consumo, la ripresa di attività produttiva. Dati che consentono di capire se almeno una parte del sistema produttivo si sta avviando verso un percorso di normalità. Quindi la necessità che l’Istituto sia trasparente sulle domande che arrivano, sull’impatto quantitativo di esse, sulla platea che riguarda i settori dell’edilizia, costruzioni, industria, terziario, commercio, desumibili dal codice ATECO, è un atto di onestà politica che deve essere messo a disposizione delle Istituzioni per valutare anche l’impatto finanziario. Lo chiederemo, sempre, con il fine costruttivo che ha caratterizzato l’attività del Consiglio di Indirizzo e Vigilanza. Un’altra riflessione riguarda il fatto che la pandemia, in senso lato, non ha impattato solo sull’Istituto. Sarebbe disonesto pensare che queste criticità siano riconducibili esclusivamente a manchevolezze o ad inefficienze. In quota parte, con diverse responsabilità, ha impattato sui livelli Istituzionali, sul sistema produttivo ed ha impattato anche sul grande mondo che interloquisce con l’Istituto. Per quanto riguarda il Patronato, le prestazioni di cassa sono quasi indifferenti, sostanzi...

Indice dei contenuti

  1. Colophon
  2. Presentazione
  3. Relazione introduttiva
  4. Interventi
  5. Contributi
  6. Conclusioni