Dizionario delle religioni del Nordamerica
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Il presente Dizionario delle religioni del Nordamerica è dedicato alla trattazione dei fenomeni religiosi, o variamente legati alla religione, che si sono sviluppati nell'America del Nord. Il suo indice rispecchia la particolare storia religiosa del continente, alternando lemmi di carattere generale dedicati alle tradizioni indigene a lemmi sulla presenza e lo sviluppo delle religioni monoteistiche in quei territori. Sono presenti, inoltre, numerose voci più specifiche dedicate alle credenze e alle pratiche religiose di singole popolazioni o gruppi di popolazioni dell'America settentrionale («Apache», «Inuit», «Irochesi», «Lakota», «Navajo», «Piedi Neri»), mentre alcune altre forniscono notizie biografiche sulle principali guide spirituali o profetiche dei nativi («Black Elk», «Handsome Lake», «Neolin», «Wovoka»). Si aggiungono, infine, voci sulle particolari modalità di espressione che nelle Americhe hanno caratterizzato fenomeni o concezioni universalmente diffusi nel mondo delle religioni e lemmi che descrivono tradizioni culturali di estrema rilevanza per la definizione della struttura dei sistemi religiosi americani («Danza degli spiriti», «Danza del Sole», «Teatro religioso dei nativi nordamericani»).Le bibliografie di ciascun lemma, affidato a esperti internazionali della materia, sono state riviste e aggiornate dai curatori, che hanno dedicato particolare attenzione alle indicazioni delle edizioni originali e delle eventuali traduzioni italiane.

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Informazioni

Editore
Jaca Book
Anno
2021
ISBN
9788816802698

DIZIONARIO DELLE RELIGIONI DEL NORDAMERICA

A

AFROAMERICANE (religioni)

[Questa voce, divisa in due articoli, esamina le tradizioni religiose – sia indigene che importate – dei nordamericani di origine africana. Il primo articolo, Panoramica generale, offre una ricostruzione storica delle religioni dei neri dall’arrivo degli schiavi africani nelle colonie britanniche dell’America settentrionale nel XVII secolo fino ai movimenti per i diritti civili e alla teologia della liberazione nella seconda metà del secolo scorso. Il secondo articolo, I movimenti musulmani, approfondisce il crescente ruolo svolto dall’Islam nella vita religiosa dei neri nordamericani. Per quanto riguarda le tradizioni religiose dei popoli della diaspora africana in altre zone delle Americhe, vedi AFROBRASILIANI (culti); AFROSURINAMESI (religioni); CARAIBI, RELIGIONI DEI, articolo Religioni afrocaraibiche; SANTERÍA; e VUDU].
PANORAMICA GENERALE
Le origini delle religioni nere nell’America settentrionale vanno ricercate in Africa. Le tradizioni religiose dell’Africa occidentale e centrale furono trasmesse dagli schiavi ai loro discendenti nel Nuovo Mondo, ma esse furono anche trasformate dalle condizioni di schiavitù.
L’eredità africana. Separati dalle loro famiglie, dalla loro cultura e dalla loro nazione, gli schiavi africani di diversa origine non poterono ricreare le proprie religioni nell’America settentrionale, ma mantennero le prospettive fondamentali e le visioni del mondo simboleggiate nelle proprie religioni, anche nel momento in cui mutuarono le tradizioni religiose dagli Europei, dagli Indiani americani e da altri Africani, e ne fecero una commistione creando nuove religioni «creole». In alcuni Paesi (per esempio Haiti, Cuba, Brasile) è ancora evidente il carattere africano della vita religiosa dei neri. Religioni quali il Vudu haitiano, la Santería cubana, e il Candomblé brasiliano attestano la continuità di teologie africane e riti africani in un diverso contesto.
Di contro, l’influenza africana sulle religioni nere dell’America settentrionale è meno evidente e più difficile da rilevare. Due fattori principali contribuiscono a spiegare questa divergenza nelle culture afroamericane: la differenza tra il tipo di devozione dei cattolici e quella dei protestanti, e la diversa distribuzione della schiavitù nell’America coloniale. Nelle colonie cattoliche, come Haiti, Cuba e il Brasile, il culto dei santi fornì agli schiavi una struttura utile per nascondere, e al tempo stesso alimentare, la loro adorazione degli dei africani. Nelle colonie britanniche dell’America settentrionale questo sostegno mancava, dato che i protestanti condannavano la venerazione dei santi come idolatria. Inoltre, solo un numero relativamente piccolo di Africani furono portati nell’America settentrionale, e questo numero fu presto superato da quello degli schiavi nati nel Nuovo Mondo che non avevano alcuna esperienza di prima mano dell’Africa. Al contrario, nei Caraibi e in Brasile un flusso continuo e numeroso di Africani fece crescere l’influenza delle usanze e delle credenze africane. Mentre gli schiavi nell’America settentrionale erano distribuiti all’interno di una vasta popolazione bianca, quelli nell’America Latina di solito erano concentrati in gruppi talmente numerosi da superare di molto la popolazione bianca. Di conseguenza, con poche eccezioni, il contatto culturale e al tempo stesso le pressioni verso l’acculturazione furono più forti negli Stati Uniti che in qualunque altro luogo nell’emisfero.
L’influenza delle religioni africane, quindi, fu più pervasiva e istituzionalizzata nell’America Latina che negli Stati Uniti, ma le tradizioni religiose africane rimasero vive anche negli Stati Uniti. Gli schiavi negli Stati del Sud reinterpretarono alcuni rituali cristiani, come il battesimo, collegandoli ai riti di iniziazione africani. Marciavano attorno ai luoghi di culto in senso antiorario facendo delle danze religiose i cui passi richiamavano da vicino quelle fatte in Africa in onore degli dei; diedero molto rilievo alla possessione da parte dello spirito del Dio cristiano, proprio come gli Africani davano importanza alla possessione da parte degli dei; e gli ornamenti delle loro tombe ricordavano da vicino gli usi funerari dei Kongo.
Gli stili del canto e le pratiche magico-mediche degli schiavi nordamericani derivarono anch’essi dall’Africa, così come il sistema onomastico, i racconti popolari e una gran quantità di altre usanze culturali che si tramandarono parallelamente al Cristianesimo.
Dal periodo coloniale alla guerra civile. Durante il periodo coloniale nell’America settentrionale britannica, i tentativi di convertire gli schiavi al Cristianesimo iniziarono solo a partire dal XVIII secolo ed ebbero qualche effetto solo negli anni ’40 di quel secolo. In quel decennio una serie di movimenti revivalisti religiosi portarono un numero significativo di schiavi ad accettare il Cristianesimo. Molti di più si sarebbero convertiti in occasione dei movimenti revivalisti di fine secolo. Il Revivalismo cristiano attirava gli schiavi per diverse ragioni: incoraggiava la componente estatica del comportamento religioso, il che era in sintonia con il retaggio religioso africano degli schiavi; dava importanza all’esperienza della conversione piuttosto che all’indottrinamento della catechesi, cosa che rendeva più facile per gli schiavi analfabeti fare proprio il Cristianesimo; permetteva alle classi non istruite e povere, compresi gli schiavi, di pregare e persino di predicare in pubblico; infine, servì da ispirazione per i bianchi che propugnarono l’abolizione della schiavitù.
Sin dagli anni ’70 del XVIII secolo, nel Sud i primi predicatori neri fondarono congregazioni indipendenti e organizzarono delle Chiese. Con la loro politica di indipendenza congregazionale, i battisti furono i primi a fondare Chiese nere separate. Nonostante le occasionali proscrizioni e i frequenti attacchi, nel Sud le Chiese battiste crebbero in numero e in grandezza durante il periodo precedente alla guerra civile, superando per grandezza le Chiese bianche in diverse associazioni statali. Sebbene nominalmente esse fossero controllate dai bianchi, molte di queste congregazioni di fatto avevano ministri neri.
Nel Nord, le Chiese nere indipendenti iniziarono a esistere alla fine del XVIII secolo. Richard Allen (1760-1831), un ex schiavo, fu a capo della prima Chiesa metodista nera, fondata nel 1794 a Philadelphia. Dopo un lungo scontro con i metodisti bianchi per il controllo della Chiesa, la congregazione di Allen si unì a diverse altre Chiese metodiste nere nel 1816, formando così una nuova denominazione nera, conosciuta come African Methodist Episcopal Church. Nei primi decenni del XIX secolo, i neri episcopaliani, presbiteriani e battisti fondarono altre Chiese indipendenti nel Nord. Sebbene i cattolici neri non fossero in grado di riprodurre il modello di leadership del ministro protestante nero, né l’indipendenza della Chiesa protestante nera, alcune comunità di cattolici neri a Baltimora e a New Orleans fondarono in questo periodo due ordini religiosi femminili, le Oblate Sisters of Providence nel 1829 e le Holy Family Sisters nel 1842. L’emergere di istituzioni religiose nere separate fu un passo importante nell’organizzazione delle comunità nere libere del Nord, poiché le Chiese diventarono il principale spazio di espressione per i leader neri, che spesso erano gli stessi ministri di tali Chiese, nel quale poter sollevare questioni rilevanti per i neri americani del XIX secolo, come la colonizzazione e l’antischiavismo.
La questione della colonizzazione africana. Nel XIX secolo alcuni tra i più importanti leader bianchi proposero il rimpatrio in Africa dei neri liberi come soluzione al problema razziale nell’America settentrionale. Per sostenere questa causa, nel 1816 fu fondata l’American Colonization Society. Pur non opponendosi all’emigrazione volontaria, i ministri neri e le loro Chiese temevano che la Colonization Society avrebbe spinto verso un’emigrazione forzata dei neri liberi al fine di sopprimere la loro opposizione alla schiavitù. Il clero e i laici neri protestarono contro la colonizzazione in sermoni, discorsi e pamphlet che affermavano l’identità dei neri americani e attaccavano l’idea che i neri potessero ottenere la libertà solo in un altro Paese. Circa nello stesso periodo, iniziarono i primi tentativi di missionari afroamericani in Africa, come quelli di Daniel Coker nel 1820 e Lott Carey nel 1821.
Abolizione della schiavitù e altre cause sociali. L’abolizione della schiavitù fu la seconda grande questione affrontata dalle Chiese nere del Nord e dai loro ministri. Gli attacchi più radicali alla schiavitù, come quelli di David Walker (1785-1830) e di Henry Highland Garnet (1815-1882), furono espressi in un linguaggio religioso apocalittico. In questi e in altri dibattiti, gli Afroamericani iniziarono ad articolare in testi stampati le proprie riflessioni teologiche sulla loro storia nell’America settentrionale. Molti dei leader tra gli abolizionisti neri furono ministri della Chiesa. Oltre ad essere attivi nei movimenti antischiavisti, essi di solito si battevano per le più importanti cause sociali del periodo precedente alla guerra civile: la temperanza, la riforma morale e i diritti delle donne. Partecipavano anche al movimento della National Negro Convention, un tentativo di organizzare i neri a livello nazionale per affrontare i problemi del razzismo, specialmente la legislazione discriminatoria, che minacciava sempre più le comunità nere libere. La prima di queste assemblee nazionali si riunì nel 1830 a Philadelphia nella Chiesa di Bethel di Richard Allen, il quale la convocò e fece da presidente, il che dimostra l’importanza delle Chiese nere nella vita politica e sociale degli Afroamericani.
La religione sotto la schiavitù. Negli Stati del Sud, il Cristianesimo raccolse gradualmente sempre più schiavi durante i decenni immediatamente precedenti alla guerra civile. Alcuni neri frequentavano la Chiesa insieme ai bianchi, mentre altri, soprattutto nelle aree urbane, appartenevano a Chiese nere indipendenti. Molti organizzavano i propri incontri di preghiera nelle piantagioni e nelle piccole fattorie del Sud. A volte a questi incontri di preghiera partecipavano anche i bianchi; altre volte gli incontri si tenevano in segreto per evitare severe punizioni. Sebbene bianchi e neri si influenzassero a vicenda nella vita religiosa sotto la schiavitù, gli schiavi svilupparono una propria versione del Cristianesimo, nella quale condannavano la schiavitù e difendevano la propria umanità contro il potere brutale dello schiavismo. Per gli schiavi, l’esperienza personale della conversione era fonte di autostima, poiché essi scoprivano di essere stati scelti da Dio nella condizione disumana della schiavitù. Gli schiavi si identificavano con il popolo biblico di Israele e preannunciavano che Dio li avrebbe liberati così come aveva liberato gli antichi Israeliti dalla schiavitù in Egitto. Nel corso di cerimonie emotivamente intense, gli schiavi riaffermavano la propria visione del Cristianesimo nei sermoni, nelle preghiere e nei canti.
Emancipazione e Ricostruzione. Durante la guerra civile, i missionari del Nord, sia bianchi sia neri, si spostarono nel Sud per istruire gli ex schiavi e farne nuovi membri delle loro Chiese. In diversi casi, i missionari neri erano ex schiavi o neri liberi che tornavano nel Sud dopo essere fuggiti al Nord durante il periodo della schiavitù. Oltre a portare assistenza materiale, i missionari istituirono delle scuole, nelle quali gli ex schiavi si riversarono in gran numero. Molti dei college neri di oggi, tra cui Fisk, Dillard, Hampton, Tuskegee e Tougaloo, devono le loro origini al lavoro delle società assistenziali di neri liberi sponsorizzate dalle Chiese durante la Ricostruzione.
Almeno per un breve periodo, la Ricostruzione rese possibile ai neri del Sud l’accesso al potere politico. Alcuni ministri neri, come Hiram Revels (1822-1901) e Richard Harvey Cain (1823-1887), fecero parte di governi statali durante la Ricostruzione e ricoprirono cariche persino a livello nazionale. Dal 1865 al 1877, il periodo della Ricostruzione, i ministri neri contribuirono a organizzare partiti politici, fondare giornali e istituire Chiese.
Con l’emancipazione, gli ex schiavi abbandonarono in massa le Chiese bianche per fondare le proprie Chiese. I neri che facevano parte della Methodist Episcopal Church South se ne staccarono per fondare la propria Colored Methodist Episcopal Church nel 1870. I battisti neri si unirono per formare associazioni di soli neri e assemblee a livello statale, che infine avrebbero portato, attraverso varie trasformazioni, alla formazione della più grande denominazione nera, la National Baptist Convention, nel 1896.
Intanto, anche i metodisti neri del Nord accoglievano tra le loro fila ex schiavi, facendo crescere più che mai le loro Chiese. Le tensioni tra i missionari neri del Nord, molti dei quali erano istruiti, e i predicatori neri del Sud, molti dei quali erano invece analfabeti, riflettevano la più vasta tensione tra la religione più pacata e moralistica delle persone colte e quella emotiva della gente analfabeta. Quando la Ricostruzione fallì, la chiesa nera, di solito piccola, povera e rurale, rappresentò per i neri una fonte di continuità con la cultura degli schiavi. Man mano che la distanza dalla schiavitù aumentava, la Chiesa rimaneva una forza di conservatorismo così come un’occasione di adattamento a circostanze nuove e diverse.
Transizione: dalla post-Ricostruzione alla prima guerra mondiale. Il periodo che va dalla fine della Ricostruzione (1877) alla prima guerra mondiale rappresentò una fase di straordinaria transizione per gli Afroamericani. Fu il periodo della nascita del terrorismo bianco, delle leggi «Jim Crow» sulla segregazione razziale e dell’inizio della «grande migrazione» dei neri dalle zone rurali alle città del Sud e del Nord. La reazione dei neri all’esplosione del razzismo, alla segregazione e all’urbanizzazione fu in gran parte determinata dalle Chiese, sebbene si sentissero sempre di più anche voci diverse da quelle dei ministri. Tra le nuove generazioni vi era la tendenza a distanziarsi dalla cultura della schiavitù, mentre al tempo stesso intellettuali e artisti celebravano lo spirito della «religione dei tempi antichi».
Sullo sfondo di un’oppressione sempre maggiore negli ultimi decenni del XIX secolo, il clero e i laici neri portarono avanti delle riflessioni teologiche sul significato delle sofferenze dei neri in America. Alcuni rappresentavano i neri americani come «servi sofferenti», destinati a salvare il Cristianesimo americano dal razzismo, dal militarismo e dal nazionalismo di quei tempi.
Altri prevedevano che la civiltà americana sarebbe presto finita e che il compito di civilizzare e cristianizzare il mondo sarebbe stato affidato alle razze dalla pelle più scura, che non avrebbero solo predicato il Cristianesimo, ma lo avrebbero messo in pratica. Altri ancora combattevano il razzismo appellandosi al glorioso passato storico dell’Africa. Nella loro visione della storia, Dio aveva permesso che gli Africani fossero ridotti in schiavitù in modo che gli Afroamericani potessero un giorno ritornare a redimere l’Africa pagana e in tal modo restituire alla civiltà africana la sua passata gloria tra le nazioni del mondo.
In questo periodo, la colonizzazione africana sembrava la soluzione più attraente al problema del razzismo che affliggeva gli Afroamericani. Secondo il vescovo Henry McNeal Turner (1834-1915) dell’African Methodist Episcopal Church, soltanto in Africa i neri americani avrebbero potuto affermare pienamente i propri diritti. Inoltre, secondo l’episcopaliano nero Alexander Crummell (1819-1898), il loro destino era quello di convertire l’Africa.
Per gli Afroamericani che in questo periodo aderirono al...

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  1. Copertina
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  4. INDICE
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  6. DIZIONARIO DELLE RELIGIONI DEL NORDAMERICA
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