Esploratori della fede
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Esploratori della fede

Maldonado, Petavio, Mabillon, Newman, Rosmini

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Esploratori della fede

Maldonado, Petavio, Mabillon, Newman, Rosmini

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La ricerca di Biffi mette in luce un filo rosso di pensiero che attraversa la storia moderna e ci conduce al XIX secolo. Proprio la frequentazione della complessità tomistica e della creatività e dolcezza del pensare monastico hanno iniziato l'autore a cercare gli «esploratori della fede» in quel mondo moderno in cui si sviluppano il pensiero scientifico e i sistemi filosofici. I capitoli progettati da Biffi per questo volume sono la messa a fuoco di figure che illuminano la storia del pensiero cristiano nella modernità. Dalla Scuola di Salamanca nel periodo rinascimentale e barocco, ai Maurini nel Settecento in Francia, a una figura come Newman nell'Ottocento, il rivolgersi alle Scritture è accompagnato dalla messa in valore delle prime fonti dell'esegesi. Da qui l'importanza di "Esploratori della fede" per farci gustare la qualità e l'acutezza di pensatori da Maldonado a Rosmini che hanno mantenuto vivo il connubio tra l'entusiasmante procedere della ragione e le meraviglie dello spirito.

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Informazioni

Editore
Jaca Book
Anno
2020
ISBN
9788816800939

ANTONIO ROSMINI

LA TEOLOGIA SECONDO ROSMINI: TRATTI DELLA FIGURA TEORETICA NELL’ANTROPOLOGIA SOPRANNATURALE

È stato osservato che «Rosmini come teologo è certamente tutto da scoprire ancora»1, e che d’altra parte le sue opere teologiche rivelano «un pensatore gigantesco non solo come filosofo, ma anche come teologo»2. Di fatto «generalmente le opere religiose e teologiche di Rosmini venivano trascurate dagli studiosi del suo pensiero», mentre si giungeva «talvolta a parlare di un “Rosmini minore”, riferendosi ai suoi studi religiosi e teologici»3.
Se ne può avere la conferma dall’esame della storia della teologia del XIX secolo. In realtà una storia soddisfacente della teologia dell’800 resta da fare, di là da panorami piuttosto generali o da ricerche analitiche particolari. È in ogni modo sintomatico che un Congar nell’articolo Théologie del DTC non ne parli4.
Ma Rosmini fu teologo o soprattutto filosofo? Nell’introduzione all’Antropologia soprannaturale Giovanni Pusineri scrive:
«Gli scritti teologici, o diciamo meglio filosofico-teologici, di Rosmini non occupano una parte molto notevole nella sua immensa produzione: solo 4-5 volumi in tutto, e, per di più, frammentari; nessuno infatti dei due scritti che avrebbero occupato il primo posto è stato compiuto. Non che ai suoi occhi contenessero meno di altri argomenti; ma perché, nell’ordine logico, avrebbero dovuto venire dopo quelli strettamente filosofici, che dovevano essere dei teologici l’indispensabile preliminare e perché si riservava di ritornarvi sopra nella piena maturità, a dar compimento e coronamento a tutto il suo edificio scientifico. Ma nell’animo suo così intimamente pio tenevano il primo luogo, e tutto doveva anzi servire, come dicevamo, di avviamento alla loro impostazione e comprensione. Che l’interesse prevalente di Rosmini, cioè lo scopo a cui indirizzare tutta la sua attività, sia stato quello religioso fa fede il fatto di vedere anche negli stessi scritti strettamente filosofici non solo traforare di continuo la preoccupazione di convogliare tutto al pensiero religioso, e precisamente a quello cristiano-cattolico, ma talvolta distendersi in lunghe trattazioni, che a prima vista potrebbero apparire inutili digressioni»5.
Questa attenzione e prospettiva di Rosmini dal punto di vista della filosofia alla fede – di là dai contenuti categoriali – rende interessante e anzi indispensabile l’analisi astratta del suo concetto di teologia, che possiamo subito comprendere come la «risoluzione» dell’ingrediente e della presenza della ragione nella fede.
Da un lato Rosmini traduce questo concetto categorialmente nei suoi saggi espressamente teologici – negli aspetti della sua teologia –, in cui sono pregiudizialmente reperibili; ma egli ripetutamente ne formula e ne propone anche la teoria. Ed è a questa teoria della teologia – d’altronde per campionatura – che qui intendiamo soffermarci e sollevare interrogativi.
Un lavoro completo che volesse intitolarsi La teologia di Rosmini o Rosmini teologo dovrebbe rispondere a condizioni di ricerca ben precise.
1. – Esso comporterebbe anzitutto l’esame della sua formazione teologica, con l’attenzione ai maestri, ai testi di formazione, alla bibliografia che vi ha influito e con i lavori di natura teologica che Rosmini venne progettando e producendo: lavori non solo formalmente teologici. Da questo punto di vista una ricerca preziosa è stata già compiuta da Gianfranco Ferrarese in Ricerche sulle riflessioni teologiche di A. Rosmini negli anni 1819-286. L’autore esamina gli inediti teologici di Rosmini dalla fine della frequenza universitaria fino al 1828. L’insegnamento universitario padovano proprio negli anni della frequenza rosminiana aveva conosciuto la riforma imposta dall’Austria, che aveva incontrato opposizioni nell’università e nell’episcopato veneto, e che «insospettirono anche il Rosmini», il quale «tuttavia […] non fu preso da una indiscriminata avversione verso i desideri di riforma»7. In particolare, «nel nuovo piano di studi teologici per la facoltà veniva arricchito l’insegnamento con una più ampia base di erudizione teologica, di studio della Scrittura e di teologia positiva»8, pur restando sempre l’insegnamento della dogmatica «l’insegnamento più sviluppato della formazione ricevuta all’università dal Rosmini»9. Per parte sua il Rosmini non mancava di rammaricarsi «perché le astrattezze della filosofia tedesca avevano esteso anche alle “cose ecclesiastiche e religiose” un eccessivo apprezzamento del raziocinio e dell’intelletto, facendo divenire “gli innovatori tedeschi induriti alle autorità”»10.
L’interesse degli inediti – «una miriade di spunti e di accenni»11 – sta nel fatto che essi «contengono i primi tentativi di costruire in teologia qualcosa di proprio»12. Nella constatazione della «generale trascuratezza del settore teologico» nello studio sul Rosmini, e insieme dello «stato relativamente immaturo delle ricerche sul periodo giovanile», dagli inediti frammentari il Ferrarese coglie «una forte sensibilità per il metodo storico-positivo», «un’attenzione tutta particolare per la teologia di Tommaso e quindi per una teologia che fa uso della filosofia come strumento di elaborazione», inoltre «l’interesse per un piano unitario della teologia concepita come scienza “una”»13. Il lavoro del Ferrarese offre non pochi elementi analitici sui maestri e sugli influssi nella formazione del Rosmini all’Università di Padova, sulle fonti dallo stesso utilizzate negli inediti, e che permetterebbero una ricostruzione dettagliata, anche se siamo pur sempre a un primo livello di formazione scolastica.
2. – Sul piano delle opere di Rosmini un’attenzione speciale dovrebbe rappresentare la figura teoretica (la concezione) della teologia, sia reperita nell’esercizio sia espressamente e riflessamente elaborata.
La valutazione storica e di valore potrà avvenire obiettivamente con la comparazione della teologia rosminiana con i suoi vari aspetti o ragioni solo se collocata nel contesto comparativo con il mondo (opzioni teoriche, contenuti) teologico e le sue correnti nel secolo XIX: questo per non soccombere ad affermazioni e a valutazioni generiche non sufficientemente comprovate.
Al riguardo possiamo ricordare, a titolo di esempio – rimandando nella misura in cui sono teologicamente rilevanti ai temi delle Settimane di Stresa – tre ambiti: quello dell’ecclesiologia, quello del linguaggio teologico e quello della figura astratta della teologia stessa.
L’ecclesiologia di Rosmini, almeno in parte, è studiata: la sua esatta valutazione, quanto meno in termini di proprietà e specificità, e conseguentemente di valore, risalterebbe in relazione alle diverse ecclesiologie che il secolo XIX propone: da quella della Scuola di Tubinga, a quella della scuola romana, a quella configurabile nel Vaticano I, ecc.
Il linguaggio teologico traduce per così dire il modo rosminiano di concepire la storicità della teologia dal punto di vista del linguaggio. L’affermazione che «in particolare con l’opera Il linguaggio teologico – che nelle sue grandi linee condensa la concezione teologica di Rosmini, essendone l’opera teologica più matura – egli ha scritto una pagina nuova sulla teologia come scienza»14, uscirebbe dalla «plausibilità» (o possibilità) per ricevere fondatezza critica quando si confrontasse se e con quali contenuti nella storia della teologia – che in merito resta da fare – e nel secolo XIX in particolare – il problema del linguaggio teologico (e della sua teoretica) sia stato affrontato e risolto. Pensiamo all’opera di Newman che il Rosmini cita con quella dello Haller. I patrologi saprebbero dire se e quale impostazione teorica la questione del linguaggio teologico ha avuto: di fatto Rosmini vi riferisce attingendo largamente ad Agostino e a Vincenzo Lerinense; e così i medievalisti: crediamo si debba richiamare il proemio al Sic et Non di Abelardo. All’interno stesso dell’opera di Rosmini un confronto rigoroso con le fonti che ne alimentano il pensiero dimostrerebbe il senso di una novità, la quale certo non sarebbe meno considerevole anche per il solo fatto di avere riavvertito il problema e averlo riproposto nei suoi termini antichi. E crediamo che sia questo soprattutto il senso e la novità del linguaggio teologico di Rosmini.
Inoltre l’interesse e il senso della contestualità storica immediata – o contemporanea – e di quella precedente vanno spostati sia in quella seguente sia su quella teoretica. E si addiviene allora rispettivamente al confronto tra il problema del linguaggio teologico in Rosmini e l’ermeneutica attuale – che solo una acritica e frettolosa superficialità può sbrigare facilmente: c’è con evidenti limiti (ossia una forma di storicismo asostanziale) una percezione della presenza e della necessità ermeneutica che non si limita, anzi in parte giustamente contesta, una concezione evolutiva o di sviluppo del linguaggio, cogliendolo a un livello più intrinseco e condizionante.
Comunque, a parte ogni giudizio in merito, da questa contestualità l’opera teologica di Rosmini – nella quale egli certamente era in grado di proseguire in forma originale le sue intuizioni e le sue attinzioni storiche – si vedono le condizioni per un giudizio obiettivo e correlazionato.
Finalmente, restando di là dai contenuti categoriali, sul piano della figura astratta (o concettuale) della teologia, la specificità di Rosmini...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Frontespizio
  3. Copyright
  4. INDICE
  5. Nota editoriale
  6. NOTE SULLA STORIA DELLA TEOLOGIA MODERNA
  7. JUAN DE MALDONADO
  8. DIONIGI PETAVIO
  9. JEAN MABILLON
  10. NOTE SULLA TEOLOGIA DEL PRIMO ’800
  11. JOHN HENRY NEWMAN
  12. ANTONIO ROSMINI