Sponsa Verbi
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Il volume Sponsa Verbi, che raccoglie quindici saggi teologici (scritti da Hans Urs von Balthasar tra il 1939 e il 1961), fu pubblicato da Johannes Verlag proprio mentre fervevano i preparativi per la celebrazione del Concilio Ecumenico Vaticano II, che papa Giovanni XXIII aveva annunciato nel gennaio del 1959. La chiave di lettura autorevole e autorizzata per individuare il cuore di questi saggi (raggruppati in tre parti) sta nell'intenzione dichiarata dall'autore di voler offrire soltanto delle 'pietre di costruzione per una futura ecclesiologia sistematica'. Tuttavia, affinché esse non restassero disperse e slegate tra loro, l'autore si preoccupava subito che venisse prestata un'attenzione sistematica, senza distrazioni, al 'mistero del centro'.
Per Hans Urs von Balthasar ogni questione era soltanto una finestra (e sapeva bene che 'si aprono molte finestre'), da cui 'gettare uno sguardo sul centro, che tuttavia resta celato nel recesso più segreto. Nella fede ne abbiamo notizia e siamo indirizzati a interpretare quanto nella Chiesa è manifesto con la luce che proviene da là. Ciò, sotto molti rispetti, dà il risultato di un'immagine della Chiesa diversa da quella che oggi è moderna e in uso'."
Dalla prefazione di Antonio Maria Sicari

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Informazioni

Editore
Jaca Book
Anno
2020
ISBN
9788816800328

PARTE PRIMA

ESPERIENZA DELLA CHIESA IN QUESTO TEMPO

Oggi si mette spesso in guardia dal parlare di “spiritualità” al plurale e dal distinguerle tra di loro: quali quelle che si sono succedute ed alternate nel corso della storia della Chiesa, o quelle che in ogni tempo ed anche oggi si confronterebbero e tra le quali si sarebbe liberi di scegliere come pare e piace o per un mandato interiore. Certo la libertà, e quindi anche la libertà dell’uomo cristiano, presuppone tra le altre caratteristiche più importanti anche la distanza rispetto ai motivi limitati e alle forme di manifestazione contingenti, ma il suo nocciolo non sta qui, bensì nella possibilità di decidersi per il meglio, per ciò che appare necessario, di identificarsi con la sostanza della realtà stessa nella sua origine ardente e di operare in virtù dell’incondizionato in maniera illuminante e specificante sull’accadere temporale informe e confuso. Grandi impulsi nella storia della Chiesa sono sempre sorti da una eliminazione di steccati spirituali, coartanti ma non sempre sufficientemente giustificati, e da un ritorno al primitivo impulso del Vangelo stesso che tutto condiziona e sostenta. La differenziazione delle spiritualità, oggi divenuta pacifica, – si parla di spiritualità dei diversi ordini, di spiritualità dei sacerdoti diocesani, dei laici e dei diversi gruppi laicali – è quasi totalmente un aborto, spesso ben intenzionato, ma sovente avvelenato, e non soltanto inconsciamente, dal risentimento. Come se un santo potesse essere interessato alla “sua” propria spiritualità! Come se una simile spiritualità a scomparti non fosse indegna dello Spirito Santo, il quale vuole sempre ispirare nei cuori soltanto la pienezza di Cristo che non può mai essere legata! Non può perciò essere questione di presentare, accanto alle altre forme di pietà impostesi alla scelta, la spiritualità della Chiesa del nostro tempo – già intimamente relativizzata. Per preservarsi da questa concezione è veramente necessario avere già un’idea rivelata della Chiesa stessa, quale “pienezza di Colui che riempie tutto in tutto”1 e che ripartisce i misteri e i carismi, ma proprio allorché “è salito sopra tutti i cieli per riempire tutto”2, quale strumento per “l’edificazione del corpo di Cristo, finché tutti giungiamo alla misura della grandezza del pléroma di Cristo, affinché non siamo più infanti, trascinati e travolti dal vento di qualsiasi dottrina nel gioco degli uomini, ma piuttosto diciamo la verità nell’amore e così facciamo crescere il tutto verso di lui che è il capo, Cristo”3. È necessario, in altre parole, avere un’esperienza della strumentalità di ogni missione speciale da. parte dell’intero e in vista della crescita e dell’approfondimento dell’intero, la quale esperienza nel singolo può originare soltanto da un amore per il tutto infuso dal Santo Spirito dell’unità.
Una presentazione della forma oggi valida pertanto ha bisogno di un apriori teologico, diciamo ancora più crudamente: di una prevenzione teologica – non sulla base di una opinione personale rettamente impostata bensì di uno spirito della totalità del Cristo, il quale solo può insegnarci a scegliere nel mare quasi sconfinato delle odierne manifestazioni della pietà quello ch’è significativo ed importante, poiché in ciò non si presenta una potenza interessata dell’uomo bensì lo Spirito stesso della totalità ecclesiale. Non l’“audacia” umanamente ingegnosa (Øyhl£) o la novità è il criterio e la condizione della scelta, ma piuttosto quell’“umile semplicità” (tapein£) cui lo Spirito ci comanda di tendere4 e che porta altresì il marchio della fecondità. Ora, certamente la fecondità ecclesiastica non è mai un oggetto di visione diretta e di constatazione non dialettica; il. luogo delle sue scaturigini è intimo ed invisibile; se si riversa all’esterno, allora trasforma il visibile in modo che il rapporto può essere soltanto intuito e colto nella fede e mai indicato con gli ordinari metodi di esperienza. Tuttavia lo Spirito Santo non lascia la Chiesa priva di indicazione e di attestazione neppure nell’ambito visibile. Prodigi dei santi, cui soprattutto appartengono i “miracoli morali” sono queste attestazioni – anche se non sono le uniche. Se noi non possiamo emettere nessun giudizio sul bene e il male senza che venga pregiudicato il giudizio di Dio, siamo comunque avvertiti sul modo con cui riconoscere l’albero buono come quello cattivo dai loro frutti, spirituali e mondani. In pratica ciò significa che noi, tenendo lo sguardo rivolto ai segni del nostro tempo, ch’è compito del cristiano diagnosticare, dobbiamo cercare di avvertire i segnali che la santità della Chiesa, canonizzata o no, ci ha presentati. In ciò risiede sempre la vera fecondità e quindi anche la prova che lo Spirito Santo intende questo, e non l’altro, in favore del quale si spreca forse molto inchiostro e fantasia organizzativa. Se non è il Signore a costruire la casa, i costruttori della moderna spiritualità lavorano invano. Per i suoi il Signore è presente nel sonno – nell’amore e nella contemplazione “permanenti” e calmi. Così noi dobbiamo fare attenzione alla voce del cuore: quando il nostro cuore pulsa più forte allorché si parla della Chiesa, quando si mette ad ascoltare con intima speranza, quando si sente direttamente toccato, non perché gli si è ripetuto a lungo qualcosa, ma perché si sente compreso ancor prima della parola umana. Ed importa poco al cuore se una espressione che lo incatena ha o non ha raggiunto la sua forma e precisione definitiva, se è una parola suscettibile di fraintendimenti, equivoca per molti: esso, il cuore cristiano, ha compreso.
Se prendiamo sul serio questo criterio – non in una maniera fanatica, illuministico-soggettiva, bensì pienamente nell’ambito della Chiesa cattolica, nella sua obbedienza e nell’ascolto dei battiti del suo cuore – allora si opera come per se stessa e fin dall’inizio una grande distinzione che ci permette di eliminare già la metà del “materiale” che contavamo di dover portare. Ascoltiamo il soffio dello Spirito e i suoi segni del tempo, ascoltiamo pertanto in un atteggiamento di fede e di preghiera pure le sue indicazioni, allora potremo dire a priori con certezza: lo Spirito di Gesù non può né vuole donare alla sua Chiesa, anche oggi, nient’altro se non lo Spirito stesso di Gesù. Ciò però significa che la spiritualità della Chiesa di ogni tempo, e quindi anche del nostro, non può appunto essere altro che spirituale, e non mondana nel senso della potenza terrena, dell’imporsi terreno, dei nuovi metodi terreni, forieri di successo, nell’organizzazione politica, diplomatica, economica, sociologica che garantirebbe alla Chiesa visibile una maggiore autonomia, una più forte udienza e una posizione più potente. Neppure allorquando questi metodi terreni forieri di successo venissero applicati provvisoriamente all’interno in vista di un irrigidimento della disciplina, di una pulitura e lubrificazione delle articolazioni funzionali, per una centralizzazione della direzione, per una migliore comunicazione delle parole d’ordine e delle indicazioni unitarie, per un incremento dello stato clericale ed anche, per quanto è possibile, di quello dei laici, la cui inserzione più razionale nell’esercito della Chiesa e nei quadri attivi sarebbe desiderabile. Tutto ciò rappresenta gli slogans dell’integralismo che, così come lo intendiamo qui, è l’opposizione vera e propria al soffio dello Spirito Santo. Per questo, all’interno della Chiesa empirica esiste il contrasto tra due spiriti, che Agostino, riallacciandosi alla Bibbia dell’Antica e Nuova Alleanza, ha descritto come la lotta delle due Civitates e che il libro degli Esercizi (ancora più spiritualmente) ha descritto come l’opposizione tra due istinti: qua la volontà di potenza, luciferina, là la volontà di povertà, di abbassamento, di umiltà cristiana. Lo spaventevole nell’integralismo è che esso, da fronte di istinti, che naturalmente deve essere combattuto nella maniera più cosciente anche dai cristiani (perché altrimenti proprio l’esercizio dei “due stendardi” là dove si deve compiere la decisione più intima e profonda in favore di Cristo?), sia reso un fronte tra la Chiesa visibile e la non-Chiesa visibile, e quindi la Chiesa si arroghi i mezzi propri della non-Chiesa (in quanto la lotta viene combattuta in termini mondani).
Quei punti programmatici dell’integralismo, di cui abbiamo testé parlato, possono pretendere di avere il loro buon posto anche all’interno di una idea “spirituale” della Chiesa. Non è un segno infallibile dello Spirito se si rinuncia ad ogni appoggio su posizioni mondane, se si rinuncia a tutti i mezzi della propaganda, dell’organizzazione e centralizzazione, a tutte le tecniche di comunicazione e di diffusione, e se si attende la salvezza spirituale ed escatologica dal crollo di tutte que...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Frontespizio
  3. Copyright
  4. INDICE
  5. Prefazione
  6. PARTE PRIMA
  7. PARTE SECONDA
  8. PARTE TERZA
  9. Riferimenti