Attorno alla psicoanalisi
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Questo volume si compone di due parti. Nella prima viene presentata al lettore italiano la raccolta Écrits et conférences 1. Autour de la Psychanalyse a cura del Fonds Ricoeur, che comprende dieci saggi di notevole interesse sia per il filosofo che per lo psicoanalista, in larga misura poco conosciuti e difficilmente accessibili. La seconda parte, Una lunga via. Scritti 1954-2003, include testi antecedenti e successivi a quelli della prima, raccolti dal curatore dell'edizione italiana con la collaborazione di Vinicio Busacchi e di Giuseppe Martini. Nell'insieme, il lettore italiano ha qui a disposizione per la prima volta la maggior parte degli scritti ricoeuriani «attorno alla psicoanalisi» (al di fuori delle due grandi opere degli anni '60, Della interpretazione. Saggio su Freud e Il conflitto delle interpretazioni ), che concorrono a mostrare l'evoluzione del pensiero ricoeuriano sulla psicoanalisi. La «voie longue» del confronto con Sigmund Freud rappresenta certamente uno dei più ricchi, articolati e complessi dialoghi intrapresi da Ricoeur con la tradizione filosofica e scientifica occidentale. Anche negli ultimi quindici anni durante i quali il filosofo francese non dedicherà alla psicoanalisi scritti specifici vi è una sorta di «ritorno a Freud»; la psicoanalisi diventa ora una presenza prevalentemente interna al «cerchio dei pensieri» che Ricoeur viene elaborando e si palesa solo in modi più rapsodici, ma non per questo meno significativi.
Ci auguriamo che il presente volume possa contribuire ad allargare la visione nella quale il rapporto Ricoeur-psicoanalisi è spesso ancora ristretto; e magari anche a dissipare, almeno in parte, alcune difettose comprensioni, che non hanno facilitato la ricezione in ambito psicoanalitico di questa ricchissima riflessione filosofica.

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Informazioni

Editore
Jaca Book
Anno
2020
ISBN
9788816801264

Prima parte
ATTORNO ALLA PSICOANALISI
SCRITTI E CONFERENZE 1

Testi raccolti e curati da
Catherine Goldenstein e Jean-Louis Schlegel
con la collaborazione di Mireille Delbraccio
Presentazione di Jean-Louis Schlegel
Postfazione di Vinicio Busacchi

PRESENTAZIONE

Jean-Louis Schlegel

«Scritti e conferenze»

Questa opera è la prima di una serie, destinata alla pubblicazione, di scritti e conferenze di Paul Ricoeur. Molti di questi testi, conservati – e spesso ritrovati – negli archivi che costituiscono ormai il Fondo Ricoeur, sono poco noti, dimenticati o del tutto sconosciuti, e nella maggior parte sono ormai introvabili o inaccessibili1. Si tratta di articoli più o meno recenti, a volte pubblicati soltanto in riviste straniere e in lingua straniera (ma di cui esiste anche il manoscritto francese), di testi di varie conferenze (di cui il Fondo Ricoeur possiede lo scritto, a volte annotato, e più o meno rimaneggiato dall’autore) e, infine, di un certo numero di articoli disponibili in traduzione straniera, ma esauriti nella pubblicazione francese. Per ogni testo2 saranno precisati l’origine e il «circuito» intellettuale ed editoriale, così come le scelte editoriali adottate nel caso di versioni plurime dello stesso testo.
Come molti autori invitati, per non dire spesso assillati, a scrivere articoli e a tenere conferenze su temi identici o simili, in Francia e all’estero, Ricoeur riprendeva interventi già fatti in altri luoghi e in altri momenti. Colpisce tuttavia vedere con quale minuzia egli proceda a «copia-incolla» ante litteram, che in realtà più che semplici copia-incolla testimoniano quasi sempre di un rimaneggiamento o di una parziale riscrittura, a volte anche significativa, di un testo già esistente – una riscrittura dovuta a una riflessione ulteriore in funzione della committenza e del pubblico, ma anche a un avanzamento del pensiero in seguito alla lettura di un’opera che lo ha colpito o di un dibattito al quale ha partecipato3. Coloro che hanno conosciuto Ricoeur e lo hanno «seguito», fino alla fine, nel suo percorso intellettuale e di vita sanno quanto egli fosse «reattivo», mai indifferente, nei confronti dell’attualità sia nell’ambito del pensiero che della vita pubblica. E chi ha ascoltato una delle sue conferenze ha potuto verificarne l’accurata preparazione, che ha fatto sì che questo non-oratore abbia potuto catturare un auditorio ampio e variegato, sedotto dal suo rigore, dalla sua finezza ma anche da un discorso che, pur non privo di austerità e di difficoltà di comprensione, era connotato da un certo umorismo.
Tuttavia, per meglio comprendere lo spirito con cui sono redatti questi Scritti e conferenze, è importante ricordare quanto Ricoeur detestasse una pratica diventata ormai usuale: la ripresa scritta e la pubblicazione di discorsi orali – corsi, conferenze, interventi pubblici… –, siano essi preparati o, peggio ancora, improvvisati. Le sollecitazioni in questo senso non sono mancate, ed egli le ha quasi sempre ostinatamente respinte, per la disperazione di alcuni editori. Alcuni di questi, però, non si sono fatti scrupolo di sorvolare sulle sue reticenze – o meglio, i suoi rifiuti – pubblicando senza permesso testi «non autorizzati». In altri casi, che non dipendono solo dalla rassegnazione ma anche da un sentimento di gratitudine o di fiducia nei confronti di coloro che lo avevano invitato, Ricoeur ha accettato pubblicazioni di corsi e conferenze registrate e trascritte – anche se è una cosa che non ha mai fatto del tutto volentieri.
Abbiamo il diritto di trovare eccessivi questi scrupoli dell’autore. Tuttavia, essi non dipendono da una concezione gelosa o ristretta del diritto d’autore (Ricoeur avrebbe avuto tutto l’interesse a «monetizzare» queste pubblicazioni, che erano oggetto di richieste), ma da un’etica del testo filosofico o da una responsabilità dell’autore filosofo, il quale non si accontenta delle approssimazioni nell’espressione e nel contenuto (ancor meno in un’epoca in cui tutto, anche in filosofia, è fagocitato e digerito nella «comunicazione»). La «resistenza del pensiero», per riprendere un vecchio titolo dagli echi heideggeriani, esige una scrittura accurata e richiede il sigillo della firma dell’autore da vivo. Non possiamo allora pensare che Ricoeur, formidabile e scrupoloso lettore di scritti altrui, non potesse che mostrarsi intransigente sul rigore della scrittura dei propri? Comunque sia, egli ha chiesto, come sue ultime volontà, che il Comitato editoriale, di cui egli stesso aveva designato i vertici, vigilasse in modo rigoroso, per l’edizione dei libri postumi, distinguendo chiaramente tra l’opera scritta e «diventata libro», da lui stesso curato o con la sua esplicita approvazione, e le pubblicazioni di testi composti di suo pugno ma raccolti da altri, i quali avevano però la sua più totale fiducia.
È in questo spirito, e nel pieno rispetto di tale richiesta, che è stato curato il presente volume, come lo saranno quelli futuri.

«Sulla psicoanalisi»

Questo primo volume parte dal punto più spinoso, e comunque più controverso nel percorso filosofico di Paul Ricoeur: la riflessione sulla psicoanalisi. La ragione di questa scelta è dovuta al fatto che questi testi sono tra i più introvabili e non al desiderio di ravvivare vecchie polemiche, dopo tutto molto francesi (ignorate, in psicoanalisi e in filosofia, dalla maggior parte degli altri Paesi). Questa ripresa rende accessibili testi meno noti di altri, in quanto risalenti non all’ultimo periodo della riflessione di Ricoeur ma al primo e a quello intermedio. Molte di queste «carte» sono state pubblicate all’estero, e continuano a essere molto richieste; in questo modo, i filosofi, gli psicoanalisti e il pubblico in generale potranno usufruirne.
La presente opera riunisce «scritti e conferenze», pubblicate e non, di quattro decenni: un lungo periodo che consente di verificare la continuità e le varianti di un pensiero. La continuità è quella di uno sforzo di comprensione filosofica, di una volontà di pensare la psicoanalisi dedicandosi a quel «lavoro di secondo grado» che è la filosofia riflessiva cara a Ricoeur, e che egli considerava il cuore stesso dell’impresa filosofica fin dai suoi primi inizi in Grecia. Si tratta anzitutto di testi illuminanti, nel senso della tradizione dell’Illuminismo e di una parte importante della filosofia contemporanea, per l’opera stessa di Freud. D’altronde, proprio perché ruotano «attorno alla psicoanalisi», si sarebbe potuto raccoglierli sotto il titolo «Paul Ricoeur, lettore di Freud». Lettore di Freud – da lui interpretato con precisione, empatia e ammirazione, e con quella Redlichkeit, quella «onestà intellettuale» che è «il solo “valore” etico […] conforme alla neutralità etica della relazione psicoanalitica»; e anche con la piena consapevolezza della rottura sconvolgente che il pensatore viennese rappresenta per la tradizione razionale della filosofia. Freud non è certo l’unico caso nella filosofia moderna, ma lo scarto che egli opera è particolarmente sconcertante, inquietante, minaccioso per la sua «estraneità», e trasporta la filosofia, che essa lo voglia o no, «altrove», in un paese non familiare in cui la regola e il criterio della ragione sono fuori luogo. La celebre Verstellung4, lo «spostamento» che Freud pone al centro del lavoro dell’inconscio e del transfert, non lascia indenni. Come la storia della psicoanalisi non ha smesso di mostrare, si tratta di uno spostamento non privo di rischi, tanto più che è il prolungamento o il portato di una pratica, anzi di una messa alla prova unica nel suo genere: l’esperienza dell’analisi.
Paul Ricoeur non cerca in Freud i punti deboli, teorici o pratici. Lo prende, per così dire, «così com’è», con lo stupore del filosofo, anzitutto leggendo con pazienza l’autore di un’opera, di testi scritti, e interrogandolo poi secondo diverse prospettive, le quali sono certamente in sintonia con i propri interessi intellettuali, anche se non si limitano ad essi.
In una raccolta composta da testi sparsi lasciati ai posteri, sarebbe arbitrario individuare un «piano», ma si possono tuttavia evidenziare, a grandi linee, tre direzioni di pensiero.
Molti di questi testi vertono anzitutto sul progetto e la validità della psicoanalisi come «scienza», il suo modo di procedere e i suoi risultati, la sua interpretazione della cultura e il suo posto nella cultura, le sue intenzioni dichiarate, alluse o tacite. Che scienza è quindi la psicoanalisi? Quale verità è in gioco, quali prove sono fornite e in che modo? «Come si giustificano le sue asserzioni, come sono comprovate le sue interpretazioni, come è verificata la sua teoria?». Sono queste le domande che si pongono. A interessare principalmente Ricoeur non è l’epistemologia, nel senso di una «critica della conoscenza scientifica», bensì il problema della «verità» della psicoanalisi e dei mezzi che essa mette in atto. Se è indubbio che «quello che in psicoanalisi vale come fatto è di natura diversa da quello che vale come fatto nelle scienze della natura e in generale nelle scienze sperimentali», sorge allora spontanea, come in tutte le scienze umane, la domanda sul «carattere ermeneutico della psicoanalisi». Tuttavia è importante sottolineare fin da subito che, anche se «la nozione di fatto in psicoanalisi presenta una certa parentela con la nozione di testo» e se «la teoria è, rispetto al fatto psicoanalitico, in un rapporto analogo a quello dell’esegesi di un testo nelle scienze ermeneutiche», Ricoeur fornisce una risposta prudente e sfumata sullo statuto ermeneutico della psicoanalisi, «disciplina mista» dallo «statuto ambiguo».
Su tale questione centrale, la prudenza è tanto più giustificata in quanto la parentela tra la «nozione di fatto psicoanalitico» e la «nozione di testo» non esaurisce il contenuto della «cosa» o dell’«oggetto» psicoanalitico. Nel testo intitolato Immagine e linguaggio in psicoanalisi, che in altri tempi avrebbe suscitato accesi dibattiti (e, in altre circostanze, risvegliato reazioni rancorose), Ricoeur insiste sulla necessità di aggiungere al «campo della parola e del linguaggio» in psicoanalisi quello dell’immagine, che ha una dimensione «semiotica» disconosciuta e che non può essere ricondotta puramente e semplicemente al linguaggio. Al di là di una critica a Lacan, dovremmo di certo ricollegare l’insistenza di Ricoeur sul «circolo delle immagini» all’importanza che l’immaginazione, lo «spazio della fantasia» o il Phantasieren5 hanno in tutta la sua opera6. In fin dei conti, la riserva maggiore che il filosofo nutre nei confronti della psicoanalisi sarebbe l’assenza di capacità di futuro legata all’immaginazione, una forza presente non solo nelle utopie, ma nella capacità creatrice dell’uomo che si proietta in avanti.
Con la presentazione e la discussione di Heinz Kohut e della self psychology, si cambia totalmente terreno, ma non oggetto: si tratta sempre di interrogare la psicoanalisi su ciò che essa è, su ciò che vuole essere e non può essere (si noterà in questo testo le critiche teoriche pertinenti e troppo poco note di Kohut nei confronti della tradizione freudiana). Si potrebbe certo obiettare che con Kohut si abbandona Freud; e i collegamenti, non «eclettici» ma nemmeno «concordanti», che Ricoeur fa con Hegel e Lévinas potrebbero anche giustificare il rimprovero di un ritorno a un terreno più sicuro che non quello della «inquietante estraneità». Resta tuttavia la suggestione feconda di uno spaesamento rispetto all’ortodossia freudiana, che contribuisce anche a marcare sia la differenza propria di Freud che l’interesse per «scuole» diverse dalla sua.
Un’altra serie di testi è dedicata principalmente al problema della cultura: che ne fa la psicoanalisi della cultura acquisita, quale rottura opera nella storia della cultura dal punto di vista dei valori, della religione, della percezione dell’arte? Questo registro più «classico», meglio conosciuto, che è quello della comprensione di una tematica designata dallo stesso Ricoeur con un’espressione che ha fatto epoca – la «filosofia del sospetto» –, può essere una riscoperta illuminante per una generazione di analisti e di analizzandi che si trovano a doversi confrontare, oggi, con la querelle tra le varie terapie, con il successo delle neuroscienze e gli attacchi delle psicologie comportamentiste, e il cui orizzonte strettamente analitico ha bisogno di essere ampliato, contestualizzato e ricollocato nella tradizione filosofica e, più in generale, nella cultura antica e attuale. Qui non si tratta più della psicoanalisi come oggetto, ma dell’oggetto della psicoanalisi – un oggetto che non è il «desiderio», ma «il desiderio umano colto in una relazione più o meno conflittuale con un universo culturale» che comprende l’arte, l’etica e la religione. Non è difficile comprendere quali legami e quali interessi personali legano questi temi agli interessi filosofici e anche all’esistenza di Paul Ricoeur. È forse fuori luogo arrischiare qui un’ipotesi o forzare l’interpretazione quando crediamo di cogliere nella bella riflessione su Psicoanalisi e arte un raro elemento autobiografico? Una prossimità, un’empatia con Leonardo da Vinci, derivanti da un’identità d’origine dolorosa – o piuttosto da una ferita originaria –, quella di una condizione precoce di orfano? Con la Gioconda, «il pennello di Leonardo da Vinci non ricrea il ricordo della madre, lo crea come opera d’arte, creando il sorriso secondo Leonardo»; «Il vero sorriso, che si cercherebbe invano, non è dietro, in un qualche evento reale che può essere rivissuto; è davanti, sulla tela dipinta». L’opera filosofica non è l’opera d’arte, ma è pur sempre un’opera: Paul Ricoeur non l’ha forse costruita nella ferita di una vita strappata dalla prima infanzia alla quiete del sorriso di una madre?
Infine, due testi che sono il frutto e l’espressione del lavoro più specifico di Paul Ricoeur sul racconto e la narratività. Il primo, La vita: un racconto in cerca di narratore, richiama soprattutto il senso e l’importanza del racconto biografico per l’identità del narratore. Nel secondo, Il racconto: il suo posto in psicoanalisi, Ricoeur precisa che la sua riflessione deriva da «un’insoddisfazione crescente nei confronti del freudismo...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Frontespizio
  3. Copyright
  4. INDICE
  5. Prefazione: Paul Ricoeur e la psicoanalisi
  6. Nota all’edizione
  7. Prima parte: ATTORNO ALLA PSICOANALISI SCRITTI E CONFERENZE 1
  8. Seconda parte: UNA LUNGA VIA SCRITTI 1954-2003
  9. Bibliografia
  10. Note sul Curatore del presente volume