Si può dire che stavo già preparando i bagagli, quando l’allora segretario generale confederale Sergio D’Antoni mi convocò in Confederazione e mi propose di diventare presidente dell’Etsi, ente turismo della Cisl, che versava in cattive acque.
Ormai ero diventata una salvatrice di situazioni difficili.
Si vede che nella bottega della sarta avevo imparato a prendere misure, e la fabbrica è un’ottima scuola insieme ai problemi economici, se non durano troppo. E non sono troppi gravi.
Devo ringraziare Antonio Uda, nuovo segretario generale della Fnp che, quando fui designata all’Etsi, con una lettera pubblica disse che, tenuto conto del grande apporto da me dato alla Fnp, avrei potuto conservare fino al mio ritorno a Ferrara l’appartamento di proprietà dei pensionati, uno di quelli acquistati su mio consiglio, e nel quale avevo già soggiornato dodici anni.
Il dover cambiare, ricominciare mi entusiasmava e poi mi avvalevo della esperienza precedente. Ero molto contenta di dover mettere mano a un ente un po’ in abbandono e farlo rinascere, partendo dall’amministrazione oculata delle risorse, dall’organizzazione. Le due cose vanno di pari passo. Ho messo in atto, come sempre, gli insegnamenti base appresi in fabbrica, per esperienza diretta, e al Centro Studi di Firenze dove, appunto, la mia esperienza ha trovato basi teoriche.
Iniziai con il riorganizzare la sede di Roma, dove c’era solo una collaboratrice, Nadia Dibilio, da anni lavorava all’Etsi e fu per me un prezioso punto di riferimento per conoscere lo stato delle cose dell’ente.
Presi due stagisti e venne a lavorare con noi Cecilia Ritucci, da poco in pensione dalla Fim.
La conoscevo da anni, era stata segretaria particolare di Pierre Carniti, alla Fim e alla Flm. Era intelligente, gran lavoratrice, conosceva l’organizzazione alla perfezione. Aveva un rimborso spese, del resto anch’io, da presidente, avevo un appannaggio, essendo pensionata.
Ci inventammo insieme un mensile, che fu un modo di farci conoscere e di prendere il contributo per la stampa, che si aggiunse agli introiti del tesseramento. A tal fine incominciammo a fare un’opera di sensibilizzazione a tappeto. In pochi mesi diedi una sterzata e facemmo di un carrozzone inutile, mantenuto dalla Confederazione e senza anima, un organismo che camminava sulle proprie gambe.
Continuai coordinando tutte le agenzie di viaggi nate con capitale Cisl, quello della Confederazione e delle categorie, che erano quattordici. Abbiamo realizzato un catalogo unico Etsi con tutte le offerte, ne ero molto soddisfatta.
Diciamo, come supervisore ho svolto, per due anni, il ruolo di delegato amministrativo della Poket, agenzia di Roma.
Abbiamo istituto un direttivo nazionale composto dai responsabili delle sedi Etsi delle regioni, se c’erano le sedi, oppure i rappresentanti della categoria del turismo e qualche grossa provincia, come Milano e Torino. Nel comitato, infine, c’erano i responsabili delle agenzie che, ormai autonome, erano aperte il pubblico, non solo impegnate a lavorare con il sindacato, a livello territoriale e a Roma.
L’Etsi faceva parte della Fitus, Federazione italiana turismo sociale, ed era presente nei circoli aziendali.
Fu grazie alla costituzione del direttivo nazionale che l’Etsi ha potuto affiliarsi al Bits (Bureau International Turisme Sociale) europeo. Per rappresentare l’Italia nell’organismo dovevamo avere alle spalle una struttura forte qualitativamente e quantitativamente, non andare “sparpagliati”.
Feci parte, sempre per elezione, del consiglio di amministrazione del Bits, ruolo che mantenni per due anni fino alla conclusione del mio mandato. E furono due anni di viaggi in posti lontani, la Cina, il Giappone, paesaggi nuovi, esperienze uniche, culture tanto diverse. Ho girato mezzo mondo.
In questo mio lavoro legato al turismo sociale, trovai anche molti pensionati, tuttavia io non volli, come dire, limitare la nostra presenza a un compito di mero tramite tra iscritti della Cisl e le agenzie di viaggio che facevano riferimento all’organizzazione.
All’Etsi, rispetto ad altri posti, fu relativamente semplice la gestione, mi stancavano di più le discussioni con la Confederazione.
Il mio impegno nasceva, come sempre, da un senso di responsabilità verso l’organizzazione, verso i lavoratori, verso me stessa, ma anche dalla mia passione per il lavoro creativo, se no che senso aveva il mio impegno? La mia vita?
Quando, nel 2009, sentii che il mio compito era giunto al termine, decisi di tornare a casa.
Ero una signora di un’età, avevo settantacinque anni, fortunatamente stavo bene, avevo energia.
Ancora una volta, si chiuse una porta e un’altra si aprì.
Feci giusto in tempo a posare le valigie, a ritrovare i miei amici, la mia famiglia, e mi proposero un nuovo compito. E sono ancora, da allora, all’Anteas.
Ho avuto una via intensa, tra gioie e dolori, soddisfazioni o fallimenti, come tante vite, personalmente non rinuncerei a una giornata di quelle che ho vissuto.
Se sono così oggi, a ottantaquattro anni, curiosa e ancora con la voglia di fare, lo devo a quella che sono stata.
Ripeto, sono stata fortunata, e la mano che mi ha protetto continuo a sentirla.
Tutto qua.
E mentre ci salutiamo, mi viene in mente una domanda, quella che accompagna tante della mia generazione, che abbiamo avuto ottime maestre, Marisa Baroni è una di queste.
Che cosa ci siamo perdute lungo la strada?
Due cose.
Il valore del rapporto tra persone.
Allora come possiamo conoscere e sapere di che cosa ha bisogno la gente? Dovremmo ascoltare con la testa, fotografare con gli occhi, trovare le risposte con il cuore.
1960. Primo corso femminile di formazione presso il centro studi Cisl di Fiesole. Marisa Baroni è la prima da destra.
Marisa Baroni negli anni Settanta.
1981. Ottavo Congresso Nazionale Uil. Franco Marini (al centro) con, alla sua destra, Bruno Storti (segretario generale Cisl dal 1958 al ’76) e, alla sua sinistra, Pierre Carniti. Carniti sarà segretario generale della Cisl fino al 1985, quando gli succederà Marini.
1993. Il presidente della Repubblica Oscar Luigi Scalfaro consegna a Marisa Baroni la targa in ricordo dell’incontro al Quirinale, con le tre segreterie nazionali dei pensionati e i segretari generali delle confederazioni Cgil, Cisl, Uil.
ANNA VINCI
CENNI BIOGRAFICI
Anna Vinci è nata a Roma, dove vive e lavora, dopo una lunga parentesi a Parigi, dove ha compiuto gli studi superiori e ha frequentato un corso di specializzazione alla Sorbona, sulla poesia francese medioevale. Laureata alla «Sapienza» in lingua e letteratura francese, durante gli anni universitari ha iniziato la sua attività giornalistica collaborando con il quotidiano «Momento Sera». Ha tre figli grandi e quattro nipotini.
Come narratrice, esordisce con il racconto Calcutta (Guida editori, 1989), abbinato a Lungo viaggio di Natale di Vasco Pratolini nella collana Clessidra, che affidava a uno scrittore affermato la scelta di un esordiente; seguono Marta dei vocabolari (Edizioni Associate – Ila Palma, 1994; ripubblicato dalle Edizioni Voland nel 2002); L’usuraia (Edizioni Associate – Ila Palma, 1996); Rest...