Pensare nell'Islam
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Questo libro si occupa del pensiero islamico classico e del suo paradigma fondativo, l'idea dell'Unità e Unicità di Dio (tawbÏd), nelle sue implicazioni metafisico-ontologiche e in quelle cosmo-gnoseologiche. L'idea dell'assoluta Unità e Unicità di Dio, che è stata e rimane il metro di paragone con cui confrontare il senso profondo, autentico, della cultura musulmana con qualsiasi altro tipo di fenomenologia culturale o scientifica o politica, ha rappresentato un potentissimo strumento di avanzamento non solo intellettuale e morale, ma anche pratico. Essa, infatti, non solo ha ispirato, va da sÊ, le speculazioni teologiche e filosofiche (molti storici ritengono quello islamico il monoteismo piÚ puro), ma ha rappresentato lo sprone dell'azione ortopratica, poichÊ, come diceva Louis Massignon già settant'anni fa, l'Islam antepone il ben agire al credere ortodosso. Il focus di questo libro sarà tutto sull'Islam teoretico, per radiografarlo dall'interno nella fase piÚ alta, quella erroneamente definita medievale, della sua cultura.

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Informazioni

Editore
Jaca Book
Anno
2020
ISBN
9788816800656
Parte seconda
IL MU‘TAZILISMO
La teologia filosofica dei mu‘taziliti è di grande interesse perché rappresenta forse il tentativo più interessante di lettura dell’Islam in chiave speculativa da parte dei mutakallimūn. In questa sezione perciò affronterò il problema dell’ontoteologia del Mu‘tazilismo alla luce dei presupposti coranici che abbiamo citato più sopra. La bibliografia sul Mu‘tazilismo è abbondante, ma non sterminata, e mi pare di poter dire che negli ultimi anni non si sono avuti significativi mutamenti rispetto al quadro critico che mi accingo a disegnare1.
1.
A Baghdad e Bassora, alla fine del II/VIII e agli inizi del III/IX secolo, fiorì la Mu‘tazila, la più importante e, in certo senso, come si vedrà, la più “razionalista” delle scuole teologiche dell’Islam classico. Veramente, definire il Mu‘tazilismo una “scuola” può forse risultare improprio. Sotto quel nome infatti si comprendono un insieme di “scuole” e di correnti di pensiero, spesso autonome le une rispetto alle altre, che condividevano alcuni princìpi comuni.
Questi princìpi comuni sono noti come i “cinque” princìpi: a) l’Unicità di Dio, b) la Giustizia di Dio, cui si connette la problematica del libero arbitrio umano; c) la “promessa e la minaccia”; d) lo “stato intermedio”; e) il dovere, come recita il Corano, di “ordinare il bene e di proibire il male”. Vedremo tra poco nel dettaglio il significato di queste formule. Al momento aggiungiamo altre tre precisazioni. La prima è che può senza troppa tema di smentite essere considerato come sesto pilastro fondamentale della dottrina mu‘tazilita la dottrina della creazione del Corano, che è una conseguenza della tesi sull’Unicità di Dio. La seconda precisazione consiste nel fatto che la più chiara e conclusiva definizione dei “cinque” princìpi e la loro sistematizzazione avvenne con il qādī ‘Abd al-Jabbār, nell’XI secolo, quando cioè il Mu‘tazilismo era ormai in decadenza, sconfitto sul piano del consenso dei dotti e soprattutto del consenso popolare da parte dell’Ash‘arismo-Hanbalismo. Di fatto il Mu‘tazilismo, sconfitto presso i sunniti, sopravvisse soprattutto nella teologia sciita tarda. La terza precisazione è che, della fase più antica e teoreticamente più produttiva del pensiero mu‘tazilita, in pratica non ci sono pervenute opere originali, ma soprattutto testimonianze indirette, di opere dossografiche qualche volta scritte da autori anti-mu‘taziliti e perciò pregiudizialmente ostili. La gran parte delle notizie che sappiamo sui primi mu‘taziliti provengono da tre opere dosso-eresiografiche fondamentali, le Maqālāt al-islāmiyyin di al-Ash‘arī, che era un transfuga del Mu‘tazilismo; il Kitāb al-milal wa al-nihal di ‘Abd al-Karīm al-Shahrastānī, di inclinazioni sciite; e il Kitāb al-farq bayna al-firaq di ‘Abd al-Qāhir al-Baghdādī, uno stretto sunnita. Fa in parte eccezione il Kitāb al-intisār opera autografa del mu‘tazilita al-Khayyāt. Altre notizie si possono trarre anche dal Fisal fī’l-milal wa’l-ahwā wa al-nihal di Ibn Hazm. E naturalmente, dalle due grandi opere di ‘Abd al-Jabbār, il Sharh al-usūl al-khamsa pervenutoci nella redazione di Manakdim, e dai venti grossi volumi del Mughnī fī abwāb al-tawhīd wa al-‘adl2. Esistono altre fonti cui attingere, naturalmente, ma queste sono senz’altro sufficienti per il nostro discorso.
2.
L’analisi del significato del nome “Mu‘tazila” consentirà di aprire una finestra sulla situazione culturale e politica dell’epoca. È noto l’aneddoto, tramandato, tra gli altri, da al-Shahrastānī, per cui uno dei primi mu‘taziliti, Wāsil Ibn ‘Atā (m. 131/748) si sarebbe “allontanato” (i‘tazala) dal suo maestro Hasan al-Basrī non condividendone l’opinione sullo statuto religioso del peccatore (cioè se un peccatore può essere ancora considerato un musulmano o no)3. Si tratta probabilmente di una leggenda, e ad ogni modo questa spiegazione del nome “Mu‘tazilismo” non gode più di molto credito. Josef Van Ess, per esempio, ha sostenuto che Wāsil Ibn ‘Atā si sarebbe “allontanato” da Hasan al-Basrī e da ‘Amr Ibn ‘Ubayd più per ragioni terminologiche e di metodo che per la questione dello statuto del peccatore4.
Una parola autorevole fu pronunciata da Carlo Nallino nel celebre articolo Sull’origine del nome di “Mu‘taziliti”5. Secondo Nallino, il nome avrebbe originariamente indicato coloro che, in occasione dello scisma tra ‘Alī, genero del Profeta e quarto califfo “ben guidato”, e Mu‘āwiya Ibn Abī Sufyān, governatore di Damasco e parente del califfo ‘Uthmān, morto assassinato, avrebbero tenuto una posizione “separata” rispetto sia agli “ortodossi”, cioè quelli che, in quanto seguaci di Mu‘āwiya, diventeranno i “sunniti”, sia rispetto ai Khārijiti che rifiutavano entrambi i partiti6. Il vocabolo “mu‘tazilita”, da un’originaria valenza politica, si sarebbe poi esteso a indicare una particolare scuola dogmatica.
L’interpretazione di Nallino venne sostanzialmente discussa da Montgomery Watt nel suo The Formative Period of Islamic Thought. Anche Watt infatti riteneva le motivazioni politiche dominanti nella nascita del Mu‘tazilismo. Facendo esplicito riferimento ad al-Nawbakhtī, però, l’islamologo scozzese sosteneva che la posizione mu‘tazilita di neutralità fra ‘Alī e Mu‘āwiya non corrispondeva a una contrapposizione tra “ortodossi” e Khārijiti, ma più nettamente tra “ortodossi”, cioè sunniti, e ‘alidi. «Su questa base», scrive Watt, «si può sostenere con una certa sicurezza che il nome di Mu‘tazila era applicato originariamente a coloro che erano neutrali rispetto ad ‘Alī, e che anzi venne riferito ai mu‘taziliti dai proto-sciiti»7. Il problema delle relazioni del Mu‘tazilismo con la shī‘a è, come vedremo tra poco, delicato.
L’insistenza sul carattere originariamente politico della Mu‘tazila portava naturalmente Watt a rifiutare l’ipotesi, risalente a Goldziher8, ma ripresa anche da Van Ess9, di una radice etica e “mistica” del movimento. Watt avanza due critiche che a me appaiono abbastanza conclusive: a) l’ipotesi Goldziher/Van Ess non tiene conto delle circostanze storiche e dell’ambiente in cui nacque il Mu‘tazilismo; b) l’elemento “mistico” non appare nei “cinque princìpi” che costituiscono le basi del credo mu‘tazilita (né, del resto, al-Shahrastānī parla mai di un atteggiamento misticheggiante dei mu‘taziliti, a meno che non si voglia considerare tale l’ascetismo di un al-Murdār10; e lo stesso vale per al-Ash‘arī).
Una tesi assai interessante fu avanzata da H.S. Nyberg nell’articolo Mu‘tazila della prima edizione dell’Encyclopedie de l’Islam11. Nyberg riteneva che i mu‘taziliti avessero costituito la sovrastruttura teologica, per così dire, della struttura politica del regime ‘abbaside che, come noto, sostituì nel 749-750 il califfato Umayyade, a sua volta vincitore degli ‘alidi. Prove indirette a sostegno di questa tesi sarebbero, da una parte, il fatto che gli ‘abbasidi si giovarono contro gli umayyadi dell’ostilità degli ‘alidi12; dall’altra, il fatto che numerosi mu‘taziliti nutrirono simpatie ‘alidi, senza per questo poter essere considerati sciiti. Ibrāhīm al-Nazzām, per esempio, uno dei maggiori teorici della Mu‘tazila, riprese taluni argomenti della propaganda sciita, e collazionò moltissime accuse contro i califfi “ben guidati”, in specie contro ‘Umar13.
Nonostante questi punti di convergenza, non bisogna dimenticare che molti tra i primi mu‘taziliti furono nettamente anti-sciiti; o per lo meno si opposero alla fondamentale dottrina sciita dell’imamato. Così, di Abū Bakr al-Asamm leggiamo che dicesse: «l’imamato può venir conferito solo per consenso unanime di tutti i componenti della Comunità. Egli intendeva così contestare l’attribuzione dell’imamato ad ‘Alī, poiché la sua investitura era avvenuta non in un periodo di concordia, ma di contrasto tra i Compagni»14. Ancor più netta fu la posizione anti-sciita di ‘Amr Ibn ‘Ubayd, uno dei primissimi mu‘taziliti, insieme a Wāsil Ibn ‘Atā, il quale anzi lottò energicamente contro i Rāfiditi, cioè gli sciiti imamiti.
Anche dal punto di vista teologico, l’adozione del kalām mu‘tazilita da parte di alcuni imamiti fu tarda, collocandosi non prima del III-IV/IX-X secolo, mentre nel II/VIII le opinioni divergevano, sia per quanto riguarda l’imamato, sia per quanto riguarda gli attributi di Dio e gli atti umani15. Il collegamento sciismo-Mu‘tazilismo si fa più chiaro in seguito, dopo che la dottrina mu‘tazilita si fu impiantata e consolidata. Così faceva rilevare già molti anni fa Henri Laoust nel suo saggio sul Farq di al-Baghdādī16; che lo sciismo seriore si appropriò della teo­logia mu‘tazilita è ormai cosa nota. Secondo Dominique Sourdel, in ogni caso, è senz’altro possibile collegare shī‘a e Mu‘tazilismo, il quale non sarebbe altro che Zaydismo, una forma di sciismo moderato, e sarebbe venuto in auge a causa della politica filo-sciita dei primi ‘abbasidi, e segnatamente del califfo al-Ma’mūn17.
È chiaro però che in questo modo, anche se non esplicitamente, si torna alla tesi di Nyberg, che vede nel Mu‘tazilismo l’ideologia di stato degli ‘abbasidi.
Claude Cahen, dal canto suo, ha suggerito molta cautela nel legare troppo strettamente Mu‘tazilismo e ascesa del potere ‘abbaside. Dal suo punto di vista, il movimento ‘abbaside ebbe il sopravvento soprattutto perché riuscì a dimostrare all’opinione pubblica musulmana che un rovesciamento di dinastia non avrebbe implicato un rovesciamento di ortodossia religiosa, come sarebbe accaduto se il trionfo sugli umayyadi fosse spettato agli ‘alidi. Oggi la critica è consapevole dei profondi intrecci tra movimenti ‘alidi anti-umayyadi e ascesa degli ‘abbasidi. Questi ultimi “sfruttarono” gli ‘alidi per combattere gli umayyadi e consolidarsi al potere; e poi li abbandonarono al proprio destino o addirittura li perseguitarono. L’opinione di Cahen non risulta perciò soddisfacente. In ogni caso è vero che gli ‘abbasidi rivendicarono la dimensione internazionale e inter-etnica dell’Islam, pronto ad assorbire anche le popolazioni non arabe, in specie iraniche; un Islam, insomma, svincolato dall’orgoglio di razza arabo e dalle ambizioni di una famiglia, fosse pure diretta discendente, come quella di ‘Alī, dal P...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Frontespizio
  3. Copyright
  4. INDICE
  5. Introduzione: ISLAM E OCCIDENTE ALLO SPECCHIO
  6. Parte Prima: COSA SIGNIFICA PENSARE NELL’ISLAM
  7. Parte Seconda: IL MU‘TAZILISMO
  8. Parte terza: IL COSMO E L’INTELLETTO
  9. Conclusione: FENOMENOLOGIA DELLA TRASCENDENZA