Il Principe
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Grazie alla lungimiranza del suo autore, Il Principe è il trattato politico per eccellenza: un libro che anticipa il cambiamento invece di rincorrerlo, e che, intercettando gli umori della popolazione, presagisce la naturale conclusione di tutte le lotte che animano il Quattrocento italiano: l'unità d'Italia. Scritto nel 1513, a quasi cinquecento anni di distanza si conferma un testo fondamentale per quanti intendano approfondire non solo la scienza politica, ma riscoprire i grandi classici della letteratura italiana e i frutti imperituri dei maggiori geni rinascimentali, per capire quanto quell'epoca abbia segnato la società nella quale viviamo ancora oggi.Attualizzato grazie alla magistrale trasposizione dall'italiano antico di Paola Giovetti, raffinata esperta linguistica di numerosi classici del pensiero spirituale e non, il capolavoro per eccellenza della dottrina politica italiana viene proposto in versione commentata con testo a fronte, così da consentire la piena scoperta dei livelli contenutistici e testuali che rendono, ancora oggi, Il Principe una delle pietre miliari della nostra letteratura.

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Informazioni

Anno
2012
ISBN
9788866231288
Niccolò Machiavelli


Il Principe


A cura di Paola Giovetti


Colophon

© Verdechiaro Edizioni
Via Montecchio, 23/2
42031 Baiso (Reggio Emilia)
isbn 978-88-6623-128-8
Grafica interni e copertina: Francesca Parravicini
Nessuna parte di questa pubblicazione,
inclusa l’immagine di copertina,
può essere riprodotta in alcuna forma
senza l’autorizzazione scritta dell’editore,
a eccezione di brevi citazioni destinate alle recensioni.


Niccolò Machiavelli e Il Principe


Niccolò Machiavelli nasce a Firenze il 3 maggio 1469 da una famiglia della piccola nobiltà; il padre esercita la professione di avvocato e possiede alcuni poderi nel contado. Terzogenito dopo le sorelle Primavera e Margherita, ha anche un fratello minore di nome Totto. Avviato dal padre allo studio della grammatica e del latino, legge i classici e si crea un’ottima cultura umanistica. Vivamente interessato alle vicende politiche della sua città, nel 1498 è nominato segretario della seconda cancelleria della Repubblica fiorentina e comincia, a nome di questa, a svolgere missioni diplomatiche che lo portano presso varie corti italiane: Siena, Bologna, Arezzo, Imola. Nel 1501 sposa Marietta di Luigi Corsini, che gli darà sette figli. Nel 1502 compie due missioni presso Cesare Borgia e ha modo di conoscerlo e apprezzarlo, come risulta evidente da ciò che ne scrive ne Il Principe. Comincia intanto a dedicarsi alla stesura di opere politiche, per le quali trae spunto dalle proprie esperienze.
Nel 1503 muore Alessandro vi, padre di Cesare Borgia, e Machiavelli viene inviato a Roma per seguire il conclave, dal quale esce eletto papa Giulio ii. Finisce intanto la fortuna di Cesare Borgia, che morirà combattendo in Spagna nel 1507.
Tra il 1504 e il 1505 Machiavelli si reca in Francia per una missione presso Luigi xii, quindi a Perugia presso Giampaolo Baglioni, a Mantova presso Francesco Gonzaga e infine a Siena da Pandolfo Petrucci. Nel 1506 è di nuovo a Roma presso Giulio ii, che seguirà nella spedizione per la riconquista di Perugia e Bologna: Machiavelli è quindi al centro della grande politica dei più importanti Stati italiani del tempo.
Nel 1507 parte per il Tirolo per incontrare l’imperatore Massimiliano, del quale non avrà grande stima. Negli anni successivi segue le travagliate vicende di Pisa, che nel 1509 si arrende definitivamente ai fiorentini: agli accordi Machiavelli prende parte attiva. Nel 1510 e poi nel 1511 è di nuovo alla corte di Francia.
Nel 1513 viene scoperta la congiura anti-medicea di Agostino Capponi e Pietropaolo Boscoli, che saranno poi giustiziati; Machiavelli, che è stato fedele servitore della Repubblica, è ingiustamente accusato di farne parte e viene arrestato, torturato e imprigionato, ma sarà liberato poco tempo dopo grazie all’amnistia che segue l’elezione del cardinale Giovanni de’ Medici al soglio pontificio con il nome di Leone x; viene tuttavia confinato nella tenuta dell’Albergaccio presso San Casciano in Val di Pesa. Qui scrive I discorsi e Il Principe. Le sue speranze di entrare al servizio di Giuliano de’ Medici, al quale aveva in un primo tempo pensato di dedicare Il Principe, sono deluse; l’opera sarà dedicata al giovane Lorenzo de’ Medici, che morirà precocemente nel 1519, e pubblicata postuma nel 1532.
In quegli anni Machiavelli frequenta gli Orti Oricellari, cioè il palazzo e il giardino di Bernardo Rucellai e di sua moglie Nannina de’ Medici, sorella di Lorenzo il Magnifico. Grazie al carattere mecenatesco della famiglia, gli Orti ospitano le sedute dell’Accademia Platonica che, dopo la cacciata dei Medici da Firenze (1498), aveva dovuto lasciare la villa di Careggi. Dell’Accademia fanno parte alcuni tra i più importanti letterati e uomini di cultura dell’epoca, come appunto Niccolò Machiavelli, che in quel periodo si dedica con successo alla letteratura: nascono così Belfagor arcidiavolo, Istorie fiorentine, Clizia, La mandragola. Scrive però anche opere politiche, come Vita di Castruccio Castracani e L’arte della guerra.
Compie ancora qualche missione politica legata soprattutto a Francesco Guicciardini, prima governatore a Modena e poi luogotenente generale dell’esercito pontificio. Negli anni della guerra tra la Francia, alleata del papa, e Carlo v, Machiavelli è nominato cancelliere dei procuratori delle mura di Firenze, per la difesa della città. In questa veste compie ancora alcune missioni diplomatiche. Muore abbastanza improvvisamente il 21 giugno 1527, probabilmente a causa di una peritonite. Viene sepolto il giorno dopo in Santa Croce.
Il Principe è l’opera più famosa di Niccolò Machiavelli. Scritta nel periodo di confino in campagna all’Albergaccio, è destinata all’uomo di Stato e offre una descrizione lucida e complessivamente abbastanza spietata della gestione del potere. Frutto della cultura classica del suo autore e soprattutto dei lunghi anni di attenta osservazione della realtà del tempo, dei principi, dei papi, delle guerre, delle congiure, degli umori del popolo e dei soldati, l’opera traccia un quadro privo di illusioni della figura del principe ideale, e spiega come egli dovrebbe essere per conquistare e conservare il potere, come dovrebbe trattare gli uomini e governare gli eserciti, quali qualità sia consigliabile che egli possieda. È convinzione del Machiavelli che il principe debba essere più temuto che amato, che debba avere l’astuzia della volpe e la forza e la ferocia del leone e che, soprattutto, debba esserci decisa separazione tra politica e morale, perché la politica ha una morale sua (la salvaguardia dello Stato e del potere) che non sempre può coincidere con la morale privata, e che quindi i fini del principe giustifichino i mezzi da lui usati per conseguirli. Machiavelli è stato il primo a teorizzare a questo livello e a sostenere la laicità dello Stato.
Il linguaggio terso, sicuro, conciso fa di questo piccolo libro un capolavoro della letteratura italiana, nella quale del resto Machiavelli occupa un posto di primissimo piano anche per le altre sue opere – novelle e commedie – sopra citate.
Nell’ultimo capitolo de Il Principe Machiavelli sollecita gli italiani a liberarsi dallo straniero e a unificare l’Italia, e invita la Casata de’ Medici, nella persona di Lorenzo il Giovane, a porsi alla testa di questo movimento nazionale. Machiavelli fu quindi il primo ad avere l’intuizione di un’Italia unita, più di tre secoli prima che di tale unificazione si cominciasse concretamente a parlare.
L’idea di “tradurre” Il Principe in italiano moderno è venuta constatando la difficoltà odierna di leggere un’opera scritta nella lingua del Cinquecento. Difficoltà che non di rado fa desistere dalla lettura. Nella fiducia di aver fatto un lavoro utile, ci auguriamo – la casa editrice e io personalmente – che questa “traduzione”, presentata con il testo originale a fronte e corredata delle indispensabili note, avvicini i lettori, e soprattutto i giovani, a un testo fondamentale della letteratura e del pensiero politico italiano.
Paola Giovetti


nb. Nella presente edizione vengono presentate prima la trasposizione di Paola Giovetti e, a seguire, il testo originale dell’opera.

Niccolò Machiavelli al Magnifico Lorenzo de’ Medici il Giovane

1. Coloro che desiderano acquistare meriti presso un principe sono soliti presentarsi a lui con le cose che sanno essergli più care e delle quali vedono che maggiormente si diletta, per cui si vede che molte volte gli sono presentati cavalli, armi, drappi d’oro, pietre preziose e simili ornamenti degni della sua grandezza. Desiderando io presentarmi alla Magnificenza Vostra[1] con qualche testimonianza del mio rispetto, non ho trovato tra i miei beni nulla di più caro e stimabile quanto la conoscenza delle azioni dei grandi uomini, imparata da me con una lunga esperienza delle cose moderne e una continua lettura di quelle antiche; avendole io dunque con grande diligenza lungamente meditate ed esaminate, e raccolte ora in un piccolo volume, le mando alla Magnificenza Vostra; e benché giudichi quest’opera indegna di essere presentata, tuttavia confido che per la benevolenza vostra possa essere accettata, considerando che da me non possa essere offerto maggior dono che dar modo di comprendere in brevissimo tempo tutto ciò che io ho conosciuto e compreso in tanti anni e con tanti miei disagi e pericoli.[2]
Non ho ornato né riempito la mia opera di clausole ampie e parole ampollose e magnifiche o di quegli adescamenti e abbellimenti formali con i quali molti sogliono ornare i loro scritti, perché ho voluto presentare solamente la varietà della materia e la serietà del soggetto. Né voglio che sia attribuita a presunzione che un uomo di bassa condizione quale io sono[3] ardisca parlare e dare regole ai principi, perché così come quelli che disegnano i paesi si pongono bassi in pianura a studiare la natura dei monti e dei luoghi alti, e per studiare quella dei luoghi bassi si pongono in alto sui monti, allo stesso modo per conoscere bene la natura dei popoli bisogna esser principe, e per conoscere bene quella dei principi conviene esser uomo del popolo.
2. Accetti dunque la Magnificenza Vostra questo piccolo dono con quello stesso animo con cui io glielo offro; e se lo considererà e leggerà diligentemente, vi troverà il mio grande desiderio che ella pervenga a quella grandezza che la fortuna e le altre sue qualità le promettono. E se la Magnificenza Vostra dalla sua altezza volgerà ogni tanto gli occhi verso questi luoghi bassi, vedrà quanto io immeritatamente sopporti una grande e continua avversità di fortuna.[4]


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