TERZA PARTE Assalto alla seconda dimora interiore:
la Fratellanza Universale
XVIII
In quella vigilia di Pentecoste non ci fu tempo per il riposo.
La mia anima non ne aveva neanche bisogno, avida com’era di esperienze, riconfortata da quel vino e da quel pane che l’angelo mi aveva offerto nella terza dimora del mio eremo.
Quando ebbi saziato la mia legittima curiosità su ciò che era realmente successo nelle elezioni, o meglio, nella lotteria della candidatura a Pontefice, non permisi alla mia anima di svenire. Al contrario, euforicamente ma umilmente resi grazie a Dio che fa meraviglie con la sua mano, che alza dalla polvere il povero per metterlo a sedere con i prìncipi, i prìncipi del suo Popolo.
Solo che, da adesso, nel suo Popolo non ci sarebbero più stati principi. O meglio, i suoi principi avrebbero continuato ad esserlo, a partire da ora, gli umili, secondo il mio fermo proposito, lungamente meditato.
Ma non anticipiamo gli avvenimenti.
In questo capitolo cercherò di abbreviare la narrazione delle intense esperienze, alcune di carattere intimo e privato, che ebbi la gioia e anche la pena e il dolore di vivere a bordo di quella meravigliosa nave spaziale comandata dal mio angelo Custode, in quella specialissima vigilia di Pentecoste, Vigilia del mio Pontificato.
La più spettacolare vigilia che io abbia mai vissuto. Ma anche la più intensa, la più agrodolce, la più profonda esperienza della mia vita.
Vi dico anche, ma lo avrete già indovinato, che quello fu il mio primo contatto diretto, almeno in stato vigile, con gli amatissimi Fratelli dello Spazio. È una grazia così grande, così indescrivibile, che scambierei la gioia di raccontarvela con la speranza che voi, ognuno di voi, vi preparaste per sperimentarla. So che alcuni di voi sono anche meglio preparati di me e, tuttavia, come Tommaso non avete visto né udito. Ma, meglio di Tommaso, credete. Nella vostra situazione sono stato anch’io per lunghi anni ed avevo già quasi dominato il mio infantile desiderio di un incontro di questo tipo quando, non grazie a me ma a voi, si sono degnati Loro di visitarmi.
Fortunati coloro che senza vedere hanno creduto.
Credetemi, fratelli, credetemi, Loro sono tra di noi da sempre, da prima che arrivassimo all’uso razionale della ragione, per compiere i benefici fini che la Provvidenza del Padre e il Governo del suo Cristo gli hanno affidato. Il suo amore per noi e per ogni creatura è forte ed eterno. E le severe profezie che ammoniscono l’Umanità in questi tempi sono vere. Anche se non scriverò qui un libro su ciò, e ben potrei, vi dirò solo che ultimamente hanno rafforzato le loro fila visibili e invisibili poiché hanno urgenza di ultimare una missione definitiva e improrogabile: il Ritorno di Cristo.
E tutto ciò che riguarda questo Ritorno sarà il lemma del mio Pontificato, scritto nel mio nome. Preparare il cuore di tutti i cristiani, cioè – come ho detto – di tutti gli uomini, perché rendano felice e accelerino, nella misura delle loro forze, questo Ritorno. Che siano molti i chiamati e altrettanti gli eletti che al grido sincero – ripetuto dall’eco delle loro opere – di: “Benedetto colui che viene nel Nome del Signore!” siano accolti da Lui che sta alla sua destra con il dolce benvenuto: “Venite benedetti di mio Padre!”
Per quanto concerne il ruolo delle navi spaziali in questo Ritorno, ricordate che Egli verrà sopra le “Nubi”, attorniato dai suoi Angeli. Quindi tutti vedrete le navi pattugliare i quattro punti cardinali della terra e del mare. Prenderanno alcuni, lasceranno altri. I primi verranno salvati, questi ultimi dovranno attendere nelle tenebre esteriori. Questo mondo, tra pianti e gemiti, espellerà tutti dal suo seno nella gran tribolazione dell’imminente parto. Poco dopo accoglierà di nuovo tra le sue braccia – come madre che reclama il suo nuovo nato – coloro che si siano lasciati ripulire dalla loro immondizia prenatale nel proprio sangue e nel Sangue dell’Agnello. E coloro che non sopravvivranno al terribile choc di quella nascita forzata, che è la prima morte, dovranno cercare sistemazione in altri seni planetari, nei quali l’attesa di una nuova nascita in condizioni più consone alla loro debole vibrazione spirituale, mentre anelano a tornare alla dolce dimora che hanno perduto, sarà la loro seconda morte.
E i primi liberati, coloro che potranno fare quel passo gigantesco verso la Nave che abbia pronunciato il loro nome, torneranno a nascere dall’acqua e dallo Spirito, senza traumi né agonie di parto, peggiori che quelli della morte.
Così voi, amici miei benedetti dalla saggezza, quando invocate il mio nome, Benedetto, ricordate tutta questa dottrina. Alzate le vostre teste perché si avvicina la grande benedizione del Signore che vi renderà liberi.
Vi ho riassunto così, in forma positiva di benedizione, tutto quanto di grande e di terribile mi fu dato vedere e ricordare, perché abbia un rovescio la medaglia di Giovanni, che prima ingoiò il libricino, dolce come una fava, poi gli venne il voltastomaco. Io, al contrario, passai per primo il brutto momento, prima di essere dolcemente proiettato, con una impressione speranzosa e riconfortante, alla Cappella Sistina, come poi vi dirò.
Urge il tempo di cantare la mia profezia con la storia degli avvenimenti che stanno per accadere. Per questo, quando vi racconterò la fine della mia esperienza a bordo del disco, nel quale mi fu dato vedere tutto il passato, il presente e il breve futuro della mia vita, saluterò i miei extraterrestri con un arrivederci al prossimo incontro programmato.
Quindi prima di riprendere il filo della mia storia Pontificia, in questa terza parte del libro, e della mia morte e martirio nella quarta, vi devo raccontare il finale di ciò che ho visto. Perché ho visto in anticipo ciò che passerò poi. O meglio, ho passato prima dolorosamente in spirito ciò che poi mi sarà più sopportabile in carne. Ho assistito in anticipo a tutti gli orrori della mia storia e della Storia.
Prima mi sono visto stritolare nel torchio per tutto il sangue umano versato, da quello dell’innocente Abele fino all’ultimo martire che completa il numero dei marchiati col Sangue dell’Agnello; mi ha poi consolato il dono altruista, vena a vena, corpo a corpo, della calorosa vita che alimenta i cuccioli della Terra.
Prima ho assistito a tutte le guerre fratricide, a tutte le battaglie, a tutti i lutti, a tutte le barbarie. In ogni episodio ho versato il mio stesso sangue, anche se poi mi hanno sollevato i costruttori di pace.
Ho sentito nel mio petto tutti gli odi e i rancori, ma ho anche gioito e goduto di tutti gli amori.
Mi sono visto avvolto da tutti gli intrighi, ma ho visto la Verità uscire trionfante dal mio cuore semplice.
Sono stato vittima di ogni sfruttamento, sono morto con quelli che muoiono di fame e di miseria, anche se ho poi gioito nella loro definitiva liberazione.
Ho visto la Terra scossa e sconvolta, ma ho intravisto di lontano la gioia dei miti che di nuovo l’abiteranno.
Ho visitato l’Ade del dolore, ma mi si sono aperti altri mondi in gloria.
Infine, miei cari, siccome voglio risparmiarvi questa lettura obbligata del mio profetizzare, non vi dirò altro delle mie visioni. Per mia istruzione mi sono state date, e per me le conservo.
Passerò, come vi ho detto, alla diretta narrazione dei fatti della mia vita pontificia, il cui primo anello, il commiato dai miei dolci Fratelli dello Spazio e la comparizione al cospetto della Sala dei Cardinali, pone fine ai miei sogni dello spirito e dà inizio alle insonnie, in vigilia e nella carne.
Ecco cosa avvenne.
All’alba di quel giorno di Pentecoste, nella parte occidentale della Terra, dopo aver completato la nostra settima orbita, dopo il nostro ritorno da Assenzio [Giovanni, nell’Apocalisse (8-IO,II) annuncia la stella che si chiama Assenzio: “... cadde dal cielo una grande stella, ardente come un torchio; e cadde sopra la terza parte dei fiumi, e sopra le fonti delle acque. E il nome della stella si chiama Assenzio. E molti uomini moriranno di quelle acque, perciocché eran divenute amare” (ndr)], l’angelo mi disse: – Ti conviene riposare.
E riposai, convertendo il mio sedile in branda, per alcune ore di riposo profondo. Credo che l’angelo riposò con me, senza smettere di vegliare il mio sonno. Anche gli altri angeli dell’astronave dormivano e vegliavano, nel contempo, i sogni di altre creature, mentre l’oggetto volante stabilizzava la sua rotta automatica, robotizzando la vigilanza di quei corpi sacri che restavano sommersi in zona di permanente penombra, immersi in profondo letargo.
Quando i primi raggi di sole iniziarono a giocherellare con le cupole di San Pietro l’angelo mi svegliò.
Comincia a prepararti per il gran giorno. Socchiudendo gli occhi gli dissi:
Oggi mi aspetta il Provinciale.
– Oggi ti aspetta la cristianità, orfana e arsa, assetata d’amore, nel tempio del mondo! – e aggiunse – Ti ricordi dell’avviso che abbiamo dato a Giuseppe perché fuggisse in Egitto con il Bambino e sua Madre? E di quell’altro dato ai Magi perché ritornassero alla loro terra per un’altra strada?
– Si – risposi – ma che cosa ha a che vedere con me?
– Che la tua gente, mentre da una parte telegrafava a Roma dando conto del-l’elezione, dall’altra ha preparato delle credenziali di presentazione apparenti, che tu stesso dovevi portare, sigillate, al Cardinale Decano, secondo quanto stabilito dal Conclave in via telefonica. Documenti che in realtà sono un rapporto segreto contro la tua persona e le tue dottrine…
– Guarda – disse segnalando un punto lontano fuori dal finestrino della nave – l’aereo papale sta decollando per andare a prenderti. Lo vedremo meglio da questo schermo… I cardinali, estranei per ora all’intrigo che si trama contro di te, sono stati convocati alle nove di stamattina per preparare il tuo ricevimento. Conviene che anticipiamo la tua gente, alla quale non devi nulla se non la formalità della tua elezione.
Così oggi – commentai scherzando – non vi limitate a guidarmi come ai Magi dalla stella, mi ci mettete addirittura a bordo!
Tutto è legale nella sua sostanza e noi procediamo in giustizia, con il consenso ed il beneplacito degli alti comandi della Confederazione intergalattica. Non temere; tutto andrà bene, secondo i piani predeterminati dall’alta Reggenza Planetaria del Governo Cristico universale.
Passammo ancora due ore sulla Nave che sorvolava, o meglio si trovava sospesa non tanto sopra la verticale della Cupola centrale della basilica Vaticana.
Gli extraterrestri mi avvertirono che in quei momenti la Nave stava vibrando in bassa frequenza, quindi era perfettamente visibile dall’occhio umano, e suscettibile di impressionare qualsiasi tipo di pellicola fotografica, in tutta la città di Roma.
La Nave era già stata indubbiamente notata dai dispositivi radar che coprono tutta l’area geografica italiana, ma gli alti comandi delle Forze Aree di questa Repubblica erano sicuramente rimasti tranquillamente a letto, mentre gli operatori si limitavano ad annotare nei loro diari di routine l’osservazione perfettamente identificata. Erano già finiti gli anni dei grandi scandali per un fatto così innocuo come questo e i governi di tutto il mondo, sia sotto l’influenza americana che sovietica, sembravano essersi messi d’accordo per far svanire nell’indifferenza la campagna di silenzio e denigrazione nei confronti degli UFO, che tanto sangue aveva fatto versare in passato.
Disprezzavano olimpicamente i segni dei tempi – i segni nel Cielo – annunciati da Matteo e che la Provvidenza prodigava per mettere in allerta gli eletti.
Bene, la campagna extraterrestre sembrava aver sortito per lo meno un affetto per nulla disprezzabile: convincere i grandi della Terra che, lungi da qualsiasi fantasia belligerante onnipresente in tutti i racconti letterari di fantascienza con i quali si intratteneva e deformava la mente di bambini e adulti in tutto il nostro schizofrenico pianeta, Loro dimostravano, con segnali inequivocabili di buona volontà, un fermo e tranquillizzante pacifismo. Ovviamente quei gesti di pace venivano scambiati come se fossero frutto di impotenza; tuttavia, ogni governo che giocava in questo modo a doppio taglio faceva molta attenzione a non confrontarsi con quella potenza extraplanetaria, poiché vi erano irrefutabili prove a favore del loro totale potere.
Come vi dicevo, quindi, la Nave extraterrestre luccicava splendente sulla cupola vaticana, che non visitava per la prima volta, dai tempi di Pio XII, o forse anche da prima. Alcuni romani ne svegliarono altri per contemplare quello spettacolo quanto meno bello. Per molti, mentalmente avvertiti dalle loro Guide, avrebbe costituito un segnale…
I signori Cardinali, sotto quella mole di pietra di San Pietro, facendosi servire la colazione a letto o ammirando di nuovo le monumentali opere d’arte che da secoli rivestono quei sacri recinti, non erano nelle migliori condizioni per vedere e trarre delle conclusioni…
Tuttavia…
Tuttavia stava già suonando la ora.
Le nove del mattino di Pentecoste di quell’anno di grazia.
Le ultime due ore le avevo trascorse come se fossero una eternità, in quella grazia che mi era stata concessa di riposare e apprendere in quel santuario di saggezza e di amore in azione, insieme ai miei Fratelli, gli angeli, unti dallo Spirito. Quelle due ore le avevamo dedicate a condividere un refrigerio dolce ed energetico, la gioia dello stare insieme, con domande e risposte sulla rispettiva vita, sui piani e pianeti d’origine, della mia futura missione, ricevendo io gli ultimi consigli e sagge avvertenze.
Sarei uscito da quell’Aula celestiale, che non avrei lasciato del tutto, perché Loro non mi avrebbero mai abbandonato, forte e animoso come un esercito predisposto alla battaglia.
L’ultima scampanata rintoccò e il coro regolarmente intonato dai Cardinali previamente riuniti diede inizio all’Inno di invocazione dello Spirito...