PREFAZIONE
di Andrea Riccardi
Presidente della Società Dante Alighieri
Quando un libro si legge con piacere e con facilità, è allora che bisogna alzare la guardia. Mi riferisco al testo di Marco Bonatti Dante a piedi e volando, su cui l’Autore, nell’introduzione, manda una sorta di avvertimento larvato ai lettori, paragonando la Commedia al baule trovato da Edmond Dantès nella grotta dell’isola di Montecristo: «Si alzò e prese una corsa attraverso la caverna con la fremente esaltazione di un uomo che sta per diventare pazzo». Infatti, il Poema non solo è inesauribile, ma apre sempre – a ogni nuova lettura – qualche scrigno ancora chiuso, tanta è la molteplicità dei temi e dei pensieri contenuti.
Ora, Bonatti, con uno studio appassionato e una capacità di resa che lo rende fruibile e accessibile a tutti, conduce una sua esplorazione (che chiama “viaggio”) all’interno della complessa costruzione dantesca, dividendola in due momenti: a piedi e volando. Il riferimento alla cosmologia della Commedia è chiaro: Inferno e Purgatorio, Dante li percorre camminando (nel primo regno, scendendo all’interno dell’imbuto delle sofferenze e nel secondo salendo il monte della purgazione e della speranza). Il Paradiso è un volo fra luci sempre più forti e canti sempre più belli. Ma chi è Dante, il Pellegrino? Bonatti ci dà subito una risposta identificandolo con la malinconica figura di Romeo da Villanova, nel VI canto del Paradiso: egli aveva servito con devozione Raimondo Berengario e ne era stato ricambiato con il disprezzo, tanto che il povero vecchio fu costretto a passare il resto dei suoi giorni mendicando («indi partissi, povero e vetusto;/ e se ‘l mondo sapesse ‘l cor ch’elli ebbe/ mendicando sua vita a frusto a frusto, / assai lo loda, e più lo loderebbe»: l’assimilazione dell’Alighieri con il ministro di Berengario – o Boringhieri – è chiara).
Scrive l’Autore: «La Commedia è un campo minato di emozioni, immagini, trucchi: a ogni passo si rischia di saltare in aria». Bonatti, che conosce in profondo l’opera – e passa velocemente, ma seguendo coordinate infallibili, da un argomento a un altro che gli si annoda per allusione o specularmente –, ci conduce in un viaggio che esamina luoghi, dai riferimenti lirici e spirituali, e personaggi («c’è in Dante la grande energia per costruire e offrire l’immagine “definitiva” di una persona o di una situazione con una sola parola, un verso»). Sono occasioni di satira politica e di invettive, specie contro i fiorentini e Firenze – sebbene la trattazione più completa e argomentata della condanna alla sua città non si trovi in Inferno, ma in Paradiso: per bocca del suo trisavolo Cacciaguida –, di ricostruzioni storiche puntuali, ritratti quotidiani per noi preziosissimi in quanto descritti da pochi contemporanei dell’Alighieri, di incitamenti a guardare in alto in questo itinerarium mentis in Deum, di teorizzazione sui “Due Soli” (la Chiesa e l’Impero) voluti da Dio per un identico bene dell’umanità, ma in modi diversi e separati; e poi le donne, le simbologie, le furbizie… Tanto che Bonatti, riferendosi alla descrizione che Cacciaguida fa della «Fiorenza antica» e dei suoi abitanti e delle famiglie, afferma: «Il mondo del Decamerone – con i tradimenti e i soldi, le astuzie, il sesso, le burle, l’amore per il denaro – sembra davvero lo specchio dei danni che Dante, tramite il suo antenato, lamenta».
Ci sono intuizioni originali (cosa assai difficile in un ambito così ricco di esegesi come quello dantesco), che noi non staremo a segnalare al completo (tralasceremo l’interpretazione del Veltro, vexata quaestio irrisolta e, forse, non risolvibile), ma la “rilettura” personale del canto di Farinata e Cavalcante merita una segnalazione almeno per quel “forse” che accompagna il nome di Guido Cavalcanti e su cui sono stati scritti volumi e volumi. Ma è tutta la struttura esegetico-narrativa di questo libro a meritare una riflessione approfondita, perché quelli che potrebbero sembrare voli pindarici, altro non sono che la dimostrazione di due cose: la complessità e organicità della Commedia e la duttile conoscenza da parte di Bonatti delle sue zone segrete.
La geografia dantesca, su cui molto si è scritto, anche di recente, stimola l’Autore più a lasciare un’idea delle bellezze liriche (dantesche) e paesaggistiche (d’Italia), che a rileggere il poema come fosse un baedeker della penisola. Infatti, dalle terzine indicative dei luoghi, Bonatti estrae un verso, il cui a...