Ancora dalla parte della natura
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Ancora dalla parte della natura

L'ecologia spiegata agli esseri umani

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Ancora dalla parte della natura

L'ecologia spiegata agli esseri umani

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Un fulminante pamphlet ecofemminista che a tu per tu con la Natura attacca il sistema capitalista e patriarcale, dove donne, animali e ambiente sono considerate proprietà e beni da dominare, sfruttare, rapinare.E anche se noi esseri umani siamo parte della Natura, questo mondo ha tracciato un solco così profondo tra noi e lei, da renderla non solo estranea, ma addirittura ostile e nemica. Queste semplici pagine, condotte con un'originale forma letteraria di dialogo, sono un invito a conoscerla meglio, allo scopo di rispettarla. E in questo processo, cambiare noi, smettendo di modificare lei.In questa nuova edizione un capitolo interamente dedicato al Covid 19: La guerra al Covid.

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Informazioni

Anno
2021
ISBN
9788868994266
Categoria
Ecologia
Piccolo galateo della natura
1. Non sprecate materia ed energia
Vivi nell’età dello spreco. Tra i tuoi simboli di status c’è anche il gettare via cose ancora utilizzabili, e riempire case sempre più (inutilmente) grandi di oggetti sempre più superflui, o che usi pochissime volte finché dura la curiosità per la novità e poi dimentichi in qualche cassetto o nello sgabuzzino. Oppure, come ha fatto una famiglia norvegese di tre persone appassionate di arredamento, metti nella villetta quattro salotti: uno accanto all’altro. È un vortice sempre più veloce, che coinvolge sempre più persone; la classe media urbana si espande a livello globale con lo sviluppo dei paesi emergenti, e vuole auto, tv, computer, cellulari, mobili di pregio. I ricchi poi raggiungono vette stratosferiche nello spreco, e il numero dei miliardari è in aumento (siccome la popolazione cresce, ciò è compatibile con una loro diminuzione percentuale, ossia una concentrazione di ricchezza in poche mani: crescono infatti solo dello 0,5 per cento all’anno mentre la popolazione mondiale cresce a più dell’1 per cento).
Non siete sempre stati così spreconi, e non lo siete certo in tutto il mondo. Sapete bene però che nell’Italia del principio del XXI secolo la materia e l’energia vengono usate con noncuranza. Tollerate di dissiparne quantità e qualità che renderebbero felice chi vive in un paese povero – sempre che non appartenga all’élite occidentalizzata, in giacca e cravatta nel caldo tropicale grazie al condizionatore.
È a partire dalla vita quotidiana che dovreste preoccuparvi della sostenibilità, che correttamente significa lasciare agli esseri viventi il tempo di riprodursi o rigenerarsi. Dovreste usare con parsimonia materiali non rinnovabili, e limitare quelli artificiali agli usi veramente indispensabili alla vostra esistenza. Per Barry Commoner l’unico uso giustificato della plastica sono i bypass coronarici. Di quante cose puoi onestamente dire che siano necessarie alla tua vita – e intendo non alla mera sopravvivenza (non è questo che ho in mente per voi), ma alla buona vita? Il mio modesto parere è che una vita buona sia invece basata innanzitutto sulle buone relazioni tra di voi, non sul numero di oggetti di cui disponete. E le buone relazioni non sono forse basate sulla sincerità dei rapporti, su incontri che non siano motivati dall’interesse? (Già questo è contrario allo spirito del capitalismo, secondo la famosa definizione di Adam Smith, il quale scrisse che non è dalla benevolenza del fornaio o del macellaio che ci aspettiamo la nostra cena, ma dal loro interesse.) Tutte le cose che accumulate, difficilmente vi renderanno stimabili: susciterete piuttosto invidia e adulazione. In effetti è ciò che spesso volete: possedete o usate la maggior parte delle vostre cose semplicemente per impressionare i vostri simili invece di entrare in una vera, sincera comunicazione con loro.
Il modo di comunicare tra esseri umani è una delle arti pratiche che sistematicamente ignorate. Generalmente adottate una comunicazione violenta, tesa ad affermare il vostro punto di vista dichiarandovi migliori degli altri. Non ve ne faccio una colpa personale. Siete mantenuti nell’ignoranza da un potere che tende ad atomizzarvi (dato che la forza è nel numero), a ridurvi a isolati consumatori e isolati produttori, in concorrenza gli uni con gli altri. La vostra coltivata ignoranza riguarda anche il mondo artificiale che vi circonda. Prendi uno qualunque degli oggetti di uso quotidiano: un’automobile, un forno a microonde, uno spazzolino da denti. Qual è il modo migliore di adoperarli? (O di non adoperarli affatto: il forno a microonde degrada le molecole del cibo, non compratelo proprio.) Che cosa fanno esattamente? Lo sapete che i detersivi che sbiancano contengono coloranti per coprire lo sporco? Che l’ammorbidente trattiene molecole d’acqua nelle fibre e quindi stimola la crescita delle muffe sulla vostra bella biancheria “pulita”? Che lo spazzolino fa più male che bene se usato dopo cibi e bevande acide? (Fidatevi della vostra saliva!) E poi chi ha realizzato questi prodotti, con quali materiali, con quali scarti? Come vengono trattati i lavoratori che li hanno realizzati? Certo, è difficile conoscerli direttamente, ma quelli che ve li hanno venduti li avete incontrati per forza.1 Nelle élite molti sanno il significato di queste cose, sono loro che stabiliscono che cosa potete, dovete o assolutamente non dovete sapere attraverso i programmi scolastici e televisivi (forse ancora più importanti dei primi). La vostra ignoranza facilita il loro potere.
Mi vergogno quasi a doverti poi ricordare cose scontate, come il fatto che in generale nulla va sprecato, e in particolare il cibo. Carla Ravaioli citava una stima secondo cui il 40 per cento del cibo viene distrutto, e questo mentre un sesto di voi esseri umani è sottoalimentato, come ha scritto per la prima volta qualche campione dell’understatement. Cioè ha fame. Il che non significa affatto mangiare quel che hai nel piatto a prescindere dall’appetito, come esorta la mamma. Perché invece non prepari porzioni adeguate, non acquisti la giusta quantità di cibo? Il denaro che risparmi puoi redistribuirlo. I ristoranti e i bar al contrario abbondano con le porzioni, per chiederti più denaro. È di nuovo il capitalismo, bellezza!
Dovete usare e riusare gli oggetti che possedete. Laddove è possibile, anche l’involucro, finché finalmente non deciderete di proibire gli imballaggi inutili, e piatti, bicchieri e posate usa e getta. Smettete di seguire le mode – siate indipendenti e coraggiosi, nuotate controcorrente! Formate i vostri giudizi con criteri ecologisti: usate o fate ciò che non è dannoso per l’ambiente, o che lo è di meno, che lascia più indisturbati gli altri animali e le piante, salvaguardate la purezza dell’acqua, rilasciate meno gas inquinanti o pericolosi. Andate oltre l’apparenza delle cose e delle parole – soprattutto delle etichette! In Australia, per farla finita con i marchi e il loro fascino subdolo, una legge ha imposto ai produttori di sigarette di usare un identico pacchetto verde, evitando così la propaganda di questa abitudine dannosa tramite le scatolette allegramente colorate con i loro brand che suscitano emozioni positive. Perché non imporlo anche ai produttori di detersivi, dentifrici, deodoranti? Sono comunque tutti uguali, si dividono solo tra più o meno nocivi per l’ambiente. E se devo dirla tutta, quelli nocivi per me, e quindi in definitiva per voi, non dovreste proprio produrli.
Una cosa va riconosciuta al socialismo reale: le città dell’Europa orientale non erano tappezzate di slogan idioti né deturpate da messaggi artificialmente allegri glorificanti questo o quel marchio e i suoi magnifici prodotti. Una vera ecologia della vista e della mente! Se le femministe non vogliono che la pubblicità rappresenti le donne come oggetti a disposizione dei maschi, io non vorrei proprio vedere alcuna rappresentazione pubblicitaria, alcuna esaltazione menzognera di cose da vendere (a Grenoble mi hanno dato ascolto). E da femminista nemmeno io accetto lo sfruttamento della mia immagine: non voglio più vedere automobili – sono tra le cose più venefiche che abbiate concepito – correre nei magnifici paesaggi del deserto o inerpicarsi su strade a picco sulle scogliere, e tutti i modi ingannevoli in cui mostrate la mia bellezza allo scopo di vendere prodotti che mi fanno male.
Per riuscire a consumare in questo modo folle, la parte di voi privilegiata dal punto di vista materiale deve proprio essere convinta di non poter mai essere soddisfatta. (Sospetto che la repressione sessuale, che costituisce una parte così importante della vostra cultura, abbia qualcosa a che fare con ciò.) Sono discorsi vecchi, lo so, molti di voi li vanno ripetendo da decenni, da quando il consumismo è esploso nel Nord del mondo negli anni del benessere. Essere e avere di Eric Fromm, La società dello spettacolo di Guy Debord, i primi album di Edoardo Bennato fino al suo successore Caparezza, e così via. Oggi alcuni parlano di sobrietà e decrescita, l’unico modo che avete per salvarvi. E tutto questo significa redistribuzione, su scala globale: vivere in un mondo più giusto perché più equo. Gli svizzeri hanno già cominciato, stabilendo che gli stipendi più alti non possono superare 12 volte la paga di un operaio, mentre la stima li poneva normalmente in un rapporto 1 a 43. In Italia, secondo la Fisac-Cgil, c’è un rapporto 1 a 163.2 Che cosa pensate di fare al proposito?
2. Pensate in cicli, non in linea retta
Dovete pensare in cicli, il che significa seguire il filo delle vostre azioni fino in fondo: questa è la mia seconda indicazione. Il cerchio, l’ellissi, i cui percorsi elegantemente riportano al punto di partenza, sono le figure che prediligo. Le orbite che fanno avvicendare le fasi dei cicli annuali; il viaggio degli elementi, dell’acqua, del carbonio, dell’azoto, che attraversano cielo e terra per tornare al punto di partenza; la stessa parabola della vita umana si può anche vedere come un ciclo che va dalla dipendenza dell’infanzia a quella della vecchiaia. Ma voi avete sostituito al ciclo – al cerchio, alla ruota – la traiettoria che punta verso l’alto, la freccia scoccata il cui moto supponete infinito. E inseguite così una crescita innaturale. Tutti gli organismi crescono, ma solo fino al loro massimo secondo una curva logistica (a “esse”), al culmine della quale trovano la loro stabilità – sempre temporanea e relativa. La vostra immagine preferita invece è la linea che va verso il cielo, come se voleste allontanarsi per sempre dalla terra. È il sogno di diventare astronauta e vivere in un paradiso tecnologico, condiviso da marxisti e liberali. Ma non potete allontanarvi da me.
E di cicli ne avete spezzati molti. In realtà ciò è accaduto fin dalla separazione della città dalla campagna. I cacciatori-raccoglitori vivono sparsi sul territorio regolando le nascite in modo da non sfruttare eccessivamente la fauna e la flora dell’ambiente, e nel ciclo dell’agricoltura contadina gli scarti vengono riutilizzati, comprese le deiezioni umane e animali: sparse come concime restituiscono alla terra le componenti che il raccolto aveva tolto. Con la fondazione delle città invece il percorso di ritorno degli scarti alla terra non è più garantito. E le deiezioni umane, da risorsa, sono diventate un problema. Ha scritto Laura Conti:
Per lo più, i grandi animali che vivono in gruppi costituiscono gruppi limitati, e lontani fra loro; e spesso si tratta di gruppi itineranti, basti pensare ai cervi. Altri animali sono sedentari, come il gatto, ma gli animali sedentari costituiscono gruppi molto ristretti, quando i figli sono cresciuti li scacciano. Certi pesci hanno grande taglia e costituiscono branchi molto numerosi: però viaggiano, lasciandosi le proprie scorie alle spalle. L’uomo è l’unico animale di grande taglia che viva in gruppi numerosissimi e sedentari: finirebbe per affogare nelle proprie immondizie se non le affidasse alle acque. Ma oggi anche questa possibilità sta esaurendosi, e dovremo escogitare altri espedienti. L’Italia ha trentuno milioni di ettari di superficie, ed è popolata da cinquantaquattro milioni di persone: se ciascuno di noi vivesse sul mezzo ettaro abbondante che gli compete non ci sarebbero problemi di depurazione. Soprattutto se ciascuno si accucciasse ogni giorno dietro un cespuglio diverso. È l’idea stessa di “gabinetto con fognatura” che è anti-ecologica nella sua versione attuale: gli animali depongono i loro souvenir dove capita, e questa soluzione è più ecologica e più economica insieme. Qui non si propone (spero sia superfluo sottolinearlo) di disseminare tutti gli italiani dietro cespugli equidistanti tra loro: si propone soltanto di riflettere che ogni vantaggio ha un prezzo, e i vantaggi di vivere in insediamenti urbani hanno un prezzo, che deve essere pagato in fognature e depuratori molto più costosi di quelli attuali».3
Solitamente gli escrementi li riversate nelle acque, e la loro concentrazione li rende pericolosi finché non si disperdono. Il problema degli scarti (di qualunque genere) è proprio la loro concentrazione, perché quanto esiste in me difficilmente è un “rifiuto”. Difficilmente non risulta utile all’uno o all’altro tra gli esseri viventi.
I vostri residui possono essere fonte d’inquinamento in due modi: per eccesso o per velenosità/artificialità (due qualità che hanno conseguenze simili). Gli eccessi sono sempre deleteri per gli ecosistemi: se il pascolo degli erbivori è esorbitante, è dannoso per le praterie, ma lo è anche se a pascolare son troppo pochi. Ma nulla voi definite come eccesso. A chi non ha un limite, io lo darò.
L’ecologo Eugene Odum spiega:
Possiamo introdurre una distinzione essenziale tra due tipi fondamentali di rifiuti: (1) quelli che portano un aumento del volume e della velocità di introduzione di materiali già presenti negli ecosistemi naturali, e (2) quelli costituiti da veleni o sostanze chimiche che normalmente non sono presenti in natura. Nel primo caso sono preesistenti in natura organismi e comunità già adattati, che possono utilizzare e decomporre il materiale: così le acque delle fognature, che contengono soprattutto materiali organici e minerali comuni (cioè materiali presenti in tutti gli ecosistemi a basse concentrazioni), non costituiscono un problema grave fintanto che gli ecosistemi non sono sovraccarichi. Una moderna stazione di depurazione biologica consiste di una catena di ecosistemi artificiali, come letti filtranti, stagni in cui avviene l’ossidazione ecc., che mettono la microflora preadattata e altri organismi in grado di ridurre il carico di materiale organico a un livello tale che un comune corso d’acqua possa assorbire il carico supplementare senza decomposizione biologica. Di fatto la produzione primaria spesso ne risulta addirittura stimolata. Nel caso di veleni, come insetticidi, molte sostanze chimiche derivanti dalle industrie, o alcuni componenti dello “smog”, può però capitare che non esistano organismi capaci di utilizzarli e di ridurli a forme innocue se raggiungono concentrazioni eccessive nell’aria, nei corsi d’acqua, nei laghi e nel suolo; alcuni di questi veleni alla fine si decompongono, ma spesso si ha un lento accumulo (come nel caso dello stronzio-90) che può passare inosservato finché è troppo tardi. L’uomo dovrebbe fare ogni sforzo per escludere dall’ambiente generale questa classe di sostanze contaminanti.4
Ancora a proposito di concentrazione dei rifiuti: cominciava a esservi, negli anni Settanta in cui scrive Laura Conti, questa situazione strana in cui si contraevano malattie venendo a contatto con i batteri nell’acqua di mare. Come al solito per spiegarla bisogna partire da lontano:
Questa situazione è creata dall’inurbamento, che ci ha indotti a sversare nelle acque di superficie o le sostanze organiche delle deiezioni umane, o i nitrati a cui esse danno origine nei depuratori e che promuovono la formazione esuberante di altre sostanze organiche. Per di più, alle sostanze organiche che provengono dagli organismi umani si aggiungono anche quelle provenienti dagli organismi animali, cioè i rifiuti di stalla. Un tempo lo stallatico veniva raccolto nelle concimaie e poi, una volta divenuto letame maturo, veniva sparso sui campi per fertilizzarli. Oggi questo non si fa più: per aumentare la produttività del lavoro dei garzoni di stalla si è abolita la lettiera di paglia e si sono dotate le stalle di pavimenti in pendenza coperti di un graticcio. In questo modo, invece di far fare ai garzoni il lungo e duro lavoro di rastrellare la paglia sporca una o due volte al giorno, di raccoglierla per portarla al letamaio, di andare a prendere la paglia fresca e spargerla al suolo, ci si limita a fornire il garzone di un idrante: un bel getto d’acqua, le deiezioni animali scendono sotto il graticcio e lungo il pavimento in pendenza, e la stalla è bell’e pulita. Che bella cosa la modernità: rapidità e pulizi...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Presentazione
  3. L’autrice
  4. Frontespizio
  5. Copyright
  6. Sommario
  7. Epigrafe
  8. Prologo
  9. Sostenibilmente svilupparsi
  10. Economia delle corporation, società, natura
  11. La scienza salvatrice
  12. Piccolo galateo della natura
  13. Intelligenza, cultura, progresso
  14. Odio la natura
  15. Amo la natura
  16. La guerra al Covid
  17. Conclusione: e il futuro?