Il segreto di Julia
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Il segreto di Julia

Le indagini dell'intendente Navarra

  1. 244 pagine
  2. Italian
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  4. Disponibile su iOS e Android
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Il segreto di Julia

Le indagini dell'intendente Navarra

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Informazioni sul libro

Rodrigo Navarra è intendente di polizia a Managua. Ex comandante rivoluzionario, donne e alcol sono il suo anestetico contro la solitudine. È in loro "compagnia" che si trova quando viene chiamato a risolvere il caso dell'omicidio di una ragazza dell'alta società, a prima vista un tentativo di rapina finito tragicamente. L'indagine, però, rivelerà i lati oscuri della potente oligarchia locale… E un segreto, inatteso e raccapricciante. Sullo sfondo di un Nicaragua in bilico tra passato e presente.

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Informazioni

Anno
2013
ISBN
9788898475407

Il secondo giorno
(martedì)

Il dottor Merino si stupì quando vide entrare nell’ambulatorio i due uomini del Sip, il Servizio d’intelligenza e prevenzione. Avevano modi spicci e poca voglia di perdere tempo. Gli chiesero velocemente del corpo di Julia Terrubares, consegnandogli un documento firmato da un giudice che vietava l’autopsia sul cadavere della ragazza.
Merino non fece nulla per nascondere la sua sorpresa. Lesse velocemente la disposizione giudiziaria e quindi disse loro che non aveva nemmeno visto il corpo in questione.
«Non so di che cadavere stiate parlando. Qui ce ne sono tanti.»
«Non ha visto quello di una ragazza?»
«Deve essere uno degli ultimi e bisogna andare per ordine. È la procedura. Quel cadavere deve essere ancora in fila» rispose calmo Merino.
«Meglio. Se le cose stanno così le abbiamo fatto risparmiare tempo.»
Mentre uno parlava, l’altro agente si guardava intorno. L’ambulatorio non era altro che una stanza stretta e disadorna, dalle pareti ricavate da lamine di gypsum a cui era stata data una rapida imbiancata. Merino aveva incastonato la sua scrivania tra una di quelle pareti – quella di fronte alla porta – con le pile di documenti e fascicoli che non trovavano posto sui ripiani. L’agente muto osservava, annotando mentalmente, come gli era stato insegnato, i particolari dell’ufficio del medico. Sicuramente stava soppesando l’utilità di rovistare tra quegli incartamenti: se gli fosse stato richiesto avrebbe dovuto farlo, anche se ne avrebbe fatto volentieri a meno.
«Davvero riesce a sezionare tanti cadaveri da solo?» riprese l’agente che parlava.
«Ho i miei assistenti» rispose il medico, guardando fisso il poliziotto.
Merino sapeva come trattare quella gente. L’importante era non perdere la calma e mostrare padronanza.
«È sicuro che nemmeno loro si sono divertiti a tagliuzzare la ragazza?» L’agente pensò di aver detto qualcosa di spiritoso perché accennò un sorriso che a Merino parve solo sgradevole.
«Sono io il responsabile di ogni autopsia» commentò secco.
L’altro cessò di ridere e cercò di riprendere un contegno consono all’ufficialità della situazione. «Prima di venire qui ho dato un’occhiata all’archivio. Il suo nome mi ricordava qualcosa.»
«Immagino.»
«Lei è il medico che faceva i favori ai liberali.»
Sentì una vampata di sdegno salirgli alle tempie, ma si ripromise fermamente di non dare alcuna soddisfazione a quelle persone che avevano invaso il suo spazio e la sua tranquillità.
«Ho fatto favori a molta gente, come spesso succede in questo Paese: a volte ci si azzecca, a volte no.»
L’agente muto aveva preso in mano a caso un plico di incartamenti e cominciato a sfogliarne le pagine. Sotto il suo sguardo passarono dati e termini di cui non conosceva il significato.
«Per piacere» disse Merino. «Non mettetemi in disordine l’ufficio. E per quanto ne so, per ficcare il naso in quei documenti c’è bisogno di un mandato di perquisizione.»
Il poliziotto muto alzò lo sguardo. Senza scomporsi ripose il fascicolo, mentre il collega riprendeva a parlare.
«In situazioni come queste, però, bisogna essere in grado di riconoscere gli amici.»
«Amici o non amici, avete in mano un ordine del tribunale, per cui non mi resta che eseguire il mandato del giudice.»
Merino si augurò che a questo punto non gli chiedessero di vedere il cadavere di Julia Terrubares, che aveva finito di sezionare nemmeno mezz’ora prima. Se avessero verificato, il suo bluff sarebbe caduto e non riusciva immaginare con quali conseguenze. Merino aveva però avuto l’accortezza di destinare il cadavere della ragazza a una delle celle appena finito l’esame autoptico. Il tecnico inviato da Navarra aveva fatto in fretta il suo lavoro, il guasto si era rivelato facile da riparare: un temporizzatore andato in corto circuito, il cui pezzo di ricambio era costato solo 200 pesos – appena dieci dollari – al Mercado Oriental. Se il tecnico non fosse arrivato in tempo, probabilmente i due agenti sarebbero incappati nel cadavere della Terrubares abbandonato su una delle lettighe che sostavano in corridoio, raffazzonato senza troppe pretese.
La richiesta di vedere il corpo della sfortunata ragazza non venne. L’agente che parlava sembrava più interessato a intimidire Merino, invece di fare bene il suo lavoro. Era uno dei difetti del Servizio d’intelligenza, i cui agenti propendevano più al machismo e all’atteggiamento da duri, che a curare i particolari di un’indagine. Dopo un paio di domande, i due poliziotti si diedero per soddisfatti.
Appena se ne furono andati, Merino uscì in cortile e chiamò Navarra dal cellulare.
«Spero tu non mi abbia messo nei guai» esordì, con un tono di voce da pochi amici.
«Che è successo?»
Il medico legale gli spiegò velocemente gli avvenimenti.
«Mi dispiace» si schermì Navarra. «Non avrei mai pensato che avrebbero chiamato i cani lupo.»
«Aspettati la visita di questi due matones» gli disse.
«Sono qui ad attenderli con trepidazione.»
«Sì, bravo. Fai attenzione, sai come vanno queste cose. Dai un’occhiata al fax che ti mando. Secondo me ti sei messo in un bel ginepraio. Poi c’è un’altra cosa e questa te la voglio dire a voce.»
«Sarebbe?»
«Il tatuaggio.»
«I dadi che la collegano con la mara
«Esatto. Con un piccolo particolare: era stato appena fatto.»
Navarra sorrise.
«La ragazza aveva solo un altro tatuaggio, sul fondoschiena: una colomba che afferra una fragola. Ben diverso dal linguaggio delle maras, no? Questo sul polso era stato fatto poche ore prima della morte. Vedi tu come interpretarlo. Ci sono anche altri dettagli, ma preferisco dirteli a voce, dopo che avrai letto il mio rapporto.»
L’intendente ringraziò. Quel dettaglio non faceva che confermare quanto il Tuzo gli aveva detto il giorno prima. Il tatuaggio doveva servire a depistare le indagini, solo che a La Nacha era andata male: scoperto dai suoi, era stato assassinato per aver usato i simboli della pandilla per un tornaconto personale. Tutto quadrava. Per dare però un senso a quell’omicidio mancava ancora un movente e, soprattutto, il mandante.
Chiuse la comunicazione e aspettò il fax. Il telefono squillò dopo una decina di minuti e Navarra strappò quasi letteralmente i fogli mentre uscivano dalla macchina.
Rimase senza parole. Merino scriveva che Julia Terrubares, al momento della morte, era incinta. Cercava un movente ed eccolo lì, servito su un piatto. Troppa grazia.
Navarra era rimasto con il foglio in mano dopo aver riletto per due volte il testo, quasi superficiale nella sbrigativa spiegazione delle analisi preliminari sul cadavere della ragazza. Poi lo aveva piegato con diligenza e se l’era infilato nella tasca dei pantaloni. Un gesto istintivo e azzeccato, vista la brusca irruzione dei due agenti del Servizio d’intelligenza. Solleciti ed energici, erano andati subito al dunque. Navarra li osservava con malcelata sopportazione.
«È lei che ha chiesto di eseguire l’autopsia?» aveva esordito quello che doveva essere il capo.
«È la prassi» aveva spiegato Navarra. «Visto che ci occupiamo di morti violente, mandiamo il morto all’Istituto legale e aspettiamo l’esito dell’autopsia. Non mi sembra di aver fatto nulla di anormale.»
«Abbiamo un ordine del giudice che blocca l’autopsia.»
«Bene.»
«E lei ha mandato a eseguire l’autopsia.»
«Sì. Perché è la prassi.»
«Questo è l’ordine del giudice» disse l’agente che parlava mostrandogli un documento spiegazzato con i timbri e i bolli del tribunale. Quel foglio, secondo Navarra, non valeva niente. Un giudice compiacente si trovava sempre. Quello che voleva capire era chi avesse avuto bisogno di quel favore. L’intendente non si diede neanche la briga di leggere il documento.
«Cosa volete che vi dica… non mi rimane altro che prenderne atto.»
«Non vorremmo che lei prendesse sottogamba questa nostra visita. È un ordine del giudice. Deve astenersi da… come si dice, carajo! Insomma di aprire la morta.»
«Ho capito.»
I due se ne stettero immobili, con le mani in mano aspettando chissà quale altra dichiarazione da parte di Navarra. Vedendo che non succedeva nulla, si scossero. «In questo caso la ringraziamo per la collaborazione.»
L’agente che parlava aveva usato volutamente un tono acido. Non gli piaceva Navarra, si notava. E l’antipatia da parte di Navarra era reciproca.
«Non c’è di che. Siamo tutti nella stessa barca.»
«Cosa vuole dire?»
«Lavoriamo per il Paese, no? Non siamo tutti poliziotti?»
I due agenti del Sip annuirono e senza aggiungere altro se ne andarono con gli stessi modi spicci con cui erano entrati poco prima.
Attese cinque minuti buoni e poi uscì in corridoio. Si guardò attorno e, con circospezione, raggiunse l’ufficio della fotocopiatrice. L’addetto tirò fuori un quaderno e stava per annotare, quando Navarra gli mise in mano una banconota da cinquanta córdobas.
«Per evitarti il disturbo, Molina.»
Molina, un ragazzo grasso dallo sguardo vispo, afferrò la banconota e, senza dire una parola, prese un giornale e sedette su una panca in corridoio. Navarra fece la fotocopia e tornò nel suo ufficio. Non era forse il migliore nascondiglio del mondo, ma era l’unico che gli era venuto in mente. Aprì il cassetto dove teneva le armi e, tra la Glock e le munizioni, ripose la copia del fax.
Aveva appena chiuso il cassetto quando entrò Morera. Aveva l’aspetto trafelato.
«Ti succede qualcosa?»
«Le scale» ansimò l’attendente. «Le ho fatte di corsa, e con questo caldo quasi schiatto.»
«Dov’eri? Ti sei perso una visita edificante. Due uomini del Sip, due veri sgherri!»
Morera non sapeva se credere alle parole dell’intendente. «Cosa ci vengono a fare gli agenti del Sip qui?»
«Ufficialmente a notificarmi un documento. Però quello che più mi interessa è sapere perché si sono scomodati tanto.»
Prese le chiavi della macchina e, rivolto a Morera, aggiunse: «Fai delle ricerche su Julia Terrubares, chiedi in giro discretamente. Cerca sul computer, all’anagrafe, nei regi...

Indice dei contenuti

  1. Prologo – (domenica)
  2. Il primo giorno – (lunedì)
  3. Il secondo giorno – (martedì)
  4. Il terzo giorno – (mercoledì)
  5. Il quarto giorno – (giovedì)
  6. Il quinto giorno – (venerdì)
  7. Il sesto giorno – (sabato)
  8. Il settimo giorno – (domenica)
  9. L’ottavo giorno giorno – (lunedì)
  10. Il nono giorno – (martedì)
  11. Il decimo giorno – (mercoledì)
  12. L’undicesimo giorno – (giovedì)
  13. Il dodicesimo giorno – (venerdì)
  14. Epilogo – (sabato, l’ultimo giorno)