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Una teoria critica femminista vegetariana

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Una teoria critica femminista vegetariana

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Qual è il filo rosso, l'assurda interazione tra la radicata misoginia culturale della società contemporanea e la sua ossessione per la carne e la mascolinità? Carne da macello, pubblicato per la prima volta negli USA nel 1990, esplora con raro acume e sottile intelligenza la relazione tra i valori patriarcali e il consumo di carne, intrecciando femminismo, vegetarianismo, antispecismo. Lo sfruttamento degli animali è per Adams un'altra manifestazione della brutale cultura patriarcale. Il trattamento degli animali come oggetti è associato all'oggettivazione nella società patriarcale di donne, neri e altre minoranze al fine di sfruttarli sistematicamente. Un libro che ha molto fatto parlare, provocando un'incredibile copertura mediatica (New York Times, Kirkus Review, Washington Post Book World, Journal of Library, Weekly's Publisher, Choice).Insultato dalla stampa conservatrice.

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Informazioni

Anno
2020
ISBN
9788868993610
Parte I
Gli argomenti patriarcali della carne
Il commercio dovrebbe essere sempre specifico e menzionare un prodotto definito.
Errato: «Qualcos’altro?».
Inefficace: «Cosa prende per colazione?».
Soddisfacente: «Abbiamo del meraviglioso prosciutto affettato, signora Smith, proprio adatto per la colazione. Proprio giusto».
Guarda il suo viso e se non dimostra interesse prova a dire:
«O forse per la colazione di domani desidera invece delle salsicce fresche di maiale».
Hinman e Harris1
La matrona ha appeso i polli ai ganci assieme a quelli degli altri venditori al mercato francese della carne. La sua carne non rimane appesa troppo a lungo e non ha il tempo di invecchiare, nonostante i prezzi alti. La carne può essere preparata secondo i propri gusti e non c’è bisogno di tagliarla due volte. E se si preferisce si può uccidere il migliore agnello o montone del proprio gregge, sempre pronti per l’uso. Quando alcuni di essi sono spacciati vengono allontanati dai pascoli e inviati a chi li macella oppure sono venduti, ma mai riportati indietro. Di conseguenza non si sono diffuse infezioni, infestazioni di larve, farcini e altre malattie che generalmente affliggono il bestiame.
Da una guida ai bordelli del XIX secolo2
1 Robert B. Hinman e Robert B. Harris, The Story of Meat [1939], Swift & Co., 1942, p. 194.
2 The Man of Pleasure’s Pocket Book, citato in Ronald Pearsall, The Worm in the Bud: The World of Victorian Sexuality, The Macmillan Co., 1969, p. 259.
1.
La politica sessuale della carne
Nei tempi antichi uomini e donne vivevano separati, i primi dedicandosi esclusivamente alla caccia e le altre dedite alla raccolta. Cinque uomini, che erano andati a caccia, lasciarono spegnere negligentemente il fuoco. Le donne, attente e disciplinate, mantenevano il loro fuoco sempre acceso. Avendo catturato un’antilope, gli uomini avevano un disperato bisogno di mezzi per cucinarla, così uno di essi andò in cerca del fuoco, attraversò il fiume e trovò una delle donne che stava raccogliendo semi. Quando le chiese se poteva avere del fuoco, lei lo invitò al campo delle donne. Mentre era lì, lei disse: «Sei affamato. Aspetta che macino questi semi, li cucino e te ne offro un po’», e gli preparò una zuppa di cereali. Dopo averla mangiata, lui disse: «Bene, è cibo saporito e quindi rimarrò qui con te». Intanto, gli altri aspettavano e si interrogavano. Avevano ancora l’antilope e mancava ancora il fuoco. Un secondo uomo partì e fu a sua volta tentato dalla cucina delle donne e rimase al loro campo. La stessa cosa accadde al terzo uomo. I due rimasti erano molto spaventati. Sospettavano che fosse successo qualcosa di terribile ai tre compagni. Interrogarono le ossa divinatorie, ma i presagi erano favorevoli. Il quarto uomo si mise timorosamente in viaggio e finì per unirsi ai compagni. L’ultimo uomo ebbe ancora più paura, e inoltre l’antilope era ormai marcita. Prese arco e frecce e scappò.1
Mito boscimane
Lasciai la British Library e la mia ricerca sui giornali femministi e i giornali della classe operaia femminile del 1890 che appoggiavano una dieta senza carne e mi recai nella caffetteria di un ristorante lì vicino. Scesi nel seminterrato con cibo vegano in mano: mi accolse un dipinto che ritraeva Enrico VIII intento a mangiare una bistecca e un pasticcio di rognone. A entrambi i lati del gozzovigliante Enrico c’erano i ritratti delle sue sei mogli e di altre donne, che non stavano mangiando bistecche e pasticcio di rognone o altro tipo di carne. Caterina d’Aragona teneva in mano una mela. La contessa di Mar aveva una rapa, Anna Bolena dell’uva rossa, Anna di Clèves invece una pera, Jane Seymour dell’uva scura, Catherine Howard una carota e Catherine Parr un cavolo.
Chi detiene il potere ha sempre consumato carne. L’aristocrazia europea si rimpinzava di piatti con ogni genere di carne mentre i lavoratori si cibavano di carboidrati. I comportamenti alimentari affermano le differenze di classe e allo stesso tempo dichiarano le differenze patriarcali. Le donne, cittadine di seconda classe, mangiano il cibo che nella cultura patriarcale è considerato di seconda classe: verdure, frutta, cereali. Il sessismo nell’alimentazione carnea ricapitola le distinzioni di classe aggiungendone un altro frammento: tutte le classi sono permeate dalla mitologia secondo cui l’assunzione della carne è appannaggio e prerogativa maschile.
L’identità maschile e il mangiar carne
Le società carnivore acquisiscono un’identità maschile attraverso la scelta alimentare e i libri sulla carne confermano pienamente questa associazione. The Meat We Eat dichiara che la carne è «un alimento virile e protettivo», perciò «un libero accesso alla carne è sempre stato associato a popolazioni felici e virili».2 Meat Technology ci informa che «la virile razza australiana è un tipico esempio di grandi carnivori».3 I principali buongustai riferiscono «l’atroce modo virile di prendere cucchiaiate di cervello direttamente dalla testa arrostita di un vitello».4 “Virile: di o con caratteristiche di un maschio adulto”, da vir che significa uomo. Mangiare carne misura la virilità individuale e sociale.
La carne è una costante per gli uomini e saltuaria per le donne, un modello osservato dolorosamente nelle odierne situazioni di carestia. Il tasso di donne che soffrono la fame è sproporzionato rispetto a quello degli uomini. Lisa Leghorn e Mary Roodkowsky hanno indagato questo fenomeno nel loro libro Who Really Starves?, dove affermano che le donne si privano deliberatamente per offrire il cibo “migliore” agli uomini, mettendo a repentaglio i loro stessi bisogni nutrizionali. Per esempio, scrivono che «le donne e le ragazze etiopi di ogni classe sono obbligate a preparare due pasti, uno per gli uomini e uno per le donne. Quest’ultimo spesso non prevede carne o altre proteine nobili».5
In realtà, il bisogno di proteine degli uomini è inferiore a quello delle donne in gravidanza o nel periodo dell’allattamento, e la distribuzione sproporzionata della fonte principale di proteine si verifica proprio quando le donne ne hanno maggiore necessità. Curiosamente ci viene detto che si dovrebbe mangiare carne (o pesce, verdure, cioccolato e sale) per almeno sei settimane prima di rimanere incinta se si vuole avere un figlio maschio. Ma se si desidera una figlia femmina non si deve mangiare carne bensì assumere latte, formaggio, frutta secca, legumi e cereali.6
Le fiabe ci iniziano fin da piccole alle dinamiche dei ruoli sessuali e alimentari. Il re nella sua sala degli affari mangiò un timballo di ventiquattro merli (nell’originale erano ventiquattro bambini disobbedienti), mentre la regina mangiò pane e miele. Il cannibalismo nelle fiabe è di solito un’attività maschile, come Giacomino imparò velocemente dopo aver scalato il suo fagiolo magico. I racconti popolari di ogni paese descrivono i giganti come maschi «a cui piace molto la carne umana».7 Le streghe, donne deformi o mostruose nell’immaginario patriarcale, diventano la rappresentazione simbolica del cannibalismo femminile.
Un esempio biblico della prerogativa maschile per la carne è nel conciso commento al Levitico 6 nella “Bibbia della donna” di Elizabeth Cady Stanton, femminista di spicco del XIX secolo: «La carne cucinata delicatamente sull’altare, con legno e carbone, da sacerdoti in abiti purificati, non poteva essere assaggiata dalle donne. Potevano farlo solo i figli maschi di Aaron».8
Molti tabù alimentari si riferiscono al consumo di carne e prevedono più restrizioni alle donne che agli uomini. Gli alimenti più comunemente proibiti alle donne sono il pollo, l’anatra e il maiale. Proibire la carne alle donne nelle società non tecnologiche ne aumenta il prestigio. Anche se le donne accudiscono i maiali, come nelle isole Salomone, raramente possono mangiarne la carne; quando ne ottengono qualche porzione è solo a discrezione del marito. In Indonesia «la carne è considerata proprietà degli uomini. Durante le feste, momenti in cui viene principalmente consumata, è distribuita in famiglia secondo il criterio degli uomini di casa […] Il sistema di distribuzione rinforza quindi il prestigio degli uomini nella società».9
Questa abitudine patriarcale si riscontra ovunque. In Asia alcune culture vietano alle donne il consumo di pesce, crostacei, pollo, anatra e uova. Nell’Africa equatoriale è diffusa la proibizione del pollo per le donne. Per esempio, le donne Mbum Kpau non mangiano pollo, capra, pernice e altri uccelli selvatici. I Kufa dell’Etiopia puniscono le donne che mangiano pollo riducendole in schiavitù, mentre i Walamo «mettono a morte chiunque violi la restrizione di mangiare pollame».10
Allo stesso modo, le verdure e altri alimenti non carnei sono visti come cibo da donne, il che li rende poco desiderabili per gli uomini. Gli uomini Nuer pensano che mangiare uova sia effeminato. In altri gruppi gli uomini aggiungono delle salse per nascondere il fatto che stanno mangiando cibo da donne: «Gli uomini si aspettano di avere delle salse di carne per la zuppa e talvolta si rifiutano di mangiare salse di verdure e ortaggi, considerate cibo da donne».11
La carne: solo per l’uomo
Non c’è reparto di supermercato in cui le buone vendite siano così redditizie o le scarse vendite così disastrose come nel reparto macelleria. Questo perché la maggior parte delle donne crede di non essere in grado di valutare in modo corretto la qualità della carne e quindi spesso la compra dal negoziante di fiducia.
Hinman e Harris12
I libri di cucina delle società tecnologiche riflettono il presupposto che gli uomini mangino carne. Da una disamina casuale dei libri di cucina emerge che le sezioni dedicate al barbecue sono rivolte per la maggior parte agli uomini e riguardano la carne. I cibi raccomandati per la Festa della Mamma non includono la carne, mentre lo sono per la Festa del Papà, in cui la cena prevede carne alla griglia perché «una cena a base di bistecche riscuote un infallibile successo tra i papà».13 In un capitolo sull’ospitalità femminile siamo sollecitate a servire ortaggi, insalate e zuppe. Il New McCall’s Cookbook suggerisce che la cena preferita da un uomo è il manzo arrosto. Un “pranzo per signore” dovrebbe prevedere piatti di formaggio e verdure, ma niente carne. La sezione “Solo per uomini” di un libro di ricette ribadisce l’onnipresenza della carne nella vita degli uomini. Cos’è solo per uomini? Cene a base di carne arrosto, filetto e manzo.14
I libri di ricette del XX secolo confermano il modello storico del XIX secolo, in cui le famiglie della classe lavoratrice britannica non potevano permettersi carne a sufficienza per l’intero nucleo. “Solo per uomini” appare continuamente in molti menu di queste famiglie a proposito della carne. Aderendo a questa mitologia culturale (gli uomini hanno bisogno di carne, la carne dà la forza di un toro), il maschio sostentatore della famiglia continua a ricevere la carne. Gli storici sociali riferiscono che la “fetta più grossa” andava al marito.
Cosa succedeva quindi alle donne nel XIX secolo? La domenica potevano consumare una cena frugale ma buona; nel resto della settimana i loro pasti erano a base di pane e burro o grasso animale, tè leggero, budino e verdur...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Descrizione
  3. L’autrice
  4. Frontespizio
  5. Copyright
  6. Epigrafe
  7. Sommario
  8. Dedica
  9. Prefazione all’edizione italiana
  10. Prefazione all’edizione per il ventesimo anniversario
  11. Prefazione all’edizione per il decimo anniversario
  12. Prefazione all’edizione originale
  13. Prefazione: Le femministe non hanno senso dell’umorismo
  14. Parte I – Gli argomenti patriarcali della carne
  15. Parte II – Dal ventre di Zeus
  16. Parte III – Mangia riso e abbi fede nelle donne
  17. Epilogo – Destabilizzare il consumo patriarcale
  18. Ringraziamenti
  19. Postfazione