Il conflitto fra le donne
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Il conflitto fra le donne

…non è un problemino fra isteriche ma il retaggio di un'antica ferita

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Il conflitto fra le donne

…non è un problemino fra isteriche ma il retaggio di un'antica ferita

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Perché pur essendo grandi tessitrici di relazioni, raramente le donne creano solidarietà fra loro? Al contrario degli uomini che sulla solidarietà maschile fondano le loro politiche e strategie lobbistiche e il loro potere, le donne spesso vivono fra loro relazioni conflittuali e competitive, che disgregandole, le indeboliscono.Generalmente considerato un "problemino tutto loro", una questione "inesistente" o "del tutto normale", questo fenomeno affonda le sue radici in un'antica ferita, divenuta un vero e proprio tabù culturale. La distruzione dell'antica cultura femminile operata dal patriarcato ha spezzato la connessione naturale e diretta fra le donne, la fonte originaria della vita e la Terra. Il conflitto nasce da questo disagio e dal dolore dell'antico trauma.Questo testo apre gli occhi sulla portata politica della questione e il potere che essa esercita nelle scelte delle donne, tenendole adeguatamente domate e slegate fra di loro. E propone modelli politici e sociali alternativi al patriarcato, incentrati sulla dignità della donna e in sintonia con la Natura e la Terra, considerate esseri rispettabile quanto noi stesse.

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Informazioni

Anno
2020
ISBN
9788868993771
Prima parte
Un passo allo scoperto
Il legame fra donne è la forza più temuta,più problematica, la forza col più alto potenziale di trasformazione del nostro pianeta.
Adrienne Rich
Con lo zero iniziano le danze
Il conflitto fra le donne non è un “problemino” che hanno le donne fra loro. È un fenomeno che accompagna la storia della sottomissione e dell’estinzione della cultura al femminile e del distacco dalla fonte originaria della vita, ciò che caratterizza il patriarcato. All’interno del suo sistema le donne difficilmente ricoprono con naturalezza posizioni di potere e hanno perso la connessione disinvolta con la loro intelligenza intuitiva. Il conflitto fra le donne è espressione di questa carenza, di questo dolore, di questo disagio profondo e di questa memoria traumatizzante, è un argomento politico riversato sul livello interpersonale.
Per affrontarlo e riconoscergli il potere che esercita dal suo nascondiglio segreto e l’ingombro che costituisce nella vita delle donne, bisogna tirarlo fuori dalla sua posizione di tabù da cui sussurra: “Non esisto”, oppure “Ma questo è del tutto normale!”.
Bisogna estendere lo sguardo, lasciare che compia un giro panoramico che includa i concetti sociali e politici alternativi al patriarcato, così da percepire la carenza emotiva e spirituale della situazione attuale, vedere come le nostre vite siano determinate da interessi politici e commerciali, e accorgersi che una necessità spirituale fondamentale è stata confinata al solo livello umano: la necessità cioè di essere connessi, fondersi con l’essenza della vita, essere particella minuscola e responsabile di un contesto grande, magico e meraviglioso.
L’analisi profonda del conflitto fra le donne ci offre in dono le proposte e le visioni di società incentrate sulla dignità della donna e in sintonia con la Natura, che considerano la Terra un essere rispettabile quanto noi stesse.
E per iniziare le danze propongo, come possibile introduzione di un confronto, di un’assemblea, di un incontro, questa
MEDIAZIONE NEL CONFLITTO FRA LE DONNE
VOGLIO ONORARE ogni donna
nel suo essere portatrice di grande sapere
e di grandi ferite
VOGLIO ONORARE ogni donna
nel suo tentativo di districarsi, evolversi,
e contribuire al benessere
esteriore e interiore
all’interno del patriarcato
VOGLIO RICONOSCERE in ogni donna
lo sforzo che fa
per sé e per ogni altra donna
con il suo cammino personale
e con il suo porsi nel contrasto
VOGLIO RICORDARMI che ogni lite con una donna
nasce da un disagio comune
VOGLIO DEDICARMI, in una ricerca condivisa,
all’esplorazione delle possibilità di benessere
per tutte le donne coinvolte
sapendo del nostro legame
nell’acume e nella sofferenza
MI IMPEGNO ad attenermi ad alcune regole di comunicazione
e acconsento di esservi riportata ove opportuno:
parlerò di me stessa, consapevole che le realtà sono tante quante le donne e persone presenti
sarò cauta con giudizi e attacchi, consapevole che sono espressioni delle mie ferite, delle mie paure, dei miei bisogni e disagi
indagherò sui miei bisogni ed esprimerò i miei desideri senza aspettative di trovarli corrisposti
GRAZIE A TE CHE MI PORTI LA SFIDA,
DESIDERO TROVARE INSIEME IL DONO
CUSTODITO DALLE DRAGHE FEROCI…
L’uno scisso imprescindibile – la precarietà
Il conflitto fra le donne è un fatto diffuso ma considerato faccenda privata, sofferto ma taciuto, un tabù che determina la vita di quasi tutte le donne, non abbastanza analizzato e compreso nelle sue implicazioni oltre la sfera personale.
Il conflitto fra le donne distrugge alleanze, società di impresa, associazioni, convivenze, amicizie, relazioni tra famigliari, amanti, parenti, colleghe. Si insinua in congreghe apparentemente perfette, si allarga inaspettatamente a macchia d’olio avvelenando rapporti che sembravano sani, s’intrufola di nascosto per uscire all’improvviso allo scoperto, arriva come un fulmine in un momento di rilassatezza. Capita così che l’atmosfera s’impregni di astio, che si faccia raro il divertimento e l’umorismo, che non si riesca a comprendere cosa stia succedendo.
Il conflitto fra le donne inibisce collaborazioni consolidate, ostacola la riuscita dei progetti delle donne, impedisce quel sostegno trasversale necessario per creare realtà a noi idonee.
Toglie credibilità alle donne a livello individuale e politico, alle associazioni di donne raggruppate per varie finalità, all’espressione professionale, all’ambizione di contribuire all’andamento di questo mondo.
Sarà difficile diventare idonee al crescente e fondato richiamo a gestire con più presenza e autorevolezza “femminile” le questioni personali, locali e globali se non affrontiamo la tematica del conflitto fra le donne tirandola fuori dal cassetto del privato, nascosta tra mutande e reggiseni, insieme a universi emozionali reconditi e intuizioni inascoltate, saperi proibiti e sofferenze mai ammesse. E questo vale sia che si scelga di entrare negli ambiti politici e imprenditoriali, dove si prendono decisioni di larga portata e si esercita un potere ad ampio raggio, sia che ci si indirizzi verso le comunità degli ecovillaggi o modelli di convivenza come quello matriarcale.
Sono state elaborate nuove modalità di relazione, come la Comunicazione Nonviolenta, la Politica del Consenso, l’Arte della Mediazione, tutti strumenti preziosi e indispensabili. Ma per esaminare la tematica del conflitto fra le donne, e arrivare alle sue origini profonde, occorre esplorare in modo lineare e al contempo circolare, annullare l’illusione della distanza temporanea e dell’isolamento fra le donne, sviluppare la consapevolezza del tessuto in cui ognuna intreccia il proprio vissuto.
Il rapporto fra le donne, che ci dona tanta familiarità e sorellanza, sembra potersi trasformare in ogni momento in litigi devastanti. Stenta a trovare il suo equilibrio, costantemente minacciato da una precarietà latente che emerge da altri piani.
Finché non affrontiamo questa precarietà ed estendiamo lo sguardo oltre i limiti di ciò che è definito “privato” e “personale”, non possiamo costruire con le altre donne un vissuto credibile e stabile che ci permetta di attuare il cambiamento richiesto con urgenza in questa fase di sconvolgimento epocale.
Anche se molte delle tematiche e delle dinamiche del conflitto che andremo a elaborare valgono per tutti i sessi (incluso il caleidoscopico spazio fra maschile e femminile), vorrei concentrarmi sul conflitto fra le donne facendo sia una distinzione personale che politica. Essendo donna, so di cosa parlo, conosco le sfere emozionali e spirituali dove le donne possono arrivare e agire, ma non possiedo la stessa certezza se si parla degli uomini.
Nel mio essere donna rappresento una composizione chimica precisa e inconfondibile che, risuonando nelle altre, amplifica gli effetti del vissuto di ciascuna e riporta a galla 5000 anni di patriarcato e, di conseguenza, la cancellazione della nostra dignità. Pur ammettendo che questo andamento storico abbia avuto un impatto importante e innegabile anche sugli uomini, credo che la nostra esperienza sia diversa perché diversa è la posizione nei confronti del potere e la composizione interna, tale da provocare altri effetti sull’anima e influenzare diversamente il nostro sentiero.
Ciò nonostante sarò contenta di ogni lettore maschio che volesse avvicinarsi con interesse e curiosità alla tematica di questo testo. Mi riservo però di scrivere principalmente al femminile, e invito a sperimentare la condizione di leggersi maggiormente nella declinazione dell’altro sesso, poco discussa e quasi sempre presente nella quotidianità delle donne lettrici.
Prima di addentrarci nella giungla, mi sembra utile esporre il mio uso della parola “femminile” e di conseguenza anche “maschile”, visto che abitualmente questi termini sono usati come scatole chiuse, con significati sottintesi in cui però ognuna può infilare un po’ quello che le pare o conviene.
Uso il termine senza alcuna valutazione comparativa, evidenziando semmai il valore della differenza. Cerco di limitarne il significato alla sua funzione sostitutiva, “da o di donna”, e di precisarne i contenuti. Al di là delle associazioni, spesso e inconsapevolmente connotate da un sapore di inferiorità, ci sono caratteristiche che indiscutibilmente descrivono la donna: il sapere della nascita e della morte, la ciclicità della vita espressa nel suo ciclo mestruale e, quindi, un modo di “ragionare” (nel senso di “intuire”, “pensare”, “analizzare”, “progettare” ecc.) circolare anziché diretto e lineare, come quello maschile. Ritengo spesso discriminante l’uso consueto che viene fatto oggi dei termini “femminile” e “maschile”, per le donne quanto per gli uomini, per le attribuzioni di caratteristiche che privano, per esempio, gli uomini di ogni possibile sensibilità e intelligenza intuitiva e le donne dell’impeto decisionale.
Cosa sta succedendo?
Proviamo a prescindere per un momento dalle condizioni che solitamente ci sembrano le uniche possibili e realizzabili, e lasciamo che l’opzione “patriarcato” sia affiancata da altre proposte sociali e culturali, come le società matrifocali e matrilineari, sia storiche sia attuali, le quali prevedono il rispetto per tutto il vivente espresso nelle modalità economiche, sociali, spirituali e politiche. Con il termine “patriarcato” (che approfondiremo più avanti insieme alle società matrifocali/matrilineari) definisco una società che si è distaccata dal legame naturale con i ritmi della Terra e del Cosmo, quindi anche con l’abbondanza della Natura, dalla saggezza intrinseca della vita stessa, dalla comprensione di essere figli e figlie di un contesto che va molto oltre il livello umano. Nel patriarcato vigono le leggi della scarsità e della paura, astrazioni utili a mantenere il controllo e perseguire un arricchimento personale, necessario per colmare la mancanza del collegamento all’Uno, al Tutto/Niente. Una mancanza che isola.
Se si prescinde quindi dall’opzione finora accettata come unica, la situazione attuale inizia ad apparirci un po’ strana, e può diventare alienante prendere visione delle condizioni interiori ed esteriori in cui ci si trova. Anche se sono molte le donne che si sono inserite di buon grado nelle leggi della realtà odierna – per l’adorabile arte di trovare comunque godimento, appagamento, gioia, senso della vita –, in fondo questo comportamento rimane un adeguarsi, in mancanza di alternative reperibili. Partendo invece da una visione di dignità indiscussa della vita stessa, si può constatare come la donna oggi appaia piuttosto spaesata, non dimorando e non essendo riconosciuta nel suo essere Creatrice e Danzatrice sulla soglia fra il formato e il non-formato, nella sua connessione con una sacralità naturale.
Posto ciò, possiamo immaginare quello che con grande probabilità succede nel contatto fra le donne a livello inconscio, in misura più o meno consistente, con conseguenze più o meno drammatiche:
Un incontro e un riflesso della propria condizione sottomarina, una risonanza di confusione e spaesamento,speranza e disperazione, potenzialità inagibili e un trovarsi comunque fuori dalle regole.
Possiamo testimoniare il dispiegarsi degli intrecci che possono nascere: l’adesione immediata nel ritrovare la frequenza energetica familiare fra donne, le illusioni che si infrangono appena si incontrano, le proiezioni dei desideri e delle paure profonde, la disperazione riguardo alle impossibilità e ai limiti imposti, la consapevolezza dell’incoerenza di appartenere a realtà socioculturali insufficienti per l’indole intima e autentica.
Il campo in cui ci si mette in gioco è dunque terra fertilissima per qualunque tensione e difficoltà nel rapporto. Nessuna può sentirsi davvero a suo agio in un campo in cui la propria autonomia sembra dimorare nella scelta di quale ruolo predefinito svolgere, nessuno dei quali corrisponde del tutto all’indole illesa, all’essenza sacra della donna.
Il conflitto fra le donne nasce e si svolge in un ambiente in cui nessuna è a casa.
Si parte quindi da un disagio di fondo, da una mancanza, una povertà, un dolore, una ferita, una paura, in un contesto in cui non esistono paradigmi per essere donna con dignità.
Il patriarcato ha cominciato a dilagare in tutto il mondo circa 5000 anni fa ed è la cornice che ancora oggi detta le condizioni della vita sociale e politica della maggior parte della popolazione sulla Terra. Le poche isole di matriarcato che sono state risparmiate hanno preservato i paradigmi originari di convivenza, in cui la sacralità della vita si esprime attraverso il rispetto per la donna – al centro della comunità – e la Natura – quale dispensatrice di nutrimento e benessere.
Nel suo cammino di conquista e nel suo paradigma di dominio, per la prima volta una popolazione della Terra ha modificato degli attrezzi per usarli come armi contro membri della stessa specie,1 provocando distruzione e devastazione ovunque passasse. Si diffonde una cultura che non tollera (ancora oggi) religioni differenti e che impone la supremazia maschile su esseri umani, animali e Terra, cancellando la Cultura della Dea: esistente da millenni, ricca di infinite sfaccettature, basata sul contatto rispettoso con la Terra, riconoscente verso la donna per la sua saggezza interiore negli ambiti della Vita e della Morte, per la sua capacità corporea di fare e disfare, per il suo danzare sulla soglia delle leggi della materia.
Attraverso oppressioni, leggi gerarchiche, sottomissioni, violenze, umiliazioni e minacce, pietrificata da una religione che non permette più di festeggiare la sacralità della vita ma che si affida ai messaggeri di un Dio Geloso, signore delle guerre e delle conquiste violente, la donna impara, per pura sopravvivenza, a obbedire alle regole astratte del governo degli uomini, mentre viene relegata in uno stato di inferiorità intellettuale, spirituale, emozionale e legale.
Non è possibile uscirne senza ferite. Non importa con quanta intensità e in che modo questa imposizione sia stata vissuta personalmente: siamo comunque collegate da una corrente condivisa di memoria, in cui è contenuta tutta la storia.
Ma nella stessa corrente è contenuto anche il ricordo di prima dell’avvento del patriarcato.
Tracce di memoria ci riportano all’essere rispettate nella naturalezza dell’essere profondamente collegate con la Natura. Visioni, sogni e nostalgie ci narrano altre opzioni di essere: in dignità, con gioia, senza dover lottare per o contro, senza la costrizione di regole, festeggiando ovunque il miracolo della vita stessa nella consapevolezza di esserne parte divina e illuminata.
È un’impresa difficile parlare dei concetti di Dio e di Dea in un testo che non è religioso e non vuole esserlo. Lo faccio n...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Presentazione
  3. L’autrice
  4. Frontespizio
  5. Copyright
  6. Sommario
  7. Epigrafe
  8. Premessa – Sulla traccia della sfida
  9. Prima parte – Un passo allo scoperto
  10. Seconda parte – Verso l’ignoto promettente
  11. Terza parte – All’abbraccio del mondo
  12. Dalla parola all’essere. Alcuni concetti chiave per la costruzione di altri paradigmi
  13. Bibliografia