Né sesso né lavoro
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Politiche sulla prostituzione

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Politiche sulla prostituzione

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Né sesso né lavoro. Politiche della prostituzione esce tempestivamente nello stesso giorno della discussione della Consulta in Italia per fornire, un contributo indispensabile al dibattito su prostituzione/sex work in Italia. Un testo importante per chi vuole capire qualcosa in più sulla prostituzione e sfilare la testa dalla sabbia dei luoghi comuni, andare oltre slogan sempre più diffusi che, volendo sdoganare la questione, negano gravi problemi sociali e mentono spudoratamente. Il sex work non è un lavoro come un altro, il concetto stesso di sex work stravolge il senso sia del sesso sia del lavoro.Forti di competenze specifiche, le quattro autrici mostrano i differenti aspetti del fenomeno in un'analisi calata nella peculiare realtà dell'abolizionismo tradito nel nostro paese, dove la lotta alla tratta non è una priorità e dove sulla prostituzione vige il laissez faire. Dall'esame dei modelli di politiche internazionali all'analisi della Legge Merlin (male interpretata) e delle numerose proposte parlamentari di modifica della legge, all'appassionata riflessione sulla portata della prostituzione negli attuali rapporti umani.

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Informazioni

Anno
2019
ISBN
9788868993535
Progetti di legge e proposte politiche sulla prostituzione in Italia
Grazia Villa
Vi è qualcuno che dice: «Ma sapete che la soppressione delle case finisce col danneggiare proprio le classi meno abbienti? I ricchi hanno i loro pied-à-terre, o dispongono di alberghi dove si trovano con le loro amanti. […]
Dicono ancora questi improvvisati difensori dei diritti del proletariato: «Dove andranno gli operai, gli studenti, i soldati che non dispongono di molto denaro? Ed è proprio una socialista che ha avuto la pazza idea di presentare un disegno di legge che danneggia quella classe che lei rappresenta, invece di aspettare la società futura?»
Io, signori, non mi aspetto la società futura dall’alto, e trovo strano che questa gente si preoccupi di dover dare le case di tolleranza e non la casa ai senza tetto, perché anche avere una casa è una necessità, non si preoccupi di dove e come mangeranno i milioni di disoccupati, di operai, di impiegati, di pensionati a poche lire al giorno.»
(Lina Merlin, discorso al Senato del 12 ottobre 1949)
Le leggi, le donne e il diritto esperienziale
Due letture sconvolgenti e appassionate sono la cornice che racchiude temporalmente il mio approccio letterario al tema della prostituzione. Un libro speciale, Lettere dalle case chiuse (Merlin e Barberis, 1955), scovato da quindicenne nella ricca biblioteca di mio padre sul ripiano attraente e inaccessibile ai noi figlie per la sua voluta e inarrivabile altezza, e Stupro a pagamento (Moran, 2017), letto a oltre quarant’anni di distanza. Ora come allora mi colpisce la travolgente forza della realtà delle storie, la narrazione che si fa carne e sangue, denuncia e supplica, afflato e condanna.
In mezzo, la mia storia di avvocata che si dipana lungo il corso di tutti questi anni di incontri con tantissime donne, anche prostituite.
La prima, lontanissima esperienza: l’interrogatorio per un furto del portafoglio, perpetrato nei confronti di un cliente che non aveva mantenuto il versamento di quanto pattuito (10.000 lire, anziché 20.000, per un rapporto orale in auto), da parte una prostituita sessantenne che a me, giovane avvocata, appariva anziana. L’aggiunta della tarda età all’umiliazione connessa all’esercizio della prostituzione suscitarono in me grande compassione ed empatica solidarietà femminile. Si difese ammettendo il fatto, sostenendo letteralmente che era stato un atto di legittima difesa, di riparazione a un’ingiustizia subita: il mancato rispetto di un accordo.
Il procuratore della Repubblica Del Franco ascoltò attentamente il racconto e trattò con la sua consueta gentilezza l’indagata, archiviò poi il reato per lieve entità. All’uscita dall’interrogatorio la donna esclamò raggiante: «Oggi sono contenta, nessun uomo mi aveva fatto sentire come una signora, anzi come una regina e non come una puttana».
Mi colpì molto che non fosse stata la competenza e la prossimità di un’avvocata donna, allora ancora rara, che le aveva fatto ottenere un buon risultato, a renderla felicemente soddisfatta, ma la rilegittimazione di un uomo che, trattandola come persona e non come una prostituta, le aveva ridato la veste bianca che per lei valeva più di un’assoluzione.
In quel momento non sapevo ancora che tutta la mia vita professionale sarebbe stata una lunga storia di volti di donne, di lacrime raccolte, di complicità, sottomissioni, lotte, impotenza, riscatto, desiderio, di lividi e carezze.105
Nei primi vent’anni ho incontrato donne bianche, molte delle quali maltrattate, vilipese, schiacciate, spesso rese impotenti o addirittura sterili, il cui buio si squarciava all’improvviso, sempre attraverso la relazione forte con un’altra donna, a volte proprio con me, e s’illuminava attraverso il coraggio di un’azione, la speranza di un dirompente desiderio di libertà, la forza dello spezzare catene di soggezione, la fierezza di un sorriso riconquistato, la gioia di uno sguardo nuovamente limpido.
Tra queste donne solo una era prostituita. Si era rivolta al mio studio non per uscire dal lucroso giro d’oltre confine nella vicina Svizzera con i suoi casinò, ma per divorziare da un marito eternamente disoccupato e pigro. Quando venne a pagare la parcella, prese i contanti dalla borsa e disse: «Questi li ho guadagnati questa notte», porgendoli a un’imbarazzata segretaria che non riusciva a prenderli. Con un cenno le diedi l’assenso, non volevo offendere né giudicare questa donna coraggiosa che si era liberata di un uomo inutile, ma non aveva potuto o voluto liberarsi di tutti quelli che usavano e avrebbero comprato ancora il suo corpo.
Nessuna del nostro studio, composto di sole donne, voleva toccare quelle banconote passate nelle mani di “un porco” (definizione data dalle stesse segretarie), il prezzo di un perverso mercimonio, per non esserne in qualche modo contaminata; alla fine decidemmo di destinarli a un’associazione che si occupava di bambine maltrattate.
Poi arrivarono le donne e le ragazze nere. Tutto cominciò con Rita, protagonista del primo processo per riduzione in schiavitù, davanti Corte d’Assise di Como, conclusosi nel 2000 con una pesante condanna. A seguito della denuncia della mia assistita, supportata da una delle prime associazioni a difesa delle “ragazze di strada” (non si parlava ancora di tratta), ci costituimmo parte civile e, per la prima volta in Italia, illustrammo a un giudice il rito dello ju-ju106 che nella sentenza venne riconosciuto come strumento di superstizione per tenere soggiogata la volontà di un soggetto da parte di chi lo possiede.
Nelle aule di quel tribunale si dipanò l’inedito racconto del viaggio verso l’inferno che prosegue ancora oggi ed è diventato narrazione continua, patrimonio di conoscenza attingibile da tutti, trasformato in “fenomeno”, in statistica, in gigantesco affare globale: la tratta, il traffico di esseri umani a scopo sessuale.107
Dietro ai numeri delle statistiche e delle indagini ci sono rabbia e lacrime, ci sono volti sui quali è difficile posare lo sguardo, sia per la vergogna che fa abbassare loro gli occhi e il capo, sia per la vergogna nostra nel sentirci complici impotenti di una società di prostitutori. È accaduto e accade a noi colleghe e operatrici, allo sportello bisettimanale aperto dall’Osservatorio giuridico per i diritti dei migranti e delle migranti, un’associazione di avvocate e avvocati che opera a Como da quando il flusso migratorio verso la Svizzera, grazie ai respingimenti, ha assunto proporzioni tali da uscire dalla transitorietà e dall’emergenza per diventare fatto quotidiano.
Tra le migliaia di giovani neri, forti e combattenti (ne abbiamo incontrati oltre 1200 in due anni), ogni tanto arrivano le ragazze e il nostro cuore batte nella speranza che non siano nel giro della prostituzione, che siano solo alla ricerca di strade di libertà e di riscatto. Inizia così un percorso di riconoscimento, affidamento, rispetto, relazione tra donne che qualche volta genera prima la consapevolezza, poi il desiderio di una via d’uscita. Allora si liberano il bianco sorriso, le grida, le forti risate, la voglia di vivere che cova sotto la maschera indossata quando vendono sesso.
Una maschera vera, fabbricata per l’uso, magari nel bagno di un treno con fermata tra i boschi, che trasforma quattro ragazze ridanciane in jeans. Prima si scambiano messaggi e foto di bimbi, mi guardano e ricambiano il mio sorriso, poi una per volta si allontanano per tornare seminude, ammiccanti, labbra rosse, seno esposto e tacciono, non si guardano più, non mi guardano e scendono per andare al mercato in cui loro sono diventate la carne.
Per loro, anonime ridenti fanciulle, per Rita, con la quale ho lottato, per Blessing, con la quale ho pianto, per Josephine, con la quale ho gioito per la nascita di un bimbo voluto, per la regina di Saba del primo interrogatorio, per la signora del casinò e per tutte le altre, per la forza e il coraggio della libertà che mi avete regalato, per le ingiustizie che avete subito, prendo parola e scrivo.
L’esperienza professionale, la pratica processuale maturata con la difesa delle donne e lo stare dalla parte di una specifica donna, con un nome e una storia, hanno trovato la loro denominazione attraverso gli studi e il fecondo incontro con il pensiero giuridico di molte giuriste e filosofe.
Ho appreso e sperimentato che il diritto era ed è uno strumento utile, una intelaiatura di norme che sostengono e producono giustizia sociale per le donne e insieme libertà femminile (Picht, 1993). Ho appurato come la legge sia un mezzo necessario, ma anche che l’avvento dei desideri e dei bisogni del soggetto femminile sulla scena della produzione di norme, negli ordinamenti giuridici, è in grado di creare un’altra fonte di diritto sessuato rispetto a quella che si costituisce nella relazione tra soggetti maschi, fino al secolo scorso riconosciuta fonte unica di regole. Il soggetto femminile può determinarsi quale fonte di regole nelle relazioni che costituiscono il suo vivere associato, dando vita a una auto-nomia e mostrando il limite del soggetto maschile e del suo ordinamento giuridico.
Al contempo l’applicazione delle norme esistenti relative alle donne (libertà, corpi, famiglia, desiderio, maternità, lavoro) ne rivela tutta l’invasività e la pesantezza, tanto da auspicare uno svuotamento normativo, non solo astrattamente ma concretamente, nel fare e disfare di una politica legislativa.
Il prorompente desiderio di esistere, anche nelle “vittime” che ho incontrato, mi ha confermato come la libertà femminile non solo sia talmente forte da essere prima e “sopra la legge”, ma necessiti la creazione di vuoti nel diritto esistente (Cigarini, 1992) ogni volta che la differenza femminile viene recepita come debolezza da tutelare oppure da eliminare nella parità con gli uomini. Meglio un’assenza di norme piuttosto che regole mortificanti la libertà femminile.
D’altra parte le “vittime della tratta”, le discriminazioni sul lavoro, lo sfruttamento delle migranti, il dilagare delle molestie, la violenza domestica, i femminicidi, continuano a interrogare in termini di efficacia il diritto esperienziale: leggero, mite o riflessivo.108 Per queste realtà giuridiche ci si chiede se siano necessari ancoraggi più forti e sicuri, più “normati”, che vadano oltre l’iscrizione nei principi costituzionali o la garanzia di regole procedurali, proponendo di utilizzare, a seconda delle singole realtà, strumenti differenti: la tutela del diritto antidiscriminatorio, l’inasprimento delle condanne per i crimini internazionali, l’individuazione di fattispecie sessuate.
L’intero dibattito sulla violenza sessuale degli uomini contro le donne e il nuovo denudamento del re impotente e prostitutore, praticato dalle recenti espressioni dei movimenti delle donne, da un lato rimarca la necessità di un mutamento culturale radicale delle nostre società, aggrappate alle resipiscenze del patriarcato con i suoi colpi di coda di drago morente, dall’altro non prescinde dall’uso delle leggi, anzi ne invoca la dura applicazione, auspicando il ricorso alle condanne penali e affidandosi fortemente all’utilizzo del diritto forte. Il tutto per lo più in linea con il diritto paterno, quello di «un padre severo che punisce duramente alcune infrazioni ma lascia la libertà di scelta dello stile di vita», così nelle parole di Thomas Weigend citate da Niccolai.
Lo stesso accade, come vedremo, per alcune delle soluzioni proposte per affrontare, risolvere, eliminare lo sfruttamento sessuale nella prostituzione.
Certamente, se rileggo i miei decenni di vita professionale posso testimoniare di aver utilizzato tutti gli strumenti possibili che il panorama giuridico mi offriva, compresi quelli di parità o antidiscriminatori, cioè anche quelli che non sembravano pienamente aderenti al mio femminismo, almeno ogni volta che dalla relazione con le mie assistite scorgevo la possibilità di mettere al mondo la loro e la mia libertà femminile.
La ricerca
Le normative e le differenti politiche sulla prostituzione non sfuggono ai nodi problematici descritti, anzi, per certi versi ne incarnano il valore simbolico e le implicazioni pratiche quando si tratta di mettere in gioco la legge e i corpi delle donne.
Se è vero, infatti, che le leggi rispondono a un certo sguardo, «forniscono, implicitamente o esplicitamente, una definizione di prostituzione che deriva dal pensiero e dall’interesse di chi le ha scritte, e di chi riesce maggiormente a influenzare i parlamenti», se poi queste definizioni, che siano o meno condivise, «diventano la visione pubblica del fenomeno sorretta dalla forza dello stato» (vedi Danna, in questo volume), la disamina di alcuni progetti di legge giacenti nel Parlamento italiano offre lo spaccato, a volte inquietante, non solo della presunta visione pubblica del fenomeno, ma anche del livello effettivo di conoscenza della realtà della prostituzione nel nostro paese di una parte delle elette e degli eletti al Parlamento.
Dalla lettura dei testi emerge, da parte dei rappresentanti e soprattutto delle rappresentanti di alcune aree politiche, un grave tasso di approssimazione, il permanere di pregiudizi, l’assenza di riferimenti a dati concreti, indagini statistiche, l’apparente mancanza di interlocuzione con gruppi e associazioni o, al contrario, la dipendenza da portatori di interessi (lobby), il prevalere di semplificazioni ideologiche o mistificazioni propagandistiche tali da giustificare più che un’indignata sorpresa. La presenza di donne fortemente aumentata nelle ultime legislature sembra avere inciso poco sull’applicazione di un forte diritto sessuato al maschile. Siderale è poi la distanza dal lavoro tenace, dalla serietà, dall’impegno profuso, dalla prossimità alle donne prostituite della senatrice Lina Merlin, e persino dei suoi detrattori, nei lunghi dieci anni di gestazione della legge a suo nome.
Lo studio dei progetti ha riguardato tutte le 22 proposte o disegni di legge109 depositati nella XVII legislatura, di cui due, per ora, ripresentati nella XVIII legislatura in corso. La scelta redazionale si è concentrata sulle proposte che consentissero di enucleare i punti focali del dibattito, inserito nel più ampio dibattito internazionale, soffermandosi sugli accenti propri del nostro panorama politico, che ne caratterizzano le declinazioni italiche di forme e di linguaggi, ed evidenziando quelle di maggior valore simbolico o consistente modifica del sistema vigente.
Inoltre, molte delle proposte o dei disegni hanno un contenuto identico, perché presentate da soggetti appartenenti allo stesso gruppo politico, ma in tempi e legislature differenti, con primi firmatari diversi, oppure nella stessa legislatura alla Camera e al Senato. Nella selezione dei progetti a medesimo contenuto ho considerato quelli più recenti per data di presentazion...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Presentazione
  3. Le autrici
  4. Frontespizio
  5. Copyright
  6. Introduzione - Daniela Danna
  7. Libertà sessuale e politiche sulla prostituzione - Daniela Danna
  8. La Legge Merlin e i suoi interpreti - Silvia Niccolai
  9. Progetti di legge e proposte politiche sulla prostituzione in Italia - Grazia Villa
  10. Quanto ci tocca la prostituzione? - Luciana Tavernini