Il sentiero della madre
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Il sentiero della madre

Maternità, matriarcato ed economia del dono per un cambio di civiltà postcapitalista

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Maternità, matriarcato ed economia del dono per un cambio di civiltà postcapitalista

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Il modello materno e matriarcale può essere il fondamento di una logica umana alternativa, un nuovo ordine socio-politico, un nuovo sistema di valori. Lungi dal rappresentare un'utopia, la tesi di questo libro supportata da plurimi punti di vista rappresenta una reale e saggia alternativa per l'evoluzione dell'umanità. Non più economia capitalista fondata sul profitto, lo scambio e l'accumulazione, ma economia del dono e della sussistenza; non più dominio del transumanesimo, ma rispetto e accoglienza della natura tutta e di tutti gli abitanti dell'universo, umani e non umani; non più individualismo, ma comunità; non più dominio, ma equilibrio e responsabilità, libertà e uguaglianza. I primi segni di questo sviluppo si vedono già ovunque: nella New Age, nelle comuni urbane, nel movimento Occupy, nel movimento delle madri.

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Informazioni

Anno
2021
ISBN
9788868994044
Parte seconda
La maternità fuori dal patriarcato
Teoria e pratica dell’economia del dono
di Genevieve Vaughan
Già negli anni Sessanta avevo cominciato a comprendere che è il mercato stesso la causa dei nostri problemi, non solo il capitalismo. Tra la fine degli anni Settanta e l’inizio degli anni Ottanta, quando ero in un gruppo di autocoscienza femminista, ho capito che il lavoro non remunerato che le donne fanno nella cosiddetta sfera domestica poteva essere visto come un’economia esterna al mercato, simile alle economie “pre-mercato” praticate da molti popoli indigeni. Come quelle, anche l’economia domestica è vulnerabile alla colonizzazione da parte del mercato, ma, ancora come quelle, ha una logica propria che è indifferente allo scambio del quid pro quo. Questa logica si basa sul donare allo scopo di soddisfare un bisogno, è transitiva e conferisce valore al ricevente per implicazione. La logica dello scambio si basa invece sul dare al fine di avere, è “intransitiva”, richiede l’equivalenza dei prodotti ed è auto-riflettente: dà valore all’io per implicazione. Lo scambio ignora e sfrutta il dono unilaterale e, non riconoscendone la logica, ci spinge a considerare il dono “irrazionale”.
Definisco l’economia domestica “economia del dono” perché la sua essenza sta nell’elargire gratuitamente doni e servizi ai figli come anche agli altri membri della famiglia e della comunità. Marcel Mauss, che ha scritto sulle economie del dono fra i popoli indigeni, studiati dagli antropologi all’inizio del XX secolo, le vede però come se seguissero un processo di tre passaggi: dare, ricevere e ridare indietro. Io considero i primi due basilari, e credo che l’interazione positiva e inclusiva che rappresentano mettano già in rapporto gli interattori e stabiliscano relazioni. Ciò fa del dare e del ricevere la base dell’economia relazionale che oggi vediamo come costituenti il potenziale umano del mercato.
All’inizio, negli anni Ottanta, nessuna tra le persone che conoscevo negli Stati Uniti era interessata alla teoria dell’economia del dono, così cercai di metterla in pratica attraverso una fondazione. Oggi, dopo gli eclatanti fallimenti del capitalismo, l’idea di un’economia gratuita, senza mercato, emerge molto spesso fra le persone interessate a soluzioni comunitarie orientate alla vita. Inoltre, internet ha reso l’espressione “economia del dono” nota pressoché in ogni casa del pianeta.
Sono molti gli esempi di economia del dono nelle culture matriarcali (cfr. Goettner-Abendroth in questo volume), nelle economie di sussistenza (cfr. Bennholdt-Thomsen in questo volume) e negli esperimenti sociali che ormai si stanno propagando un po’ ovunque – eco-villaggi, negozi gratuiti, Caffè Karma, Raduni Arcobaleno, Raduni Burning Man, il movimento per i beni comuni e quello per la demonetarizzazione – e con lodevole impegno, come l’economia di pace di Code Pink. Il movimento per il software gratuito, iniziato quando i sistemi operativi GNU e Linux hanno promosso una competizione nella gratuità che nelle linee antropologiche occidentali è stata letta come una gara per diventare il Big Man, ma che ha anche inaugurato un modo di collaborare e formare gruppi orizzontali peer-to-peer, many-to-many. Wikipedia è un buon esempio di economia del dono gratuito in atto, la libera navigazione su internet è un altro. Molte di queste iniziative colmano delle brecce nella materia dura dell’economia di mercato e fino a un certo punto vi si appoggiano. Il commercio diffuso di hardware è indispensabile per l’esistenza di Wikipedia e la navigazione su internet richiede non solo computer ma anche l’abilità di usare strumenti commerciali per spostarsi da un sito all’altro. Eppure queste nuove iniziative sono uno sviluppo molto positivo, perché dimostrano che una pratica differente e un diverso paradigma sono possibili.
Fintantoché non minaccia troppo l’economia mainstream, l’economia del dono può diffondersi ovunque. Ma per molti “gratuito” è solo una parola di otto lettere. Per esempio, l’accessibilità gratuita della musica su internet ha gravemente minacciato e cambiato il mondo delle corporation musicali. Un manager che ho sentito alla tv ha dichiarato disperato: «Abbiamo fatto tutto il possibile per batterli, ma non è possibile competere con ciò che è gratis».
Il genere di capitalismo in cui stiamo vivendo in realtà si è estremizzato solo nel corso dell’ultimo secolo. Prima c’erano più rapporti di vicinato basati sulla fiducia e la libera cooperazione fuori dal mercato. Il nostro attuale sistema economico, in rapido mutamento, il capitalismo patriarcale o il patriarcato capitalista, è storicamente limitato, ma si è velocemente espanso dal punto di vista geografico trasformando in merci ogni genere di doni: l’acqua, i semi, l’aria, perfino i nostri geni. Trattati come il TPP (Trans-Pacific Partnership) e il TTIP (Transatlantic Trade and Investment Partnership) aprono inoltre un varco alla confisca dei doni a livello internazionale, senza alcun ricorso possibile alla legge per tenerli entro i confini del dominio pubblico. Di fatto le nuove leggi commerciali proteggono i potenti contro i più deboli.
La gratuità è un modo di distribuzione
La mia ipotesi è che l’economia materna del dono unilaterale (senza alcuna resa equivalente) sia la base dell’economia umana da cui derivano tutte le altre economie e di cui esse sono una rielaborazione. Se consideriamo il dono unilaterale una forma di economia a sé stante, una modalità di distribuzione che è stata a lungo provincia delle donne, e più specificamente delle madri, possiamo reinquadrare l’oppressione delle donne (e di molti uomini) e osservare che essa è causata da una lotta fra tipi diversi di economia. Non molto tempo fa siamo usciti dalla lotta fra l’economia comunista e quella capitalista, ma una distinzione ancora più fondamentale e universale continua a esistere fra l’economia del dono e quella del mercato.
Sono due i principali fattori sistemici all’origine di questa lotta: uno è il patriarcato, l’altro sono gli scambi di mercato. Il patriarcato è il controllo gerarchico del dono (e delle donatrici) esercitato tipicamente da maschi. Protetti dalla forza, i comandi vengono impartiti dall’alto verso il basso, mentre doni e servizi sono dati dal basso per rendere più grandi i pochi. Lo scambio è la negazione del dono in quanto richiede un ritorno di pari valore. Il capitalismo patriarcale è la combinazione di patriarcato e scambio così che i doni siano controllati e usati a proprio vantaggio attraverso i meccanismi del mercato, rinominati come profitti, accumulati e reinvestiti al fine di approfittarsi di sempre più doni. I valori della competizione maschile per il dominio sono stati resi astratti, generalizzati e usati per motivare l’accumulazione capitalista per il potere egemonico dei pochi.
Base e sovrastrutture
Un vantaggio del considerare il materno il cuore di un’economia è che ci consente di leggerlo in termini marxiani come “base” economica e di attribuirgli una “sovrastruttura”. È così che possiamo vedere i valori del donare e del ricevere direttamente: orientamento agli altri, mutualità e fiducia derivano da un comportamento interattivo pratico di sostegno alla vita e non da una tendenza innata all’allevamento o da uno specifico senso morale. Una delle grandi armi che il capitalismo patriarcale ha in mano per dominare l’economia del dono è la sua abilità di proporre la propria sovrastruttura creando un’etica basata sul mercato e imponendo una propria epistemologia. In questo modo esso elimina il materno (il suo concorrente) dalla coscienza collettiva, non solo perché le madri sono raramente in posizioni di potere patriarcale, ma anche perché il materno non è usato come chiave interpretativa per comprendere la maniera in cui conosciamo il mondo.
Continua a sorprendermi quanto ampio sia il divario fra l’epistemologia sovrastrutturale del capitalismo patriarcale e l’economia del dono e l’epistemologia nascosta basata sulla madre. In effetti l’epistemologia patriarcale e l’etica che la accompagna sono parte della ragione su cui si fondano guerre e sfruttamento; poiché occupano per intero il campo della conoscenza, ci convincono che non ci sono prospettive alternative, per cui accettiamo l’autorità delle decisioni patriarcali e basate sul mercato. Guardare attraverso le lenti dello scambio elimina il dono e non gli permette di generalizzarsi. Per contro, una visione maternalista svelerebbe che la primaria modalità di distribuzione del dono orientata sull’altro è non solo la base di altre possibili forme di economia, ma anche di un linguaggio e di altri comportamenti simbolici necessari per la conoscenza e la comunicazione umane. L’etica derivante dalle varie modalità di dono non si preoccupa essenzialmente di temi come la gerarchia e la dominazione ma ha fonti diverse, che comprendono il benessere dell’altro già nella costituzione dell’essere umano. Per esempio, considerare il linguaggio e più in generale la comunicazione come diretti alla soddisfazione dei bisogni comunicativi e cognitivi dell’altro e, solo in un secondo momento, alla soddisfazione dei bisogni di auto-espressione dell’io, coinvolge l’altro nella costruzione dell’io in maniera basilare. L’espressione di sé non è lo scopo principale della comunicazione, il suo scopo è piuttosto mettersi in connessione con gli altri e creare una realtà condivisa e un punto di vista coordinato. Una creatività linguistica individuale secondo l’ipotesi di Chomsky1 è irrilevante e in realtà difficilmente si verifica, a meno che non serva a connetterci con gli altri. Connettersi con gli altri significa dar loro doni-parola e combinazioni di doni-parola tali da soddisfare i loro bisogni linguistici e comunicativi. Il che richiede un certo grado di etero-orientamento.
Immagino un’epistemologia fondata sulle connessioni fra economia del dono, materno e matriarcato. Credo che gli schemi matriarcali di cui ci parla Heide Goettner-Abendroth si basino su schemi di accudimento e dell’essere accuditi, simili nelle diverse culture perché i bisogni di tutti i bambini piccoli sono simili. In ogni caso, tali schemi possono essere messi in atto in vari modi e da vari attori. Le cure infantili possono essere fornite da una madre sola o da molte, dai membri di una famiglia allargata o da un intero villaggio. Anche gli uomini possono svolgere compiti di accudimento, sebbene nelle società matriarcali di solito non lo facciano e io credo che l’esclusione delle cure infantili dalla costruzione dell’identità maschile sia una delle ragioni alla base del patriarcato.
Le madri soddisfano unilateralmente i bisogni dei bambini, e devono farlo perché, quando sono piccoli, i bambini non capiscono e non sono in grado di dare qualcosa in cambio: se non ci fosse qualcuno a soddisfare unilateralmente i loro bisogni non sopravvivrebbero. Ciò impone un lavoro molto importante e dispendioso in termini di tempo alla maggior parte delle madri. I bisogni fisici ed emotivi del bambino esigono un’attenzione molto accurata e bisogna trovare la maniera più appropriata per soddisfarli.
Le madri e quante/i forniscono cure formano dunque una sorta di speciale, prima nicchia ecologica per i bambini, una nicchia che prende l’iniziativa di soddisfare i bisogni della propria creatura. In questo sono come la Natura, ma più proattive.
Le madri agiscono secondo lo schema AX a B fin dai primi giorni del bambino, laddove X è un bene o servizio soddisfacente un bisogno che la madre (A) fornisce al bambino (B). Tale schema si trova al capo del filo rosso della logica del dono comunicativo transitivo che permea l’intera vita. È una logica di relazioni umane che viene investita d’emozione, creando reciprocità e fiducia già nella primissima infanzia per la maggior parte dei bambini per la maggior parte del tempo.2 Vale a dire che l’interazione di dare e ricevere è il modo in cui le aspettative si creano e si soddisfano e in cui nascono relazioni positive. Poiché questa interazione del dono è necessaria per la sopravvivenza del bambino non stupisce che gli esseri umani vi attribuiscano tanto significato anche quando la eliminano dalla coscienza.
I motherer3 danno e ricevono molte cose di ogni genere, e la maggior parte dei bambini piccoli impara a imitare e a dare qualcosa in cambio fin dalla tenera età. I bambini piccoli sorridono ai genitori quando questi sorridono loro, rispondono alle buffonate della sorellina ridendo, cercano di infilare un biscotto mezzo mangiucchiato nella bocca della madre.
A volte usiamo la parola “scambio” per questo dare e ricevere ma si tratta di un uso pericoloso, perché assimila tale interazione agli scambi che vengono effettuati sul mercato. Io preferisco i termini dare e ricevere unilateralmente: la madre prende l’iniziativa di dare qualcosa al bambino, il quale riceve; poi il bambino prende l’iniziativa di dare qualcosa alla madre che a sua volta riceve. Questo scambio di ruolo va avanti per tutta la vita e viene elaborato a molti livelli. Funziona per imitazione, non per obbligo.
Psicologia infantile
Secondo gli esperimenti di alcuni neuropsicologi cognitivi l’altruismo sarebbe innato. Bambini di diciotto mesi aiutano spontaneamente il conduttore dell’esperimento che finge di essere in difficoltà (Warneken e Tomasello, 2006).
Il materno viene lasciato fuori dalla spiegazione dell’altruismo infantile elaborata dai ricercatori, ma considerare innato l’“altruismo” nega il modello del materno. L’“altruismo” deve venire quantomeno in parte dall’esperienza di essere oggetto di cure materne da parte di una persona che riconosce i tuoi bisogni e li soddisfa giorno dopo giorno, minuto dopo minuto, con molte cose diverse e in molti contesti diversi. Questo modello è disponibile per essere imitato da chiunque: noi recitiamo tutti i vari ruoli seguendo un copione sostanzialmente materno. Diamo doni o servizi di molti tipi diversi, li riceviamo e li passiamo ad altri.
Quarant’anni orsono George Lakoff e Mark Johnson diedero inizio a una sorta di rivoluzione filosofica, quando rividero il concetto di metafora riconoscendo questa come strumento cognitivo proveniente dalle comuni esperienze umane del corpo. Secondo Lakoff e Johnson (2002) la logica corporea o spaziale, che si origina dall’esperienza del corpo, è quella che «fornisce la base per la logica del pensiero astratto». A ogni modo i due studiosi considerano solo il corpo individuale, dalla pelle in dentro. Sarebbe più preciso parlare di logica “inter-corporea” ed “esperienza fisica inter-corporea”.4
Lakoff e Johnson hanno introdotto e reso popolare l’idea degli “schemi immagine”, schemi molto elementari ma ripetibili di esperienza incorporata come: “su e giù”, “percorso verso un obiettivo” e “dentro e fuori da un contenitore”, mappati nel linguaggio a vari livelli. Personalmente credo che lo schema immagine sottostante alla comunicazione, materiale e verbale, sia lo schema senso-motorio interpersonale di dare e ricevere, ubicato in primo luogo non nel corpo del bambino da solo ma fra madre e bambino, a partire dal momento in cui il bambino fino a poco prima faceva parte del corpo della madre per proseguire nel lungo periodo, quando dipende dai doni e dai servizi tesi al soddisfacimento dei bisogni per la mera esistenza del suo corpo.
In questa prospettiva il dare e il ricevere sono lo schema sottostante, lo schema immagine della comu...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Presentazione
  3. La curatrice
  4. Frontespizio
  5. Copyright
  6. Sommario
  7. Prefazione all’edizione italiana
  8. Maternità: fra caos, malfunzionamento, magia e visione
  9. Parte prima: La maternità sotto il patriarcato
  10. Parte seconda: La maternità fuori dal patriarcato
  11. Parte terza: La maternità come alternativa: le applicazioni possibili