Vito Varvaro
Nato a Palermo nel marzo 1954 ha compiuto studi classici dai gesuiti e ha conseguito la laurea in economia e commercio a Palermo. Sposato, una figlia e due nipoti. Nel 1976 è ufficiale della Guardia di Finanza a Roma. Nel 1978 viene assunto nel reparto marketing della Procter & Gamble. Nel 1991 diventa direttore generale P&G Health&Beauty dopo esperienze in Austria e Belgio. Nel 1995 si trasferisce in Germania dove diventa amministratore delegato P&G Germania Austria e Svizzera. Dal 2001 al 2006 è presidente e amministratore delegato di P&G Italia. Inizia quindi un percorso manageriale in aziende italiane con ruoli operativi e come membro nei consigli di amministrazione. Le aziende più importanti: Bulgari, Bialetti, B&B Italia, Gruppo Della Valle, Marcolin, Unopiù, Cantine Settesoli, Acqua e Terme di Fiuggi, Vitale Barberis Canonico, Piaggio, Magazzini Gabrielli, Save the Children. Dal 1990 collabora con la Università Luiss nel corso di economia e gestione delle imprese internazionali
Da quando ero ragazzo, organizzare era la mia specialità; non importava che si trattasse di attività o di progetti o di gestire attività di gruppo. Organizzavo i pullman per andare a sciare la domenica, la raccolta della carta per beneficenza e il doposcuola per i bambini dei quartieri poveri di Palermo. A scuola ero vicepresidente dell’assemblea degli studenti, e all’università fui eletto come rappresentante al consiglio di facoltà in una lista da me creata. Grazie agli studi universitari di economia e organizzazione aziendale scoprii in me la vocazione di «manager» e la voglia di lavorare in grandi aziende con orizzonti globali. Sapevo che questa vocazione mi avrebbe portato lontano dalla Sicilia, ma la cosa non mi fermò. Appena laureato mi misi a cercare opportunità di colloqui con aziende multinazionali. Sognavo di diventare dirigente di una grande società, di viaggiare molto e di scoprire il mondo. Alla fine degli anni ‘70 erano arrivate in Italia molte aziende europee e americane che cercavano giovani.
E fu senz’altro il destino a volere che incontrassi la Procter & Gamble. Un mio amico lesse di una ricerca di personale P&G sul Corriere della Sera (ai tempi usciva una pagina di annunci lavorativi ogni venerdì) e mi suggerì di scrivere. Scrissi. Ero a Roma per il servizio militare come ufficiale della Guardia di Finanza. L’azienda mi chiamò dopo pochi giorni. Con la mia Vespa mi recai all’EUR per i colloqui. Ricordo ancora il palo dove legai la moto: è lì, al suo posto, ancora oggi! Furono tre intensi colloqui con persone giovani, intelligenti e piene di entusiasmo. Mi chiesero tutto della mia vita e delle mie esperienze extra scolastiche. Era chiaro quanto premesse loro capire chi fossi, al di là del mio mero percorso accademico. Volevano conoscere il mio approccio alla vita, che visione avessi di me stesso e del mondo, insomma, cercavano di farsi un’idea di chi fossi a trecentosessanta gradi.
Tornai in caserma, dove ancora dormivo, e la sera stessa mi chiamarono per un altro colloquio il giorno successivo. Ero molto contento: andato via dal sud dove si trova lavoro tramite amici, stavo finalmente avendo a che fare con una realtà lavorativa che era interessata a me per merito personale. Il giorno dopo incontrai il capo della divisione Caffè, Edoardo Lombardi, un ingegnere trentottenne con alle spalle una bella storia di vita ed esperienze all’estero, il quale mi interrogò a lungo sulle mie ambizioni, il mio carattere e le mie esperienze. Fu un colloquio approfondito, durante il quale percepii da parte sua anche un grande empatia. Grazie all’incontro con lui in me si consolidò l’impressione che l’entusiasmo e la preparazione dei manager P&G da me incontrati precedentemente, non fossero un caso isolato. Con Edoardo, ora ottantenne, nacque un’amicizia rimasta viva fino a oggi.
Nonostante tutti consigliassero di entrare nel reparto finanza io scelsi il marketing, che ai tempi era una funzione poco conosciuta all’interno delle aziende in Italia. Oggi posso dire che fu la scelta vincente, in linea con le mie attitudini personali e i miei sogni di carriera.
La sera stessa mi fecero la proposta di assunzione a tempo indeterminato nel reparto marketing e nel gruppo che si occupava del Caffè Splendid. Grande felicità, telefonata raggiante ai genitori in Sicilia, dove tornai per le vacanze di Natale. Il 2 gennaio avrei dovuto cominciare a lavorare.
Salutai i miei, i fratelli, gli amici, e precisamente il primo gennaio 1978, ripartii per Roma, per iniziare la mia avventura da manager.
La mia esperienza in Procter & Gamble è durata trent’anni e non c’è dubbio che questa azienda sia stata la mia scuola di management. Ma se dovessi descrivere ciò che ho imparato, queste sarebbero le lezioni di professionalità che vorrei tramandare:
a) lavora con obiettivi chiari ed ambiziosi;
b) impara sempre e non sentirti mai arrivato, proprio per questo cerca sempre di uscire dalla tua confort zone, mettiti sempre in gioco;
c) pretendi il massimo da te stesso costruendo sui punti di forza e migliorando lì dove sei più debole;
d) ascolta gli altri con attenzione, sia superiori sia dipendenti; accetta le differenze di opinioni poiché arricchiscono sempre;
e) combatti con passione, entusiasmo e razionalità per le tue idee e agisci con spirito innovativo;
f) crea un forte spirito di squadra e genera motivazione nei collaboratori.
Queste non sono per me semplici nozioni, ma vere conoscenze temprate al fuoco dell’esperienza. Trent’anni di sfide, errori, successi, hanno finito con lo scolpire il mio intuito e la mia attitudine umana e professionale.
Il primo ricordo che mi affiora alla mente riguarda proprio gli inizi quando, mentre lavoravo su Caffè Splendid, mi fu assegnato il compito di analizzare il mercato e lo sviluppo dei sacchetti di caffè sottovuoto. Il mio capo mi disse: «studia e proponimi cosa dobbiamo fare». In altre parole, nonostante i miei 23 anni, dovevo dire la mia e mi avrebbero ascoltato! Fu per me la prima presa di consapevolezza di come la Procter & Gamble fosse una società che valorizzava i giovani e dava loro spazio. Ricordo poi il continuo cambiamento di incarichi ed esperienze che mi costringeva a mantenere la curva di apprendimento sempre in costante crescita.
Ricordo il contesto meritocratico entro cui venivano formulate valutazioni oggettive del nostro lavoro in base a criteri condivisi. C’era senz’altro competizione tra i colleghi, ma nello stesso tempo grande lavoro di squadra e amicizia, e questi due aspetti non finivano mai con l’essere in contraddizione l’uno con l’altro. Un giorno i miei due colleghi amici furono promossi e io no. Ne rimasi deluso? Mentirei se dicessi il contrario, ma allo stesso tempo il mio ambiente lavorativo mi aveva anche educato ad accettare il fatto che non si possa sempre arrivare primi. Lasciai quindi che le cose facessero il loro corso e… dopo sei mesi fui promosso anche io.
A 37 anni ricevetti la nomina a Direttore Generale Health and Beauty care e a responsabile per l’acquisizione dei brand della Richardson Vicks, con progetti di sviluppo su dentifricio AZ, creme di bellezza Olaz, Pantene e Infasil. Ricordo con entusiasmo il successo di questo ultimo marchio e la presentazione della storia Infasil a Cincinnati a tutti i Direttori Generali del mondo! Seguirono le esperienze estere: da Vienna a Bruxelles e poi in Germania. Ricordo in particolare come queste esperienze mi insegnarono quanto ascoltare l’altro sia fondamentale per capire nuovi contesti e culture differenti. Per fare un esempio paradossale, dopo tre mesi in Germania chiesi: «Come va? Suggerimenti sulla mia leadership?» e mi fu risposto: «Sei troppo democratico, dialoghi troppo, qui i leader sono autoritari e vengono rispettati». Capii che l’approccio italiano di ascoltare e dialogare andava modificato per adeguarmi alla cultura del paese.
Vorrei infine ricordare le riunioni a Cincinnati dove si incontravano tutti i colleghi del mondo e si faceva esperienza di una realtà globalizzata. In quelle occasioni si toccava con mano quanto fosse fecondo e stimolante uno scambio tra culture diverse che però, alla base, condividevano valori fondamentali. E anche se brevemente, non posso non menzionare l’orgoglio nel vedere la crescita della squadra italiana, una crescita che veniva come una diretta conseguenza della nostra preparazione e della nostra capacità di adeguarci e di lavorare con culture diverse. Questo senza nulla togliere alla fatica che feci inizialmente a imparare a parlare bene l’inglese e ad adattare il mio orecchio alle inflessioni dell’inglese parlato dai colleghi degli altri Paesi!
Il mio percorso professionale alla P&G mi consentì di fare l’esperienza dell’azienda italiana, poi dell’europea e infine di quella globale. Agli inizi, infatti, lavorai su progetti italiani, poi su progetti europei, ed alla fine degli anni ‘80 ho visto il passaggio a progetti globali (come ad esempio Pringles o Swiffer). Questo mi consentì di individuare i molti aspetti positivi della globalizzazione:
1. i prodotti ...