Gli sbandati
eBook - ePub

Gli sbandati

  1. 160 pagine
  2. Italian
  3. ePUB (disponibile sull'app)
  4. Disponibile su iOS e Android
eBook - ePub

Gli sbandati

Dettagli del libro
Anteprima del libro
Indice dei contenuti
Citazioni

Informazioni sul libro

Perché l'Italia ha una classe dirigente così liquida e poco preparata? Perché la politica deve affidarsi continuamente a una supplenza esterna? E perché in economia le prime linee si cercano nell'opaco universo delle società di consulenza? Un'unica risposta porta a un nervo scoperto del sistema Italia: sono state azzerate le scuole del potere, i luoghi della formazione delle élites, dove hanno studiato e sono cresciuti i gruppi dirigenti che hanno accompagnato il Paese lungo la via del benessere di massa. Adesso le carriere si fanno, con estrema rapidità, attraverso l'ascensore di Internet, in sinergia con la televisione. Oppure nei partiti ad personam, privi di regole e di meccanismi di selezione tipici della democrazia. Tutto è diventato piuttosto casuale, e così abbiamo in campo una classe dirigente di Sbandati. Dei quali facciamo fatica a capire da dove vengono e dove vanno, al di là degli slogan recitati senza pause. Dopo anni di impoverimento e di decadenza, in Italia arrivano risorse che valgono sette volte quelle del piano Marshall alla fine della Seconda guerra mondiale. Ma i soldi non bastano. Oltre alla benzina serve chi guida la macchina, e la scuola giusta dove si possa prendere la patente. Servono uomini giusti nei posti giusti.
Otto von Bismark

Domande frequenti

È semplicissimo: basta accedere alla sezione Account nelle Impostazioni e cliccare su "Annulla abbonamento". Dopo la cancellazione, l'abbonamento rimarrà attivo per il periodo rimanente già pagato. Per maggiori informazioni, clicca qui
Al momento è possibile scaricare tramite l'app tutti i nostri libri ePub mobile-friendly. Anche la maggior parte dei nostri PDF è scaricabile e stiamo lavorando per rendere disponibile quanto prima il download di tutti gli altri file. Per maggiori informazioni, clicca qui
Entrambi i piani ti danno accesso illimitato alla libreria e a tutte le funzionalità di Perlego. Le uniche differenze sono il prezzo e il periodo di abbonamento: con il piano annuale risparmierai circa il 30% rispetto a 12 rate con quello mensile.
Perlego è un servizio di abbonamento a testi accademici, che ti permette di accedere a un'intera libreria online a un prezzo inferiore rispetto a quello che pagheresti per acquistare un singolo libro al mese. Con oltre 1 milione di testi suddivisi in più di 1.000 categorie, troverai sicuramente ciò che fa per te! Per maggiori informazioni, clicca qui.
Cerca l'icona Sintesi vocale nel prossimo libro che leggerai per verificare se è possibile riprodurre l'audio. Questo strumento permette di leggere il testo a voce alta, evidenziandolo man mano che la lettura procede. Puoi aumentare o diminuire la velocità della sintesi vocale, oppure sospendere la riproduzione. Per maggiori informazioni, clicca qui.
Sì, puoi accedere a Gli sbandati di Antonio Galdo in formato PDF e/o ePub, così come ad altri libri molto apprezzati nelle sezioni relative a Business e Business General. Scopri oltre 1 milione di libri disponibili nel nostro catalogo.

Informazioni

Anno
2021
ISBN
9788863459210
Argomento
Business

Il potere in politica

Il partito liquido
Un incontro surreale. Quando Beppe Grillo e Gianroberto Casaleggio si vedono per la prima volta, la sera di giovedì 1° aprile 2004, rischiano un dialogo tra sordi. Grillo è un comico sulla cresta dell’onda, il suo spettacolo Black out ha fatto il tutto esaurito in mezza Italia, e anche al teatro Goldoni di Livorno sono state aggiunte le sedie sul palcoscenico per fare spazio agli spettatori. Casaleggio è un esperto di tecnologia e di web, con alcune ferite sul suo corpo di visionario. Cresciuto alla Olivetti, passato a Telecom, è stato da poco sollevato dall’incarico di amministratore delegato della Webegg, la società controllata dal gruppo telefonico che svolge attività di consulenza per il web ad aziende e alla Pubblica amministrazione. Lo stesso lavoro che Casaleggio, dopo il licenziamento, sta provando a fare in proprio, con la Casaleggio Associati. Intanto annusa la politica. E anche qui i risultati non sono entusiasmanti: il rapporto con Antonio Di Pietro dura poco, e quando Casaleggio scende in campo in prima persona, alle elezioni comunali di Settimo Vittone, il borgo torinese dove vive, raccoglie sei voti.
I due personaggi inoltre sono distanziati proprio dalla tecnologia. Nei suoi spettacoli il comico ligure mette sotto accusa l’intero universo rappresentato dal computer, simbolo di un falso progresso e di una dipendenza che arriva a schiavizzare l’uomo e a renderlo incapace di intendere e di volere. La scena è esilarante. Grillo fissa un pc, e prima di distruggerlo urla: «Pensavo che mi facessi risparmiare carta, libri, alberi, Amazzonia. E invece io stampo, stampo, stampo tutto, clicco e stampo, comprese tutte le cazzate che mi vengono in mente…». Casaleggio, al contrario, considera la tecnologia la chiave per accedere al futuro, è convinto che il web stia sparigliando anche le carte sul tavolo della democrazia, ormai non più rappresentativa ma digitale, e cerca la faccia giusta per condividere la nuova avventura.
L’incontro nel camerino di Grillo, nello stesso teatro dove 130 anni prima era nato il Partito comunista italiano, di fatto è un monologo. Casaleggio spazia da Galileo Galilei alla legge di Reed sugli effetti delle reti sociali dell’informazione, dal pulcino Calimero ai libri di Rudyard Kipling. E alla fine, di fronte a un comico frastornato e curioso, strappa un impegno: la sua società di consulenza gestirà Il Blog di Beppe Grillo che debutta ufficialmente nel gennaio del 2005. L’effetto è travolgente. Ecco il racconto del comico contenuto nel libro Casaleggio. L’uomo che ha cambiato l’Italia scritto da Alberto Di Majo: «All’inizio usavo il blog per raccogliere materiale da usare durante le varie tappe dei miei spettacoli. Per esempio, andavo a Torino e scrivevo “Avete qualche informazioni da darmi da quelle parti, qualche casino da segnalarmi?”. E mi arrivavano una cinquantina di commenti di cittadini, tra i quali la denuncia contro un amministratore comunale la cui moglie gestiva un parcheggio abusivo. A quel punto avevo afferrato la potenza del web e tutti i giorni, sentendomi con Gianroberto e con il figlio Davide, aggiornavo il mio blog».
Passerano solo pochi anni dall’incontro al Goldoni e in questo arco di tempo il tandem Grillo & Casaleggio riuscirà a creare dal nulla il partito più votato dagli italiani, il Movimento 5 Stelle, e a fare della Rete il più importante serbatoio della classe dirigente politica del Paese. La simbiosi tra i due personaggi non ha precedenti in politica, sono una coppia perfetta, con una naturale distinzione dei ruoli. Il corpo e la testa, la faccia e la mente, l’empatia e il metodo, il guru introverso e l’istrionico animale da palcoscenico. Non hanno conflitti di interesse, e l’uno non può fare a meno dell’altro. Negli stessi anni del boom elettorale dei 5 Stelle, in Francia nasce un movimento con analoghi slogan e parole d’ordine, MaVoix (La mia voce): alle elezioni politiche francesi del 2017 raccoglierà lo 0,05 dei voti, mentre i grillini valgono già un terzo dell’elettorato italiano. La differenza la fa il tandem Grillo & Casaleggio che intanto, per passare dal web ai test sul campo, hanno infuocato le piazze italiane con gli eventi dei V-Day-Parlamento pulito (laddove la V sta per Vaffanculo).
La classe dirigente che si sta formando nell’incubatrice del web affonda il coltello nel burro di un establishment decisamente in disarmo. Nel centrodestra è iniziato il crepuscolo di Silvio Berlusconi e del suo partito mai divenuto tale; sotto una valanga di tangenti e di inchieste giudiziarie è franata la leadership di Umberto Bossi e la Lega è a rischio sopravvivenza; i postfascisti, ormai marginali nel centrodestra, sono scomparsi dalla scena. Nel centrosinistra si raccolgono i cocci di una nomenclatura che, da quando non esistono più la disciplina e la formazione così curate nel Pci, riesce solo ad autodistruggersi. Fino a lasciare il campo libero agli avversari. Al centro, nonostante tutto, ci sarebbe un grande spazio per ricostruire una vera casa dei moderati italiani, non confessionale come era la Dc ma ben ancorata alla famiglia dei popolari europei. Certo: è una traversata nel deserto, che comporta tempo, un’agenda culturale e politica da proporre, diversi rischi. E invece in questa parte del campo, decisiva per arginare la spinta populista, si dà il cambio una serie di personaggi che non varcano i confini delle ambizioni personali. In ordine alfabetico: Angiolino Alfano, Pierferdinando Casini, Luca Cordèro di Montezemolo, Lamberto Dini, Mario Monti, Corrado Passera, Bruno Tabacci.
Poi c’è il malessere sociale. La protesta intitolata V-Day è una nuova puntata della narrazione della casta, e sembra fatta su misura per un popolo che, in definitiva, ama l’uomo che si affaccia dal balcone come inviato della Provvidenza e invece fatica a riconoscersi nella religione laica delle istituzioni. Il vento dell’antipolitica soffia a raffica su una società avvolta nel rancore, nella rabbia, nell’invidia sociale. Dove, per la prima volta dal dopoguerra, si è bloccato l’ascensore sociale e i figli saranno più poveri dei genitori. Un clima ulteriormente avvelenato dalla pandemia, durante la quale, secondo un sondaggio Ipsos-Cnel, una percentuale tra l’87 e l’89 per cento degli italiani vede nel futuro più rabbia e meno lavoro, un Paese che peggiora mentre diminuiscono le possibilità economiche. La società del rancore è ben disposta a raccogliere, trasversalmente, le seduzioni del tandem Grillo & Casaleggio, come spiega il professore Piergiorgio Corbetta, autore del libro M5s. Come cambia il partito di Grillo: «Il Movimento 5 Stelle riesce nella difficile impresa di intercettare non solo i voti delle categorie sociali tradizionalmente associate alla protesta, di destra e di sinistra, ma anche il consenso di elettori con caratteristiche di centralità sociale. In questo senso possiamo parlare ormai di un catch-all party, un partito pigliatutto». Nel percorso c’è intanto un punto fermo: sarà il web a formare e selezionare la classe dirigente dei 5 Stelle, prima scalzando dal podio la televisione dell’era berlusconiana per poi integrare la potenza di Internet con la popolarità conquistata a forza di comparsate in Tv. La centralità della Rete è teorizzata da Casaleggio, in una visione che demolisce, con poche parole, secoli di dottrina sull’establishment e sulla rappresentanza: «La nostra selezione deve essere fatta dal basso, dai cittadini che conoscono la storia e le competenze delle persone che vanno a votare online. I partiti sono destinati a scomparire, la democrazia rappresentativa, per delega, perderà significato e sarà sostituita da una democrazia diretta in forma digitale. Gli eletti saranno solo dei portavoce e il loro compito consisterà nel mantenere gli impegni presi con chi li ha votati, mentre il concetto di leader sarà del tutto estraneo al nostro modo di fare politica».
Strano ragionamento, visto che a pronunciarlo è chi ha creato un partito liquido e personalistico, dove nessuno può osare mettere in discussione la leadership e dove risulta evidente come, attraverso la tecnologia, il metodo più utilizzato per selezionare la classe dirigente sia quello della cooptazione. Piattaforme, siti, pagine Facebook, Twitter, Youtube, sms, mail: nulla sfugge ai radar della coppia Grillo & Casaleggio che, dopo il blog intestato al comico, mettono in campo, già nel luglio del 2005, la seconda potenza di fuoco nella storia dei 5 Stelle. I Meetup, le piazze virtuali dove si incontrano iscritti, militanti ed elettori. Si tratta di un prodotto di importazione americana, nato dopo lo shock dell’attentato dell’11 settembre 2001 alle Torri Gemelle di New York. Scott Heiferman, uno startupper residente a pochi chilometri da Ground Zero, aveva scoperto che i sopravvissuti della zona volevano incontrarsi, frequentarsi e aiutarsi a vicenda. Da qui l’idea di fare nascere sul web piccole comunità di territorio, per condividere in Rete interessi comuni. La formula funziona così bene che la politica americana, sempre a caccia di nuove invenzioni per consolidare il rapporto tra le élites e il popolo, adotta i Meetup come un moderno strumento di organizzazione dei partiti e dei comitati elettorali. Ne fa un uso abbondante il partito democratico durante la stagione di Barack Obama, scoprendo però che il Meetup raggiunge il massimo di efficacia quando deve canalizzare movimenti di protesta molto radicali, come Occupy Wall Street e Tea Party. In Italia i partiti, sempre più autoreferenziali, ignorano completamente un’arma che invece Casaleggio, attentissimo ai cambiamenti negli Stati Uniti, afferra al volo e trasforma in un network a supporto di un movimento politico che vedrà la luce soltanto in una fase successiva.
Qui non c’è nulla di casuale. La lucidità di Casaleggio e la capacità di Grillo di assorbire tutto come una spugna, portano entrambi a condividere un percorso ben studiato per terremotare la politica italiana e stravolgere i suoi equilibri. In appena una settimana, da quando vengono lanciate le piccole comunità sul web, nascono in ogni regione italiana 865 Meetup, sinonimo grillino di sezione locale, sul territorio, e di comitato elettorale. Sono luoghi virtuali, dove però la classe dirigente che si afferma diventa reale, e servono anche ad alleggerire la pressione sul blog personale di Beppe Grillo. Una volta messo a punto l’ingranaggio dei Meetup si può passare alla fase successiva, ovvero alla nascita ufficiale del Movimento 5 Stelle (2009) per presentare proprie liste alle elezioni amministrative e politiche. Il primo test significativo è del 2012, quando vengono eletti tre sindaci con il simbolo del Movimento 5 Stelle: Federico Pizzarotti a Parma, Alvise Maniero a Mira, Marco Fabbri a Comacchio. Dureranno poco, perché saranno tutti e tre espulsi sulla base delle rigidissime regole del centralismo democratico in versione cinquestelle. Ma la vera svolta arriva con le politiche del 2013, quando il cyber partito si ritrova con il 25 per cento dei voti, pari a 109 deputati e 54 senatori. E con una classe dirigente i cui componenti condividono tutti le tre piste che portano sempre al capolinea del web. La prima è quella della selezione attraverso i Meetup: Luigi Di Maio inizia la sua carriera politica aprendo, nel 2007, quello di Pomigliano d’Arco dove alle comunali del 2010 non riuscirà a raccogliere più di 59 voti. Ma otto anni dopo, i voti con i quali Di Maio verrà eletto alla Camera dei deputati saranno ben 95.219. Anche Vito Crimi, palermitano del quartiere Brancaccio, che nel 2020 subentrerà a Di Maio alla guida del Movimento 5 Stelle, parte da un Meetup creato a Brescia, dove si è trasferito lasciando la Sicilia.
In secondo luogo la classe dirigente dei 5 Stelle si presenta con un percorso di studi da ceto medio incompiuto e non evoluto dal punto di vista della formazione. Restando alle due biografie che abbiamo scelto come esempi, Di Maio si è iscritto alle facoltà di Ingegneria informatica e di Giurisprudenza senza mai portare a termine gli studi. In seguito ha lavorato come web master, cronista sportivo, tecnico informatico, assistente alla regia, agente di commercio, cameriere, steward allo stadio San Paolo-Maradona, manovale dell’azienda edile di famiglia. Crimi, dopo il diploma al liceo scientifico Ernesto Basile di Palermo, non è riuscito a prendere una laurea in Matematica ed è emigrato a Brescia dove è diventato assistente giudiziario presso la Corte di appello. In questi anni, prima della folgorazione sulla via tracciata da Grillo & Casaleggio, Crimi ha votato per Rifondazione comunista, Pds, Italia dei valori e Alleanza nazionale.
Si è molto ironizzato sui curriculum dei dirigenti dei 5 Stelle, lo stesso Grillo quando ha bisogno di metterli in riga, e la cosa avviene ogni volta che c’è da prendere una decisione vitale, usa il linguaggio di una minacciosa memoria: «Ricordatevi che siete dei miracolati». In realtà la politica ha sempre rappresentato un ascensore sociale, era così anche nella Prima Repubblica quando i partiti, con i rispettivi apparati, erano fortissimi. La vera novità è la velocità del passaggio da una vita da precari a un posto nelle istituzioni, senza alcuna tappa intermedia in luoghi deputati alla formazione: un partito liquido crea una classe dirigente altrettanto liquida. L’unica scuola che i grillini finiscono per frequentare, ed è la terza pista che condividono, è il Parlamento. Qui i più bravi e i più abili, anche nell’apprendere con il metodo della spugna, fanno carriera. Di Maio è il più giovane vicepresidente della Camera nella storia repubblicana, Crimi è il capogruppo dei 5 Stelle che, in una drammatica diretta streaming, mette alle corde il segretario del Pd, Pierluigi Bersani, colpevole di avere avuto la sciagurata idea di anticipare troppo i tempi, cercando un’alleanza, che arriverà qualche anno più tardi e solo dopo il via libero di Grillo, tra il suo partito e il nuovo movimento. Anche Roberto Fico, che riuscirà a ottenere la carica istituzionale più alta per un pentastellato, diventando presidente della Camera, è nato con un Meetup e si è formato nel lavoro di parlamentare, tra commissioni e gruppo.
Nel cyber partito di Grillo & Casaleggio la tecnologia detta la linea. E dopo i Meetup, nel luglio del 2016, arriva la piattaforma Rousseau, definita come «il sistema operativo del Movimento 5 Stelle». In teoria servirebbe agli iscritti per proporre disegni di legge e controllare quelli che sono stati presentati dai parlamentari grillini; in pratica è uno strumento tecnologico molto sofisticato, sul quale Casaleggio ha lavorato per anni, che consente di controllare la selezione della classe dirigente, conservando integri il potere del capo (che intanto si è ritagliato, formalmente, il ruolo di «garante») e l’obbedienza degli eletti. Grazie alla piattaforma Rousseau, la linea dei 5 Stelle potrà spostarsi con una volatilità mai vista nella storia politica italiana, senza una bussola. Nello stesso luogo dove si scaldavano i motori per promuovere un referendum per l’uscita dall’euro, si condivide la scelta di entrare nel governo guidato da Mario Draghi, l’uomo passato da essere «figlio di Troika» a «banchiere grillino». Un semplice clic, senza alcun dibattito reale, trascina l’intero popolo grillino (ormai stiamo parlando, dopo le elezioni politiche del 2018, del primo partito italiano) a partecipare a due governi di segno opposto, uno di centrodestra e uno di centrosinistra, guidati dalla stessa persona, l’avvocato Giuseppe Conte. E pazienza se con questo metodo si perdono per strada pezzi selezionati sul web: un centinaio di deputati e senatori, eletti con i 5 Stelle, nel corso della legislatura hanno cambiato partito o sono stati espulsi.
A Conte, sempre sotto la dettatura di Grillo, rimasto un uomo solo al comando senza la sponda di Casaleggio, scomparso nell’aprile del 2016, i grillini si rivolgono, tra mille mal di pancia, per un’ultima, decisiva metamorfosi. Riuscire in un’impresa che non si è mai vista nella storia d’Italia: salvare un movimento populista, nel momento in cui il populismo indietreggia, con la sua classe dirigente, e trasformarlo in un partito. E fermare la polverizzazione dei 5 Stelle, le cui fratture hanno già creato quindici micropartiti, tutti scomparsi. Per farcela, i pentastellati dovranno archiviare molte pagine della loro storia, capovolgere i paradigmi con i quali è nato il movimento. Il principio «uno vale uno», uno dei cardini dell’ideologia firmata da Grillo & Casaleggio, è cancellato. Bisogna formare quadri e dirigenti, che non siano solo e soltanto «attivisti da tastiera» e «portavoce» dei cittadini. Servono leader e quadri competenti, che sappiano fare bene questo mestiere, disciplinati ma non obbedienti fino al culto della personalità. Addio alla piattaforma Rousseau, con la sua ambigua formula di essere un «sistema operativo» esterno al movimento e con la comica idea delle parlamentarie, le primarie in versione online: può andare per la sua strada, trascinandosi dietro la fake news della democrazia diretta, in versione digitale, destinata a sostituire quella rappresentativa. Le classi dirigenti dovranno formarsi all’interno del nuovo partito e di scuole che in qualche modo ripercorrono gli schemi dei luoghi dove sono cresciute generazioni di élites politiche durante la Prima Repubblica. Il traguardo da raggiungere è il contrario di quanto annunciava Grillo, vestendo i panni del profeta durante i suoi Vaffa Day: «Non voglio creare un partito, io voglio distruggere i partiti, che sono il cancro della democrazia». Rispetto agli inizi della sua avventura, il movimento ha dimostrato quanto fosse destinata a esaurirsi la spinta di un partito dove tutto era virtuale. Tranne i voti e il potere.
A ogni passo dei 5 Stelle lungo la strada dell’ultima trasformazione, scatta una serie di incognite. Tra queste la più rilevante è la collocazione in Europa di ciò che dovrà essere un nuovo partito. Una scelta imprescindibile, alla quale non ci si può sottrarre declamando un’altra fake news, ovvero che destra e sinistra non esistono e il movimento può stare, secondo una vecchia indicazione di Grillo, «sopra e oltre». Oramai anche in politica, come in economia dopo l’introduzione dell’euro, esiste un «vincolo esterno». Senza le giuste alleanze in Europa, si vincono le elezioni ma non si riesce a governare nel proprio Paese, come dovrebbe avere capito bene, sulla propria pelle, il leader della Lega, Matteo Salvini.
Forza e rischi del territorio
Trenta giorni di carcere, con la condizionale, per oltraggio a pubblico ufficiale. Matteo Salvini diventa noto all’opinione pubblica quando, il 12 gennaio 1999, pensa bene di lanciare le uova contro il capo del governo dell’epoca, Massimo D’Alema, in visita ufficiale a Milano. Salvini è un ragazzo di 26 anni, che non è riuscito a laurearsi né in Scienze politiche né in Lettere e si è accontentato di vendere panini in un negozio della catena Burghy, ma in compenso ha già una formazione politica costruita sul campo: consigliere comunale da sei anni, si è fatto conoscere per il suo linguaggio forte e diretto sul quotidiano La Padania e nei programmi di Radio Padania Libera. Nessuno può immaginare che lo scalmanato ragazzone lanciatore di uova a D’Alema, una quindicina di anni dopo diventerà il capo della Lega, con un voto quasi unanime (82 per cento) e incenerendo l’avversario, Umberto Bossi, che quel partito lo aveva creato, mattone su mattone, con una precisa identità genetica. Essere una forza politica, quasi un sindacato, di territorio. E avere una classe dirigente di territorio.
Tutto il lavoro di Bossi, durante il periodo di incubazione della Lega, è una tessitura di piccoli movimenti locali che da soli non hanno alcun peso: la Liga Veneta, il Moviment d’Arnàssita Piemontèisa, la Lega Nord Piemont, il Partito Popolare Trentino e Tirolese, l’Union Valdôtaine, l’Union Ligure. Bossi andava in giro per valli e montagne, con una vecchia Citroën rossa, nel tentativo di convertire i vari capi autonomisti delle regioni del Nord a unirsi in un unico movimento. E finalmente il pomeriggio di giovedì 12 aprile 1984, dalla Citroën guidata da Bossi scendono, nel centro di Varese, cinque persone dirette allo studio del notaio Franca Bellorini per firmare l’atto di nascita della Lega Autonomista Lombarda. È un gruppo di famiglia. Pierangelo Brivio, è il marito di Angela, la sorella di Bossi; Ida Valentina Mauri è la madre di Bossi; l’odontotecnico Emilio Benito Rodolfo Sogliaghi amico di famiglia; Manuela Marrone è un’insegnante di scuola elementare, fidanzata di Bossi prima di diventarne la seconda moglie. Ad attenderli, presso lo studio del notaio, c’è l’architetto Giuseppe Leoni, l’unico dei sei fondatori della Lega, estraneo alla famiglia di Bossi. Lentamente la calamita inventata a Varese riesce ad attrarre buona parte dei movimenti indipendentisti delle regioni del Nord, intercettando un malcontento sociale che non ha più riferimenti nei partiti tradizionali. Bossi intuisce che bisogna fare un salto organizzativo, anche per attrezzare il partito alle sfide elettorali, e apre ovunque sezioni, mette in campo un movimento giovanile, il Riaa, che in varesino significa torrenti, trova i finanziatori per giornali e radio. Insomma: trasforma la Lega in una forza politica organizzata in modo analogo a quei partiti che Bossi promette di distruggere. Con una sola differenza. Quadri e dirigenti devono passare sempre per il suo esame. Per questo nella Lega introduce il meccanismo della doppia tessera: l’iscritto riceve, al momento dell’adesione, una tessera di sostenitore, che esclude il voto ai congressi e alle assemblee, e soltanto dopo un anno di «buona condotta» (traducendo: fedeltà al capo) si può diventare militante, con tutti i diritti di chi partecipa alla vita del partito.
Quanto ai contenuti, il radicamento sociale della Lega, dai lavoratori autonomi al popolo della partita Iva, dai piccoli imprenditori e artigiani agli operai delle fabbriche dove le iscrizioni al sindacato sono crollate, spinge Bossi a costruire una piattaforma politica tutta fondata sull’antagonismo. Contro la burocrazia, la cui capitale è «Roma ladrona», contro le tasse, contro l’Europa. E a difesa innanzitutto del proprio territorio, con parole d’ordine sull’immigrazione che diventeranno una costante nell’evoluzione della Lega e nelle sue diverse fasi di crescita. Negli ...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Frontespizio
  3. Copyright
  4. Indice
  5. Introduzione
  6. Il potere in politica
  7. Il potere in economia
  8. Il potere nella tecnocrazia
  9. Bibliografia essenziale