La sentinella del piccolo popolo
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Storia di Miroslav Krleža, l'uomo che visse sette vite

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Storia di Miroslav Krleža, l'uomo che visse sette vite

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Miroslav Krleža (1893-1981) è stato di certo il più grande letterato e intellettuale del Novecento croato. Saggista, critico, drammaturgo, poeta, scrittore, anticipatore di correnti e pensiero, è stato spesso censurato per il suo anti-militarismo e le sue critiche graffianti sia sotto l’Impero austro-ungarico che durante il Regno dei Serbi, dei Croati e degli Sloveni. Espulso dal Partito comunista jugoslavo nel 1939, avversato e scampato alla fucilazione del regime ustaša croato alla fine della seconda guerra mondiale, fu perdonato da Tito che lo volle alla guida della politica culturale del nuovo Stato federale socialista di Jugoslavia. Attraverso la sua vicenda umana e la sua incredibile produzione letteraria, Krleža si presenta come figlio e sentinella di un piccolo popolo, ma al contempo intellettuale mitteleuropeo tra i più innovativi e apprezzati.
“Silvio Ziliotto ha costruito e scritto un ampio e ben articolato testo sulla storia e il valore del più importante (e straripante) autore della letteratura croata del XX secolo: Krleža il ribelle, il rivoluzionario, l’escluso, il salvato, l’intellettuale ufficiale, il sopravvissuto (a se stesso), il decano di Zagabria”. (Silvio Ferrari)
“Si può leggere questo libro, tra i tanti modi possibili, come un risarcimento critico a uno scrittore e drammaturgo ingiustamente trascurato, come la storia di un intellettuale libero che viene comprensibilmente ma mai totalmente addomesticato dal potere, come la vicenda di un artista profondamente radicato nella cultura della propria nazione che però si rifiuta di diventare nazionalista e anzi aspira a farsi sempre più europeo. Io l’ho letto soprattutto come la vicenda di un uomo che aveva intuito l’approssimarsi di una catastrofe”. (Roberto Borghi)

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Informazioni

Anno
2019
ISBN
9788868613334

​Krleža e l’Italia

Il rapporto tra Krleža e l’Italia non è di certo tra i più lineari. Silvio Ferrari lo ha evidenziato riferendo come Krleža avesse “un atteggiamento di distaccata saggezza nei confronti del nostro Paese, quasi a dire: ‘Siete una terra che ho profondamente amato, ma poi da voi ho avuto solo delusioni, aggressioni, incomprensioni’” 1 .
Prima di analizzare i singoli giudizi di slavisti, letterati e uomini di cultura italiani nei confronti del più grande pensatore croato e jugoslavo del XX secolo, descriviamo qui di seguito le tappe più significative della “(s)fortuna di Krleža” 2, definizione efficace delle peripezie dell’ opus krležiano nel nostro Paese.


Cronologia delle pubblicazioni krležiane in Italia

In questa cronologia sono elencati i momenti salienti nella divulgazione della conoscenza di Krleža in Italia facendo, quando sarà necessario, dei rimandi ad altri avvenimenti riguardanti la storia del letterato zagabrese, per una miglior comprensione dell’evoluzione della sua opera in Italia.
Nel 1928 esce un articolo di Wolfango Giusti su Rivista di letterature slave dedicato a Krleža; nello stesso anno un altro grande slavista, il croato Dragutin Prohaska (1881-1964), si occupa dell’autore dei Glembay in Letteratura serbo-croata, edito a Praga.
Nel 1932 Arturo Cronia cura l’ Antologia serbo-croata e in essa vengono pubblicate due poesie di Krleža tratte dalla raccolta Tre sinfonie; nel 1933 la voce “Krleža” compare sull’ Enciclopedia italiana, composta dal padre della slavistica italiana moderna, Giovanni Maver (1891-1970). Gli aggiornamenti successivi saranno a cura di Predrag Matvejević, il quale si occuperà della produzione krležiana fino agli anni Settanta, ovvero sino alla sua conclusione, aggiungendo, alla voce iniziale, giudizi critici sintetici. Nel 1935, Antonio Miclavio tratta di Krleža sulla rivista L’Italia letteraria. Nello stesso periodo, anche il regista e saggista futurista Anton Giulio Bragaglia, attraverso Gerardo Guerrieri e Ruggero Jacobbi giunge a conoscenza dei drammi del nostro autore, già tradotti peraltro in italiano 3.
Nel 1941 Luigi Salvini, all’epoca lettore di Lingua italiana a Zagabria, conosce personalmente Krleža, pubblicando, per i tipi di Garzanti, varie sue poesie nella raccolta Poeti croati moderni. Nel 1952, Krleža tiene la famosa relazione introduttiva al Congresso degli scrittori jugoslavi a Ljubljana, “Fra Ljubljana e l’Occidente c’è in quegli anni una specie di guerra fredda, nel senso che, pur essendo scoppiata da quattro anni l’‘eresia’ titoista, la Jugoslavia, resta, agli occhi del mondo, un Paese comunista. Per giunta, tanta parte della sinistra italiana, in primo luogo il gruppo dirigente del Pci, guarda ancora con freddezza e ostilità allo strappo compiuto da Belgrado nei confronti dell’Unione Sovietica e di quel fondamentale testo di antidogmatismo estetico, nulla raggiunge Trieste o Roma” 4.
Tra il 1955 e il 1963 esce Storia della letteratura serbo-croata di Arturo Cronia il quale, nonostante la grandezza di Krleža sia ormai riconosciuta a livello internazionale, mantiene un certo scettiscismo nei confronti dello scrittore zagabrese. Nel frattempo, l’opera krležiana “è tradotta in una decina di grandi aree linguistiche europee ed extraeuropee e il (suo) autore viene ‘consacrato’, soprattutto in Francia” 5.
La dimensione europea di Krleža è celebrata, nel 1964, da Giancarlo Vigorelli (1913-2005) in L’Europa letteraria e, successivamente, tra il 1970 e il 1971, Krleža trova degna sistemazione nelle Letterature dei popoli della Jugoslavia di Bruno Meriggi, ove gli è dedicato un capitolo specifico della storia del Novecento in Jugoslavia e di lui si parla come dell’intellettuale croato di maggiore statura nel periodo tra le due guerre.
Meriggi però, pur concedendo il dovuto rilievo al più importante scrittore croato del secolo, mancherà di una completa analisi della produzione krležiana, approfondendo particolarmente alcune opere a discapito di altre, comunque fondamentali. Inoltre, la sua morte improvvisa, pochi anni dopo, interromperà un progetto di traduzione delle opere di Krleža “che avrebbe dato probabilmente allo scrittore croato lo stesso rilievo (se non il successo) che lo slavista era riuscito a ottenere dieci anni prima con la versione italiana dei romanzi di Andrić” 6.
Nel 1974, in occasione della Rassegna internazionale dei Teatri Stabili tenutasi a Firenze, il gruppo teatrale Končar presenta in lingua originale il dramma Golgota. In quella circostanza Ruggero Jacobbi scrive un saggio di presentazione in cui definisce Krleža “immenso narratore”.
Nel 1978, Krleža riceve il premio Mediterraneo a Palermo e l’anno seguente, grazie ancora una volta a un’iniziativa di Giancarlo Vigorelli, è pubblicato un corposo Omaggio a Miroslav Krleža sulla Nuova Rivista Europea. Vigorelli in quell’occasione, scriverà: “L’anno scorso, su mia proposta, il premio internazionale Mediterraneo è stato assegnato, il 22 settembre in Palermo, a Miroslav Krleža. Qualche eco non mancò, ma il silenzio tornò subito sul suo nome, niente della sua opera sterminata essendo stato tradotto da noi, dove pure si traducono autori inutili e senz’altro immeritevoli […]. Egli non è soltanto il maggiore scrittore croato e di tutta l’area jugoslava, ma uno dei più autorevoli maestri sopravissuti della letteratura europea tra le due guerre. È inspiegabile, oltretutto, l’ignoranza della sua opera di poeta, di romanziere, di narratore, di saggista, di diarista, di polemista qui da noi, mentre, da una ventina d’anni, è invece in atto la riscoperta, se non la scoperta, dell’intera letteratura mitteleuropea e l’assenza è più grave da parte nostra, riscontrando le numerose traduzioni di Krleža apparse in Francia, Inghilterra, Stati Uniti, Austria, le due Germanie, Portogallo, Olanda, Paesi scandinavi, Urss e tutti i Paesi della cosiddetta area socialista. Sono anni che mi batto per introdurre Krleža nella nostra cultura tanto più che lui, a nostro vantaggio e accrescendo così il nostro debito, ben conosce da Jacopone ai giorni nostri 7.
Tra il 1981 e il 1982, Silvio Ferrari riesce a pubblicare finalmente il primo titolo di Krleža in italiano: due racconti da Il dio Marte croato, con un’introduzione che presenta le svariate difficoltà incontrate nella ricerca di un editore. Ferrari, infatti, racconta: “Ho trovato un editore per Krleža, ma è stato faticoso. In compenso ho avuto anni di contatti, carteggi, persino di contratti preventivi, colloqui e sondaggi che mi hanno fatto conoscere e girare […] e mi hanno consentito di produrre un furioso mulinello di tentativi e sollecitazioni personali ai limiti dell’aggressività. Scrivevo e offrivo copie del materiale tradotto a più gente che potevo, […] cercavo l’appoggio di qualche slavista – quale errore! Uno mi rispose in modo logicamente ineccepibile e culturalmente… folle che… l’ultima cosa che interessava uno slavista era una traduzione in italiano di un’opera in lingua slava… –. Nel frattempo, ho avuto tanti colloqui con Krleža, ho imparato a conoscerlo meglio e ad amarlo di più, ho avuto molti rapporti con la cultura jugoslava, soprattutto a Zagabria, e ho cominciato a pubblicare qualcosa sul Krleža, finalmente” 8.
Nel decennio tra il 1982 e il 1992, escono altri quattro titoli: Il ritorno di Filip Latinovicz, Sull’orlo della ragione, I signori Glembay e la Prefazione ai motivi della Podravina. Queste pubblicazioni, unite a una serie di articoli di recensione e commento, apparsi, per l’occasione, su quotidiani e settimanali, permettono, come dice Ferrari, “la conoscenza di un protagonista di settant’anni di storia croata e jugoslava: dagli Asburgo alla Repubblica socialista federale jugoslava, da Finis Austriae a Finis Jugoslaviae9.
Nel 1992 Matvejević, che aveva già dato, alla fine degli anni Sessanta, il suo contributo con le Conversazioni con Miroslav Krleža, pubblica in italiano, L’epistolario dell’altra Europa e, nel 1998, Il Mediterraneo e l’Europa, in cui in vari capitoli è ricordata la figura dello scrittore zagabrese. Opportuno sottolineare è anche l’attenzione dello scrittore Claudio Magris rivolta a Krleža a cui dedica, nella raccolta Danubio, un paragrafo del capitolo sulla Pannonia. Ricordiamo, infine, la messa in scena del Michelangelo Buonarroti, realizzata a Firenze nel marzo del 2001 dalla compagnia di prosa Teatro popolare d’Arte Mascarà, per la regia di Gianfranco Pedullà.
Altri strumenti utili all’approfondimento del nostro autore per il lettore italiano sono la Storia della letteratura croata di Dubravko Jelčić, tradotta e curata da Ruggero Cattaneo e pubblicata nel 2005, e le voci dedicate a Krleža all’interno dell’edizione della Garzantina della Letteratura del 2007, aggiornate, riviste e approfondite dall’autore di questo libro.


Le Ballate di Petrica Kerempuh

Nel 2007, grazie al lavoro instancabile di Silvio Ferrari, Einaudi pubblica la traduzione integrale con testo a fronte delle Ballate di Petrica Kerempuh. Una prima traduzione, per l’esattezza, era già stata fatta da Ferrari per la messa in scena delle Ballate recitate dall’attore Bebo Storti, nell’estate 2003 al Mittelfest di Cividale del Friuli, da un progetto di Giorgio Pressburger.
Le ballate sono considerate un capolavoro della poesia novecentesca: scritte negli Trenta del ‘900, si tratta di trentaquattro componimenti poetici di differente lunghezza in cui Krleža recupera il dialetto kajkavo arcaico croato, reinventandolo e innalzandolo a livelli mai raggiunti in precedenza.
In sostanza, “Krleža, come Brecht, conobbe le teorie dell’avanguardia russa, in particolare le idee dei formalisti sullo ‘straniamento’. E se ne servì in maniera originale. Avvertendo che, nella cosiddetta ‘poesia impegnata’, l’impegno stesso finiva col divorare molto spesso l’essenza della poesia. Egli rivolse l’attenzione della lingua letteraria verso il dialetto kaikavo croato, parlato da cittadini e contadini nei dintorni di Zagabria e in tutta la regione dello Zagorje (regione a nord di Zagabria dove il kajkavo è tuttora parlato, come del resto anche a Zagabria, N.d.a.). Conservando il sistema fonetico e sintattico di questo dialetto, Krleža riuscì a creare in esso un insolito linguaggio poetico, esprimendo i più profondi impulsi del populismo” 10.
Divenute ben presto un classico della letteratura croata del XX secolo e recitate e rappresentate innumerevoli volte (memorabile, tra le tante, l’interpretazione del grande attore Rade Šerbedžija), alcuni versi de Le ballate sono divenuti proverbiali, al punto da essere usati correntemente nella lingua parlata, perlomeno in Croazia. Inoltre, “costituiscono una sorta di modello straordinario della cosiddetta “cultura bassa”, cioè del modo di lamentarsi, denunciare, ridere, piangere e gridare, condotto da questo alter ego di Till Eulenspiegel [personaggio del folklore del nord della Germania e dei Paesi Bassi dal carattere burlone e beffardo, N.d.a.] che risponde, appunto, al nome di Petrica Kerempuh, variante croata dell’antica figura del chierico vagante, sfaccendato, braccato, spretato, studente, crapulone, cinico e patetico al tempo stesso, presente sulla scena di tutte le culture letterarie europee. Fin dal nome, che potrebbe essere reso in lingua italiana con un Pierino Trippone o, meglio ancora, “budello di porco” (per la gran voracità del mangiatore), Petrica interpreta, in modo impareggiabile, una sorta di rivisitazione della cultura croata a partire dal XVI secolo, cioè dall’epoca delle prime rivolte contadine, fino all’età romantica e alle tensioni politiche del primo Novecento. In essa, gli elementi di subalternità e oppressione vengono presi a pretesto per dar vita a un aggressivo linguaggio del dolore e della protesta” 11.

Questa poesia di sofferenza e di scherno del mondo, tragica e comica, un vero unicum dell’ opus krležiano, sconosciuta all’Europa occidentale, a settant’anni dalla sua pubblicazione in Croazia, è finalmente disponibile. Ovviamente l’opera, come aggiunge Matvejević, è di ”Silvio Ferrari che ha raccolto la provocazione di offrire al lettore italiano questo mirabile e incomparabile testo poetico”, evidenziando “l’impresa del traduttore” e ringraziandolo per “l’enorme fatica e l’abilità mostrata” 12.

A giudizio di Ferrari, “vi sono due periodi nevralgici in cui una ‘fortuna’ di Krleža avrebbe potuto avere un peso e un significato per la cultura italiana: il quinquennio 1917-1922 e quello 1948-1953” 13. In entrambi i casi questa conoscenza approfondita non è avvenuta. Krleža è arrivato quindi solo negli anni Ottanta, quando la sua poetica e il suo pensiero non erano certamente così attuali come negli anni Trenta. “Nel primo quinquennio – secondo Ferrari – Krleža avrebbe potuto essere un utile e originale parametro di riferimento rispetto ad altri intellettuali e artisti che avevano intrapreso analoga funzione nel contesto Mitteleuropeo. Quale? Quella di sovvertitore culturale politico del mosaico asburgico e quella di ‘tromba’ della rivoluzione bolscevica, squillata, in termini letterari, da parte di molti giovani autori, convinti che la cannonata dell’ Aurora alla fonda nel porto fluviale di Pietrogrado avrebbe salutato il prorompere del secolo. E ancora prima, negli anni del primo conflitto mondiale, Krleža poteva essere accostato, come del resto accadrà a livello europeo per la sua produzione letteraria dei primi anni Venti, a quell’altra schiera di scrittori che avevano assistito agli ‘ultimi giorni dell’umanità’, combattendo nel fango della Galizia. Per contro, già con la metà degli anni Venti, Krleža avrebbe potuto dire qualcosa di molto interessante sul tema del rapporto fra speranze rivoluzionarie e burocratizzazione di un nuovo impero, quello dell’Urss, con qualche anticipo rispetto a successive esperienze di intellettuali provenienti dall’Europa occidentale, ‘esploratori’ privilegiati del territorio russo. Questo, in particolare, se la sua straordinaria testimonianza Gita in Russia, edita nel 1926, fosse arrivata in tempo utile a qualche orecchio sensibile della nostra cultura. Anche il decennio 1929-1939 (insuperato, in effetti, nel bilancio dei valori espressi da questo autore) avrebbe certamente rappresentato un notevole bagaglio letterario da trasferire anche nel nostro Paese. Tuttavia, per quegli anni, il ragionamento deve essere rapportato al concomitante periodo di massima autarchia culturale, vissuta dall’Italia in quello stesso...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. La sentinella del piccolo popolo
  3. Indice dei contenuti
  4. ​Prefazione
  5. ​Nota al lettore e ringraziamenti
  6. ​Prologo
  7. ​Krleža, vita intensa e opere immortali
  8. ​Il pensatore con uno sguardo all’Europa
  9. ​Krleža e l’Italia
  10. ​Rivoluzionario e innovatore
  11. Postfazione
  12. ​Bibliografia
  13. ​Collana Orienti