I giovani e la crisi del covid-19
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I giovani e la crisi del covid-19

Prove di ascolto diretto

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I giovani e la crisi del covid-19

Prove di ascolto diretto

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Si parte dai 567 giovani che hanno gentilmente contribuito a questa raccolta. Dati e sussurri che vanno sfogliati, osservati, rielaborati con lenti plurali, alla ricerca di uno sguardo che si fa ascolto. Una serie di suggestioni in presa diretta, dunque. Con tutti i limiti che sono immediatamente intellegibili. A partire dal momento specifico di rilevazione, che costituisce variabile importante. L'inchiesta si è svolta dal 18 aprile al 5 di maggio: si tratta di un momento particolare, siamo nel pieno dell'"implementazione" del piano pandemico. Pochi giorni fa. Eppure…, forse siamo riusciti a fotografare un istante, ci auguriamo unico e non ripetibile, un istante che probabilmente avrà un peso nelle dinamiche del prossimo presente.

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Informazioni

Anno
2020
ISBN
9788868512972
I giovani, il rapporto con le emozioni, la scuola e il futuro nell’emergenza Coronavirus
Claudio Onnis
Introduzione
Per quanto possa essere tragica e spietata, la pandemia causata dal Covid-19 si configura come il più grande esperimento psicologico di tutti i tempi.
Infatti, se consideriamo la portata dell’evento, anche in termini di persone coinvolte, regole e soprattutto di impatto psicologico e sociale, ci rendiamo conto di quanto, per diversi aspetti, un avvenimento simile rappresenti, in qualche modo, l’anno zero.
Una prima riflessione mi conduce agli esperimenti sociali ideati dagli italiani Giuseppe Sergi e Simone Corleo che, nel 1889, crearono il primo laboratorio di Psicologia sperimentale, presso l’Istituto di Fisiologia della Facoltà di Medicina dell’Università degli Studi di Palermo, sulla scia della scuola della Psicologia sperimentale di cui fu precursore Wilhelm Wundt, a Lipsia.
Tornando al giorno d’oggi, sembrano evidenti alcune similitudini tra la ricerca propriamente indotta o di laboratorio e quella attuale, di cui la Psicologia sociale studia l’interazione tra esseri umani e fattori che possono orientare i comportamenti e gli atteggiamenti in un contesto nuovo.
Gli individui, nonostante siano molto bravi a essere o apparire razionali, si trovano comunque a confrontarsi con le proprie emozioni che, soprattutto in una situazione come questa, in cui il tempo a disposizione non manca, giocano un ruolo fondamentale.
Se vogliamo, anche il modo in cui il fenomeno si è diffuso, può rappresentare un evento significativo per quanto riguarda la percezione del pericolo.
Infatti, sebbene inizialmente le principali fonti di informazioni riportavano dei casi di polmonite esclusivamente in Cina, nella provincia di Hubei a dicembre 2019, solamente nel gennaio 2020, quindi il mese successivo, la China cdc (Chinese Center for Disease Control and Prevention) ha riportato un primo caso di Coronavirus, denominato appunto Covid-19, come agente causale di questo focolaio.
Dal mese di febbraio, in maniera non del tutto graduale, anche in Italia alcune regioni del nord come Lombardia, Piemonte e Veneto si sono ritrovate a fare i conti con un problema sino a poco prima sconosciuto e che ha messo in discussione, oltre che buona parte del sistema economico e produttivo, quello psicologico e sociale.
Dal 5 marzo infatti, il governo italiano ha prescritto la chiusura delle scuole a cui ha fatto seguito, tramite diversi decreti, anche la chiusura progressiva dell’intero Paese.
Lo sviluppo emotivo e le conseguenze del lockdown
Le emozioni sono vie di contatto con la realtà e anche per questo, soprattutto nella vita dei più giovani, ricoprono un ruolo di primaria importanza.
L’uso di diverse strategie e la flessibilità nella gestione di situazioni differenti consentono di trovare condotte adattive e di adeguamento socio-emotivo.
Dall’analisi dei dati, come riportato nelle figure 5.1-5.2, emerge che le emozioni percepite come più significative rientrano in una macroarea che possiamo definire “di disorientamento”, a conferma di ciò che accade generalmente in situazioni in cui è indotta una risposta a un evento inaspettato e di cui si conosce poco.
Paura e ansia sono, infatti, due risposte adattive fondamentali per la sopravvivenza della specie in natura; la paura, in particolare, si manifesta in risposta a una minaccia esterna mentre l’ansia viene percepita come anticipatoria di una minaccia sconosciuta o non ben definita, come possiamo notare nel contesto attuale. La diffusione del Coronavirus ha avuto un grande impatto sulla quotidianità delle persone, in quanto può aumentare l’intensità di emozioni come paura, rabbia e tristezza soprattutto nei bambini e negli adolescenti.
È importante ricordare, infatti, che questi ragazzi si ritrovano per la prima volta nella loro esistenza ad affrontare qualcosa di molto grande che tutte le generazioni in vita non hanno mai visto e che coinvolge l’intera umanità ma, allo stesso tempo, è talmente piccolo da risultare invisibile ai loro occhi. Tuttavia, va anche considerato che i più giovani sono molto più flessibili rispetto agli adulti e probabilmente, per tale ragione, sono capaci di adattarsi meglio al cambiamento.
Questo fattore potrebbe giustificare la prevalenza di emozioni positive nelle classi più giovani rispetto alle classi di età adulta (fig. 5.4).
Anche se non considerata direttamente nel campione, è necessario precisare come l’età evolutiva rappresenti la fase dello sviluppo dell’individuo in cui i vissuti di mente e corpo appaiono più chiaramente uniti in una sola esperienza, non solo dal punto di vista del bambino, che svilupperà nel tempo la possibilità di distinguere una parte più cognitiva dell’esperienza da quella fisiologica, ma anche da parte di chi si prende cura di lui, che ha l’importante compito evolutivo di contenere gli stati indifferenziati del bambino per poterli poi ridefinire e comunicare attraverso la relazione (Di Trani, 2013).
Infatti, le emozioni che proviamo derivano da processi di autoregolazione anche impliciti, che hanno il compito di modulare l’intensità e le modalità in cui si manifestano e sono legati da una parte al funzionamento bio-psicologico dell’organismo (Grossi, Trojano, 2002) e dall’altra alle regole affettive tipiche di ogni società (Ekman e Friesen, 1975).
Per molti bambini, potrebbe risultare addirittura più stressante dover uscire continuamente e seguire alcuni impegni tipici della quotidianità, pertanto, se viene favorito un clima adeguato tra le mura domestiche, un periodo più o meno prolungato di “isolamento” può essere accolto senza destare particolare preoccupazione.
La regolazione emozionale che viene messa in atto in queste situazioni, è infatti una complessa funzione mentale che implica la modulazione degli stati emotivi in funzione alle richieste dell’ambiente in maniera flessibile e adattiva.
Alcuni preadolescenti potrebbero aver vissuto la prima fase della chiusura forzata come un recupero dei loro ritmi naturali, altri invece potrebbero non aver subito all’apparenza una specifica reazione oppure non riescono a esprimerla perché non abituati a esternare i propri bisogni, ma questo può comunque aver favorito un particolare impatto emotivo.
Per altri, invece, la perdita della routine scolastica può aver rappresentato addirittura una vera e propria sofferenza capace di tramutarsi in rabbia, nervosismo o irrequietezza.
L’aspetto soggettivo-esperienziale delle emozioni di base, ma anche di quelle più complesse come l’amore, l’orgoglio, la felicità e l’invidia, si sviluppa durante la prima infanzia e, in questo processo di crescita, la cognizione e la socializzazione giocano un ruolo di grande importanza.
Come ricorda Morris (Morris et al., 2007) il contesto famigliare ricopre un ruolo di grande influenza, infatti la capacità di regolazione emotiva del bambino avviene attraverso tre differenti processi come l’osservazione del comportamento degli altri membri della famiglia, l’osservazione e l’interiorizzazione dei comportamenti che i membri della famiglia mettono in atto nei confronti delle emozioni e il vissuto diretto del clima famigliare.
Gli autori, quando parlano del processo di osservazione, fanno riferimento a meccanismi come il modeling e il contagio emotivo, cioè quelle situazioni che permettono al bambino, osservando il comportamento espressivo della sua famiglia, di comprendere quali emozioni sono accettate e attese nel proprio contesto famigliare e quali invece no e che gli permettono, di conseguenza, di imparare a gestirle. Molti psicologi dello sviluppo e teorici della psicoanalisi ipotizzano l’esistenza di una sequenza epigenetica dello sviluppo degli affetti, per cui affermano che, nel corso dell’infanzia, le manifestazioni comportamentali ed espressive degli affetti rappresentino il solo linguaggio del bambino e il suo modo di comunicare i propri bisogni, desideri e soddisfazioni al caregiver e la componente soggettivo-esperienziale degli affetti consiste in stati indifferenziati, precursori di soddisfazione e disagio (Hesse & Cicchetti, 1982; Krystal, 1988; Osofsky, 1992).
In riferimento alla ricerca, dall’analisi del campione, emerge che una percentuale significativa, pari al 94%, vive attualmente con la famiglia (fig. 1.5).
Questo dato, di conseguenza, potrebbe aver rappresentato un cambio repentino della routine quotidiana e una successiva fase di riorganizzazione delle attività all’interno del nucleo famigliare, che ha potuto elicitare sentimenti di stranezza, lontananza, confusione o smarrimento, fragilità e solitudine, rilevati con particolare omogeneità per quanto riguarda le diverse regioni geografiche.
Per quanto concerne la scuola, è importante precisare come questo cambiamento non riguardi solamente una riorganizzazione del contesto-famiglia ma anche un nuovo modo di ripensare alle attività didattiche e una revisione dei rapporti sociali all’interno dell’ambiente scolastico.
Questo punto risulta particolarmente importante soprattutto se riferito al campione che rientra nell’età dai 15 ai 17, in quanto rappresenta un’età in cui è fondamentale il rapporto con l’altro per la costruzione del Sé, dell’identità e dell’autostima.
In questa fascia di età, infatti, risultano prevalenti le percentuali che riguardano sentimenti di stranezza, lontananza e solitudine, come a indicare l’importanza delle relazioni fisiche tra pari (fig. 5,3).
Ricordiamo, infatti, che in questa età l’abbraccio di un’amica, la carezza o l’incontro con gli occhi riguardano un processo fondamentale per la scoperta di se stessi e dell’altro.
Ciononostante, alte percentuali di ottimismo e fiducia sembrano compensare questo senso di confusione che, dopo un primo periodo di smarrimento, possono essere inquadrati come fattori di resilienza e adattamento alla nuova situazione.
Angoscia, pessimismo e impotenza sono infatti alcune emozioni che vengono generalmente messe in atto per fronteggiare un’emergenza inaspettata come la crisi dovuta al Covid-19.
Queste emozioni, nel lungo periodo possono mutare in apatia e depressione, come evidenziato nelle percentuali delle emozioni negative, soprattutto per chi in questo periodo ha subito anche conseguenze lavorative, economiche o la perdita di un proprio caro senza poter elaborare il lutto.
Risulta interessante notare come pensieri di morte o malattia non siano particolarmente rilevanti rispetto all’idea di non tornare alla vita normale a conferma, probabilmente, dell’importanza espressa nei confronti delle relazioni umane.
Di conseguenza, sembrerebbe emergere che non sia tanto la paura dell’incolumità fisica a destare preoccupazione, quanto piuttosto l’aspetto relazionale relativo alla paura di non rivedere le persone care.
Il contesto scolastico e il ruolo della competenza socio-emotiva
In un’epoca in cui viviamo sempre più connessi e immersi nella tecnologia ma, al contempo, caratterizzata dalla paura del diverso, dall’angoscia e dall’incertezza verso il futuro, risulta ancor più necessario rimarcare l’importanza delle relazioni, la capacità di gestire le emozioni e i comportamenti.
Non a caso, l’ocse nel rapporto Skills for social progress ha posto come obiettivo educativo, in un programma valido sino al 2030, la promozione delle competenze socio-emotive, considerate come insiemi di abilità, conoscenze, comportamenti, atteggiamenti e valori necessari a un soggetto per gestire efficacemente il proprio comportamento affettivo, cognitivo e sociale.
Essere emotivamente competenti significa riuscire a gestire le emozioni aumentando allo stesso tempo il proprio potere personale e la qualità della vita.
Infatti, la competenza emotiva migliora i rapporti, crea possibilità d’affetto tra le persone, rende possibile il lavoro cooperativo e facilita il senso di comunità (Steiner, 1999) ed è quindi “l’insieme di abilità pratiche (skills) necessarie per l’autoefficacia (self-efficacy) dell’individuo, nelle transazioni sociali che suscitano emozioni (emotion-eliciting social transaction)” (Saarni, 1999).
A questo proposito, Susanne Denham (2001) propone una teoria dello sviluppo della competenza emotiva che considera emozione e cognizione strettamente legat...

Indice dei contenuti

  1. I giovani e la crisi del covid-19. Prove di ascolto diretto
  2. Introduzione Aldo Bonomi
  3. L’antefatto
  4. Appunti dal sottosuolo
  5. LA RICERCA
  6. Abstract Una ricerca-azione. Un invito alla riflessione collettiva.
  7. Premessa
  8. Il campione dell’inchiesta
  9. La didattica a distanza
  10. Percezione del Covid-19
  11. Fiducia nelle istituzioni nella salvaguardia dei cittadini
  12. Impatto emotivo del Covid-19
  13. Il futuro
  14. Un pensiero conclusivo in sintesi
  15. I giovani, il rapporto con le emozioni, la scuola e il futuro nell’emergenza Coronavirus Claudio Onnis
  16. Accompagnare la metamorfosi dell’istituzione scuola tra digitale, comunità e territorio Albino Gusmeroli
  17. Saggezza negli, e soprattutto nelle under 35. Sorprese da Covid-19? Maria Pia Pizzolante
  18. Frammenti di corpo Vittorio Lo Verso
  19. Partiamo da qui: sono giovane? Chi sono i giovani? Matteo Massa
  20. Ripartire, ridisegnare un orizzonte o “tirare avanti”? Giovani, Covid-19 e reazioni di comunità Francesca Tuveri
  21. Gli autori