Sulle tracce di Livingstone
eBook - ePub

Sulle tracce di Livingstone

Storia di Zambia e Malawi e degli italiani che vi hanno viaggiato

  1. Italian
  2. ePUB (disponibile sull'app)
  3. Disponibile su iOS e Android
eBook - ePub

Sulle tracce di Livingstone

Storia di Zambia e Malawi e degli italiani che vi hanno viaggiato

Dettagli del libro
Anteprima del libro
Indice dei contenuti
Citazioni

Informazioni sul libro

Nella regione dell'Africa centrale scoperta da Livingstone sorgono oggi Zambia e Malawi, due Paesi poco noti al grande pubblico ma definiti dagli esperti "Africa for beginners", luoghi ideali e speciali per chi vuole cominciare a conoscere il continente. Lì molti italiani hanno lavorato e tutt'oggi svolgono la loro opera, ma la storia di questi Paesi e l'attività dei nostri connazionali – cooperanti, religiosi, ingegneri, tecnici e tanti altri – è in gran parte immersa nell'oblio. Questo eccellente lavoro di analisi storica e diplomatica, ricco di aneddoti e di storie di vita lungo ben oltre un secolo, mira a far uscire dalla dimenticanza episodi e persone e al contempo ad assolvere a un dovere della memoria, documentando la straordinaria capacità degli italiani a operare in simbiosi e in partenariato con gli africani, in una fase odierna nella quale l'Italia ha necessità di riprendere il suo ruolo all'incrocio tra Europa e Sud del mondo per sostenere valori, beni comuni, reciproca crescita, capacità e sviluppo sostenibile anche nel quadro di una matrice europea.
"Il capitale di relazioni – politiche, economiche, culturali e umanitarie – che lega l'Italia all'Africa non è comune e non deve essere disperso". (Elisabetta Belloni)
I diritti d'autore di questo libro sono devoluti all'ospedale missionario Mtendere a Chirundu sullo Zambesi, gestito dalle Suore della Carità milanesi.

Domande frequenti

È semplicissimo: basta accedere alla sezione Account nelle Impostazioni e cliccare su "Annulla abbonamento". Dopo la cancellazione, l'abbonamento rimarrà attivo per il periodo rimanente già pagato. Per maggiori informazioni, clicca qui
Al momento è possibile scaricare tramite l'app tutti i nostri libri ePub mobile-friendly. Anche la maggior parte dei nostri PDF è scaricabile e stiamo lavorando per rendere disponibile quanto prima il download di tutti gli altri file. Per maggiori informazioni, clicca qui
Entrambi i piani ti danno accesso illimitato alla libreria e a tutte le funzionalità di Perlego. Le uniche differenze sono il prezzo e il periodo di abbonamento: con il piano annuale risparmierai circa il 30% rispetto a 12 rate con quello mensile.
Perlego è un servizio di abbonamento a testi accademici, che ti permette di accedere a un'intera libreria online a un prezzo inferiore rispetto a quello che pagheresti per acquistare un singolo libro al mese. Con oltre 1 milione di testi suddivisi in più di 1.000 categorie, troverai sicuramente ciò che fa per te! Per maggiori informazioni, clicca qui.
Cerca l'icona Sintesi vocale nel prossimo libro che leggerai per verificare se è possibile riprodurre l'audio. Questo strumento permette di leggere il testo a voce alta, evidenziandolo man mano che la lettura procede. Puoi aumentare o diminuire la velocità della sintesi vocale, oppure sospendere la riproduzione. Per maggiori informazioni, clicca qui.
Sì, puoi accedere a Sulle tracce di Livingstone di Filippo Scammacca del Murgo, Elisabetta Belloni in formato PDF e/o ePub, così come ad altri libri molto apprezzati nelle sezioni relative a History e African History. Scopri oltre 1 milione di libri disponibili nel nostro catalogo.

Informazioni

Anno
2021
ISBN
9788868615376
Argomento
History

I fratelli Jalla nel regno dei Barotse

Il primo capitolo della storia dimenticata degli italiani in Zambia riguarda i due fratelli Luigi e Adolfo Jalla. Luigi (25 agosto 1860) e Adolfo (24 settembre 1864), nascono ultimogeniti di una numerosa famiglia piemontese di Chiotti di Villasecca, una frazione del Comune di Perrero, nella provincia di Torino. Per generazioni le loro famiglie hanno dato pastori alla Chiesa valdese.
La Chiesa valdese, che precede la riforma protestante di oltre trecento anni, è fondata sulla ricerca di una vita di povertà e di semplicità evangelica, ma nella storia i rapporti con la Chiesa cattolica sono stati molto tormentati. Nel giugno 2015 papa Francesco visitando il tempio valdese di Torino ha ritenuto necessario chiedere perdono per le persecuzioni promosse nei secoli dalla Chiesa cattolica contro quella comunità di credenti, apparsa nel XII secolo a Lione e diffusasi in varie città europee tra le quali, in Italia, Milano e Bergamo. Alla fine del 1184 la repressione religiosa la costringe ad abbandonare i centri urbani per trovare rifugio nelle valli piemontesi, dove la debolezza dei poteri feudali creava condizioni favorevoli. Nel XVII secolo le guerre di religione non risparmiano i valdesi: nel 1686, dopo gli editti emanati da Vittorio Amedeo II, tutti i templi delle valli vengono demoliti e la dura persecuzione li costringe a trasmigrare in Svizzera o a vivere la loro fede in clandestinità. I valdesi rientrano nelle loro valli nel 1689, dopo un esilio di tre anni, ma solo nel 1713, con la pace di Utrecht, vengono autorizzati a professare la loro fede anche se segregati all’interno dei loro territori alpini, delimitati nel 1561 con la pace di Cavour. La comunità ha quindi potuto riedificare i suoi templi tra i quali quello di Villasecca, dove vari esponenti della famiglia Jalla, originaria della Val Pellice, hanno svolto il loro ministero. Nel 1848 re Carlo Alberto introduce misure di tolleranza estendendo ai valdesi i diritti civili. Oggi essi si riconoscono nella Chiesa metodista.
I genitori dei fratelli Jalla sono Louis Auguste, anch’egli pastore valdese, e Aline Biolleye, che lo aveva sposato in seconde nozze. Le fotografie che ritraggono i due fratelli riproducono giovani alti e di bell’aspetto. Adolfo ha il viso lungo e, quando diventa adulto, una folta barba, come usava all’epoca, che si incanutisce con il passare del tempo, e indossa una giacca elegante e una cravatta. Il francese è sempre stata la lingua della comunità valdese – anche se in realtà sarebbe l’Occitano, anche noto come Lingua d’òc – ed è la lingua madre dei due fratelli Jalla, ma entrambi si sentivano cittadini italiani ed erano molto legati alla loro terra di origine. Luigi aveva interrotto gli studi secondari al collegio valdese di Torre Pellice e si era trasferito a Nizza dove lavorava presso la filiale del Crédit Lyonnais.
È in Piemonte, in uno dei centri della comunità valdese, che Luigi e Adolfo incontrano il missionario François Coillard. Il pastore calvinista francese è missionario in Africa da oltre vent’anni per conto della Società delle missioni evangeliche di Parigi. Gran parte del tempo lo aveva trascorso tra le popolazioni africane, in territori che attualmente fanno parte del Botswana e dello Zimbabwe. In seguito, una riunione della missione di Parigi tenutasi in Lesotho gli chiede di trovare un nuovo terreno dove diffondere la fede cristiana. Coillard si dirige a nord, nel regno dei Barotse, popolazione che viveva in una zona particolarmente remota, l’Alto Zambesi.

immagine 1
Adolfo Jalla.


immagine 2
Luigi Jalla e Maria Turin Jalla.



Livingstone è noto per essere il primo viaggiatore europeo ad avere visitato quella regione nella prima metà dell’Ottocento. In seguito, tutti i tentativi di insediarvi missioni cristiane erano falliti tragicamente: quello intrapreso dalla Società missionaria di Londra qualche anno dopo il primo rientro di Livingstone in Inghilterra era stato interrotto dalla malaria e da altre malattie che avevano sterminato i missionari e le loro famiglie. Nel 1879, una spedizione dei Gesuiti che intendeva impiantarsi nelle vicinanze delle cascate Vittoria è stata travolta dalle rapide dello Zambesi.
François Coillard aveva cinquant’anni e non avrebbe potuto avviare la nuova impresa senza l’aiuto di altri missionari. Per quella ragione tra il 1880 e il 1882 era rientrato in Europa e teneva conferenze per sensibilizzare giovani disposti a seguirlo. Nella seconda metà di agosto del 1881, in Piemonte aveva visitato la comunità valdese. Nonostante fosse là per riposarsi, il pastore è intervenuto in almeno quattro incontri 1 tenutisi in varie località della splendida vallata che ospita i valdesi e con i quali ha potuto esprimersi in francese. Il 15 agosto Coillard prende la parola a un raduno svoltosi nel castagneto di La Pradera, di proprietà della famiglia Jalla, al quale partecipano più di 1.500 persone, tra i quali molti ministri e pastori della valle. In quel meraviglioso paesaggio estivo di boschi, prati fioriti e montagne, la descrizione di luoghi inospitali in Africa e del suo impegno in favore di quei popoli lontani e così diversi suscita viva sensazione; l’ Echo des Vallées 2 definisce il missionario francese “il coraggioso e valente messaggero di Cristo presso i pagani dell’Africa”. A Coillard viene anche consegnata una colletta per sostenere le missioni evangeliche di Parigi. Il picnic organizzato dopo i discorsi dà modo al missionario francese di intrattenersi con le singole persone. I due fratelli ancora giovanissimi – nel 1881 Luigi aveva 21 anni, Adolfo 17 – sono tra coloro che rispondono a questa chiamata 3. Non sappiamo se quell’incontro sia stato una folgorazione o l’avvio di un percorso spirituale che ha richiesto una maturazione successiva. Per l’uno e per l’altro fratello si è trattato di una scelta coerente con le tradizioni familiari ma anche dell’assunzione volontaria di un impegno incondizionato e destinato a trasformare completamente le loro giovani vite.
Negli anni successivi Luigi interrompe il suo lavoro a Nizza e si reca a Parigi per seguire corsi di formazione presso la Società delle missioni evangeliche e in seguito a Edimburgo per completare la preparazione con lo studio delle lingue africane. Nel 1886, dopo essere stato ordinato, parte per l’Africa assieme alla moglie Marie Turin, anche lei discendente da una nota famiglia valdese; si sposano poco prima della partenza. A seguito di un lunghissimo viaggio, il 21 gennaio 1887, in compagnia di altri missionari, raggiungono Coillard nella missione di Sesheke sullo Zambesi, fondata due anni prima nel regno dei Barotse. Il fratello Adolfo arriva nell’Alto Zambesi nel 1890.

Il Regno dei Barotse
La terra dei Barotse dove si stabiliscono Luigi e Adolfo Jalla ha un ecosistema unico: è la piana alluvionale dell’Alto Zambesi. Il fiume – che nella sua parte iniziale scorre da nord verso sud – la traversa prima di fare una curva a 90 gradi per puntare poi verso est e percorrere oltre mille chilometri prima di sfociare nell’Oceano Indiano. Il clima è piuttosto caldo ma vi è un’alternanza delle stagioni, che sono all’opposto dalle nostre e con inverni molto meno freddi (gli Jalla ricordano però che in inverno a volte la mattina l’acqua gelava ma questo sembra non accadere più). Lunga oltre quattrocento chilometri e larga una cinquantina, la pianura è piatta come un tavolo da biliardo, racchiusa su tre lati esterni da rilievi collinari. Ha la forma di una striscia rettangolare, orientata da nord a sud, lungo la frontiera con l’Angola.
Il fiume Zambesi in genere esonda a ogni stagione delle piogge inondando la piana e trasformandola in un grosso lago. Trasportato dai flutti del fiume, il limo contribuisce alla fertilità del suolo e alla produzione di cereali (replicando un fenomeno analogo a quello che caratterizzava il Nilo in Egitto prima della costruzione della diga di Aswan). Durante l’inondazione, tra febbraio e luglio, la popolazione che non abita lungo i pendii esterni della vallata trova rifugio sulle cime delle rare collinette le cui vette rimangono in genere, ma non sempre, in emersione e sulle quali vengono erette delle capanne. Non è inutile notare che le fasi cicliche di siccità che affliggono periodicamente quella regione, oggi inasprite dal cambiamento climatico, sono catastrofiche per le popolazioni locali, data la scarsità dei sistemi di irrigazione.
Sarebbe, peraltro, una semplificazione idealizzare quel popolo classificandolo come “società di natura” alla Jean Jacques Rousseau. È innegabile che tra quelle genti vi siano fierezza, valori morali e societari strabilianti, specie per noi occidentali avvezzi a una società materialista. Impressiona la simbiosi con la natura e la grande conoscenza empirica delle sostanze vegetali anche con fine terapeutico, la forte religiosità, la solidarietà tra persone appartenenti a un gruppo. Sull’altro piatto della bilancia vi sono però l’assenza di una scrittura, che frena la trasmissione del pensiero e del ricordo; la religione animista fondata come pratica quotidiana sulla superstizione, il sortilegio e il tornaconto; l’arbitrio dei più forti che non è temperato dal diritto, un conformismo di villaggio che tende a livellare le capacità verso il basso. La schiavitù mantiene parte della popolazione in stato di asservimento rendendo endemici i raid mirati ad acquisire nuovi schiavi. L’arretratezza tecnologica e l’assenza di una moneta circoscrivono le possibilità di sviluppo dell’economia. Le deplorevoli condizioni di salute provocate dall’assenza di igiene e di servizi sanitari efficaci, a parte i guaritori tradizionali, generano una mortalità elevata, aggravando la sorte delle persone vulnerabili, quali donne, bambini e persone con handicap, prive di ogni protezione.
Il cristianesimo incontra prevedibili difficoltà a far presa su una società che ha valori spesso del tutto antitetici. Queste difficoltà solo parzialmente sono compensate dalla forte spiritualità che anima quei popoli e dalla circostanza che la loro religione, ancorché animista, è nel complesso monoteista. È difficile, come riveleremo in seguito, per esempio, convincere un africano che tutte le persone siano uguali quando fin da bambino gli è stato invece inculcato che capi, guerrieri e schiavi hanno status diversi e distinti l’uno dall’altro. La prospettiva della risurrezione non può che spaventarlo perché comporterebbe il ritorno di nemici che egli è riuscito a eliminare in genere dopo strenui combattimenti. Un matrimonio monogamo collide con le tradizioni di una società in cui la poligamia è profondamente radicata e corrisponde a convenzioni, alleanze e interessi acquisiti difficilmente modificabili. Il perdono è difficile da accettare in una società animista basata sul culto degli antenati dove tutti i mali terrestri sono in genere riconducibili a una causalità che richiede, in presenza di malattie e altre sciagure, di risalire al responsabile di presunti sortilegi o malefici e di applicare sanzioni spesso gravissime nei riguardi di quest’ultimo.
A testimonianza della difficoltà di convertire quei popoli al cristianesimo, si può ricordare che Robert Moffat, il suocero di Livingstone, ha svolto dieci anni di paziente azione pastorale a Kuruman (attualmente Sud Africa) presso il popolo dei Batswana prima di ottenere le prime conversioni. Livingstone è celebre come esploratore ma assai meno come missionario (tra l’altro, è noto per aver convertito una sola persona) e non ha grande successo nel propagare la fede cristiana nella regione dello Zambesi. L’esploratore scozzese nel suo diario annota anzi di essersi reso conto che uno dei migliori divertimenti dei Makololo era di imitarlo mentre pronunciava le sue prediche 4. La convinzione che la popolazione locale fosse così refrattaria ad accettare una religione che insegna il perdono, l’uguaglianza e l’amore del prossimo, lo spinge a individuare nella colonizzazione europea lo strumento per favorire, attraverso la civilizzazione, una conversione al cristianesimo e la fine della tratta di esseri umani. Il suo progetto missionario crea le premesse quindi per una impresa coloniale, ma come far arrivare gli europei in quel posto così lontano? Al suo rientro in Europa è convinto che lo Zambesi sia navigabile e rappresenti una possibile via di accesso a quella regione resa altrimenti impenetrabile dalla mosca tse-tse che uccide inesorabilmente buoi e cavalli, all’epoca indispensabili per il trasporto di persone e di cose. Ma le rapide del fiume si rivelano un ostacolo insormontabile alla navigazione fluviale. Nell’immediato il progetto coloniale di Livingstone fallisce completamente. Ma la sua denuncia della schiavitù e le informazioni che egli fornisce sui territori esplorati attivano l’interesse a migrarvi di missionari e imprenditori e, in ultima analisi, creano il presupposto per la loro inclusione nell’Impero britannico.
Prima della venuta dei missionari, i rapporti dei Barotse con l’Occidente sono solo sporadici. Passano di là saltuari viaggiatori, in genere portoghesi (come Silva Porto, cacciatore e trafficante di avorio incontrato da Livingstone) o anche olandesi e britannici tra i quali, prima dell’arrivo degli Jalla, un certo George Westbeech, cacciatore e commerciante di avorio 5, uno dei pochi europei con fissa dimora sullo Zambesi. Si tratta di esploratori, di avventurieri o di mercanti interessati all’avorio – del cui commercio la capitale Lealui è considerata un hub – e talvolta anche dediti alla tratta di schiavi; in questo caso erano in genere portoghesi e talvolta arabi. Adolfo e il fratello Luigi, assieme al loro capo spirituale François Coillard, alle loro famiglie e agli altri missionari, sono quindi tra i primi europei a stabilirsi in forma permanente in quella regione bellissima e selvaggia nel cuore del continente africano.
I missionari evangelici al loro arrivo sullo Zambesi non incontrano a Linyanti la tribù dei Makololo (oggi in Botswana, vicino alla confluenza con il fiume Okawango), il cui re Sebetwane e poi il figlio Skeletu avevano accolto amichevolmente Livingstone assistendolo e rendendo possibile quel periplo dell’Africa centro-australe che fa dell’esploratore scozzese un uomo famoso in tutto il mondo. Quella dei Makololo è stata solo una breve eclisse: migrati attorno al 1820 dalla regione dell’Orange nel quadro dell’enorme spiazzamento di popolazione provocato dall’ascesa dell’impero di re Shaka degli Zulu, nel 1840 si erano insediati nell’Alto Zambesi assoggettando tutti i popoli della zona, compresi i Lozi (anche detti Barotse) che erano la tribù tradizionale egemone nella zona, dominandoli con notevole rudezza. Ma il loro regno dura solo 25 anni. Qualche anno dopo la partenza di Livingstone, i Makololo sono loro stessi vittime di una rivolta delle tribù dominate: nel settembre 1864, sotto la leadership di Sipopa, i Lozi si ribellano e li massacrano sottomettendo i superstiti.
A sua volta, la scomparsa pochi anni dopo di re Njekwa scatena tra i Lozi una guerra dinastica caratterizzata di nuovo da violenza brutale e sanguinosa. Nel 1878 Lubosi, uno dei pretendenti, riesce a insediarsi sul trono, ma viene deposto alcuni anni dopo. Nel 1885 egli riesce a riconquistare il regno, stabilisce la sua capitale a Lealui, in mezzo alla piana dei Barotse, e adotta il nome di Lewanika. Il nuovo re vuole ricreare la grandezza dei Barotse, ma il suo Stato è una costruzione ancora fragile con nemici esterni e interni e in una regione in rapido cambiamento insidiata dagli appetiti coloniali delle grandi potenze europee.
Questo inquadramento storico aiuta a capire le motivazioni che spingono, come vedremo, re Lewanika a percorrere la strada del protettorato con l’Impero britannico, come anche in seguito le esitazioni, le paure o a volte l’ottimismo eccessivo che animano il monarca africano. Il pastore François Coillard aveva iniziato a tessere i primi rapporti con il nuovo re poco prima della sua deposizione. Nel 1885, dopo il ritorno al potere di re Lewanika, i tempi erano maturi per l’avvio della prima missione cristiana in quella regione dello Zambesi.
I Barotse erano favoriti da uno stato insolitamente accentrato sotto un re posto al vertice di una gerarchia di altri capi rappresentati in un’assemblea, l’Induna. È infatti un “re dei re” o “capo supremo” che regna su altri re dai quali dipendono a loro volta capi e sotto capi. Il re dei Barotse porta il titolo tradizionale di Litunga, che evoca la sua natura divina anche durante l’esistenza in vita, a metà strada tra il cielo e la terra, e destinato dopo la morte a mantenere una congiunzione con il mondo dei vivi. L’ossatura dello Stato è costituita da una struttura amministrativa insolitamente robusta per un regno tradizionale africano, il che permette al re di seguire ed essere informato su tutte le questioni del regno, emanare leggi, prendere decisioni, punire e risolvere contenziosi, dichiarare la guerra o la pace. Il re è assistito da un primo ministro, da un governo e da un’assemblea di capi. I tributi vengono pagati da tribù assoggettate e dai sudditi. La società è suddivisa in classi sociali: aristocratici, liberi e schiavi, con un’organizzazione che consente la realizzazione di infrastrutture di pubblica utilità assicurando una manutenzione efficiente dei canali, essenziali per i trasporti, per l’irrigazione e per la pesca, mettendo quindi a frutto la particolare morfologia della pianura.

L’inizio della missione dei fratelli Jalla
Quando i fratelli Jalla arrivano nell’Alto Zambesi, la radicazione della missione evangelica è ancora agli inizi. Nel 1885 Coillard – al termine di una lunghissima preparazione avviata nel 1878, quando avviene il primo incontro con re Lewanika, e proseguita con l’aiuto di Westbeech – era stato autorizzato dal Litunga a insediare la prima missione a Sesheke sullo Zamb...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Sulle tracce di Livingstone
  3. Indice dei contenuti
  4. Prefazione
  5. Introduzione
  6. Premessa
  7. Zambia
  8. I fratelli Jalla nel regno dei Barotse
  9. L’Italia e la frontiera tra Angola e Zambia
  10. Marrapodi, il primo abitante europeo di Lusaka
  11. I francescani italiani nel Copperbelt
  12. La diga di Kariba
  13. Kariba nei ricordi di Graziano Luciani
  14. L’Arcidiocesi di Milano e lo Zambia
  15. L’emigrazione italiana nello Zambia
  16. Italia e Zambia dopo l’indipendenza
  17. Disimpegno e continuità
  18. Cancellazione o conversione del debito
  19. Padre Davoli e la promozione dei diritti e dei valori
  20. Padre Kizito Sesana, un comboniano fuori dall’ordinario
  21. Una memorabile partita di calcio
  22. Elefanti non invitati nel Mfuwe lodge
  23. Malawi
  24. Nyasaland, la terra delle faville
  25. La seconda guerra mondiale e gli internati italiani
  26. Monfortani, comboniani e la diocesi di Perugia
  27. Umberto Bizzaro, un imprenditore in Malawi
  28. Africa for beginners
  29. Esiste una nazione zambiana?
  30. Il compound
  31. Razzismo
  32. Lo Zambia, una nazione cristiana
  33. Cenni sulla religione tradizionale africana
  34. Famiglia, donne e bambini
  35. La cultura
  36. La concezione del tempo, l’iniziativa individuale e la felicità
  37. Le forme
  38. Esiste una democrazia africana?
  39. Gli zambiani e le loro sfide
  40. Le organizzazioni della società civile italiana
  41. La società civile italiana in Zambia e Malawi
  42. Persone e organismi solidari in Zambia e in Malawi
  43. Le organizzazioni della società civile in Zambia e Malawi
  44. Per un futuro migliore
  45. Bibliografia
  46. Collana Afriche