Il mese dei Gemelli
eBook - ePub

Il mese dei Gemelli

Diario sull'infanzia

  1. Italian
  2. ePUB (disponibile sull'app)
  3. Disponibile su iOS e Android
eBook - ePub

Il mese dei Gemelli

Diario sull'infanzia

Dettagli del libro
Anteprima del libro
Indice dei contenuti
Citazioni

Informazioni sul libro

Il mese dei Gemelli, in Ungheria alla diciottesima edizione dalla sua prima pubblicazione (1940), è l’unica opera in prosa di Miklós Radnóti. Tradotto in una decina di lingue (tra cui tedesco, francese e inglese), questo breve diario atipico, un piccolo capolavoro, è la storia della perdita dei genitori e del divenire poeta. In esso Radnóti sovrappone spazi temporali in un flusso di coscienza lirico e ironico e dà voce al senso di pericolo costante dovuto all’avvicinarsi della seconda guerra mondiale e al presentimento della propria morte. La sua sorte e la sua opera testimoniano la capacità di resistenza umana e artistica nei confronti di quella barbarie che è stata la Shoah. La sua voce rappresenta l’ultima, tragica protesta dell’arte vera anche nell’inferno dei campi di concentramento.
Arricchiscono il volume un’introduzione sull’autore e sulle sue opere e una selezione di poesie di Radnóti tradotte da Marinka Dallos e Gianni Toti, fra i primi ad aver fatto conoscere il poeta al pubblico italiano.

Domande frequenti

È semplicissimo: basta accedere alla sezione Account nelle Impostazioni e cliccare su "Annulla abbonamento". Dopo la cancellazione, l'abbonamento rimarrà attivo per il periodo rimanente già pagato. Per maggiori informazioni, clicca qui
Al momento è possibile scaricare tramite l'app tutti i nostri libri ePub mobile-friendly. Anche la maggior parte dei nostri PDF è scaricabile e stiamo lavorando per rendere disponibile quanto prima il download di tutti gli altri file. Per maggiori informazioni, clicca qui
Entrambi i piani ti danno accesso illimitato alla libreria e a tutte le funzionalità di Perlego. Le uniche differenze sono il prezzo e il periodo di abbonamento: con il piano annuale risparmierai circa il 30% rispetto a 12 rate con quello mensile.
Perlego è un servizio di abbonamento a testi accademici, che ti permette di accedere a un'intera libreria online a un prezzo inferiore rispetto a quello che pagheresti per acquistare un singolo libro al mese. Con oltre 1 milione di testi suddivisi in più di 1.000 categorie, troverai sicuramente ciò che fa per te! Per maggiori informazioni, clicca qui.
Cerca l'icona Sintesi vocale nel prossimo libro che leggerai per verificare se è possibile riprodurre l'audio. Questo strumento permette di leggere il testo a voce alta, evidenziandolo man mano che la lettura procede. Puoi aumentare o diminuire la velocità della sintesi vocale, oppure sospendere la riproduzione. Per maggiori informazioni, clicca qui.
Sì, puoi accedere a Il mese dei Gemelli di Miklós Radnóti, Andrea Rényi in formato PDF e/o ePub, così come ad altri libri molto apprezzati nelle sezioni relative a Sozialwissenschaften e Sozialwissenschaftliche Biographien. Scopri oltre 1 milione di libri disponibili nel nostro catalogo.

Informazioni

IL MESE DEI GEMELLI

Fanni Gyarmati (Budapest, 8 settembre 1912-Budapest, 15 febbraio 2014), moglie di Miklós Radnóti dal 1935 alla morte del poeta, e curatrice delle sue opere. ( N.d.t.) Quanto fu feroce, anzi inumano colui! ( N.d.t.)
Albio Tibullo, poeta romano del I sec. a.C. ( N.d.t.)

Ultimamente penso molto ad Ági, mia sorella minore. Non la vedo da anni. Aveva vissuto a lungo in una città piccola, ai piedi di un monte alto e nero; ora abita con suo marito nella lontana capitale di un Paese straniero. Poiché ci vogliamo molto bene ci scriviamo di rado. L’affetto è forte, non ha bisogno di lettere per essere confermato; nel corso dell’anno le scrivo una o due volte, lei scrive forse cinque o sei volte. Tuttavia ci pensiamo spesso e tendiamo anche l’orecchio l’uno verso l’altra. Pur avendo vissuto insieme appena sette od otto anni agli inizi delle nostre vite, ci conosciamo bene: lei aveva otto anni e io dodici quando ci separammo. Era stata un’infanzia movimentata, c’era stata la guerra, e rivoluzioni ci avevano ballato tutto attorno.
Abitavamo accanto a una caserma imponente dove c’era un incessante viavai di soldati e trombe squillavano senza sosta. Lo squillo era sempre diverso. Abitavamo vicino a un palazzo importante, il popolo acclamava, indugiava o aspettava, e il potere adulava o giudicava sulle sue scalinate in tutte le ore del giorno, sotto la pioggia o al sole.

Negli ultimi tempi penso ad Ági più spesso del solito, e quando penso a lei sento la cadenza di una frase pronunciata dalla sua voce eccitata di bambina, che mi mette in agitazione. Quando sento la voce è sempre sera e la luce è sempre accesa. Sento la voce, papà è seduto al tavolo e il biancore della sua camicia risalta sulla giacca militare sbiadita e sbottonata.
Mi tormenta la cadenza della frase, cerco le parole. Reclino il capo, origlio.

«Poi gli hanno tagliato la testa e l’hanno infilata in una cassa!», ecco la frase, la pronuncia Ági. Mente con entusiasmo, i grandi occhi castani avvampano eccitati sopra il tovagliolino bianco annodato al collo. È seduta più in alto di tutti, due cuscini la elevano sopra il piatto. Ci scambiamo un’occhiata.
«Insomma gli hanno sparato, lo hanno ucciso, e gli hanno anche tagliato la testa?», domanda papà sorridente dopo un attimo di silenzio.
«Sì – insiste Ági – con un lungo coltello curvo!». Sta seduta, tiene le braccia spalancate, sembra sollevarsi dal cuscino, la bugia la innalza, spicca quasi il volo, sfavilla; con una mano stringe il cucchiaio, con l’altra una grossa matita spessa. Dal cucchiaio cadono gocce di riso al latte.
«Mente! Sta di nuovo mentendo!» annuncio all’improvviso con tono duro, appena riavutomi dallo sconforto. Le favole di Ági mi stupiscono sempre e lo sbalordimento prevale spesso sulla rabbia, ora però mi ribello. Questa bugia è cresciuta, è diventata gigante sotto i miei occhi, non sono stato testimone soltanto di una eccitante espansione, ma di una vera e propria creazione artistica; l’esperienza comune è pressoché svanita e questo mi innervosisce. Ho la sensazione che nulla sia più vero. Che tutto sia soltanto un’invenzione di Ági. Lei si è inventata tutto, ora non è pomeriggio, non siamo a cena ma stiamo pranzando. Il pomeriggio mi ha scosso, e quindi cova ormai nel subconscio, appartiene al passato, o non è neppure più il passato, sopravvive in un sogno senza tempo, in mezzo agli altri ricordi nascosti, dai quali emergerà lentamente tramite brevi bagliori, sapori, profumi, gesti, e da voci, e da voci si ricomporrà di nuovo, definitivamente, fedelmente e per sempre. In quel momento non lo so, ma all’improvviso la fandonia di Ági diventa una questione molto personale per me.
Dopo pranzo a papà viene mal di testa e si corica. Avrei voluto andare al terzo piano a giocare a calcetto con i bottoni, ma mamma mi affida Ági. «Andate in piazza», dice, e ci conduce fuori chiudendo la porta alle nostre spalle.
«Lali!» grido disperato. Lali compare sopra di me, la sua testa calva emana una luce bianca, si affaccia sopra la balaustra con sguardo d’attesa. «Devo uscire» gli dico indirizzando la voce verso l’alto. Non aspetto la risposta, scendo rumorosamente e arrabbiato, saltando i gradini a due a due. Nella mia tasca frusciano i bottoni. Reggendosi al mancorrente, Ági discende ansimando dietro di me. Sotto il portone mi prende per mano e posa uno sguardo felice su di me: sa che devo rimanere con lei, che la devo tenere per mano e che dobbiamo andare in piazza. Si gode la situazione con gioia trionfante e un tantino maligna.
Ci avviamo alla piazza, la spingo sul ciglio della strada, poi giù, nella corsia delle macchine. Ági si tira su, fa lo sforzo di resistere, ma dopo qualche passo è di nuovo giù nella corsia, sotto il marciapiede. Lo considera un gioco sciocco e noioso, e io mi prendo la mia rivincita, ma arrivati in piazza sono già calmo. Già che siamo qui possiamo anche giocare – penso saggiamente, e Ági gioca felice. Raccogliamo sassolini piatti, componiamo con loro delle lettere su una panchina, catturiamo un insetto. La piazza è vuota. Attraversiamo la strada e graffiamo con un sassolino appuntito i gradini del palazzo vicino.
Nel silenzio pomeridiano udiamo di colpo un rumore secco, ritmato. Nella piazza arrivano dei soldati armati, marciano all’unisono e circondano un milite stanco e barbuto che marcia in sintonia con loro ma senza cintura e armi, con addosso l’uniforme sporca.
Una nuvola scivola davanti al sole e il caldo diventa più forte. Ci alziamo e osserviamo la scena. Ági si mette alle mie spalle e si regge a me. Dalle vie che confluiscono alla piazza arriva tanta gente, diventa una folla, le persone si mettono davanti e intorno a noi, e noi non vediamo più nulla.
Rimango fermo e comincio a sudare. Sta per succedere qualcosa di terribile, lo sento. Gli abiti della gente intorno a noi emanano calore. Alzo lo sguardo, il cielo è grigio.
Di punto in bianco Ági molla la presa e prende a scivolare, a sgomitare, a farsi strada fra le gambe. Grido per richiamarla e lei scompare. L’hanno affidata a me ed è scomparsa. “Tienila sempre per mano, sei più grande e sei pure maschio, bada alla tua sorellina”, comincia a parlarmi una nota voce calda interiore. Terrorizzato, mi butto all’inseguimento, pesto i piedi a qualcuno, qualcun altro mi dà una botta in testa, mi trattengono tirandomi e mugugnando. Alla fine la raggiungo, mi fermo stanco alle sue spalle e la afferro per il gomito.
I soldati formano una fila corta e stretta ai piedi di un’ampia scalinata. Hanno le schiene tutte uguali e stringono l’arma contro la spalla. Il soldato barbuto sta più in alto, gli hanno bendato gli occhi con un grosso fazzoletto nero. Qualcuno grida, si sente uno scoppio, sale del fumo, quello con gli occhi bendati è ancora in piedi, scivola giù piano, gli si piega un ginocchio, cade in avanti, rotola giù due gradini, poi giace immobile. Qualcuno grida di nuovo, un uomo si para davanti a noi impedendoci la vista, indossa un mantello marrone a righe e pantaloni di pelle nera. Ági vuole vedere, si aggrappa a me e prova a spostarlo. «Via di qua» mormora qualcuno e la gente comincia a spingere all’indietro.
Scompigliati e sudati, siamo fermi alle spalle della folla. Ági mi guarda agitata.
Circondo con la mano il suo polso e torniamo a passo di lumaca in piazza. Ci sediamo su una panchina. «Era sicuramente uno zingaro che ruba i bambini» sussurra Ági, e sta già abbozzando una favola. Non le rispondo, il sole splende di nuovo. Una cavolaia si posa sulla gonna di Ági, lei la afferra, le ali del lepidottero si appiccicano alle sue piccole dita madide di sudore.
Più tardi il cielo si copre di nuvole scure e noi torniamo silenziosamente a casa. Io corro da Lali, e fino a sera giochiamo a calcetto con i bottoni.
Sopra la tavola serale fruscia di nuovo il pomeriggio. Mille soldati in uniforme rossa suonano la tromba, sulla scalinata in piedi uno zingaro rubabambini, scorre il sangue, fluisce fino alle panchine. Il lampadario oscilla.
«Mente! Sta mentendo di nuovo!» strillo, e strillo ancora, questa volta con raccapriccio.
«Silenzio! Mangiate e smettetela! Ági, stai inzozzando la tovaglia!» squilla la voce di mamma. Ági finisce il riso al latte velocemente e con il collo tirato dentro le spalle, scende dalla sedia e si ripara nell’angolo. Veste una bambola ma mi getta occhiate arrabbiate. Mangiamo. Ági mi guarda e di colpo si mette a gridare, con voce acuta: «Sei tu il bugiardo! Non io! Bugiardo, menti, menti!». Papà trasalisce. «Silenzio, subito! Se solo osi rispondere!».
Ringrazio per la cena, mi rannicchio nell’angolo del divano, da settimane leggo una raccolta di novelle di guerra 1. In copertina intorno a un cippo di legno innevato ci sono sette soldati a capo scoperto e con la neve sulle spalle. Piangono, ma nel libro c’è anche qualche racconto allegro, questi mi piacciono, gli altri invece mi spaventano. I soldati prendono la luna piena per uno zeppelin e le sparano – di questo parla uno dei racconti. Anche l’altro è un allegro equivoco. Fra i cespugli si intravede la cima della testa di un orso che sta leccando del miele, la prendono per il colbacco di un cosacco. Circondano il punto e quando scoprono il malinteso si siedono sull’erba e ridono. Nel frattempo l’orso scompare 2. Leggiucchio di nuovo questa storia ma non riesco a concentrarmi. Sfoglio inquieto le novelle più sanguinose, per un attimo penso al mio Petőfi, ma non lo vado a prendere. Rimango seduto e mi si muove dentro qualcosa di simile a un’oscura irrequietezza.
La tavola è spoglia, i piatti strepitano in cucina, mamma li sta lavando. In mezzo al fracasso papà ogni tanto gira la pagina del giornale. Ági piagnucola, tira su il naso sopra le bambole. E mi pare di sentire correre l’elettricità nel filo dentro la parete, mi pare di sentire ronzare la luce nella lampadina. Mi concentro su questo.
Mamma torna dalla cucina, guarda papà, si toglie il grembiule e comincia lo spostamento serale degli oggetti. Devo aiutare a preparare il letto. Piego la coperta a uncinetto che odora di polvere e con mamma distribuisco la biancheria da letto. Cambia l’aspetto della camera. Ági mi gironzola intorno ma non mi guarda neppure. Mostra di essere arrabbiata e aspetta la pacificazione. Andiamo a dormire senza una parola. Non facciamo la guerra dei cuscinetti e durante il lavaggio serale non ci spruzziamo d’acqua.
Giaccio nell’oscurità, da un lampione in strada filtra un po’ di luce. Come sempre prima di addormentarmi, gioco con le frange del divano. Non guardo nella direzione della finestra. Non ho più paura delle tende, ma preferisco non guardare da quella parte.
È il momento in cui la strada e il cortile entrano nella camera con i loro rumori. Un tram volta l’angolo della fabbrica di alcolici e sferraglia, si apre la porta dell’osteria di fronte e canto e musica fuoriescono assordanti, ma dopo uno strillo improvviso cala il silenzio come quando la puntina del grammofono salta al centro del disco. Si sentono dei passi, sgomma un’automobile. Nel cortile schioccano delle pantofole, tintinna una chiave, si apre il portone, si chiude il portone, gente che cammina, cammina per le scale e per il ballatoio. Le voci mi cullano, qua e là mi danno uno strappo, mi sollevano e mi coprono. Il sonno mi avvolge.
«Stai dormendo?» sento la voce di Ági e subito dopo mi sfiora un respiro caldo, sento qualcosa di umido dietro l’orecchio. È il bacio di Ági.
«Vieni a giocare!» sussurra e io mi metto seduto. È in piedi con addosso la sua camiciola da notte azzurra, nella penombra la sua testa è sproporzionatamente grande, non le vedo gli occhi ma sento il suo sorriso con cui mi supplica.
«A che cosa vuoi giocare?», mi chino verso di lei.
«A quello che vuoi tu», sospira remissiva.
Il punto più illuminato è il tavolo al centro della stanza. Ci sediamo per terra una di fronte all’altro e cominciamo a sistemare i sassolini raccolti nel pomeriggio. Ági schiera una fila, io un’altra. Tiro fuori anche i bottoni custoditi gelosamente.
«Uno su cinque sia un bottone» sussurro e Ági pigola soddisfatta.
«Quattro sassolini e un bottone» conta felice perché può toccare i bottoni, lo sente come un grande onore. Le file si allungano, noi scivoliamo sul pavimento. Dietro Ági c’è una sedia, il cappotto di papà è poggiato sulla spalliera. Lei arretra un poco, urta la sedia che si ribalta. Alla caduta della sedia scricchiola spaventato il letto nell’altra stanza e si accende il lampadario sopra il letto.
«L’ha ribaltata lui!» strilla Ági atterrita, non mi guarda, mi indica soltanto. Siamo ritti in piedi e annichiliti nella luce che filtra, e davanti ai miei occhi ruotano sempre più cerchi bianchi. Anche mamma sembra stia crescendo e i suoi occhi neri pungono. Riempie il quadrato chiaro della porta, nella sua camicia da notte bianca sembra una statua adirata.
«Tu vai sulla cassa della legna – mamma posa lo sguardo per un po’ su di me – e tu ti corichi e non voglio sentirti fiatare! Faremo i conti domani!». Ági non si muove, negli occhi pian piano le si raccolgono grandi perle.
Infilo l’imbottita e il cuscino sotto le ascelle e vado in cucina. Quest...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Il mese dei Gemelli
  3. Indice dei contenuti
  4. PREFAZIONE
  5. IL MESE DEI GEMELLI
  6. POESIE DI MIKLÓS RADNÓTI
  7. Paesaggio con amanti
  8. Poesia di primavera
  9. Due immagini sacre
  10. Diario d’uomo
  11. Paesaggio con variazione
  12. Sul passaporto del contemporaneo
  13. Similitudini
  14. Fiore
  15. Radice
  16. Molti di voi avete visto che...
  17. 24 aprile 1932
  18. Quinta ecloga
  19. Á la recherche
  20. Diario di guerra
  21. LA COLLANA MANSARDA
  22. Collana Mansarda