Le discipline filosofiche e pedagogiche a Padova tra Positivismo e Umanesimo
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Le discipline filosofiche e pedagogiche a Padova tra Positivismo e Umanesimo

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Le discipline filosofiche e pedagogiche a Padova tra Positivismo e Umanesimo

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Fra ottocento e Novecento, l’Università di Padova divenne la “roccaforte” del Positivismo filosofico e pedagogico italiano. Il docente più prestigioso era sicuramente Roberto Ardigò, unanimemente riconosciuto come il principale esponente, a livello nazionale, di questa corrente di pensiero. attorno a lui si raccolse ben presto una vivace Scuola formata da filosofi e pedagogisti, ma aperta al dialogo e alla collaborazione con colleghi di altre discipline, soprattutto di area medica e scientifica, accomunati tutti da una convinta adesione agli ideali del movimento positivistico. Il volume si sofferma sulla figura di Ardigò, ricostruendone il magistero padovano e l’originale contributo al rinnovamento della cultura italiana e in particolare delle scienze umane. Vengono poi indagati i rapporti e le collaborazioni di alcuni docenti padovani con colleghi di altre sedi universitarie e con il mondo scolastico e civile della città. Scritti di W. Büttemeyer; T. Pironi; E. Giora - A. Bobbio; F. Grigenti - S. Aurora; G. Chiosso; C. Callegari; G. Merlo; G. Piaia; G. Fasan; G. Zago. Giuseppe Zago è ordinario di Storia della Pedagogia all’Università di Padova

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Informazioni

1. Il retroscena della nomina di Ardigò

Colui che venne elevato all’Università era stato veramente «fino a poco tempo prima oscuro e ignorato professore di filosofia nel liceo di Mantova» [1] ? È vero che la nomina avvenne «senza passare attraverso un regolare concorso» [2] ? Aveva senso nominare qualcuno semplice straordinario «per chiara fama» [3] ? La nomina fu proprio «improvvisa» [4] ?
Anziché risultare improvvisa, la nomina di Ardigò era auspicata da molto tempo. Già nel 1871, dopo aver ricevuto la sua Psicologia come scienza positiva, lo storico e politico fiorentino Pasquale Villari chiamò l’autore «un pensatore originale» e gli fece questa promessa: «Per me sono persuaso che pochi meritano in Italia un posto all’università, quanto lo merita lei. [...] Se ci fosse un concorso o una vacanza, nessuno meglio di lei potrebbe concorrere, e sul mio appoggio può contare» [5] . Persino il filosofo bolognese Francesco Acri, deciso avversario del positivismo, si pronunciò favorevolmente nella già citata relazione sull’ispezione al liceo di Mantova: riconobbe in Ardigò «il più valente filosofo positivista che c’è in Italia», e aggiunse «che èbravissimo e che sarebbe meritevole d’Università» [6] . Ardigò intanto pubblicò, dopo la Psicologia, anche La formazione naturale nel fatto del sistema solare (1877), lodata altamente dal Ministero della Pubblica Istruzione [7] , e La morale dei positivisti (1879): libri voluminosi e dibattuti che furono discussi persino sulle riviste straniere «Der Katholik» (1874) e «Revue philosophique de la France et de l’Étranger» (1877, 1879).
Potrebbe, se mai, sorprendere il fatto che Ardigò abbia partecipato a concorsi di storia della filosofia (mentre, forse sperando di riuscire a Firenze, non si presentò a quello di filosofia teoretica all’Università di Pavia, vinto da Carlo Cantoni nel 1878). Infatti, non aveva pubblicato su tale argomento in maniera considerevole, pur avendo insegnato filosofia dal 1864. Oltre al discorso spesso menzionato su Pietro Pomponazzi che è, però, più un «manifesto», ideologico o del positivismo [8] , che non un saggio di storia della filosofia, Ardigò aveva presentato soltanto una dissertazione manoscritta sul concetto di sostanza in Spinoza in occasione del suo esame per l’insegnamento della filosofia nei licei; aveva poi inserito lunghe digressioni storico-filosofiche nel volume sulla Psicologia come scienza positiva; e aveva inoltre abbozzato, nel 1875-76, una «Critica delle teorie dei metafisici sulla coscienza» con un brano intitolato «Anima e pensiero nello svolgimento storico delle teorie metafisiche da Cartesio ai realisti» [9] .
Ciononostante, si mostrò convinto della propria idoneità, quando scrisse al fisico padovano Francesco Rossetti nel 1875 queste parole: «sulla storia della filosofia ho già a lungo studiato e meditato: tanto, che su qualche parte importante di essa ho speranza di poter dire qualche cosa di nuovo» [10] . Per di più fu incoraggiato da Villari a concorrere a Firenze, da Rossetti a presentarsi a Padova, e dal ministro Michele Coppino a partecipare al concorso di Torino [11] . Rinunciò, però, a concorrere a Padova, perché lo stipendio annuo di professore straordinario (L. 3500) corrispondeva appena a poco più di quanto prendeva a Mantova al liceo (L. 2200) e all’Istituto tecnico (L. 1200), mentre avrebbe dovuto affrontare spese di non poco conto, mantenendo la casa a Mantova per ragioni familiari [12] .
Mirò, invece, alla cattedra di storia della filosofia a Firenze che avrebbe preferito alle altre per la presenza di Villari in quell’Istituto Superiore [13] . Ma la commissione del concorso, composta dagli spiritualisti Francesco Bonatelli, Luigi Ferri e Terenzio Mamiani (quest’ultimo come presidente), dal neoidealista Francesco Fiorentino e dall’herbartiano Antonio Labriola, gli negò l’eleggibilità e, mentre diede la preferenza a Felice Tocco, così si espresse su Ardigò: «Si riconobbe essere la sua Psicologia un trattato degno di molta considerazione, ma non pertinente alla materia del concorso. Ebbe due voti favorevoli su cinque» [14] . Alla troppo succinta relazione della commissione, che non fu approvata dal Consiglio superiore dell’istruzione [15] , fece seguito una seconda relazione particolareggiata sulle opere e sui titoli dei concorrenti; vi si riconobbe in Ardigò l’ingegno, la vasta cultura e la capacità di insegnare un’ altra materia filosofica, ma non si modificò il risultato:

la Commissione fu unanime nel riconoscere che egli è persona dotata di molto ingegno e di svariata coltura, specie nelle scienze naturali. Fu notato che egli non ha mai insegnato la storia della filosofia in alcuna Università. Fra i titoli non era alcun lavoro speciale di tal disciplina, salvo un opuscolo di 36 pagine sul Pomponazzi, nel quale a dire il vero non apparve fosse intenzione dell’Autore di esporre la Dottrina del grande filosofo mantovano, ma sì di trarne occasione a svolgere i proprii principi metodici. Nè la Commissione avrebbe potuto tener conto di altri lavori a stampa che riguardano materie affatto estranee perchè relativi all’ingegneria [16] . Quindi essa concentrò la sua attenzione nel saggio di Psicologia, come quello che sebbene non destinato ad esporre alcuna parte della storia della Filosofia pur doveva nella mente del concorrente rappresentare il titolo principale nella attuale circostanza per la trattazione incidente che vi si fa di parecchi sistemi. La Commissione fu unanime nel riconoscere i pregi del libro. Se non che alla maggioranza parve non vi fosse argomento bastevole per passare oltre al difetto di titoli diretti verso l’insegnamento posto a concorso. Nè vi riconobbe tale altezza ed originalità di teorie da far contrappeso al notato difetto, in quanto che l’autore non ha fatto che riprodurre in gran parte i lavori degli ultimi psicologisti inglesi. La minoranza osservava in contrario che quel tanto di storia della Filosofia che si trova nel menzionato libro di psicologia può considerarsi quale indizio ufficiale della capacità dell’autore a trattare le questioni storiche. Malgrado tale opposizione la Commissione fu unanime nel riconoscere la capacità dell’Ardigò per l’insegnamento universitario di qualche altra parte della filosofia. Quando si venne ai voti l’Ardigò ne ebbe due soli [17] .

Il candidato fu un po’ più fortunato al concorso per la cattedra di storia della filosofia a Torino: la commissione, composta dal rosminiano Domenico Berti e dall’hegeliano Bertrando Spaventa (come presidente), oltre dai già nominati Bonatelli, Ferri e Fiorentino, lo dichiarò eleggibile con cinque voti favorevoli, ma dubitò che i suoi titoli lo distinguessero nel campo della storia della filosofia. Passando alla votazione per la graduatoria, il vincitore Romualdo Bobba ottenne 36 punti su 50, mentre Ardigò ne ottenne 35 assieme ad Antonio Galasso, Alessandro Paoli e Pietro Ragnisco. La dicitura «Ardigò era stato designato al secondo posto» [18] , spesso ripetuta, può quindi trarre in inganno. Per ovviare a tale fraintendimento, la commissione torinese aveva inserito questa spiegazione nella sua relazione:

Rispetto a quelli dei concorrenti che tutti indistintamente riuscirono collocati al secondo posto nella graduatoria, primo di gran lunga per le qualità dell’ingegno, per la profondità degli studî e per certa peregrinità nel concepire, è l’Ardigò. Senonchè, non avendo egli in niuno dei suoi scritti toccato ex professo della storia della filosofia, quantunque indirettamente risulti esser lui versatissimo nella moderna di Germania e d’Inghilterra, fu giudicato che non potesse con giustizia anteporsi a quegli altri che, qual più qual meno, della storia della filosofia fecero il loro studio particolare. Oltre di che, ci fu chi nel seno della Commissione [...] avvertiva essere nelle speculazioni dell’Ardigò alcun che d’arrischiato, un certo amore che pare soverchio della novità, e un’arditezza di tesi non sempre equiparata da egual saldezza d’argomenti [19] .

L’esito del concorso torinese fu, però, la base su cui Baccelli, quando la cattedra padovana di storia della filosofia risultò nuovamente vacante dopo il trasferimento di Bobba a Torino, poté nominare Ardigò, perché, secondo la legge Casati, il ministro nominava i professori straordinari, scegliendo tra i dottori aggregati, i liberi docenti e le persone dichiarate eleggibili per l’insegnamento in questione [20] , e tale era il caso di Ardigò. Ques...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Le discipline filosofiche e pedagogiche a Padova tra positivismo e umanesimo
  3. Indice dei contenuti
  4. Introduzione
  5. PARTE PRIMA
  6. I. Roberto Ardigò e la cattedra di Storia della filosofia a Padova
  7. 1. Il retroscena della nomina di Ardigò
  8. 2. La concezione ardigoiana della storia della filosofia
  9. 3. Le lezioni di storia della filosofia tenute da Ardigò
  10. 4. Alla scuola padovana di Ardigò
  11. II. FRA UNIVERSITÀ E SCUOLA: LA CATTEDRA DI PEDAGOGIA A PADOVA NEL PERIODO POSITIVISTICO
  12. 1. La “Scuola positivistica” nell’Università di Padova
  13. 2. Roberto Ardigò docente di Pedagogia
  14. 3. La Scuola di Magistero e la Cattedra di Pedagogia
  15. 4. Il lungo magistero di Marchesini
  16. 5. La «scoletta pedagogica»
  17. Conclusioni
  18. III. IL CONTRIBUTO DI ROBERTO ARDIGÒ AL RINNOVAMENTO DELLE SCIENZE UMANE
  19. Premessa
  20. 1. Il contributo allo sviluppo della psicologia come scienza
  21. 2. Tra etica e sociologia. La «Morale dei positivisti»
  22. 3. La scienza dell’educazione
  23. IV. DALLA PSICOLOGIA FILOSOFICA ALLA PSICOLOGIA SPERIMENTALE. LE ORIGINI DELLA NUOVA DISCIPLINA NEL CONTESTO PADOVANO
  24. Introduzione: una opposizione da superare e una continuità da ricomprendere
  25. 1. La psicologia introspettiva nell’eclettismo e nello spiritualismo bonatelliano
  26. 2. La psicologia come “scienza positiva” a Padova
  27. 3. La raccolta dei primi strumenti psicologici nell’ambito della scuola ardigoiana
  28. 4. L’istituzione dell’Insegnamento e del Gabinetto di Psicologia sperimentale
  29. Conclusioni
  30. Ringraziamenti
  31. V. Le cattedre di scienze umane nella Facoltà di Lettere e Filosofia a Padova (1866-1896)
  32. 1. L’Università di Padova e la Legge Casati
  33. 2. Le cattedre 1865-1873. Dalla Facoltà filosofico-matematica alla Facoltà di Filosofia e Lettere
  34. 3. Il Regolamento della facoltà di Lettere e Filosofia
  35. 4. Le cattedre 1873-1882. Dalla Facoltà di Lettere e Filosofia a Roberto Ardigò Ordinario
  36. 5. Le cattedre 1882-1896. Da Roberto Ardigò docente di Storia della Filosofia alla sua presidenza della Facoltà di Filosofia e Lettere
  37. 6. La presidenza di Roberto Ardigò e l’«egemonia» positivista
  38. 7. Il Regolamento speciale della Facoltà di Filosofia e Lettere del 1902
  39. Conclusioni
  40. Appendice
  41. PARTE SECONDA
  42. VI. LA PEDAGOGIA PADOVANA NEL PRIMO NOVECENTO
  43. 1. Una nuova generazione di pedagogisti
  44. 2. La pedagogia nell’Università di Padova
  45. 3. Credaro e Marchesini
  46. 4. Firenze e Torino
  47. 5. Le critiche della «Civiltà Cattolica»
  48. 6. Gentile e Marchesini
  49. 7. Dopo la riforma scolastica
  50. VII. LA PEDAGOGIA SPIRITUALISTICA PADOVANA E IL «DIZIONARIO DELLE SCIENZE PEDAGOGICHE» DI GIOVANNI MARCHESINI
  51. 1. La pedagogia spiritualistica nell’Università di Padova a fine Ottocento
  52. 2. Spiritualismo e positivismo a Padova: una barriera culturale al neoidealismo
  53. 3. L’apporto degli spiritualisti nel «Dizionario delle scienze pedagogiche»
  54. Nota conclusiva
  55. VIII. L’INSEGNAMENTO DELLE SCIENZE UMANE NELLA SCUOLA SECONDARIA PADOVANA DEL SECONDO OTTOCENTO
  56. 1. L’insegnamento della filosofia al liceo
  57. 2. I saperi scientifici nell’istruzione tecnica e professionale
  58. 3. La pedagogia nella formazione dei maestri
  59. IX. VITTORIO ZANON, DISCEPOLO SEMISCONOSCIUTO DI ROBERTO ARDIGÒ
  60. X. MEDICI-PEDAGOGISTI NELLA PADOVA DEL POSITIVISMO. L’IMPEGNO SOCIALE E EDUCATIVO DI ACHILLE DE GIOVANNI E ALESSANDRO RANDI
  61. 1. La forza medicatrice nella natura e nel corpo sociale, il progresso nella scienza: Achille De Giovanni
  62. 2. L’innovativo contributo pedagogico-sociale di Alessandro Randi
  63. Nota conclusiva
  64. INDICE DEI NOMI
  65. GLI AUTORI
  66. CULTURA STUDIUM