Immagina, puoi!
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Immagina, puoi!

"Una porta aperta nel cielo"

  1. 130 pagine
  2. Italian
  3. ePUB (disponibile sull'app)
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Immagina, puoi!

"Una porta aperta nel cielo"

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Informazioni sul libro

Pensare modi nuovi di dire la fede non è semplice. Come non fu semplice per la prima comunità cristiana dopo la morte e Risurrezione di Gesù. Ma la comunità cristiana animata dalla presenza del Risorto e accompagnata dallo Spirito Santo non si è mai fermata.L'esperienza della pandemia costituisce un'opportunità per immaginare una pastorale nuova e diversa, un annuncio che parta dal basso: attivare cammini verso una fede adulta, riscoprire la vita come dono, guidare la ricerca di una fede sempre nuova e rinnovata nell'esperienza del quotidiano.Rivisitare la proposta Kerigmatica significa uscire dal torpore della nostalgia, sviluppare nelle comunità il bisogno della ricerca."Immagina, puoi!" è un tentativo di lettura per guardare oltre i limiti, per restituire i fondamenti del credere, per aiutare a "ritornare a casa" rivisitando la Parola, per riattivare l'immaginazione. Attraverso la porta della Bibbia, guidati dal quarto capitolo del Libro dell'Apocalisse, alla ricerca di una visione concreta guidata dai sensi (ascoltare, toccare, vedere, parlare), il testo propone spunti di riflessione e interventi elaborati dall'équipe di lavoro, per accompagnare gruppi diocesani, vicariali o parrocchiali, consigli pastorali a "immaginare" un modo nuovo di essere presenti alle persone nella loro diversità e complessità (famiglie, anziani, giovani, persone sole, ecc.).È importante rinnovarci per poter rinnovare, immaginare per far accadere.

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Informazioni

Anno
2021
ISBN
9788861538665

PARTE SECONDA

Passi per la novità del Vangelo

Questa seconda parte presenta contenuti e proposte che possono rivelare i passi concreti che, dal confronto e dal dialogo, portano a intuire e percorrere strade di novità.
Le attenzioni ci vengono offerte ancora da Giovanni autore delle lettere pastorali alle prime comunità dei credenti che vivevano dentro un radicale cambiamento.
Nella sua Prima Lettera sono indicati quattro verbi che, legati ai nostri sensi, favoriscono un annuncio autentico.
Quello che era da principio, quello che noi abbiamo udito, quello che abbiamo veduto con i nostri occhi, quello che contemplammo e che le nostre mani toccarono del Verbo della vita – la vita infatti si manifestò, noi l’abbiamo veduta e di ciò diamo testimonianza e vi annunciamo la vita eterna, che era presso il Padre e che si manifestò a noi –, quello che abbiamo veduto e udito, noi lo annunciamo anche a voi, perché anche voi siate in comunione con noi. E la nostra comunione è con il Padre e con il Figlio suo, Gesù Cristo. Queste cose vi scriviamo, perché la nostra gioia sia piena (1Gv 1-4).
I quattro contributi che si trovano in questa parte aiutano a cogliere nell’ascoltare, nel vedere, nel toccare e nel parlare l’azione di Dio e la sua santità.

LA BELLEZZA DELL’ ASCOLTRE.
“UNA VOCE DICEVA” (AP 4,1)

di Maria Teresa Camporese ed Enza Annunziata
Dedichiamo un po’ di tempo a qualche nozione di teoria per definire bene cosa significa ascoltare.
È la prima competenza comunicativa che apprendiamo fin da quando nasciamo riconoscendo tra i tanti rumori la voce della mamma, poi con il tempo impariamo a toccare, vedere, parlare e quando andiamo a scuola a scrivere.
Ascoltare è un’attività che coinvolge il nostro sistema sensoriale, le nostre cognizioni, e anche le nostre emozioni e la nostra volontà. È qualcosa di diverso dal sentire, cioè dal puro e automatico percepire stimoli sonori attraverso il senso dell’udito.
Ascoltare vuol dire investire consapevolmente una dose di quella risorsa scarsa e preziosa che è la nostra attenzione, con l’obiettivo di decodificare bene e pienamente i suoni che stiamo sentendo. Lo facciamo isolando quei suoni da eventuali interferenze o disturbi – tutto quello che chiamiamo “rumore”. Connettendoli e ricavandone, poi, un senso compiuto.
La differenza tra sentire ed ascoltare sta proprio nel desiderio, nella volontà di capire cosa l’altro vuole comunicarmi. Se io voglio ascoltare lo devo desiderare, mi ci fermo e mi ci dedico, altrimenti sento soltanto parole. È la prima competenza che apprendiamo, ma è anche un’arte che bisogna imparare.

Esperienza pastorale di introduzione all’ascolto

È una serata tranquilla, come tante, in questo periodo di pandemia quando squilla il cellulare. Rispondo un po’ incuriosita perché non conosco il numero. Si presenta un parroco della mia diocesi che deve farmi una richiesta. Ascolto il suo desiderio di presentare il progetto rinnovato dell’I.C. al consiglio pastorale per offrire motivazioni per iniziare ed acconsento riservandomi sulla scelta della modalità. Dopo qualche riflessione decido che sia opportuno lasciare un po’ di spazio all’ascolto delle persone per far emergere i loro dubbi, le loro perplessità, i loro interrogativi prima di calare qualcosa in modo frontale. Quando mi chiama Sara, la coordinatrice dei catechisti in parrocchia le comunico questo. Nel dialogo che intercorre tra noi ascolto molto la situazione che mi descrive e resto colpita dalla sua voce tremula, incerta; mi abita una sensazione di tenerezza che poi trova conferme quando il racconto si apre sulla sua storia di dolore e sofferenza per la sua lotta contro il cancro che l’ha colpita. Ci sentiamo più volte, si apre una relazione cordiale, continuo a mandarle dei messaggi. Si stupisce di questo, non le capita spesso, è contenta, si sente sollevata.
Alla fine il parroco decide che è più veloce formulare tre domande da mandare ai partecipanti, raccogliere le risposte e poi nella serata stabilita partire da questi vissuti.
Con Sara, tuttavia, abbiamo fatto un’altra esperienza di ascolto.
Questa piccola esperienza ci dice che:
l’ascolto richiede tempo e pazienza;
ascoltare in modo attivo ed empatico apre mondi e relazioni.
Posso infatti ascoltare in maniera passiva quando prendo da ciò che sento soltanto le cose che mi interessano, mentre quando decido di ascoltare l’altro in modo attivo desidero far percepire la mia disponibilità fermandomi, creando spazio o chiedendo spazio perché ci sia un vero ascolto.

Abbattere i pregiudizi

Quando incontriamo le persone spesso le cataloghiamo in schemi e categorie. Il rischio è che il rapporto con l’altro si fermi all’immagine che ci siamo fatti di lui e non nasca da un vero incontro di ascolto senza barriere.

Le barriere che impediscono un rapporto vero

Presentiamo alcuni atteggiamenti e comportamenti che falsano e impediscono incontri veri con le persone:
preconcetti, giudizi, stereotipi;
l’esperienza che mi ha segnato;
filtri sociali e culturali (sono nato in una certa società ed ho avuto una certa istruzione, l’altro ne ha una diversa);
sentire quello che voglio sentire;
aspetti emotivi;
barriere fisiche;
distrazioni esterne;
difficoltà della lingua.
Gabriele, un nigeriano, arrivato dalla sua terra in cerca di una situazione di vita migliore per lui e per la sua famiglia, visita da più di un anno la nostra casa ogni mercoledì. Si annuncia in modo simpatico e la sua voce ci giunge all’orecchio prima che la vista incontri la sua persona.
Mio marito ha instaurato con lui fin da subito un rapporto cordiale, io ho dovuto rompere qualche barriera, ma poi ho capito che prima del soldino, del cappuccino caldo o dell’acqua fresca, Gabriele aveva bisogno di essere ascoltato perché nelle sue parole c’erano messaggi importanti per noi, per la nostra famiglia. E così, di settimana in settimana, attraverso le sue parole ci siamo sentiti visitati da Dio, è arrivata a noi una parola di speranza, una parola di Vangelo per la vita. Siamo diventati amici. Prima di partire per rivedere dopo quattro anni la mamma ci ha detto che ci vuole bene, che siamo la sua famiglia in Europa e che mio marito è il suo papà bianco.
È attraverso questo ascolto empatico che passa il buon annuncio del Vangelo.

Ascoltare in maniera empatica

L’empatia aggiunge all’ascolto la capacità non solo di recepire il messaggio dell’altro, ma anche di cogliere la sua emozione, come si sente e come sta. Molte volte la prima cosa che arriva è proprio l’emozione e ci troviamo a farne parte per l’affetto e l’attenzione che stiamo dedicando all’altro nell’ascoltare. Questo succede anche con persone sconosciute, come Gabriele, a causa dei vissuti condivisi che fanno risuonare in noi aspetti comuni.

Voi, nella vita di tutti i giorni, vi sentite dei buoni ascoltatori?

Gli stimoli che vi offriamo possono aiutarvi non tanto a fare una verifica per dirci se siamo dei cattivi ascoltatori quanto a consapevolizzarci su cosa avviene in noi nell’ascoltare:
mi preoccupo eccessivamente di cosa pensano gli altri;
non aspetto la fine del discorso, ma mi viene da interrompere;
mi vengono in mente altre cose più importanti quando l’altro divaga;
mi soffermo su dettagli dell’aspetto del mio interlocutore più che sulle sue parole;
penso a cosa rispondere;
sono così impegnato ad essere cordiale e interessato che poi mi perdo le sue parole;
mi faccio subito un’idea del mio interlocutore e il mio ascoltare dipende da questa idea.

Come costruire un modo di ascoltare empatico

Per costruire un modo di ascoltare che sia empatico possiamo partire da alcuni punti:
dalla consapevolezza che quello che appartiene a me e alla mia realtà non è la realtà dell’altro;
dal pensare alle nostre esperienze di ascolto: come mi sono sentito quando sono stato ascoltato e quando non lo sono stato;
da atteggiamenti concreti che facilitano la comunicazione e dimostrano il desiderio di ascoltare.

Le sette regole dell’arte di ascoltare

La bellezza dell’ascolto sta nel costruire una relazione con l’altro (persone, mondo, chiesa…).
1.Non avere fretta di arrivare a delle conclusioni. Le conclusioni sono la parte più effimera della ricerca.
2.Quel che vedi dipende dalla prospettiva in cui ti trovi. Per riuscire a vedere la tua prospettiva, devi cambiare prospettiva.
3.Se vuoi comprendere quel che un altro sta dicendo, devi assumere che ha ragione e chiedergli di aiutarti a capire come e perché.
4.Le emozioni sono degli strumenti conoscitivi fondamentali se sai comprendere il loro linguaggio. Non ti informano su cosa vedi, ma su come guardi.
Il loro codice è relazionale e analogico.
5.Un buon ascoltatore è un esploratore di mondi possibili. I segnali più importanti per lui sono quelli che si presentano alla coscienza come al tempo stesso trascurabili e fastidiosi, marginali e irritanti perché incongruenti con le proprie certezze.
6.Un buon ascoltatore accoglie volentieri i paradossi del pensiero e della comunicazione.
Affronta i dissensi come occasioni per esercitarsi in un campo che lo appassiona: la gestione creativa dei conflitti.
7.Per divenire esperto nell’arte di ascoltare devi adottare una metodologia umoristica.
Ma quando hai imparato ad ascoltare, l’umorismo viene da sé1.

Cosa e come ascoltare?

Visione del cortometraggio “Piccole cose di valore non quantificabile”2.
Da questo video possiamo ricavare due elementi interessanti:
Cosa ascoltare?
Come ascoltare?
Mi piace condividere con voi alcune riflessioni di un libro di Leonardo Boff, La vita come sacramento3. Egli non parla specificamente dell’ascolto, ma propone alcune riflessioni interessanti che possono allargare il nostro sguardo. Parla di tempo, di spazio, di incontro dell’essere umano con tutto ciò che è messaggio del mondo.
È importante ascoltare ciò che il mondo ha da dirci: il mondo ecclesiale, ma anche il mondo laico, il mondo dei non credenti. Nell’atteggiamento interiore di saper leggere questo messaggio, si affinano i sensi e soprattutto si affina la capacità di ascolto.
L’ascolto vero può aiutare a c...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Frontespizio
  3. Copyright
  4. Immagina, puoi! di Rinaldo Paganelli
  5. Note metodologiche di Maria Teresa Camporese
  6. PARTE PRIMA – PROSPETTIVE NEL CAMBIAMENTO
  7. PARTE SECONDA – PASSI PER LA NOVITÀ DEL VANGELO
  8. PARTE TERZA – SUGGERIMENTI PER UN GRUPPO FORMATIVO
  9. Conclusioni – Rapsodie asolane
  10. Bibliografia