Guerre di Alessandro Magno
eBook - ePub

Guerre di Alessandro Magno

  1. Italian
  2. ePUB (disponibile sull'app)
  3. Disponibile su iOS e Android
eBook - ePub

Guerre di Alessandro Magno

Dettagli del libro
Anteprima del libro
Indice dei contenuti
Citazioni

Informazioni sul libro

Alessandro non fu soltanto il grande stratega e il valoroso combattente alla testa del vittorioso esercito macedone contro i Persiani. Fu soprattutto il conquistatore di uno sterminato territorio che andava dal Mediterraneo all'Indo in una visione di impero universale, in cui scomparve il concetto di "barbaro", dal quale il mondo greco si era distinto fino ad allora. Rispettò e fece propri gli usi e le politiche persiane, in un'ottica di continuità con il passato, ma non fu del tutto compreso e suscitò il risentimento nel suo popolo. L'unità territoriale dell'impero si estinse nelle lotte tra i suoi Diadochi, eppure la sua idea di "civiltà universale" diede vita a quel periodo, che chiamiamo ellenistico, in cui si fusero culture e tradizioni orientali, egiziane e greche, per giungere fino a noi attraverso le future conquiste della nascente Roma.

Domande frequenti

È semplicissimo: basta accedere alla sezione Account nelle Impostazioni e cliccare su "Annulla abbonamento". Dopo la cancellazione, l'abbonamento rimarrà attivo per il periodo rimanente già pagato. Per maggiori informazioni, clicca qui
Al momento è possibile scaricare tramite l'app tutti i nostri libri ePub mobile-friendly. Anche la maggior parte dei nostri PDF è scaricabile e stiamo lavorando per rendere disponibile quanto prima il download di tutti gli altri file. Per maggiori informazioni, clicca qui
Entrambi i piani ti danno accesso illimitato alla libreria e a tutte le funzionalità di Perlego. Le uniche differenze sono il prezzo e il periodo di abbonamento: con il piano annuale risparmierai circa il 30% rispetto a 12 rate con quello mensile.
Perlego è un servizio di abbonamento a testi accademici, che ti permette di accedere a un'intera libreria online a un prezzo inferiore rispetto a quello che pagheresti per acquistare un singolo libro al mese. Con oltre 1 milione di testi suddivisi in più di 1.000 categorie, troverai sicuramente ciò che fa per te! Per maggiori informazioni, clicca qui.
Cerca l'icona Sintesi vocale nel prossimo libro che leggerai per verificare se è possibile riprodurre l'audio. Questo strumento permette di leggere il testo a voce alta, evidenziandolo man mano che la lettura procede. Puoi aumentare o diminuire la velocità della sintesi vocale, oppure sospendere la riproduzione. Per maggiori informazioni, clicca qui.
Sì, puoi accedere a Guerre di Alessandro Magno di Stefano Ferrucci, AA.VV., Stefano Ferrucci in formato PDF e/o ePub, così come ad altri libri molto apprezzati nelle sezioni relative a History e Ancient History. Scopri oltre 1 milione di libri disponibili nel nostro catalogo.

Informazioni

Editore
Pelago
Anno
2021
ISBN
9791280714091
Argomento
History
FOCUS

IL PROLOGO

Nel 546 a.C. il re persiano Ciro il Grande, fondatore della dinastia achemenide, sconfisse il re lidio Creso e ne occupò la capitale, Sardi. L’evento inaugurò, nelle relazioni tra mondo ellenico e Impero persiano, una tensione tra Oriente e Occidente che, nelle tradizioni greche, trovava la sua prima paradigmatica espressione nella guerra di Troia narrata da Omero.
Secondo il costume di governo persiano, l’area fu divisa in distretti territoriali amministrati da un satrapo, per conto del Gran Re. La costa anatolica ospitava molte importanti città greche, alcune di antica fondazione, quali Mileto, Smirne, Efeso. Dopo la conquista persiana esse si trovarono in una situazione di forte subordinazione: formalmente autonome dall’impero, ne erano tuttavia tributarie, spesso governate da tiranni compiacenti con i satrapi locali.
La situazione si aggravò con il regno di Dario I che inasprì i tributi e rafforzò il controllo dei territori imperiali. Nacque da qui la rivolta di alcune di queste città, guidate da Mileto e dall’ambiguo leader della rivolta, Aristagora: la cosiddetta “rivolta ionica”, scoppiata nel 499 a.C., si concluse con la disastrosa sconfitta dei rivoltosi nella Battaglia di Lade, al largo di Mileto, nel 494 a.C. La conflittualità non venne meno con la repressione della rivolta: i Persiani organizzarono due spedizioni contro la penisola ellenica, la prima guidata da Dario I (490 a.C.), la seconda, assai più corposa, dal figlio Serse I (nel 480-479 a.C.) [vedi il volume Guerre persiane di questa collana].
Le vittorie greche, a Maratona contro Dario e a Salamina e Platea contro Serse, celebrate nelle Storie di Erodoto, nei Persiani di Eschilo e nei versi del poeta Simonide, avevano portato a un nuovo assetto negli equilibri geo-politici del Mediterraneo orientale. In particolare, le città greche d’Asia Minore passavano dal controllo persiano all’alleanza, affatto lieve ma perlomeno tutta “greca”, con Atene, all’interno della Lega delio-attica, nata, almeno formalmente, proprio in funzione antipersiana.
La Persia dopo la sconfitta si ritrasse in una posizione difensiva, anche per le crisi dinastiche che segnarono gli anni centrali del secolo, fino alla salita al trono di Dario II nel 424 a.C.
Da questo momento si assiste a una diversa strategia politica persiana nei confronti del mondo ellenico. Il Gran Re e soprattutto i satrapi delle regioni microasiatiche iniziarono ad utilizzare, al posto degli eserciti, l’oro per influenzare e indebolire i Greci al loro interno.
Negli anni finali della Guerra del Peloponneso [vedi il volume Guerra del Peloponneso di questa collana] appoggiarono Sparta, in particolare grazie al satrapo di Lidia, Tissaferne, fornendo al generale spartano Lisandro le risorse per l’allestimento di una flotta che risultò decisiva nell’esito finale del conflitto.
La nuova strategia raggiunse i massimi risultati sotto il re Artaserse II. Sciolta la Lega delio-attica, la questione delle città greche d’Asia tornò a farsi critica; esse chiesero aiuto a Sparta, che, nel 400 a.C., inviò il generale Tibrone con circa cinquemila soldati. Tibrone si mosse tra la Troade e la Frigia ellespontica, progettando di attaccare la Caria e il territorio controllato da Tissaferne.
Il comandante spartano fu però sostituito, l’anno seguente, da Dercillida, che spostò di nuovo le operazioni verso nord, dove la resistenza del satrapo persiano Farnabazo II appariva meno decisa; nonostante qualche successo, gli equilibri nella regione non furono modificati in maniera significativa.
Nel 396 a.C., fu addirittura il re spartano Agesilao II a entrare in scena, preoccupato dalla minacciata alleanza tra il generale ateniese Conone e Farnabazo. Agesilao ottenne una vittoria a Sardi contro Tissaferne, richiamato a corte e giustiziato per la sconfitta dal Gran Re, che lo sostituì con Titrauste. Agesilao rimase nella regione fino al 395 a.C., organizzando operazioni in preparazione di un attacco verso la zona interna dell’Asia Minore.
Fu allora che i Persiani spostarono la scena in Grecia, con un oculato uso delle alleanze e delle risorse. Corinto, Tebe, Argo e Atene, le principali antagoniste di Sparta, ricevettero proprio da Titrauste 50 talenti d’oro per rivoltarsi contro la città egemone, dando origine alla Guerra di Corinto (395-386 a.C.) cosicché Agesilao, richiamato in patria in tutta fretta, abbandonava i progetti asiatici.
La guerra si protrasse per diversi anni senza arrivare a una vera risoluzione, finché Sparta accolse le condizioni persiane che portarono alla Pace di Antalcida, nota anche, non a caso, come Pace del Re, che costituì il momento di maggiore ingerenza persiana nella vita politica greca. Alla Persia fu infatti riconosciuto il controllo totale di tutta l’Asia, comprese le città greche, alle quali fu confermato l’obbligo di pagare tributi. In Grecia, fu vietata la costituzione di leghe o alleanze di ogni natura.
Artaserse II aveva imposto, come meglio non si sarebbe potuto, il principio del divide et impera relegando Sparta al ruolo di custode delle volontà persiane sul mondo greco: era questo il prezzo per mantenere l’egemonia.
Eppure le vicende occorse nei primi anni del secolo avevano paradossalmente messo in luce una certa debolezza dell’impero nel difendere i suoi territori. Una debolezza che si era rivelata già nel 401 a.C., quando un esercito mercenario era giunto in Asia per sostenere le rivendicazioni di Ciro contro il fratello Artaserse, nella disputa dinastica per la successione a Dario II.
Ciro fu sconfitto nella Battaglia di Cunassa, ma i diecimila mercenari greci sopravvissuti avevano potuto risalire il territorio anatolico senza incontrare grandi resistenze.
La vicenda, immortalata da Senofonte nell’Anabasi, servì non solo da raccolta di preziose informazioni sul territorio e sui popoli microasiatici dell’interno, ma anche come primo esempio di fragilità della rete difensiva dell’Impero persiano.
Le operazioni spartane in Asia Minore del decennio successivo non facevano che confermare tali debolezze.

UN NUOVO PROTAGONISTA: IL REGNO MACEDONE

Gli equilibri politici del mondo greco furono sconvolti dall’emergere di un nuovo protagonista, la Macedonia. Il re Filippo II aveva trasformato il regno, riorganizzato profondamente le strutture politiche e militari, rifondato l’esercito che divenne presto una efficiente macchina da guerra grazie all’istituzione della falange macedone.
La falange e la cavalleria macedoni si imposero come le migliori del mondo greco, e forse del mondo antico, almeno fino alla comparsa degli eserciti romani con le loro legioni.
Ma Filippo era anche politico accorto e sottile, nonché abile diplomatico. Nei vent’anni del suo regno, assicurò alla Macedonia, fin lì Stato ai margini delle grandi vicende elleniche, un ruolo di primo piano, dapprima conquistando un posto d’onore nell’Anfizionia delfica [la lega, nata come confederazione di città legate al culto comune di un santuario e poi trasformatasi in alleanza politica e militare – ndr], poi imponendosi sulla sua principale avversaria, l’Atene di Demostene, che sconfisse, infine, nella battaglia decisiva a Cheronea (338 a.C.). In quell’occasione, il giovane figlio del re, Alessandro, diciottenne, aveva guidato mirabilmente l’ala sinistra della cavalleria, sbaragliando i Tebani e aprendo la strada alla vittoria macedone.
Nel 337 a.C. Filippo raccolse i risultati politici delle sue vittorie. Convocò un congresso di tutti gli Stati greci, che diede vita a una Lega, con sede a Corinto: ne fecero parte tutte le maggiori città, con l’eccezione di Sparta, che da allora rappresenterà la principale antagonista al potere macedone.
Filippo era riconosciuto come leader della Lega di Corinto e comandante militare (hegemón) in caso di guerra.
La Lega di Corinto aveva come obiettivo comune proprio l’attacco alla Persia e la liberazione dei Greci sotto il controllo del Gran Re e per questo scopo Filippo II aveva avuto pieni poteri.
L’attacco greco-macedone alla Persia, dunque, non giunse inaspettato. Filippo II chiedeva che le città greche d’Asia fossero libere dal giogo persiano, riprendendo un tema che, come si è visto, ricorre senza soluzione di continuità da due secoli nei rapporti con la Persia. Prevedibilmente, il Gran Re rifiutò la richiesta.
Filippo II inviò allora un contingente di diecimila uomini agli ordini del generale Parmenione, che nella primavera del 336 a.C. sbarcò in Asia, come avanguardia per il resto dell’esercito. Il momento era particolarmente propizio per un attacco alla Persia. Il re Artaserse III Ochos era stato da poco eliminato (338 a.C.), per gli intrighi dell’eunuco Bagoa, potente chiliarca [ufficiale al comando dei mille nobili cavalieri – ndr] della corte reale che, nel 336 a.C., appoggiò l’ascesa al trono di Dario III Codomano, dopo il breve regno di Arses.
L’Impero persiano mostrava i segni della sua fragilità, nella scarsa organizzazione nei rapporti tra il potere centrale e le satrapie e nell’instabilità provocata dalle lotte dinastiche.
Molti territori dell’impero erano mossi da spinte separatiste, in particolare le regioni orientali periferiche e, tra quelle mediterranee, l’Egitto, ma anche, in Asia Minore, la Caria, il cui satrapo, Pixodaro, fratello del defunto Mausolo, attendeva con speranza l’arrivo liberatorio dei Greci. Dario III si trovò dunque nella necessità di rinsaldare un impero in profonda crisi. Non ne avrebbe avuto il tempo.
Il 336 non fu un anno di crisi e successioni dinastiche solo per la Persia. In estate, ad Ege, in Macedonia, durante i festeggiamenti per le nozze tra il re epirota Alessandro il Molosso e la figlia Cleopatra, Filippo II fu ucciso. Ne seguì un momento di grande confusione all’interno del regno: dalla violenta lotta per la successione emerse il figlio che il re aveva avuto da Olimpiade, Alessandro, di appena vent’anni ma già molto deciso nel far valere le proprie posizioni.
In tempi sorprendentemente brevi, il giovane re seppe tacitare i rivali interni, usando all’occorrenza una feroce determinazione. Rinsaldò i confini del regno verso Tracia e Illiria, sconfiggendo le tribù vicine. Ottenne dalla Lega di Corinto la conferma delle posizioni già attribuite al padre Filippo: il ruolo di hegemón e di generale con pieni poteri (strategós autokrátor) e il progetto di spedizione militare contro la Persia.
Infine, quando alcune città greche cercarono di ribellarsi, approfittando dei suoi impegni militari in Tracia, guidò con sorprendente rapidità il suo esercito verso la Grecia per placare le velleità di rivolta: Tebe fu rasa al suolo, Atene ricondotta alla ragione.
Era l’ottobre del 335 a.C.: in poco più di un anno Alessandro aveva preso saldamente il controllo della situazione interna della Macedonia e ribadito la sua egemonia sul mondo greco.
Era pronto per dedicarsi alla spedizione contro la Persia, i cui preparativi lo impegnarono durante tutto l’inverno successivo.

GLI EVENTI

LA SPEDIZIONE IN ASIA

Alessandro sbarcò in Asia nella primavera del 334 a.C. Sulle dimensioni del suo esercito le fonti danno cifre contrastanti, dai trentatremila uomini ricordati da Tolemeo ai quarantottomila indicati da Anassimene di Lampsaco. In ogni caso, il totale non arrivava a cinquantamila unità, divise tra fanteria pesante, fanteria leggera e cavalleria. I Macedoni costituivano la parte predominante dell’armata e a loro erano riservati i ranghi più elevati. Li affiancavano cavalieri tessali, contingenti greci, alleati e mercenari, truppe inviate dai Traci e altri popoli balcanici.
La cavalleria era il corpo d’élite: composta da nobili macedoni e comandata da Filota [il figlio di Parmenione comandante nell’esercito di Filippo II – ndr], ma guidata dal re in persona, era divisa in otto battaglioni e sarebbe risultata spesso decisiva sia nelle battaglie campali sia nei passaggi militarmente più complicati della spedizione, come durante l’inseguimento di Dario III e Besso [achemenide, satrapo della Battriana, che poi uccise Dario autoproclamandosi re – ndr].
I cavalieri erano chiamati eteri (in greco hetaìroi, “i compagni”), uniti spesso ad Alessandro da legami di amicizia personale. Ogni cavaliere era addestrato rigorosamente fin dall’età giovanile e sapeva muoversi all’interno del reparto ma anche eccellere nel combattimento individuale. Al loro fianco, i reparti di cavalleria tessali con un ruolo rilevante nella composizione del corpo equestre erano comandati da Cala, figlio di Arpalo, l’infido tesoriere di Alessandro; con loro si integravano i cavalieri greci e alleati.
La fanteria pesante, che componeva la innovativa falange introdotta da Filippo II e perfezionata da Alessandro, era composta di pezetèri (in greco pezhetaìroi, letteralmente gli hetaìroi a piedi), armati con una lancia lunga più di cinque metri (sarissa), una spada corta e un piccolo scudo. L’introduzione della sarissa rendeva la falange un corpo sostanzialmente impenetrabile: era disposta su otto file di sedici uomini ciascuna, e le prime cinque tenevano le aste puntate verso i nemici, ben più avanzate, dunque, rispetto al fronte d’attacco. Poteva schierarsi in blocco o a cuneo e, in questo caso, ogni fianco d’attacco aveva una profondità di sedici unità. Una sorta di bastione mobile, dalla forza d’urto impressionante, in grado di sopportare attacchi violenti di cavalleria o di carri falcati nemici. I pezetèri erano divisi in sei battaglioni, comandati, tra gli altri, dai macedoni Perdicca [che aveva fatto parte degli ipaspisti – ndr], Cratero e, più tardi, da Poliperconte. Oltre ai sei battaglioni (taxeís) macedoni, i reparti di fanteria pesante comprendevano squadre di Greci, alleati (al comando del generale Antigono I Monoftalmo) e mercenari.
Gli ipaspisti (hypaspistái ton hetáiron, letteralmente i “portatori di scudo dei compagni”) erano un gruppo scelto di fanteria, più rapido rispetto agli opliti e meglio armato della fanteria leggera; introdotti in Grecia dal generale ateniese Ificrate (nel IV secolo a.C.), avevano corazze di lino, spade e lance più lunghe degli opliti ma scudi più leggeri. Erano originariamente le truppe che proteggevano il re; in battaglia il loro compito principale era coprire il lato destro della falange, il più esposto. Alessandro li utilizzò in modo vario durante la spedizione, dove il terreno sconsigliava l’impiego della falange o per rapidi spostamenti, incursioni e offensive, come truppe d’assalto a fortificazioni e laddove servissero agilità e rapidità di movimento. Li comandava Nicanore di Stagira [figlio adottivo di Aristotele, di cui sposò la figlia Piziade – ndr].
La fanteria leggera comprendeva i Traci guidati da Sitalce, gli Agriani e gli arcieri, in parte macedoni in parte mercenari cretesi. Altre truppe leggere, a piedi e a cavallo completavano i ranghi; ne facevano parte Macedoni, Traci, Peoni, Odrisî. Il loro impiego principale, oltre a coprire l’avanzata dell’esercito, era nel coordinare azioni improvvise e aggressive.
Alessandro fu il primo a integrare le truppe leggere nella strategia bellica del mondo ellenico, dotandole di disciplina e addestramento adeguati.
La flotta, infine, agli ordini di Nicanore e fornita dagli alleati greci, contava 160 navi, assai meno di quelle a disposizioni dei Persiani: fin dall’inizio Alessandro sembrò privilegiare la scelta di portare guerra soprattutto via terra. Le risorse di cui il re disponeva, che potevano bastare per circa un mese, fanno ritenere che l’intento fosse di condurre l’azione militare rapidamente e di trovare poi nuove...

Indice dei contenuti

  1. Collana
  2. Frontespizio
  3. Copyright
  4. Indice
  5. Il pacificatore dei vinti, non dei vincitori
  6. PANORAMA
  7. FOCUS a cura di Stefano Ferrucci
  8. APPROFONDIMENTI
  9. Piano dell'opera