Guerra delle Due Rose
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Guerra in apparenza poco più che dinastica, guerra tra casate che interessò poco la popolazione, ma che durò più di trent'anni, dalla metà del XV secolo, e con gran spargimento di sangue; la Guerra delle Due Rose, frutto della feroce contesa per il trono inglese tra Lancaster e York, portò con sé aspetti di guerra civile che più volte si ripeterono nella storia d'Inghilterra, sempre accompagnati da profondi cambiamenti istituzionali. Con Enrico VI sarebbe scomparso l'ultimo re "medievale", tanto sovrano quanto capo di una fazione aristocratica. Al centro di questo inarrestabile processo fu la brama di potere di sua moglie Margherita d'Angiò, che veniva dalla Francia dove l'idea di Stato moderno stava già sviluppandosi. Nell'avvicendarsi di regnanti si andò formando anche in Inghilterra una nuova idea di monarca che avrebbe trovato espressione compiuta nell'avvento dei Tudor, con l'ascesa al trono di Enrico VII.

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Informazioni

Editore
Pelago
Anno
2021
ISBN
9791280714190
Argomento
Storia
FOCUS

IL PROLOGO

La Guerra delle Due Rose, per più d’un motivo, fu un conflitto molto sui generis: essenzialmente uno scontro dinastico tra due fazioni, i Lancaster e gli York, salvo eccezioni notevoli il suo impatto sulla popolazione civile inglese fu minimo, nonostante le numerose e cruente battaglie.
È significativo, a tale proposito, che i contendenti cercassero di non infierire sui soldati sconfitti di basso rango, una volta finito l’inseguimento di nemici in rotta. In proporzione, furono l’aristocrazia e la nobiltà ad essere maggiormente colpite, le morti sul campo tra i membri delle classi alte sommandosi alle esecuzioni dei prigionieri di spicco, le proscrizioni e le confische.
Ciò detto, il numero dei titoli nobiliari che si estinsero fu lo stesso rispetto alle precedenti decadi di pace, la successione per linea femminile e il trasferimento di titoli ad eventuali consanguinei riducendo parecchio il ricambio nelle fasce più alte dei ceti dirigenti inglesi.
Generalmente si considera la Guerra delle Due Rose essere durata la bellezza di trentadue anni, dal 1455 al 1487, poiché la propaganda dei Tudor, succeduti nel 1485 ai Plantageneti sul trono inglese, aveva interesse a presentare un’immagine di prolungate sofferenze e devastazioni. In realtà, in tre decadi, gli effettivi giorni di guerra ammontarono a poco più di un anno, la campagna più lunga durando appena quindici settimane, dal 9 dicembre 1460 alla fine di marzo 1461, costellata da ben quattro battaglie.
Anche in fatto di scontri campali la Guerra delle Due Rose si differenzia dalle altre dell’epoca, nel senso che i contendenti cercarono sistematicamente il verdetto delle armi, evitando le manovre complicate, gli assedi e le schermaglie, tipici dei conflitti continentali. La ragione di ciò è semplice: nessuna delle due parti possedeva le risorse necessarie per una lotta duratura, a meno di non permettere ai propri eserciti di vivere a spese del Paese, trattandolo alla stregua di un territorio occupato – cosa che i contendenti cercarono di evitare il più possibile, per non incorrere nell’ostilità di quelli che, dopotutto, erano sudditi della corona inglese, non importa chi la stesse portando. L’abbandono di questa prassi sarebbe costato caro ai lancasteriani dopo la seconda Battaglia di Saint Albans.
Esistono diversi miti sulla Guerra delle Due Rose, a cominciare dal nome: per quello bisogna incolpare Sir Walter Scott, che per primo lo utilizzò nel romanzo Anne of Geierstein, pubblicato nel 1829. Scott si era rifatto ad una scena dell’Enrico VI di William Shakespeare: in un giardino, Richard, duca di York, ed Edmund, duca di Somerset, invitano un gruppo di nobili a dichiarare il loro sostegno alle rispettive fazioni, cogliendo, a seconda, rose bianche o rosse. In realtà, mentre la rosa bianca fu uno degli emblemi yorkisti – e nemmeno quello principale – la rosa rossa fu adottata dai lancasteriani solo alla fine del conflitto. Un’altra credenza diffusa è che lo scontro tra i Lancaster e gli York avesse a che fare con le città capoluogo del Lancashire e dello Yorkshire: un mito che ha contribuito alla creazione di un’intensa rivalità, soprattutto in campo sportivo, tra le suddette contee. Paradossalmente, al tempo delle guerre delle Due Rose, lo Yorkshire era una roccaforte lancasteriana; gli yorkisti invece reclutavano soldati soprattutto nelle Midlands e nelle contee al confine con il Galles.
Tutto ciò, naturalmente, non deve farci scordare che, come sempre nei conflitti intestini, la lealtà dei singoli verso una determinata fazione non era sempre granitica, nel caso della Guerra delle Due Rose le condizioni locali in più d’una occasione determinando le scelte di campo sul piano nazionale: la duratura lotta tra i Neville e i Percy per il controllo dell’Inghilterra settentrionale avrebbe portato i vari membri delle due famiglie a parteggiare per i Lancaster o per gli York, nel nome delle pretese territoriali e della preminenza politica. A questi fattori va aggiunto quello personale, le simpatie e le antipatie individuali di frequente condizionando eventi e alleanze, con continui tradimenti e – letteralmente – cambi di casacca. Naturalmente, questi venivano rivestiti con solenni dichiarazioni di principio circa la sacralità delle istituzioni inglesi, che tutti i contendenti, almeno a parole, dichiaravano di voler sostenere e nessuno distruggere.
La Guerra delle Due Rose riguarda i discendenti del re d’Inghilterra e signore d’Irlanda Edoardo III (1312-1377), e in particolare del suo secondo figlio, Lionel, duca di Clarence; del terzo, John, duca di Lancaster; e del quarto, Edmund, duca di York. A Edoardo successe suo nipote, Riccardo II, che in breve tempo riuscì ad alienarsi una fetta importante dell’aristocrazia inglese. Nel 1399, in seguito a un colpo di Stato effettuato da Enrico di Bolingbroke, conte di Darby, figlio di John di Lancaster, che assunse la corona come Enrico IV, Riccardo fu deposto e, in seguito, messo a morte segretamente. La pretesa di Enrico al trono era perlomeno dubbia, visto che l’erede più immediato di Riccardo era Edmund Mortimer, conte di March, pronipote di Edoardo III per linea femminile. La circostanza fu utilizzata da Enrico IV per riaffermare la superiorità della discendenza maschile del trono inglese, benché la legge salica (che escludeva le donne dalla successione) non avesse mai avuto corso in Inghilterra e ci fosse almeno un precedente, quello di Enrico II (nato da Matilde, figlia ed erede del re Enrico I), di successione per via femminile.
Come altri usurpatori, Enrico IV, detto “di Lancaster”, dovette combattere per conservare la corona, la minaccia più seria venendo dal conte di Northumberland, Henry Percy, che nel 1402 avrebbe scatenato una rivolta contro il nuovo sovrano, complice pure il conte di March. Northumberland finì giustiziato, ma March la fece franca e, alla sua morte, i titoli e la pretesa al trono passarono al nipote Riccardo Plantageneto, duca di York, discendente diretto del quarto figlio di Edoardo III.
Grazie anche a un re di successo quale fu Enrico V, vincitore dei francesi ad Azincourt nel 1415, la dinastia dei Lancaster sembrava essersi definitivamente consolidata. Purtroppo, Enrico V morì nel 1422, lasciando un figlio di pochi mesi, Enrico VI, e l’amministrazione del regno affidata ad un consiglio di reggenza.
Negli anni che seguirono, il ricco retaggio di Enrico V fu sprecato per un misto d’incompetenza e mala amministrazione.
La sconfitta di Orléans nel 1429, durante la Guerra dei Cent’anni (vedi volume in questa collana), fu uno choc tremendo per un Paese abituato a vincere oltremanica e nel quarto di secolo successivo uno stillicidio di disastri avrebbe portato alla quasi totale espulsione degli inglesi dalla Francia.
Il malessere conseguente sarebbe peggiorato a causa degli scontri interni al consiglio di reggenza, il cardinale Henry Beaufort manovrando per eliminare chiunque potesse essere d’intralcio alla sua politica e a quella del nipote, Edmund Beaufort, secondo duca di Somerset.
I Beaufort discendevano da John, duca di Lancaster, e dalla sua amante Katherine Swynford. Il successivo matrimonio tra il duca e Katherine Swynford aveva permesso che i loro figli divenissero legittimi per subsequens e, benché fossero stati esclusi per legge dalla linea di successione alla corona, questo ostacolo tra loro e il trono avrebbe potuto essere facilmente rimosso facendo approvare una disposizione in tal senso dal parlamento.
Nel tentativo di arrivare ad una pace che salvaguardasse gli ultimi possedimenti inglesi in Francia, nel 1445 Enrico VI aveva sposato Margherita d’Angiò, figlia di Renato I, re titolare di Napoli, e cugina di Carlo VII di Valois, re di Francia.
Dal punto di vista internazionale, la mossa non sortì alcun risultato: otto anni più tardi la presenza inglese sul continente era ridotta alle città di Bordeaux e Calais. In compenso, la regina si era velocemente associata al gruppo che dominava il Consiglio della corona, condividendone l’impopolarità.
Il fatto che per molti anni Enrico VI fosse privo di eredi fece aumentare viepiù il sospetto che il duca di Somerset intendesse succedergli e, anche dopo la nascita di Edoardo, principe di Galles, lo stretto legame tra il duca e la regina Margherita d’Angiò diede adito a voci sulla paternità del ragazzo.
In realtà, la cricca che gravitava attorno ad Enrico VI non era affatto gradita alla maggioranza della popolazione, specie il ceto mercantile, causa la pesante tassazione usata per finanziare la guerra in Francia, che però, grazie all’incompetenza di Somerset, stava andando di male in peggio.
Nel 1450, i nodi cominciarono a venire al pettine. Nel gennaio di quell’anno, il vescovo di Chichester e Lord Privy Seal, Adam Moleyns, fu linciato a Portsmouth da una turba di soldati senza paghe. Lo stesso mese, William de la Pole, duca di Suffolk, sodale di Moleyns e favorito di Enrico VI, fu arrestato e messo in stato d’accusa per alto tradimento dalla camera dei Comuni, un inferocito parlamento ritenendo Suffolk responsabile per la recente perdita della Normandia.
Enrico intervenne per salvare il suo protetto, ottenendo che venisse esiliato dal regno per cinque anni; ma durante il tragitto per Calais, la nave che trasportava Suffolk fu intercettata dai nemici del duca ed egli finì decapitato, dopo essere stato sottoposto ad un processo farsa.
Nell’estate successiva scoppiò una rivolta nelle contee meridionali del Kent e del Sussex, gli insorti chiedendo al re di porre fine agli abusi amministrativi commessi dai suoi favoriti, accusati, inoltre, di brogli elettorali e di estorsione. Non ricevendo soddisfazione, i ribelli marciarono sulla capitale, riuscendo a catturare e ad uccidere il Lord Tesoriere, Lord Saye, prima di essere dispersi dalle truppe regie dopo un duro scontro al Ponte di Londra.
Il leader dei ribelli era tale Jack Cade, che però durante la rivolta si fece chiamare John Mortimer, nome sufficiente per mettere la corte in allarme: il cognome era associato alla pretesa al trono della linea femminile di Edoardo III e già all’epoca si sospettò che dietro alla rivolta ci fosse Riccardo, duca di York.
Certamente York aveva motivi per risentirsi: in Francia aveva dimostrato di essere abile sia come amministratore sia come comandante militare, solo per vedere il suo lavoro demolito dall’incompetenza di Somerset.
Al suo ritorno in patria, invece dell’attesa ricompensa (nonché il rimborso per le ingenti spese sostenute per la guerra in Normandia), era stato spedito in Irlanda come viceré, a tutti gli effetti, in esilio.
Due mesi dopo la rivolta di Jack Cade, York sbarcò in Inghilterra, portando seco una lista di lagnanze molto simili a quelle dei recenti ribelli. Invano, il re – cioè Somerset – cercò di fermare il riottoso nobiluomo prima che raggiungesse Londra; e, benché le forze al seguito di York non fossero tali da poter competere con quelle della corona, erano abbastanza numerose da proteggere il duca dai suoi nemici.
York ebbe un abboccamento con il re ma senza risultati; intanto, la situazione nella capitale era volatile: Somerset fu arrestato e mandato nella Torre di Londra, di fatto misura cautelare del re per proteggere il suo favorito.
York poteva contare su di un ampio sostegno all’interno della camera dei Comuni, ma la maggior parte dell’aristocrazia si mostrava poco disposta ad appoggiarlo. Era riuscito a far eleggere il suo seguace Sir William Oldhall speaker (presidente) dei Comuni, ma il gruppo di Somerset era altrettanto agguerrito.
Quando Thomas Young, rappresentante per la città di Bristol, propose che York fosse riconosciuto come l’erede presuntivo al trono – Enrico ancora privo di discendenza –, per la sua audacia fu spedito a riflettere nella Torre di Londra e il parlamento sciolto. Oldhall venne accusato di tradimento e attainted (condanna capitale che comportava la confisca di beni e titoli, con effetto anche sui consanguinei diretti del colpevole), benché fosse riuscito ad evitare il patibolo. Somerset, sempre più nelle grazie sovrane, fu nominato governatore di Calais e a York non rimase altro che tornarsene nei propri possedimenti a progettare le prossime mosse.
A questo punto, era palese che, dato il carattere del re e l’ascendente di Somerset, solo una prova di forza avrebbe costretto il sovrano a varare le riforme volute da York e dai Comuni. Il 1° marzo 1452 si portò con una forza di diverse migliaia di soldati a Dartford, a est di Londra, chiedendo ancora una volta le dimissioni di Somerset e il riordino della pubblica amministrazione. Il re, con un esercito superiore di numero, si accampò a Blackheath, bloccando la via d’accesso alla capitale, e sembrava che il confronto armato fosse inevitabile.
Nel corso di febbrili negoziati, York affermò che non intendeva in alcun modo fare guerra al suo sovrano, chiedendo solo le dimissioni e il processo di Somerset. Il re acconsentì e York sciolse il suo esercito; ma quando si presentò alla tenda di Enrico, vi trovò Somerset a riceverlo e lui fu a tutti gli effetti prigioniero: l’intervento della regina aveva fatto cambiare idea al debole re.
Era innegabile che York fosse reo di alto tradimento, ma i suoi nemici – temendo ripercussioni – si contentarono che facesse solenne e pubblico giuramento di non attentare alla pace del regno.
La guerra civile era stata evitata, ma non per questo si erano sopite le tensioni politiche, destinate ad aggravarsi nel corso dei mesi seguenti anche per lo sviluppo della guerra in Francia.
Il 17 luglio 1453, gli inglesi subirono una disastrosa sconfitta nei pressi di Bordeaux, e in breve tempo l’intera Guascogna finì in mano francese.
Come già era successo dopo la perdita della Normandia, un gran numero di rifugiati riparò in Inghilterra assieme ad una massa di soldati ormai senza impiego.
Non conoscendo altro mestiere che la guerra, questi militari andarono ad ingrossare le file degli eserciti privati messi su dai vari aristocratici locali e spesso usati per combattere faide personali. Per esempio, nel 1469, il duca di Norfolk mise in campo tremila uomini e vari pezzi d’artiglieria nella sua lite con il vicino Sir John Paston.
Tutto ciò non fece che aumentare il livello di anarchia istituzionale nel Paese: corti e giurie venivano intimidite o corrotte, ereditiere rapite e costrette al matrimonio, feudatari minori imprigionati o uccisi per le loro terre. Non più protetti dall’autorità regia, divenne giocoforza per i piccoli possessori cercare di salvaguardare la vita e la proprietà attraverso la protezione dei potenti ed accettando di vestire la loro livrea.

UNA REGINA IMPOPOLARE PER UN RE DEBOLE

Le disastrose notizie dalla Francia imposero uno sforzo insostenibile sul già debole cervello di Enrico, e nell’estate del 1453 il re subì un tracollo mentale che lo ridusse in uno stato di catatonica demenza destinata a durare quasi diciotto mesi, responsabili i cattivi geni ereditati da suo nonno materno, il folle Carlo VI di Valois.
Neppure la nascita del figlio Edoardo, principe di Galles, riuscì a smuovere l’inebetito sovrano e, dopo aver procrastinato il più possibile, il Consiglio regio dovette chiedere al parlamento di istituire una reggenza. Somerset era fuori gioco, il duca di Norfolk riuscendo a farlo mettere in stato d’accusa dalle Camere e ad imprigionarlo per via dell’insuccesso francese.
Margherita d’Angiò tentò in tutti i modi di farsi nominare reggente, ma la sua precedente associazione con Somerset e gli accoliti di questi la rendeva invisa al parlamento. Alla fine, dopo ulteriori manovre politiche, nel marzo del 1454 il duca di York fu proclamato Protettore del regno, mentre la regina, sconfitta, si ritirava con il figlio nella residenza di Greenwich.
Se Margherita avesse avuto un minimo di acume politico, avrebbe capito che le conveniva fare buon viso a cattivo gioco sostenendo York e i riformatori. Purtroppo, come in altre occasioni, si lasciò guidare dalle proprie emozioni: il sospetto che York volesse prendere il posto ...

Indice dei contenuti

  1. Collana
  2. Frontespizio
  3. Copyright
  4. Indice
  5. Due rose e un terzo incomodo
  6. PANORAMA
  7. FOCUS a cura di Niccolò Capponi
  8. APPROFONDIMENTI
  9. Piano dell'opera