Una categoria religiosa
Nella cultura degli antichi Greci il mondo soprannaturale comprende diversi tipi di potenze divine, tra cui gli dèi (theoi) e gli eroi (heroes).
Tuttavia i tratti distintivi di ciascuna categoria religiosa non sono sempre individuabili in maniera netta nella tradizione letteraria e nella pratica cultuale.
Si riscontrano infatti interferenze e sovrapposizioni, come dimostra la figura emblematica di Eracle, eroe e al tempo stesso dio: un heros theos, secondo il poeta Pindaro che ne canta l’apoteosi (Nemee, III, 22).
Questa constatazione però non esclude affatto l’opportunità di un’analisi degli aspetti e delle funzioni peculiari della figura eroica. Induce piuttosto a una precauzione metodologica, indispensabile per comprendere la complessità di un mondo divino che si esprime in forme molteplici, non sempre pienamente riconducibili ai modelli interpretativi contemporanei.
I numerosi lavori consacrati allo statuto degli eroi e delle eroine (heroinai, heroissai, heroides) della Grecia testimoniano quanto sia difficile esibire un’interpretazione soddisfacente e adeguata di queste figure, soprattutto quando si tenta di ricostruire una tipologia idonea a comprenderne tutta la varietà in un quadro coerente e sistematizzato. Sono state stabilite molteplici tassonomie sulla base di criteri diversi: non solo le origini degli eroi (divinità decadute o umani promossi a un rango divino, in quanto onorati con culti dopo la morte), ma anche la loro natura (epica, mitica, storica) o la loro funzione, legata al campo di intervento privilegiato (guerra, guarigione, mantica, agonistica, iniziazione ecc.).
Il limite più evidente di queste liste è che i diversi criteri finiscono per confondersi o per escludere alcuni eroi, rendendo in definitiva arbitraria l’attribuzione di un eroe a una categoria anziché a un’altra.
Del resto, piuttosto che preoccuparsi di dividere i loro eroi in gruppi coerenti e omogenei sulla base di tratti specifici, gli antichi Greci si limitano a distinguerli dagli dèi e dagli uomini, secondo una gerarchia ricorrente nei testi di poeti, oratori e filosofi. Pindaro la formula in questi termini: “Inni sovrani della lira / quale dio, quale eroe, quale uomo canteremo?” (Olimpiche, II, 1-2).
Le ricerche più recenti mostrano che il mondo degli eroi non è chiuso in se stesso, impermeabile, fissato una volta per tutte in un elenco definitivo, quanto piuttosto una realtà flessibile, viva e multiforme, soggetta a revisioni e rivalutazioni. I tratti costitutivi degli eroi, presenti sia nel mito sia nel culto, dipendono inoltre dall’immagine veicolata dalla documentazione disponibile, letteraria, iconografica, epigrafica e archeologica. Tuttavia, nonostante la fisionomia particolare di ciascun eroe, si possono individuare alcuni aspetti comuni che fanno del mondo eroico non “un’accozzaglia di figure di varia natura, ma qualcosa di fondamentalmente omogeneo” (Angelo Brelich, Gli eroi greci, 1958, p. 222), strutturato da un insieme di molteplici affinità che lo rendono lungi dall’essere amorfo.
L’etimologia
L’etimologia non è chiara e non risolve la polisemia del termine heros, che resta ambiguo anche in ragione del moltiplicarsi del fenomeno delle eroizzazioni, estese nel corso del V e del IV secolo a.C. alla massa dei comuni mortali. Piuttosto che cercarne un’essenza semantica, heros, di origine greca e già attestato in miceneo (sulle tavolette in lineare B si legge tiriseroe), va contestualizzato nei suoi diversi impieghi.
È comunque interessante evocare alcune delle ipotesi emerse al riguardo. La linguistica storica moderna riconduce il termine heros al sanscrito vir-a, la cui radice si ritrova nel latino vir: l’eroe è dunque il "forte", l’"uomo vigoroso". Un’altra interpretazione (riferita dal linguista Pierre Chantraine nel suo Dictionnaire étymologique de la langue grecque, 1968-1980) stabilisce un rapporto con la radice *ser-, da cui il latino servare, "salvare, custodire, sorvegliare", sottolineando in tal modo una delle funzioni principali dell’eroe, onorato nel culto in cambio della sua protezione. Anche gli antichi hanno proposto diverse etimologie, spesso infondate e dettate da intenti speculativi.
Risale al teologo latino Agostino il riconoscimento di un nesso con il nome di Era (Hera), con il merito di mettere in rilievo il legame della figura eroica con la sfera divina: l’eroe è considerato come il giovane consorte della dea del matrimonio e delle stagioni. Il filosofo greco Platone pensa invece che gli "eroi" si chiamino così perché nati dall’eros di divinità unitesi a mortali (Platone, Cratilo, 398de).
Platone
Gli eroi nascono dall’eros divino
Cratilo
SOCRATE: Tutti dunque son nati o da un dio innamorato d’una mortale, o da un mortale innamorato d’una dea. Se perciò tu consideri anche questo secondo la lingua attica, quella antica, lo capirai anche meglio, perché ti chiarirà che dal nome dell’eros, dell’"amore", donde son nati gli eroi, con una lieve alterazione, per farne un appellativo, costoro furono denominati heroes. E così, o è questo che ha dato origine al nome, o il fatto che erano sapienti e retori [e] abilissimi e dialettici, capacissimi di erotan, cioè di "interrogare", giacché [erotan è affine ad] eirein [che] vale "parlare". Come dunque dicevamo, quelli che in lingua attica sono detti eroi, ci risulano de’ retori e degli esseri capaci d’interrogare, sicché la stirpe eroica (to heroikon phylon) diventa una genia di retori e sofisti.
Platone, Cratilo, trad. it. di E. Martini, Milano, BUR, 1989
Anche se falsa, questa etimologia coglie un aspetto ricorrente della biografia degli eroi greci, spesso di ascendenza divina o frutto di unioni ibride, che permettono loro di ereditare dal genitore divino una superiorità incontestabile senza tuttavia affrancarli dalla morte.
L’eroe omerico e l’ideale guerriero
Omero
Ettore sceglie la guerra, la morte e la gloria eterna
Iliade, Libro IX; Libro VI
Iliade IX, 410-416
La madre Teti, la dea dai piedi d’argento, mi disse
che due sorti mi portano al termine di morte;
se, rimanendo, combatto intorno a Troia,
perirà il mio ritorno, la gloria però sarà eterna (kleos aphthiton);
se invece torno a casa, alla mia patria terra,
perirà la nobile gloria (kleos esthlon), ma a lungo la vita
godrò, non verrà subito a me destino di morte.
Iliade VI, 440-446
E allora Ettore grande, elmo abbagliante, le disse:
"Donna, anch’io sì, penso a tutto questo; ma ho troppo
rossore (aide...