Antichità - La civiltà greca - Arti visive
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Antichità - La civiltà greca - Arti visive

Storia della Civiltà Europea a cura di Umberto Eco - 8

  1. 263 pagine
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Antichità - La civiltà greca - Arti visive

Storia della Civiltà Europea a cura di Umberto Eco - 8

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Parlare dell'arte della Grecia non è per noi come parlare dell'arte di una qualunque altra civiltà del mondo antico. Nessun'altra cultura figurativa del passato ha la stessa importanza per la cultura occidentale (e forse per quella di tutto il mondo moderno). Per secoli in essa si identificò la bellezza artistica in assoluto, e questo anche prima di conoscerne le testimonianze originali.Abituati ad una grecità bianca, dalle bianche statue e dai bianchi templi, dimentichiamo o ignoriamo che statue e templi erano colorati. Spesso noi vediamo la grecità più come la immaginavano i devoti rinascimentali della divina proporzione o gli esteti raffinati dell'epoca di Canova, ma come la vedevano i contemporanei di Parmenide, o di Socrate, o di Tolomeo?In questo ebook, si descrive un'arte figurativa che è arte di corpi, dove l'uomo - e la divinità antropomorfa - è posto a misura dell'universo, dove il naturalismo mimetico ha saputo trovare un eccezionale bilanciamento tra razionalità, intuizione ed espressione del sentimento, e dove l'equilibrio di forme e proporzioni si fa ideale di bellezza. Oltre i pregiudizi e le convinzioni neoclassiche, si parla non di idealismo, ma di realismo concettuale, e di mimesi non come rifacimento meccanico e statico, ma come riattualizzazione del vivente in forme capaci di comunicare.Tra narrazione e immagine, arte e uomo, artista e artigiano, alla riscoperta delle forme e dei colori della classicità greca.

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Informazioni

Anno
2014
ISBN
9788897514473
Argomento
Art
Categoria
Art général

La civiltà greca

Alle origini della polis: narrazione ed autorappresentazione nell’arte geometrica
Claudia Guerrini

Le prime scene figurate complesse dell’arte greca si fanno spazio, a partire dal secondo quarto dell’VIII secolo a.C., nella serrata trama degli eleganti motivi ornamentali che ricoprono le pareti di vasi dipinti in stile geometrico; i soggetti prescelti, relativi soprattutto ai diversi momenti del rituale funerario e al tema della guerra, resi in uno stile di maestosa e solenne essenzialità, rimandano ai valori e agli ideali di una élite aristocratica emergente nel tessuto sociale della polis in via di formazione.

Geometrie

L’espressione “arte geometrica” abbraccia l’intera produzione artistica greca del periodo compreso tra 900 e 700 a.C. ca., ma deriva in particolare dal peculiare stile decorativo che caratterizza la ceramica dipinta, un prodotto che riveste un ruolo di assoluta preminenza nel complesso della cultura materiale della Grecia di questo periodo. È la ceramografia, in questo momento della storia greca, ad esercitare l’influenza più profonda e vivificatrice sulle altre arti visive, e sono i pittori di vasi la vera avanguardia artistica; anche per questo, la ceramica di età geometrica costituisce una fonte preziosissima per la conoscenza degli aspetti sociali, culturali ed antropologici di questa fase, così povera di testimonianze di altra natura, e così importante per la comprensione dei successivi sviluppi della civiltà greca. Nella ceramica dipinta di età geometrica giungono a completa maturazione le tendenze già espresse nella produzione vascolare del periodo precedente, che viene definito “protogeometrico” (metà XI - fine X sec. a.C.): la superficie dei vasi è quasi completamente occupata dalla fittissima stesura, in una vernice nera lucida distribuita su fondi a risparmio, di motivi geometrici ripartiti in fasce: meandri; catene di denti di lupo, di rombi, di zig zag, di rosette stilizzate; zone campite a scacchiera o a reticolo, la cui sapiente distribuzione enfatizza i profili curati e audaci di forme vascolari prodotte in atelier ceramici che già possono vantare un elevato grado di specializzazione. Tali motivi richiamano probabilmente le trame di preziosi tessuti, dei quali nulla è rimasto, importati dal Vicino Oriente, con cui i contatti commerciali riprendono sin dagli inizi del IX secolo a.C.; ma anche gli intrecci di canestri e contenitori realizzati con fibre vegetali, probabilmente assai diffusi.
I migliori atelier ceramici, già dall’età protogeometrica, hanno sede ad Atene, la città che in questo momento presenta il profilo artistico e culturale più definito, e che esercita sugli altri principali centri della Grecia una evidente influenza. È appunto ad Atene che, negli anni intorno al 770 a.C., con l’introduzione nella ceramica dipinta di scene figurate complesse, ha luogo una vera e propria rivoluzione che pone termine ad una fase – definita the long pictureless hiatus da uno dei più autorevoli conoscitori della Grecia di età geometrica ed arcaica, Anthony M. Snodgrass (1934-) – che aveva avuto inizio con il crollo dei regni micenei. Adesso, per la prima volta, si delineano quella abilità compositiva e quella tendenza alla narrazione destinate a costituire le fondamenta di un linguaggio visivo determinante per i successivi sviluppi delle arti figurative nel mondo greco e in quello romano, nonché, in ultima analisi, in buona parte del mondo occidentale fino ai nostri giorni. Rare, evanescenti figurine umane o animali compaiono episodicamente già nella ceramica prodotta prima del secondo quarto dell’VIII secolo a.C., ma come schiacciate ed emarginate in spazi periferici dalla dominante, rigorosa decorazione geometrica, o tradotte in elemento ornamentale che si adegua all’articolata razionalità della composizione, come le ritmiche teorie di cervi pascenti e di uccelli acquatici che talvolta si inseriscono tra le fasce di elementi geometrici.
Nell’astrazione rigorosa, quasi intellettualistica, di queste partiture ornamentali, che mostrano l’abilità e la fantasia dei pittori vascolari nella varietà dei motivi e nell’acribia minuziosa con cui sono riprodotti e alternati, la rappresentazione figurata per lungo tempo stenta a trovare il proprio posto; ma quando l’arte rappresentativa riesce finalmente a conquistarsi uno spazio, si tratta di un vero e proprio spazio pittorico: riquadri metopali e fasce che si configurano come finestre che si aprono su luoghi e momenti “altri” rispetto alla rarefatta concretezza della sintassi ornamentale geometrica. Per essere inserite armoniosamente nella simmetrica trama dei motivi geometrici, anche le figure umane ed animali subiscono un processo di geometrizzazione, che conferisce forma triangolare ai torsi e sviluppo filiforme alle membra; una geometrizzazione, tuttavia, che sa rispettare, e anzi esaltare, peculiarità e potenzialità del corpo umano e di quello animale, e suggerirne la mobilità raffigurando gli uomini in atto di camminare, e i cavalli che sollevano sulle punte le zampe posteriori, come se fossero prossimi a slanciarsi al galoppo: una caratterizzazione funzionale, dunque, che sa dar ragione del modo in cui questi corpi agiscono, e che ha ben poco a che vedere con il disegno infantile, con cui la pittura geometrica è pure stata frequentemente accostata.

Geras thanonthon

Il repertorio iconografico delle scene figurate della ceramica tardogeometrica, concentrato sui momenti del rituale funerario e sulla guerra, si presenta, fin dalle prime apparizioni, straordinariamente ricco e dotato di notevole coerenza interna, costituito da temi che conosceranno un’inesausta fortuna fino alla fine dell’VIII secolo a.C.
È stato giustamente osservato dall’archeologo italiano Bruno d’Agostino (1936-) in un suo recente saggio (Alba della città, alba delle immagini? in “Tripodes. Quaderni della Scuola Archeologica Italiana di Atene”, 7, 2008) che la poetica dell’arte geometrica “nasce già matura, come Atena dalla testa di Zeus”; essa non è tanto il frutto dell’autonoma ricerca creativa di ceramografi stanchi del repertorio ornamentale geometrico, quanto delle esigenze autorappresentative della committenza, identificabile in una élite aristocratica emergente nella polis in formazione.
Una élite che ribadisce le proprie prerogative, i propri modelli comportamentali e le proprie norme sociali nel rituale funerario, nella tomba e nella composizione del corredo funebre, elementi compresi nel concetto omerico di geras thanonton, ovvero “ciò che è dovuto ai morti”: la celebrazione del rito e l’esaltazione dell’areté del defunto serviranno a definire quell’immagine del morto che diventerà patrimonio della memoria collettiva. Le prime scene figurate campeggiano soprattutto su vasi monumentali, alti anche più di 1,5 metri, utilizzati come segnacoli tombali, con la base rotta per accogliere le offerte liquide destinate al defunto e per consentire lo scolo delle acque piovane, ma anche per sottrarre simbolicamente questi contenitori all’uso terreno. Per le sepolture maschili, sono usati crateri (vasi da simposio da cui si attinge il vino diluito con acqua) che rimandano al ruolo dell’uomo nei riti sociali della classe aristocratica, o anfore con anse al collo, che nelle linee vagamente antropomorfe restituiscono al defunto quella corporeità che la morte gli ha rapito; anfore con anse al ventre, allusive ai compiti della donna nell’economia domestica, vengono utilizzate per segnalare le sepolture femminili.
Si tratta di opere dotate di un forte carattere di esclusività, appannaggio di un gruppo sociale ristretto, che le commissiona ad un numero altrettanto ristretto di ceramisti e ceramografi: se è vero che oltre il 90 percento dei vasi figurati con scene complesse di età geometrica sono di produzione attica, è altresì vero che buona parte di essi sono attribuibili all’attività del primo pittore vascolare di cui è possibile delineare la personalità artistica, il cosiddetto Maestro del Dipylon, degli artisti della sua cerchia e dei loro immediati successori. Il Maestro del Dipylon deve il nome convenzionale con cui è conosciuto nella letteratura archeologica ad una splendida anfora, alta 1,55 metri, rinvenuta nella necropoli nei pressi della “doppia porta” (Dipylon) di Atene: in essa, la serrata scansione ritmica dei raffinatissimi fregi con ornamentazione geometrica fa spazio ad una più ampia fascia tra le anse, in cui si svolge una scena di prothesis, cioè di esposizione del corpo della defunta sul letto funebre. Il dolore dei presenti si sublima nella ritualità del compianto funebre, che moltiplica il gesto di portarsi le mani alla testa in un ritmo ossessivo che si interrompe in corrispondenza di una figura più piccola (un bambino?) che accarezza teneramente il capo della defunta. Le scene di prothesis sono le più frequenti nella ceramica tardogeometrica figurata; distribuite in un arco cronologico più ampio rispetto alle scene di battaglia, sono tuttavia caratterizzate da una notevole uniformità compositiva, che presenta poche varianti, relative principalmente agli attributi che possono caratterizzare la figura del defunto, che di frequente, nel caso di individui maschi, è connotato come guerriero in virtù della presenza delle armi o di un picchetto d’onore di armati che partecipano alla cerimonia.
L’esposizione del defunto al cordoglio della comunità e al lamento funebre delle donne (threnos) è elemento fondamentale del rituale funerario eroico che compare più volte descritto nei poemi omerici. A questo momento segue il trasporto del defunto sul carro (ekphora) fino al luogo della cremazione e della sepoltura: e scene di ekphora compaiono sulla ceramica tardogeometrica, spesso in combinazione con quelle di prothesis, a dimostrare che quanto si ritiene necessario a garantire al morto onore e fama imperituri è stato compiuto. Il rito funerario di tipo “omerico” sembra dominare l’immaginario collettivo della élite aristocratica, che ostenta un legame preferenziale con quella lontana, favolosa “età degli eroi”, al punto da riservare a se stessa l’antico rito dell’incinerazione quando è ormai prevalente nelle necropoli greche il rito inumatorio, comparso a partire dagli inizi del IX secolo a.C.; e, soprattutto, al punto da riservare, dalla metà dell’VIII secolo a.C., agli antichi tumuli funerari di età micenea (che dovevano certo punteggiare in modo impressionante il paesaggio dell’Attica, dell’Argolide, della Messenia) un culto eroico che ne fa anche il fulcro di grandi santuari in formazione, come ad Olimpia, e addirittura di vere e proprie entità politiche.

Proiezioni in un passato eroico

In un contesto simile, è lecito domandarsi se certe scene riproducano eventi che hanno effettivamente avuto luogo, o se funzionino piuttosto quali sostituti simbolici, proiettando nel passato eroico l’episodio luttuoso che ha colpito il genos. Nella ceramografia tardogeometrica compaiono di frequente sfilate di carri che recano uomini armati, nelle quali è possibile riconoscere un richiamo ai giochi funebri che costituiscono un altro momento caratterizzante del funerale eroico, e che più volte compaiono nei poemi omerici. Non è possibile sapere se davvero nell’Atene dell’VIII secolo a.C. competizioni sportive accompagnino la sepoltura di personaggi illustri, ma queste immagini fanno piuttosto pensare a situazioni ideali, proiettate in un mitico e nebuloso passato anche grazie alla presenza di elementi che potremmo addirittura definire “antiquariali”. Tra questi, quello sicuramente p...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Colophon
  3. Frontespizio
  4. La collana
  5. Introduzione
  6. Le civiltà egee
  7. La civiltà greca
  8. Piano dell'opera