Le introduzioni di Umberto Eco  Attraverso 6000 anni di cultura
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Le introduzioni di Umberto Eco Attraverso 6000 anni di cultura

Storia della Civiltà Europea a cura di Umberto Eco - 75

  1. 80 pagine
  2. Italian
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Storia della Civiltà Europea a cura di Umberto Eco - 75

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Informazioni sul libro

Questo ebook raccoglie i testi che Eco ha scritto per introdurre i periodi della storia della civiltà europea.Lo sguardo di Umberto Eco spazia con profondità e semplicità su interi periodi ed epoche, ne racconta le vicende, i significati, i costumi insieme alla politica e alla religione, ne smonta gli stereotipi storiografici, e ci regala in pochi tratti una visione della Storia della Civiltà Europea originale, unica, entusiasmante.

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Informazioni

Anno
2016
ISBN
9788898828135
Argomento
Storia

Introduzione al Medioevo

Introduzione al Medioevo
Umberto Eco

Una introduzione al Medioevo, per non avere la stessa lunghezza dei volumi che introduce, dovrebbe limitarsi a dire che il Medioevo è il periodo che, iniziando mentre l’impero romano si dissolve, fondendo la cultura latina con quella dei popoli che hanno gradatamente invaso l’impero, con il cristianesimo come collante, dà vita a quella che chiamiamo oggi Europa, con le sue nazioni, le lingue che ancora parliamo e le istituzioni che, sia pure attraverso cambiamenti e rivoluzioni, sono ancora le nostre.
Troppo, e troppo poco. Siccome sul Medioevo pesano molti stereotipi, sarà anzitutto opportuno precisare che il Medioevo non è quello che il lettore comune pensa, che molti affrettati manuali scolastici gli hanno fatto credere, che cinema o televisione gli hanno presentato. E dunque per prima cosa si dovrà dire (i) che cosa il Medioevo non è. In seguito ci si deve chiedere (ii) che cosa il Medioevo ci ha lasciato che sia attuale anche oggi. E infine (iii) in che senso esso è stato qualcosa di radicalmente diverso dai tempi in cui viviamo.

Che cosa il Medioevo non è

Il Medioevo non è un secolo. Non è un secolo, come il Cinquecento o il Seicento, né un periodo preciso dalle caratteristiche riconoscibili, come il Rinascimento, il barocco o il Romanticismo. È una serie di secoli che è stata così definita per la prima volta da un umanista, Flavio Biondo, vissuto nel XV secolo. Biondo, come tutti gli umanisti, auspicava un ritorno alla cultura dell’antichità classica, e poneva per così dire tra parentesi quei secoli (che egli intendeva come epoca di decadenza) intercorsi tra la caduta dell’impero romano (476) e i tempi suoi – anche se la sorte ha voluto che alla fine Flavio Biondo appartenesse anch’egli al Medioevo, dato che è morto nel 1463 mentre convenzionalmente la fine del Medioevo è stata fissata al 1492, anno della scoperta dell’America e della cacciata dei Mori dalla Spagna.
1492 meno 476 fa 1016. Mille e 16 anni sono molti ed è difficile credere che in un periodo così lungo, nel corso del quale sono occorsi molteplici eventi storici di cui si studia anche a scuola (dalle invasioni barbariche alla rinascenza carolingia e al feudalesimo, dall’espansione araba alla nascita delle monarchie europee, dalle lotte tra Chiesa e Impero alle crociate, da Marco Polo a Cristoforo Colombo, da Dante alla conquista turca di Costantinopoli), il modo di vivere e di pensare sia rimasto sempre lo stesso.
Un esperimento interessante è chiedere a una persona anche colta (che non sia naturalmente un esperto di cose medievali) quanti anni intercorrono tra sant’Agostino, considerato il primo dei pensatori medievali, anche se muore prima della caduta dell’impero romano, e san Tommaso – visto che entrambi vengono studiati anche a scuola come massimi rappresentanti del pensiero cristiano. Ebbene, non molti azzardano la cifra reale, che è otto secoli, almeno quanti separano san Tommaso da noi.
In otto secoli possono succedere molte cose, anche se allora le cose procedevano con maggior lentezza che ai tempi nostri. Per questo il Medioevo è, e ci si scusa per la tautologia, un evo, come l’evo antico o l’evo moderno. Il cosiddetto evo antico, ovvero l’antichità classica, è una serie di secoli che va dai primi aedi pre-omerici ai poeti del basso impero latino, dai presocratici agli stoici, da Platone a Plotino, dalla caduta di Troia alla caduta di Roma. Parimenti l’evo moderno va dal Rinascimento alla Rivoluzione francese, e ne fan parte sia Raffaello che Tiepolo, sia Leonardo che l’Encyclopédie, sia Pico della Mirandola che Vico, sia Palestrina che Mozart.
Quindi bisogna avvicinarsi alla storia del Medioevo con la persuasione che di medievi ce ne siano stati molti, e se non altro attenersi a un’altra datazione, anch’essa troppo rigida, ma che almeno tiene conto di alcune svolte storiche. Così si suole distinguere l’alto Medioevo, che va dalla caduta dell’impero romano all’anno Mille (o almeno a Carlo Magno), un Medioevo di mezzo, che è quello della cosiddetta rinascita dopo il Mille, e infine un basso Medioevo che, malgrado le connotazioni negative che un termine come “basso” può suggerire, è l’epoca gloriosa in cui Dante finisce la Commedia, scrivono Petrarca e Boccaccio e fiorisce l’umanesimo fiorentino.
Il Medioevo non è solo un periodo della civiltà europea. Per intanto vi è il Medioevo occidentale e quello dell’impero d’Oriente, che rimane ancora vivo tra gli splendori di Bisanzio per mille anni dopo la caduta di Roma. Negli stessi secoli fiorisce una grande civiltà araba, mentre in Europa circola, più o meno clandestina, ma vivacissima, una cultura ebraica. I confini tra queste diverse tradizioni culturali non erano così marcati come li si pensa oggi (quando predomina l’immagine dello scontro tra musulmani e cristiani nel corso delle crociate). La filosofia europea conosce Aristotele e altri autori greci anche attraverso la mediazione delle traduzioni arabe, e dell’esperienza araba si avvale la medicina occidentale. I rapporti tra sapienti cristiani e sapienti ebrei, anche se non proclamati ad alta voce, sono frequenti.
Tuttavia quello che caratterizza il Medioevo occidentale è la sua tendenza a risolvere ogni apporto culturale di altre epoche o civiltà in termini cristiani. Quando si discute oggi se citare nella costituzione europea le radici cristiane dell’Europa, si obietta giustamente che l’Europa ha avuto anche radici greco-romane, radici giudaiche (e basti pensare all’importanza della Bibbia) per non dire delle antiche civiltà precristiane e quindi della mitologia celtica, germanica o scandinava. Ma certamente si deve parlare di radici cristiane per l’Europa medievale. Nel Medioevo tutto viene riletto e tradotto alla luce della nuova religione, sin dai tempi dei Padri della Chiesa. La Bibbia non sarà conosciuta che nella sua traduzione latina, la Vulgata di san Gerolamo, e in traduzioni latine saranno noti gli autori della filosofia greca, usati per dimostrare la loro convergenza coi principi della teologia cristiana (e ad altro non mira la monumentale sintesi filosofica di un Tommaso d’Aquino).
I secoli medievali non sono gli Evi Bui, ovvero i Dark Ages. Se con questa espressione si intendono secoli di decadenza fisica e culturale, agitati da terrori senza fine, fanatismo e intolleranza, pestilenze, carestie e massacri, il modello può in parte applicarsi ai secoli che intercorrono tra la caduta dell’impero romano e il nuovo millennio, o almeno la rinascita carolingia.
Ora, i secoli prima dell’anno Mille erano alquanto oscuri perché le invasioni barbariche, che per qualche secolo avevano battuto l’Europa, avevano a poco a poco distrutto la civiltà romana: le città si erano spopolate o erano andate in rovina, le grandi strade non venivano più curate e sparivano tra gli sterpi, erano state dimenticate tecniche fondamentali come quelle dell’estrazione dei metalli e della pietra, si erano abbandonate le colture e, prima della fine del millennio, o almeno prima della riforma feudale di Carlo Magno, interi territori agricoli erano ritornati foresta.
Se tuttavia andiamo a riscoprire le radici della cultura europea, assistiamo in questi secoli “oscuri” al sorgere delle lingue che parliamo ancora oggi, all’instaurarsi di una civiltà detta romano-barbarica o romano-germanica, da un lato, e della civiltà bizantina dall’altro, che mutano profondamente le strutture del diritto. In questi secoli giganteggiano figure di grande vigore intellettuale come Boezio (che nasce proprio mentre cade l’impero romano ed è stato appunto definito come l’ultimo dei Romani), Beda e i maestri della Scuola Palatina di Carlo Magno, quali Alcuino o Rabano Mauro, sino a Giovanni Scoto Eriugena. Convertiti al cristianesimo, gli Irlandesi fondano monasteri in cui si studiano i testi antichi e saranno i monaci dell’Ibernia che rievangelizzeranno intere aeree dell’Europa continentale, inventando al tempo stesso quella originalissima forma di arte altomedievale che sono le miniature del Libro di Kells e di altri manoscritti analoghi.
Malgrado queste manifestazioni culturali, il Medioevo prima del Mille era certamente un periodo di indigenza, di fame, di insicurezza, e vi circolavano storie di interventi miracolosi in cui un santo, apparendo all’improvviso, recuperava un falcetto che il contadino aveva lasciato cadere nel pozzo: storie che lasciano capire come in quell’epoca il ferro fosse diventato così raro che la perdita del falcetto poteva significare l’impossibilità, per sempre, di lavorare nei campi.
Rodolfo il Glabro nei suoi Historiarum Libri, parlando di eventi accaduti quando il primo millennio era appena scaduto da 30 anni, ci descrive una carestia dovuta a un tempo così inclemente che non si riusciva a trovare il momento propizio né per la semina né per il raccolto, soprattutto a causa delle inondazioni. La fame aveva reso tutti smunti, poveri e ricchi, e – quando non erano più restati animali da mangiare – ci si era cibati di ogni tipo di carogne e “di altre cose che destano ribrezzo al solo parlarne”, sino a che alcuni si erano ridotti a divorare carne umana. I viandanti venivano aggrediti, uccisi, tagliati a pezzi e messi a cuocere, e coloro che si mettevano in viaggio nella speranza di sfuggire alla carestia, durante la notte venivano sgozzati e divorati da chi li aveva ospitati. C’era chi attirava i bambini mostrando un frutto o un uovo per poterli scannare e cibarsene. In molti posti si mangiavano i cadaveri disseppelliti: un tale aveva portato carne umana già cotta al mercato di Tournus per venderla, era stato scoperto, messo al rogo, ma poi era stato messo al rogo anche un altro che di notte era andato a cercare quella stessa carne là dove l’avevano sotterrata.
La popolazione, sempre meno numerosa e meno robusta, era falciata da malattie endemiche (tubercolosi, lebbra, ulcere, eczemi, tumori) e da epidemie tremende come la peste. È sempre difficile fare calcoli demografici per i millenni passati, ma secondo alcuni l’Europa, che nel III secolo poteva contare tra i 30 e i 40 milioni di abitanti, nel VII secolo si era ridotta a 14 o 16 milioni.
Poca gente che coltivava poca terra, poca terra coltivata che nutriva poca gente. Però quando ci appressiamo al millennio, le cifre cambiano, e si parla di nuovo di 30 o 40 milioni di abitanti per l’XI secolo, mentre nel XIV secolo la popolazione europea oscillerà ormai tra i 60 e i 70 milioni. Anche se le cifre discordano, si può dire che nel giro di quattro secoli la popolazione come minimo raddoppia.
Rimane celebre il brano di Rodolfo il Glabro il quale, dopo aver detto della carestia del 1033, tuttavia racconta come all’alba del nuovo millennio la terra rifiorisse di colpo come un prato a primavera: “Si era già all’anno terzo dopo il Mille quando nel mondo intero, ma specialmente in Italia e nelle Gallie, si ebbe un rinnovamento delle chiese basilicali. Ogni popolo della cristianità faceva a gara per averne una più bella. Pareva che la terra stessa, come scrollandosi e liberandosi dalla vecchiaia, si rivestisse tutta di un candido mantello di chiese” (Historiarum III,13).
Con la riforma di Carlo Magno sia le abbazie che i grandi feudi avevano dato impulso a nuove colture, e il X secolo è stato definito come “il secolo pieno di fagioli”. L’espressione non va presa alla lettera, perché i fagioli che conosciamo noi arriveranno solo con la scoperta dell’America, e l’antichità conosceva al massimo i fagioli detti dall’occhio. Ma l’espressione è esatta se il termine fagioli sta per i legumi in genere, e il X secolo aveva visto, con profondi mutamenti nella rotazione delle colture, una coltivazione più intensa di fave, ceci, piselli e lenticchie, tutti legumi ricchi di proteine vegetali. I poveri, in quel remoto Medioevo, non mangiavano carne, a meno che non riuscissero ad allevare qualche pollo, o a fare i bracconieri (perché la selvaggina della foresta era riservata ai signori). Siccome erano malnutriti, lasciavano andare i campi in malora. Nel X secolo, invece, iniziano a diffondersi le colture intensive dei legumi e i legumi sono in grado di soddisfare il fabbisogno energetico di una persona che lavora: aumenta il contributo di proteine, si diventa più robusti, si muore meno giovani, si fanno più bambini e l’Europa si ripopola.
È che all’inizio del secondo millennio i rapporti di lavoro e la tecnica delle comunicazioni subiscono profonde modifiche grazie ad alcune invenzioni e al perfezionamento di altre. Nei tempi antichi il cavallo era bardato con una specie di collare che premeva sul petto dell’animale, poggiando su muscoli che si contraevano sotto la pressione e non potevano impegnarsi bene nella trazione (e inoltre il collare opprimeva i polmoni, diminuendo la resistenza dell’animale). Questa situazione dura circa sino al X secolo. Tra la seconda metà del X e il XII secolo si diffonde un nuovo tipo di collare che sposta il punto di applicazione dal petto alla scapola. Dalla spalla lo sforzo di trazione si sposta sullo scheletro e lascia liberi i muscoli di agire. Questo permette al cavallo di aumentare la propria forza di almeno due terzi e di essere adibito a lavori per i quali sino ad allora si potevano impiegare soltanto i buoi, più robusti ma più lenti. Inoltre, mentre sino ad allora i cavalli venivano attaccati su di una linea orizzontale, ora, in luogo di affiancarli, li si pone in fila indiana e anche questo artificio aumenta notevolmente l’efficacia del traino. È solo in alcune miniature risalenti al Mille che si nota questo nuovo sistema di attacco.
Il cavallo, inoltre, è ora dotato di ferri (arrivati dall’Asia verso il 900), mentre prima i suoi zoccoli erano fasciati, in casi eccezionali, di cuoio. E sempre dall’Asia entrano nell’uso comune le staffe, che favoriscono la stabilità del cavaliere e gli evitano di premere con le ginocchia sui fianchi dell’animale. La maggiore maneggevolezza del cavallo amplia i confini del mondo. Il passaggio nel XX secolo dall’aereo a elica all’aviogetto (che porta a dimezzare la durata dei viaggi) può appena essere paragonato al salto...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Colophon
  3. Frontespizio
  4. Presentazione
  5. Introduzione all’Antichità
  6. Introduzione al Medioevo
  7. Introduzione al Cinquecento
  8. Introduzione al Seicento
  9. Introduzione al Settecento
  10. Introduzione all’Ottocento
  11. Introduzione al Novecento
  12. Piano dell'opera