Giovanni Pontano
Prima nenia: per far venire il sonno
De amori coniugali II
Naenia prima ad somnium provocandum.
Somne, veni; tibi Luciolus blanditur ocellis;
somne, veni, venias, blandule somne, veni.
Luciolus tibi dulce canit, somne, optime somne;
somne, veni, venias, blandule somne, veni.
Luciolus vocat in thalamos te, blandule somne,
somnule dulcicule, blandule somnicule.
Ad cunas te Luciolus vocat; huc, age, somne,
somne, veni ad cunas, somne, age, somne, veni.
Accubitum te Luciolus vocat, eia age, somne,
eia age, somne, veni, noctis amice, veni.
Luciolus te ad pulvinum vocat, instat ocellis;
somne, veni, venias, eia age, somne, veni.
Luciolus te in complexum vocat, innuit ipse,
innuit; en venias, en modo, somne, veni.
Venisti, bone somne, boni pater alme soporis,
qui curas hominum corporaque aegra levas.
Prima nenia: per far venire il sonno
Sonno, vieni, ché t’invita Lucietto con gli occhiuzzi,
vieni, sonno, vieni, vieni; sonnellino bello, vieni.
Dolcemente Lucietto per te canta, ottimo sonno;
vieni, sonno, vieni, vieni; sonnellino bello, vieni.
Lucietto nel suo letto già ti chiama, sonno bello,
sonnerello zuccherino, tenerello sonnellino.
Nella culla sua ti chiama Lucietto; presto, sonno,
sonno, vieni nella culla; sonno, presto, sonno, vieni.
Lucietto a far la nanna chiama te; su, presto, sonno,
presto, sonno, vieni, vieni; vieni amico della notte.
Te Lucietto al suo cuscino chiama chiama con gli occhiuzzi;
vieni, sonno, vieni, vieni; vieni, dunque, sonno, vieni.
Vuole stringerti Lucietto tra le braccia, ti fa cenno,
ti fa cenno, dunque vieni; ecco, adesso, sonno, vieni.
Sei venuto, dolce sonno, padre buono del riposo,
che gli umani affanni plachi, che ristori i corpi stanchi!
in Poeti latini del Quattrocento, a cura di F. Arnaldi, L. Gualdo Rosa, L. Monti Sabia, Milano-Napoli, Ricciardi, 1964
L’umanesimo a Napoli si sviluppa grazie all’impulso dato alla cultura da Alfonso V d’Aragona detto il Magnanimo, il principe spagnolo che riesce a ottenere il trono di Napoli nel 1443 dopo la vittoria sugli Angioini. Tale successo, ricordato nell’arco trionfale di Castel Nuovo a Napoli, dà inizio alla dinastia aragonese nel Regno di Sicilia, che dura fino alla temporanea occupazione di Carlo VIII nel 1495 e alla successiva conquista francese nel 1501. Il successore di Alfonso, Ferrante I, fatica ad affermarsi quale erede perché figlio illegittimo, ma contribuisce anch’egli al progresso della cultura soprattutto grazie all’istituzione, presso lo Studio da lui riaperto nel 1465, di ben quattro cattedre umanistiche tra cui una di greco, assegnata a Costantino Lascaris. Vi insegnano lettori come Giuniano Maio, autore del De priscorum proprietate verborum, il primo dizionario di latino stampato in Italia nel 1475, e Francesco Puppi, discepolo di Poliziano. Dei figli di Ferrante un ruolo chiave nello sviluppo della letteratura in volgare gioca Federico, ultimo della dinastia: è lui il destinatario della famosa Raccolta Aragonese (1477), la silloge di poesia toscana fatta approntare da Lorenzo il Magnifico con la prefatoria attribuita a Poliziano.
Alfonso V, nonostante le continue guerre che è costretto ad affrontare nei suoi 16 anni di regno, è un vero mecenate, ben consapevole della funzione rilevante delle lettere nella vita del nuovo Stato. Per i suoi meriti nei confronti della cultura, nonché per l’atteggiamento munifico verso i suoi sudditi e la città, ottiene il soprannome di Magnanimo. Il re promuove la raccolta di codici latini e greci, primo nucleo della ricchissima biblioteca dei re aragonesi e commissiona traduzioni in latino di testi greci tanto da ricompensare generosamente Poggio Bracciolini (1380-1459) per la versione della Ciropedia di Senofonte, modello fondamentale nella trattatistica sull’educazione dei principi.
Umanisti provenienti da varie parti d’Italia sono ospiti per periodi più o meno lunghi presso la corte di Alfonso, favorendo l’affermazione del rinnovamento culturale: Lorenzo Valla dal 1435 al 1448, Bartolomeo Facio dal 1445 alla morte, Flavio Biondo negli anni 1451-1452, Giannozzo Manetti dal 1455 alla morte, oppure, stabilmente inseriti nell’entourage del re come principali animatori della rinascita delle lettere e precettori dei futuri sovrani, e al contempo insigniti di incarichi politici e diplomatici, Antonio Beccadelli detto il Panormita e Giovanni Pontano.
È a Napoli che, in questo periodo, vengono alla luce alcune tra le più importanti opere dell’umanesimo italiano: il De dignitate et excellentia hominis del Manetti (1452) dedicato ad Alfonso V, e, del Valla, il De falso credita et ementita Constantini donatione (1440), le Elegantiae linguae latinae (1444) e le Emendationes in Titum Livium (1446-47). Queste ultime, testimonianza diretta della fioritura umanistica sotto il primo re aragonese, nascono in seguito ai tentativi di emendamento da parte dei diversi letterati che, attorno a lui, si incontrano quotidianamente nella biblioteca della reggia di Castelnuovo, per la cosiddetta “ora del libro”: oggetto di discussione è, tra gli altri, il testo dello storico latino, particolarmente apprezzato dal Magnanimo.
Dalla consuetudine del circolo di umanisti della corte (Accademia Alfonsina) deriva la famosa istituzione che inizialmente dal Panormita prende il nome di Accademia Antoniana per poi trasformarsi, quando alla morte di Beccadelli la guida passa a Pontano, estensore degli statuti, nella celebre Accademia Pontaniana. Sono Becc...