Il Settecento - Storia
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Il Settecento - Storia

Storia della Civiltà Europea a cura di Umberto Eco - 57

  1. 387 pagine
  2. Italian
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Il Settecento - Storia

Storia della Civiltà Europea a cura di Umberto Eco - 57

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Il Settecento può essere giudicato a buon diritto un secolo rivoluzionario, viste le numerose rivoluzioni che lo sconvolgono: demografica, agricola, industriale, una rivoluzione intellettuale e culturale, e due decisive rivoluzioni politiche, quella americana e quella francese, che determineranno l'assetto di almeno due continenti. Ed è proprio nelle rivoluzioni politiche che emerge l'intenzionalità e la consapevolezza del carattere rivoluzionario del Settecento, che si basa sulla volontà di rifondare la società e le istituzioni sulla base di principi ritenuti razionali e universali, senza più il bisogno di ricercare in un passato mitizzato la legittimità delle istanze. Uguaglianza, libertà e benessere sono i valori guida della rivoluzione americana, scatenata dal conflitto politico-costituzionale delle colonie con l'Inghilterra e dall'esigenza di conquistare autonomia e libertà commerciale sui mari, e in questo processo rivoluzionario convergono, condizionandosi reciprocamente, il radicalismo popolare, la cultura illuminista e la tradizione puritana. Sull'altro versante invece la rivoluzione francese affonda le sue radici nella lunga crisi finanziaria che mette in discussione tutto il sistema di privilegi economici e di rappresentanza politica per ordini, tipico dell'antico regime, cui si aggiunge la rivendicazione dei diritti del terzo stato, ma gran parte ha la proclamazione dei Diritti universali. In questo secolo dunque gli eventi propriamente storici non sono scindibili dall'ampia riflessione critica sugli ordinamenti politici e sociali, tanto che nel Settecento diventa largamente prevalente, se non egemone, un'immagine della società centrata sugli individui, sui loro diritti, sui loro rapporti reciproci e su quelli con lo Stato, per cui il fine dell'azione dei poteri pubblici non è più quindi la potenza dello Stato e il prestigio del monarca, ma la "pubblica felicità", la somma delle felicità che i singoli individui hanno il diritto di perseguire.In questo ebook si intrecciano sapientemente gli eventi storici con le riflessioni critiche che li motivano e li alimentano per una profonda comprensione del Settecento con le dinamiche che lo attraversano e le loro implicazioni.

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Informazioni

Anno
2014
ISBN
9788897514916
Argomento
History
Categoria
World History

Riforme e rivoluzioni

Dalle riforme amministrative alle riforme civili
Anna Maria Rao

Nei primi decenni del XVIII secolo in tutta Europa i bisogni finanziari legati alle spese di guerra spingono a riordinare gli apparati statali, per realizzare un maggiore accentramento amministrativo e un migliore funzionamento del sistema fiscale. Dalla metà del secolo emergono esigenze di riforma complessiva dello Stato, di rappresentanza politica, di uguaglianza civile e di libertà, confusamente intrecciate con resistenze di corpi e territori all’assolutismo.

Lumi e riforme

Il XVIII secolo viene definito il secolo dei Lumi e delle riforme. Questo non significa che gli Stati europei vengano improvvisamente colti da una incontenibile volontà innovatrice, né che vi sia un legame diretto tra Illuminismo e riforme. Le ragioni delle riforme, i loro obiettivi e gli strumenti adottati per realizzarle variano infatti a seconda dei Paesi e dei momenti. Si può tuttavia individuare un carattere unificante nella politica delle riforme in Europa: l’ampliarsi della sfera d’intervento dello Stato che estende o rafforza il proprio controllo in ambiti prevalentemente gestiti dalla Chiesa, dalla famiglia, dalle comunità (per esempio istruzione e assistenza) e tende a separare sfera pubblica e sfera privata. La crescente pubblicità del dibattito politico e la circolazione europea di uomini e idee contribuiscono allora all’elaborazione di modelli politici e amministrativi che conferiscono tratti unitari all’azione dei vari Stati. Illuminismo e massoneria diffondono dalla metà del secolo il modello del sovrano-filosofo: un sovrano virtuoso, impegnato a promuovere la pubblica felicità e adeguatamente formato per l’assolvimento dei suoi compiti.
Questo modello, definito dagli storici dell’Ottocento dispotismo illuminato o assolutismo illuminato, esercita un’indubbia influenza sull’azione politica e sulle immagini che i sovrani tendono a dare di se stessi. Ciò non toglie che le riforme consistano soprattutto in soluzioni empiriche, praticate a seconda delle necessità e delle opportunità.

Le riforme amministrative

I costi delle guerre di successione spingono a riordinare gli apparati fiscali e ciò implica una revisione degli equilibri tra potere centrale e corpi rappresentativi di ordini della società. Anche i mutamenti dinastici sollecitano una riorganizzazione complessiva degli apparati di governo: in Spagna Filippo V di Borbone riordina le finanze dello Stato, uniforma gli ordinamenti dei diversi territori (Aragona e Castiglia) e rafforza il potere dei ministri rispetto ai consigli; nel nuovo Regno di Sardegna la legislazione è uniformata dalle cosiddette costituzioni del 1723 e del 1729, che instaurano il controllo del sovrano anche sul sistema scolastico con la creazione delle prime scuole secondarie statali.
Accentrare, livellare, uniformare è quasi la parola d’ordine del periodo, sull’esempio della monarchia assoluta di Luigi XIV di Francia.
Scopo principale dei provvedimenti amministrativi è il controllo delle finanze, attraverso organi centrali (il Direttorio generale della guerra, delle finanze e del demanio in Prussia, 1723; il Directorium in publicis et cameralibus in Austria, 1749, in cui vengono riunite le cancellerie imperiali e la Camera di corte austriache) e organi periferici (intendenti in Spagna e in Piemonte, governatorati in Austria e in Russia, commissari regi in Prussia), creati o potenziati per ripartire il carico fiscale e limitare i poteri locali in materia. Perno del riordinamento tributario è il censimento delle proprietà fondiarie, per distribuire in maniera più razionale l’imposta e ridurre le immunità feudali ed ecclesiastiche. Ma la realizzazione dei nuovi catasti è lunga e contrastata: in Piemonte, avviato alla fine del XVII secolo, il catasto è concluso nel 1731; a Milano, avviato nel 1718 e sospeso nel 1733, viene completato nel 1758; e a Napoli, avviato nel 1740, è redatto negli anni Cinquanta. In Boemia due diversi catasti, per le terre servili e per quelle signorili, vengono conclusi tra il 1748 e il 1757; in Austria e in Ungheria un nuovo catasto viene redatto tra il 1784 e il 1786; mentre in Francia i tentativi di catastazione dei controllori delle finanze Bertin e Turgot, fra gli anni Sessanta e Settanta, falliscono miseramente.
Colpita nei suoi privilegi fiscali, la Chiesa è investita da una raffica di disposizioni volte a ridurre le sue prerogative giurisdizionali (diritto d’asilo, tribunale dell’Inquisizione) e a imporre o rafforzare il controllo regio sulle nomine dei vescovi e sulla censura. A questo scopo mirano infatti i concordati stipulati nel Regno di Sardegna (1727 e 1740), nel Regno di Napoli (1741), in Spagna (1737 e 1753) e nella Lombardia austriaca (1757).
Notevole, inoltre, è la riorganizzazione delle forze militari, soprattutto – ma non solo – negli Stati affacciatisi più di recente sulla scena internazionale, come la Russia, la Prussia, i Regni di Sardegna e di Napoli. Il riordinamento degli apparati fiscali e militari ha importanti conseguenze sui rapporti tra Stato e nobiltà. Disposizioni che ridefiniscono giuridicamente la nobiltà, per trasformarla in una classe di funzionari e militari al servizio dello Stato, vengono infatti emanate in Piemonte (1720-1722), in Russia (Tabella dei ranghi, 1722), in Toscana (1747-1750) e a Napoli (1756), mentre in Prussia Federico Guglielmo I inquadra rigidamente la nobiltà fondiaria in uno Stato burocratico-militare.

Verso riforme civili

La pace di Aquisgrana (1748), instaurando un relativo equilibrio tra le grandi potenze, inaugura un periodo meno turbolento che consente di avviare una politica di più ampio respiro all’interno dei singoli Stati.
Gli obiettivi sostanzialmente non mutano: si accentua la tendenza a ridurre o eliminare le autonomie di ceti e territori, ricorrendo a nuove figure o definendo in maniera più razionale compiti e funzioni di organi preesistenti. Anche le ragioni di fondo delle riforme non mutano; si tratta infatti di riparare ai guasti delle guerre e di reperire risorse finanziarie, problemi di nuovo acuiti dalla guerra dei Sette anni (1756-1763).
Con la pace di Aquisgrana cambia invece il contesto generale. L’aumento demografico, l’espansione economica e l’ascesa dei prezzi dei prodotti agricoli favoriscono la crescita di gruppi sociali interessati a cambiare la distribuzione e la gestione della proprietà fondiaria, di ceti mercantili e manifatturieri che auspicano una politica di uniformazione del mercato interno, di incentivi alla produzione, di limitazione della proprietà ecclesiastica e feudale. Viene vista con favore l’abolizione di vecchie forme di utilizzazione del lavoro contadino (il servaggio, diffuso nell’Europa orientale, le corvée e le prestazioni d’opera che sussistono in alcune zone della Francia e dei territori austriaci), considerate ora controproducenti per la produttività delle terre. Infatti il diffondersi della cultura illuministica, del pensiero fisiocratico e liberista, il moltiplicarsi di giornali, accademie e società agronomiche forniscono a questi gruppi non solo una nuova coscienza di sé, ma anche modi di organizzarsi e di esprimere le proprie idee.
I sovrani non vedono più l’istruzione come un pericolo per la morale e per l’ordine sociale, ma come uno strumento per fondare la propria azione politica sulla conoscenza delle condizioni, delle opinioni dei sudditi e anche sul loro consenso, fanno infatti appello a un’opinione pubblica che essi stessi in questo modo contribuiscono a formare. La prima cattedra di Economia politica, la cattedra di Meccanica e di Commercio affidata ad Antonio Genovesi (Napoli, 1754) e la cattedra universitaria di Scienze politiche e camerali affidata a Joseph von Sonnenfels (Vienna, 1763) testimoniano il nuovo interesse per la politica come scienza e per la cultura come parte integrante dell’immagine dello Stato. Di qui la promozione delle accademie, le riforme universitarie, la sottrazione della censura alla Chiesa e la protezione della massoneria. Anche le mire espansionistiche del resto non implicano più tanto – o soltanto – l’aggressione armata (come in Polonia), ma la creazione di sfere di influenza basate sull’opinione, sull’immagine e sulle reti massoniche.
La parola d’ordine adesso è quella della pubblica felicità che figura anche nei prologhi delle misure legislative. Per formazione culturale o necessità, per esigenze di propaganda o reale umanitarismo, molti sovrani si impegnano in riforme che tendono a migliorare le condizioni civili, realizzando in alcuni casi dei veri e propri codici ispirati all’opera di Cesare Beccaria. Nei territori austriaci Maria Teresa realizza nel 1774 un sistema di istruzione elementare obbligatoria, Giuseppe II nel 1781 emana un decreto che abolisce la servitù della gleba nei domini ereditari di casa d’Austria, mentre il codice penale del 1787 parifica tutti i sudditi di fronte alla legge, abolisce la tortura e limita la pena di morte.
Il problema della Chiesa viene ora affrontato in maniera globale, non solo sul piano giurisdizionale: riqualificazione delle funzioni spirituali del clero, limitazione delle sue ricchezze e riduzione degli ordini regolari, considerati nocivi sul piano economico. L’espulsione dei Gesuiti dal Portogallo nel 1759 e negli anni Sessanta da Francia, Spagna, Regno di Napoli e Ducato di Parma) e lo scioglimento della Compagnia nel 1773 da parte di Clemente XIV consentono di recuperare masse enormi di terra e di riformare i sistemi educativi. Le donazioni ai luoghi pii vengono limitate dalle leggi sulle manimorte, avviate in Francia e in Toscana nel 1749 e nel 1751, e negli anni Sessanta in Spagna, in Portogallo, negli Stati italiani e nei territori austriaci. In Austria, infatti, dove già nel 1750 i Gesuiti perdono il controllo dell’università e la censura della stampa, Giuseppe II sopprime i monasteri degli ordini contemplativi. Caterina II di Russia nel 1764 confis...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Colophon
  3. Frontespizio
  4. La collana
  5. Introduzione
  6. Panorama del secolo
  7. Oltre l’Europa
  8. Economia, ceti e classi
  9. Riforme e rivoluzioni
  10. Le questioni religiose
  11. Culture e società
  12. Piano dell'opera