Pitagora - Le origini della matematica
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Pitagora - Le origini della matematica

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Con Pitagora nasce l'idea, alla base della civiltà occidentale, che la realtà e i fenomeni della natura si possano tradurre in numeri e rappresentare in modo matematico. Primi a studiare sistematicamente le proprietà dei numeri, i pitagorici li considerano i principi primi di ogni cosa (dalle figure geometriche, alle note musicali, al moto degli astri) e ne osservano l'intima connessione con l'ordine razionale del cosmo. Alla scuola pitagorica si devono fra l'altro la distinzione dei numeri in pari e dispari, la definizione dei numeri perfetti, la rappresentazione geometrica dei numeri interi con gruppi di punti; in geometria, oltre al famoso teorema di Pitagora, la dimostrazione che la somma degli angoli interni di un triangolo è uguale a due angoli retti, la scoperta degli incommensurabili, la costruzione dei poliedri regolari, lo studio della sezione aurea. Gli influssi e le applicazioni delle scoperte dei pitagorici si estendono a tutti i campi della matematica, così come si è sviluppata prima nelle civiltà mediterranee e poi in tutto il mondo.

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Informazioni

Editore
Pelago
Anno
2021
ISBN
9791280714787
FOCUS

L’IMPORTANZA DI PITAGORA

A Pitagora e ai pitagorici risale quella mentalità matematica che influì, come vedremo, sul pensiero filosofico e scientifico, tanto che Aristotele ebbe a dire nella Metafisica, forse con una punta di critica se non di esasperazione, che ai suoi tempi ormai la filosofia era diventata la matematica.
Notiamo, però, che né Aristotele né tanto meno Platone e Parmenide si possono considerare esenti da un’influenza pitagorica, anzi potremmo asserire, parafrasando una famosa frase, che «non possiamo non dirci pitagorici», tanto essa si è diffusa in tutta la nostra civiltà occidentale non solo con l’attuale fisica matematica, ma anche con l’ordinamento delle varie società e attività succedutesi nel tempo.
A Pitagora risale, infatti, la definizione dell’universo quale “cosmo” nel significato di “ordine”, come per indicare un universo appunto ordinato e non soggetto ai capricci di divinità capricciose.
Anzi loro stesse, le divinità, devono sottostare alle leggi dei numeri che costituiscono l’essenza vera della realtà da affrontare con quell’“amore per la scienza” altrimenti detta “filosofia”, altro vocabolo attribuito a Pitagora, autore anche del termine mathesis nel significato di “apprendimento” da cui poi deriverà il vocabolo “matematica”, appunto come capacità di apprendere e di migliorare e successivamente di ordinare.
È probabile che questa teoria dell’ordine naturale sia stata sollecitata dalla constatazione che un’attività apparentemente lontana da un ordine stabilito, la musica, era anch’essa soggetta a regole numeriche ben precise, come sono i rapporti tra semplici numeri naturali legati alle note costituenti accordi armonici. Da ciò derivò che ogni espressione umana, pratica o teorica, ebbe un determinato numero per la sua indicazione in un ordine particolare e generale. Si noti, per esempio, che nelle analisi pitagoriche la quarta di una quinta, unite, danno l’ottava, cioè 3/4 di 2/3 sono uguali a 1/2 ecc.
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Nella scuola pitagorica, a parte lo studio dei numeri interi e delle loro connessioni con la geometria, venivano studiate anche discipline che facevano della scuola un vero e proprio circolo culturale di ampio respiro quali la medicina, la dietetica, l’astronomia, l’attività sportiva; introducendo nell’analisi filosofica anche teorie come l’esistenza dell’anima e quella della metempsicosi.
Una scuola ove si era accolti per merito senza badare al censo e, cosa assolutamente nuova, al sesso; un sodalizio che sarà di esempio a tutte le altre scuole che si verranno a formare nei secoli successivi e ove venivano rispettati molti comportamenti (“acusmi”) che tendevano al miglioramento degli appartenenti, strutturati in tre livelli, dai semplici “esoterici”, che per diventare tali dovevano comunque dimostrare notevoli capacità di serietà e comportamento, agli “acusmatici”, rispettosi appunto dei più impegnativi dettami della scuola, e, infine, ai “matematici”, che rappresentavano l’ultimo stadio della perfezione a cui non tutti potevano giungere, senza per questo venir meno a un profondo senso di amicizia e di uguaglianza tra tutti i componenti che rappresentava uno dei più importanti acusmi.
Per la riservatezza della scuola, della quale non era consentito divulgare i vari risultati raggiunti, è difficile, per non dire impossibile, scindere i risultati dei vari componenti tanto più che, per riconoscenza al grande maestro, tutto veniva, in un modo o nell’altro, attribuito a Pitagora. Per questo spesso Aristotele parla genericamente dei “pitagorici” senza ulteriori specificazioni.
C’è addirittura chi dubita della stessa esistenza del nostro filosofo, costretto pertanto a considerare corrotti i testi nei quali Platone e Aristotele nominano esplicitamente Pitagora, il primo una sola volta nella Repubblica e il secondo due volte, nella Metafisica e nella Retorica.
Più vicino a Pitagora risulta paradossalmente il riferimento del filosofo bizantino neoplatonico Proclo (V sec. d.C.), dato che egli riporta, direttamente o no, notizie ricavate dalla Storia della geometria e dell’astronomia di Eudemo di Rodi, allievo di Aristotele, e quindi molto più vicine nel tempo a Pitagora e alla sua scuola. Molto è stato scritto sull’attendibilità di questa conoscenza di Proclo, attestata dai suoi riferimenti diretti e dall’attendibilità stessa di Proclo che però, in altre circostanze, non viene messa in discussione per le molteplici notizie che egli ha dato nel suo Commento al primo libro degli Elementi di Euclide o per i commenti ai dialoghi di Platone.
Proclo non fa cenno alla vita di Pitagora, ma ne tratteggia il contributo, notevole come vedremo, allo sviluppo della matematica a prescindere dai risultati particolari.
Sulla premessa di accettare la serietà dei riferimenti di Proclo, riportiamo quanto egli sinteticamente indica, nell’ambito del suo cosiddetto riassunto della matematica pre-euclidea: «Dopo di loro [si tratta di Talete e Mamerco] ci fu Pitagora, che dello studio della geometria fece un insegnamento liberale (eleutèrun); egli esaminò dall’alto (ànoden) i principi di questa e studiandone i problemi da un punto puramente astratto (aùlos) e concettuale (noeròs). Egli infatti iniziò la trattazione delle grandezze irrazionali (alògon) e trovò la costruzione (sùstasin) delle figure cosmiche».1
Notiamo che poche righe sopra Proclo aveva nominato Talete, il primo a portare la matematica in Grecia, appresa presso gli Egizi, trovando lui stesso molte cose, alcune di esse presentate anche in maniera «più generale» (catolikòteron) altre in forma «più concreta» (aisteticòteron). Siamo alle origini di una rivoluzione o, almeno, a una svolta di un processo già in piccola parte iniziato.
Riguardo a Pitagora, abbiamo posto l’accento su quelle parole più significative di questa sintetica esposizione di Proclo, per meglio individuare il posto che Pitagora occupa nello sviluppo della matematica. Anzitutto un insegnamento “liberale”, al di fuori degli ambienti religiosi come veniva insegnata in Egitto sotto una forma per alcuni versi misteriosa, o in Babilonia: un insegnamento aperto a tutti purché meritevoli.
Pitagora cerca di esaminare «dall’alto» quei principi su cui basare poi proprietà successive, un procedimento diverso da quello «generale» di Talete, che pure presenta un progresso nei confronti di nozioni singole già però, come è stato accennato, in parte presenti nelle matematiche precedenti.
Con Pitagora ha inizio molto più significativamente quel procedimento di “analisi” e “sintesi” secondo cui, per dimostrare una certa proprietà vera o supposta vera, si cercano i fondamenti su cui essa è basata (analisi) per poi esporla procedendo a ritroso (sintesi) ed osservare così i problemi da un punto di vista “astratto”.
Siamo dunque in presenza, per la prima volta, del metodo dimostrativo che con Ippocrate di Chio (seconda metà del V secolo a.C.), Teudio di Magnesia, Leone di Atene (entrambi vissuti all’epoca di Platone) sino ad Euclide (circa 300 a.C.), tutti autori di Elementi di geometria, diverrà la tecnica espositiva della matematica sino ai giorni nostri.
I problemi e i risultati ottenuti da Pitagora e nella sua scuola vengono in tal modo esaminati distaccati da problemi di carattere pratico, ma in modo “astratto” e “concettuale”, come ad esempio quello della “irrazionalità” che, come vedremo, viene connessa alla “costruzione” dei poliedri regolari (“figure cosmiche”) per i quali è talvolta necessario considerare appunto grandezze irrazionali (notiamo la sensibilità storica di Proclo che, evitando un anacronismo, chiama “figure cosmiche” quei poliedri regolari che al suo tempo venivano ormai chiamati “solidi platonici” per lo studio e le sue connessioni con la struttura del mondo sensibile fatto da Platone, nel Timeo).
Questa conclusione è controversa poiché, leggendo ana-lògon (secondo rapporto) anziché alògon (irrazionale), avrebbe indicato la teoria delle proporzioni pur affrontata dalla scuola pitagorica.
__________________
1Proclo, Commento al I libro degli Elementi di Euclide, Prologo, parte 2, trad. di M. Timpanaro Cardini, Giardini, Pisa 1978

LE OPERE SCIENTIFICHE

LA MATEMATICA PRE-ELLENICA

Prima di Pitagora la matematica aveva già raggiunto notevoli risultati sia in geometria sia in aritmetica ed aveva anche affrontato problemi di carattere algebrico non limitati alle equazioni dei primi due gradi. Molti problemi, per non dire tutti, erano ottenuti dalla evidenza senza però l’appoggio successivo della dimostrazione, che è grande scoperta della matematica greca.
La matematica, sebbene ancora rudimentale, aveva già dato manifestazioni di saper strutturare un ordinamento statale, con la sua capacità di equa distribuzione, pagamento delle tasse, commercio e così via.
I matematici babilonesi, per esempio, che avevano raccolto comunque l’eredità sumerica, avevano stabilito (1800-1600 a.C. circa) una numerazione posizionale basata sul numero sessanta (come per noi basata sul dieci) ed erano in grado di considerare anche numeri non interi e operare con essi. Così sapevano risolvere problemi geometrici traducendoli in equazioni di primo e secondo grado e anche casi particolari di quelle di terzo, usando talvolta anche il metodo della falsa posizione che implica il concetto di proporzione. M...

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  1. Collana
  2. Frontespizio
  3. Copyright
  4. Indice
  5. La matematica come scienza
  6. PANORAMA
  7. FOCUS A cura di Silvio Maracchia
  8. APPROFONDIMENTI
  9. Piano dell'opera