Euclide - La geometria modello matematico del mondo
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Euclide - La geometria modello matematico del mondo

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Euclide è il protagonista di una rivoluzione fondamentale per il successivo sviluppo delle scienze: una rivoluzione di metodo. Attraverso l'applicazione rigorosa del ragionamento deduttivo riesce a creare un procedimento d'indagine scientifica universalmente valido. Nella sua opera più importante, gli Elementi, partendo da cinque postulati riesce a costruire un corpus di 465 proposizioni che comprendono e riorganizzano tutte le precedenti conoscenze geometriche, integrandole al contempo con numerosi contributi originali. Prima opera scientifica sopravvissuta per intero fino ai nostri giorni, gli Elementi costituiscono il testo di matematica più studiato per oltre due millenni. E persino le nuove geometrie "non euclidee", nate nell'Ottocento a partire dalla negazione del suo famoso quinto postulato sulle rette parallele, furono costruite con lo stesso, identico metodo usato dal matematico alessandrino.

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Informazioni

Editore
Pelago
Anno
2021
ISBN
9791280714824
FOCUS

L’IMPORTANZA DI EUCLIDE

Non è facile, né credo che abbia molto senso, nel caso di Euclide, cercare di individuare una singola e specifica scoperta a lui dovuta con certezza e che possa dirsi emblematica della sua produzione scientifica. Ciò per vari motivi. Innanzitutto i suoi Elementi costituiscono il primo testo scientifico sopravvissuto per intero fino ai nostri giorni. Di tutta la produzione precedente, invece, se si eccettua qualche frammento, si hanno solo testimonianze più o meno attendibili e comunque sicuramente incomplete. Già questo impedisce di separare con sicurezza quanto dell’opera di Euclide appartiene alla sua produzione originale da quanto era già noto in precedenza. Sussistono, tuttavia, molte ragioni per ritenere che il suo lavoro, al di là di singoli e specifici risultati da lui trovati per la prima volta, costituisca un importante momento di svolta nell’impostazione teorica e nella sistemazione complessiva della disciplina geometrica.
Una, e forse la più importante, delle innovazioni che gli si possono attribuire è la sistemazione rigorosa della teoria delle rette parallele. Per comprenderlo bisogna fare riferimento alla struttura rigorosamente ipotetico-deduttiva della geometria euclidea. Si intende con ciò il fatto che tutta la geometria viene fondata su un piccolissimo numero di proposizioni assunte inizialmente come ipotesi non dimostrate e non dimostrabili (postulati e nozioni comuni), mentre, sulla base di queste, deve essere dimostrata rigorosamente ogni altra affermazione (teoremi).
La struttura ipotetico-deduttiva non nasce con Euclide. Sappiamo, da testimonianze, che era già adottata da matematici precedenti tra cui certamente Eudosso di Cnido (IV sec. a.C.), e trova inoltre rispondenza nella logica di Aristotele. Ciò non significa, però, che tutte le parti della geometria avessero trovato una sistemazione rigorosa e ottimale qual è quella di Euclide. È ipotizzabile, per esempio, che per sviluppare parti importanti ed essenziali della geometria si dovesse far ricorso, fino ad allora, a un numero maggiore di ipotesi non dimostrate.
A questo riguardo vi sono molti indizi per ritenere che Euclide sia stato il primo a dimostrare l’esistenza di rette parallele partendo dal postulato che ogni retta è infinitamente prolungabile, sicché per completare la teoria delle parallele bastava semplicemente postulare che la parallela condotta da un punto a una retta fosse unica. Ed è proprio ciò che sostanzialmente fa, sia pure in forma diversa, con il suo più famoso postulato: il quinto. Su questo punto si tornerà più avanti, perché dai fraintendimenti che ne sono nati in secoli successivi è scaturito uno dei più appassionanti enigmi della storia delle scienze. Un enigma poi culminato con la nascita delle geometrie non euclidee.
Altro punto nodale su cui Euclide sembra aver dato un contributo importante e decisivo è quello che concerne la teoria dei rapporti tra grandezze.
Si tratta, in altri termini, di definire rigorosamente quelle entità che rappresentano la misura di una grandezza qualsiasi e che in termini moderni sono chiamati numeri reali.
Focalizzare l’attenzione su questi due aspetti non significa, ovviamente, che si vogliano sottovalutare altri apporti, sia nell’ambito del suo testo principale, gli Elementi, sia nelle altre opere a lui attribuite, tra cui a me sembrano assumere un particolare significato il suo trattato Ottica e quello sulla cosmologia, i Fenomeni. Resta, però, la difficoltà nel raggiungere ragionevoli certezze su quali siano i singoli risultati ottenuti per la prima volta da Euclide e precedentemente sconosciuti, mentre è da ritenersi come un dato ragionevolmente acquisito l’originalità dell’organizzazione teorica complessiva.

LE OPERE SCIENTIFICHE

Di tutte le opere che in vari tempi sono state attribuite ad Euclide solo per alcune è sopravvissuto un testo in lingua greca, sulla cui originalità e autenticità, tuttavia, bisogna fare delle distinzioni e, nonostante gli studi filologici più o meno approfonditi, permangono ancora numerose riserve per alcune parti di esse, nonché per qualche opera nella sua interezza. Di altre sono pervenute solo notizie e testimonianze di differente attendibilità e qualche tentativo di ricostruzione.
Delle opere il cui testo è giunto fino a noi, quella più importante, com’è ben noto, è costituita dagli Elementi. Si tratta fondamentalmente di un ampio trattato in tredici libri che sviluppa l’intero corpo della geometria elementare, a partire dalle proprietà delle figure piane, sia rettilinee sia curvilinee, fino alle figure solide e alla teoria dei rapporti e delle proporzioni.
Le altre opere pervenute sono l’Ottica, un trattato in cui si stabiliscono le leggi fondamentali della visione prospettica e sembra volto a dare una spiegazione delle mutue relazione tra gli oggetti così come appaiono all’occhio che li osserva; la Catottrica, che si differenzia dall’Ottica in quanto tratta della visione riflessa in uno specchio piano, concavo o convesso (in passato sono stati avanzati dubbi sul fatto che l’opera sia realmente dovuta ad Euclide); i Dati, opera difficilmente classificabile e il cui scopo non è oggi di facile comprensione: in termini molto generali possiamo dire che stabilisce legami di interdipendenza tra le varie parti di una figura geometrica, per cui quando siano dati (assegnati) determinati caratteri, grandezze, o rapporti, allora si dimostra che certi altri caratteri, grandezze e rapporti sono anch’essi dati (determinati); i Fenomeni, sostanzialmente un modello cosmologico, costruito geometricamente in modo da rispettare i dati osservativi sul moto degli astri, così come potevano essere allora conosciuti; infine, la Sectio Canonis, un modello matematico esplicativo dell’armonia musicale.

GLI ELEMENTI

Gli Elementi, essendo il primo testo scientifico sopravvissuto nella sua interezza, costituisce uno spartiacque imprescindibile nella storia delle scienze. Su di esso è cresciuta, e con essa si è misurata, l’intera tradizione delle scienze matematiche fino all’epoca moderna e contemporanea, anche quando se ne distaccava nella forma e nella sostanza.
Ciò che caratterizza gli Elementi, fin dal loro primo impatto sul lettore, è il loro linguaggio formulare, lo stile lineare e rigorosamente tecnico, l’assenza di ogni spiegazione che possa chiarire, al lettore non ancora informato, lo scopo, i contenuti e l’effettivo significato dei termini usati.
Vi si parla di certi oggetti ideali come i punti (privi di dimensione), le linee curve e le linee rette (prolungabili all’infinito, ma prive di larghezza e spessore), le superfici (anch’esse prive di spessore), e tra queste, in particolare, i piani (senza spessore ma estesi anch’essi all’infinito). A partire da questi enti semplici, si costruiscono poi le figure piane (triangoli, quadrati, poligoni vari, cerchi, ellissi e così via) e le figure solide (cubi, parallelepipedi, sfere, ellissoidi e altro).
Oggetti pensabili, dunque, ma non realizzabili o sperimentabili sensorialmente se non per approssimazione e sempre limitatamente a regioni spazialmente finite. Ogni proprietà di questi oggetti viene enunciata secondo formule linguisticamente precise (teoremi) per essere poi dimostrata rigorosamente a partire da altri enunciati che si suppongono noti.
All’inizio di questo procedimento, però, è necessario supporre un numero minimo di proprietà che vengono ammesse senza dimostrazione: sono i postulati. Si tratta, in altri termini, di quello che si dice un procedimento ipotetico deduttivo: si parte da poche ipotesi ammesse a priori (postulati) e, a partire da queste, dev’essere rigorosamente dedotta, con procedimenti logici, ogni ulteriore affermazione valida.
Tutto l’intero corpo della geometria viene così a dipendere da un minimo numero di affermazioni sugli enti fondamentali.
Chiunque sia disposto ad ammettere, a qualunque titolo, queste poche e semplici affermazioni, dovrà necessariamente ammettere l’intero edificio perché rigidamente obbligato dalla pura logica. A che titolo, però, si possano o si debbano ammettere i postulati è una questione non del tutto scontata.
C’è ancora da dire che ogni oggetto geometrico menzionato negli Elementi è rigorosamente denotato con un preciso termine tecnico. Ciò vuol dire che il significato di un termine si deve presumere univoco e specifico all’interno della disciplina, non confondibile, in ogni caso, con i significati che lo stesso termine può assumere nel linguaggio comune. Così, per esempio, nel significato comune, la parola punto può essere utilizzata per denotare il segno lasciato sul foglio da una matita o da uno stilo, ma tale segno non può mai coincidere con l’oggetto ideale della geometria, assolutamente privo di grandezza. Lo stesso può dirsi di tutti gli altri termini, che denotino oggetti ideali come circonferenze, poligoni, sfere, o anche relazioni tra questi, come parallelismo, perpendicolarità, distanza, rapporto e così via.
Detto ciò, è facile constatare come, nella maggior parte, i termini tecnici usati negli Elementi vengano rigorosamente definiti a partire da termini tecnici più semplici ed elementari. Così, per esempio, si osserva che il triangolo è definito come la figura formata da tre punti non allineati e dalle tre linee rette che li congiungono due a due; che la circonferenza è definita come una linea piana i cui punti hanno tutti la stessa distanza da uno stesso punto che si chiama centro.
Ma tutto ciò comporta che alla fine rimangano alcuni termini fondamentali che non possono più essere definiti, perché altrimenti si dovrebbe ricorrere a termini ancora più semplici, e questi dovrebbero essere a loro volta definiti, andando incontro ad un processo infinito, come già osservato da Aristotele [esempi e approfondimenti nel capitolo Pagine scelte].
A questo riguardo il dato apparentemente anomalo, osservato in vari momenti dalla critica, è che il testo degli Elementi a noi giunto sembra contenere fin dall’inizio le definizioni di tutti i termini, anche di quelli più elementari, come punto, linea, linea retta, superficie, superficie piana. Con questi infatti si apre l’opera, almeno nella versione attualmente considerata canonica. E in effetti è facile rendersi conto che le prime sette definizioni (ma a giudizio di chi scrive anche l’ottava e la nona, riguardanti la nozione di angolo), non sono rigorose come le altre, ma solo delle spiegazioni approssimative. Inadeguate, per di più, a far comprendere il senso della geometria a chi la affronta per la prima volta.
Per questo motivo, da parte di alcuni studiosi, è stata avanzata l’ipotesi, tutt’ora controversa, che almeno le prime sette di tali definizioni, del tutto inutili e poco coerenti con il resto dell’opera, non fossero presenti nell’originale e che siano state aggiunte da qualche compilatore di epoca successiva.
Un’ultima necessaria notazione va fatta. Nella tradizione critica agli Elementi di Euclide (come osserva lo storico della matematica Lucio Russo), a partire almeno dal filosofo neoplatonico Proclo Diadoco (V sec. d.C.), si è voluto distinguere nettamente tra due diversi modi di porre gli enunciati con le relative dimostrazioni presenti nell’opera euclidea.
Si distingue, in altri termini, tra teoremi (in senso proprio) e problemi. I primi enunciano proprietà generali di enti e figure geometriche (per esempio: le parallele ad una stessa retta sono anche parallele tra loro). I secondi chiedono di costruire qualcosa che abbia certe caratteristiche (per esempio: condurre per un punto dato la parallela ad una retta data). In questo secondo caso viene prima proposta un costruzione geometrica (con riga e compasso) per l’oggetto richiesto e si dimostra, poi, che l’oggetto così costruito soddisfa alle condizioni poste.
Una riflessione, a mio avviso, va fatta su tale distinzione che, per altro, non viene mai esplicitamente dichiarata da Euclide. Cosa cambia di veramente sostanziale, dal punto di vista logico-deduttivo e per il tipo di conoscenza che ne deriva? Nel caso dei cosiddetti problemi si dimostra, con le stesse regole e gli stessi procedimenti logici usati per dimostrare i teoremi, che un certo oggetto, costruito in un certo modo, gode di certe proprietà (nel caso del nostro esempio, la retta costruita è parallela a quella data). Cosa manca, dunque per essere un teorema? La differenza è nel modo di costruire l’enunciato. La tesi da dimostrare, infatti diventa completa solo dopo che è stata data la costruzione dell’oggetto (soluzione del problema).
Va detto però che, fino a quando non è completata la dimostrazione, potrebbe sussistere il dubbio che non possa esistere un oggetto soddisfacente alle condizioni richieste (il problema sarebbe allora impossibile). La dimostrazione che l’oggetto costruito soddisfa alle condizioni richieste equivale dunque a una dimostrazione di esistenza di qualche oggetto con le caratteristiche date.
Nel caso dell’esempio resta dimostrato, in particolare, che esistono rette parallele e che, anzi, esiste sempre una retta parallela ad una retta data e passante per un punto dato. Non solo, dunque, l’osservazione ora fatta può permetterci di considerare i cosiddetti “problemi” come dei veri teoremi di esistenza, ma il caso appena visto può avere un significato di grande rilevanza, come nel caso della teoria delle parallele.
L’opera è suddivisa in tredici libri, ciascuno dei quali si apre con le definizioni dei nuovi termini tecnici che in esso vengono usati per la prima volta, e prosegue con le consuete enunciazioni e relative dimostrazioni. La geometria delle figure piane si sviluppa nei libri dal I al IV, per proseguire ancora nel VI libro con lo studio delle similitudini. Il libro V è, invece, dedicato al concetto generale di grandezza e alla teoria delle proporzioni. Dal VII al IX si sviluppa la teoria dei numeri, mentre nel X libro sono trattati i rapporti tra grandezze commensurabili e incommensurabili.
Più in particolare, nel primo libro si sviluppa la teoria delle parallele. Vi si trovano pure importanti teoremi sui triangoli tra cui il fondamentale teorema di Pitagora. Nel libro II sono trattate questioni inerenti le misure superficiali di quadrati e ret...

Indice dei contenuti

  1. Collana
  2. Frontespizio
  3. Copyright
  4. Indice
  5. Il travolgente potere del ragionamento deduttivo
  6. PANORAMA
  7. FOCUS a cura di Renato Migliorato
  8. APPROFONDIMENTI
  9. Piano dell'opera