Copernico - Rivoluzione nel cielo
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Copernico - Rivoluzione nel cielo

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Niccolò Copernico è universalmente noto per essere stato l'ideatore del moderno eliocentrismo, cioè della teoria astronomica che pone il Sole al centro del sistema solare e i pianeti, compresa la Terra, in moto intorno ad esso. La "rivoluzione copernicana" rovescia l'immagine geocentrica dell'universo accettata sin dall'antichità, codificata da Tolomeo nel II secolo d.C. e sopravvissuta per millecinquecento anni, pur in presenza di discrepanze che avevano indotto gli astronomi a introdurre correttivi sempre più complessi al sistema. Con il suo modello eliocentrico, in sette postulati, Copernico dà una descrizione più semplice ed elegante dei fenomeni astronomici; determina in modo univoco l'ordine in cui sono disposti i pianeti e le loro distanze dal Sole; pone le basi per il successivo sviluppo della trigonometria e per la riforma gregoriana del calendario; e disegna una cosmologia del tutto nuova, più armonica e più aderente alla verità fisica della natura.

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Informazioni

Editore
Pelago
Anno
2021
ISBN
9791280714909
FOCUS

L’IMPORTANZA DI COPERNICO

Niccolò Copernico è universalmente noto per essere l’ideatore del moderno eliocentrismo, cioè di una teoria astronomica che vede il Sole al centro del Sistema Solare con i pianeti, compresa la Terra, in moto intorno ad esso.
Uno degli aspetti tecnicamente più importanti della teoria di Copernico è la determinazione univoca dell’ordine in cui sono disposti i pianeti e delle distanze planetarie dal Sole.
L’astronomia pre-copernicana si basava sulla grandiosa opera di sintesi di Claudio Tolomeo, che ha operato ad Alessandria d’Egitto nel II secolo d.C.: la Mathematiké Sýntaxis (Trattato matematico), comunemente nota con il soprannome di Almagesto. Il sistema tolemaico geocentrico comprendeva un metodo geometrico per misurare le distanze della Luna e del Sole dalla Terra, nonché le loro dimensioni, risalente ad Aristarco di Samo (III secolo a.C.), ma non c’era alcun fatto fisico necessario che permettesse di determinare le distanze degli altri pianeti. A questo proposito ricordiamo che con pianeta si indicava una “stella” errante (tale è il significato del termine greco planetes), cioè una stella che si muoveva rispetto alle altre stelle, dette fisse. I pianeti noti agli antichi astronomi erano pertanto, in ordine alfabetico: Giove, Luna, Marte, Mercurio, Saturno, Sole e Venere.
Era accettato il fatto che la Luna fosse più vicina del Sole, visto che si può osservare la Luna passare davanti al Sole (durante un’eclisse di Sole) ma non si è mai osservato il viceversa. Era altrettanto accettato il fatto che il Sole, e di conseguenza anche la Luna, fosse più vicino delle stelle. Fu spontaneo pensare che anche gli altri pianeti fossero a distanze intermedie tra la Terra e le stelle. Si poneva così il problema di determinare queste distanze o, almeno, in che ordine fossero disposti a partire dalla Terra.
Osservando la posizione del Sole rispetto alle stelle circostanti, negli istanti che seguono il tramonto o che precedono la levata, si era identificata la traiettoria del Sole rispetto alle stelle fisse: è un cerchio che circonda la Terra, l’eclittica, inclinato di circa 23,5° rispetto al cerchio dell’equatore. A parte la Luna, che ha un moto particolare, gli altri pianeti si muovono in una stretta zona di cielo centrata sull’eclittica, la cosiddetta fascia dello zodiaco.
Prendendo le stelle come sistema di riferimento, si poteva misurare quanto tempo occorreva perché un pianeta percorresse un giro completo del cielo nella fascia dello zodiaco. Dato che la Luna impiegava circa un mese e il Sole impiegava un anno per percorrere la fascia dello zodiaco, e dato che la Luna era più vicina e il Sole più lontano, Tolomeo suppose che più un corpo celeste era lontano dalla Terra e più tempo impiegava per percorrere la fascia dello zodiaco (Tolomeo, come molti altri, assumeva che la velocità dei pianeti fosse uguale per tutti).
Era una supposizione non irragionevole, che però non era fondata su leggi di natura: era un’ipotesi ad hoc, e lo stesso Tolomeo ne era consapevole. Poteva essere falsa, senza che l’intera scienza ne fosse minimamente intaccata, tant’è vero che altri astronomi proposero ordini differenti dei pianeti. Noti i tempi di percorrenza della fascia dello zodiaco, l’ordine dei pianeti a partire dalla Terra fu fissato da Tolomeo come segue: Luna, Mercurio, Venere, Sole, Marte, Giove, Saturno. A dire il vero Mercurio, Venere e Sole hanno lo stesso tempo di percorrenza, ed è proprio questo il motivo per cui altri astronomi proposero un ordine diverso per questi tre pianeti, mentre non sono note proposte di ordini diversi per Marte, Giove e Saturno.
L’astrologia si basava a sua volta su un testo di Claudio Tolomeo, gli Apotelesmatiká (Sugli effetti), maggiormente noto come Tetrábiblos o Opus quadripartitum, in cui l’astronomo alessandrino presentò una trattazione “scientifica” dell’astrologia, rigettando le precedenti interpretazioni di tipo magico. Tradotto in latino nel XII secolo, il Tetrábiblos fu in qualche modo cristianizzato da Alberto Magno e Tommaso d’Aquino, entrando così a far parte degli studi universitari di astronomia. L’astrologia tolemaica e rinascimentale si basava in modo essenziale sull’ordine tolemaico dei pianeti.
L’infondatezza fisica dell’ipotesi tolemaica si prestò così a essere uno dei punti di forza dei feroci attacchi lanciati contro l’astrologia negli ambienti culturali bolognesi, ad esempio da Giovanni Pico della Mirandola, e che videro impegnato il maestro di astronomia di Copernico, Domenico Maria da Novara [che osservò con Copernico un’occultazione di Aldebaran dietro la Luna (1497) e una congiunzione della Luna con Saturno (1500) – ndr].
Per salvare l’astrologia era necessario trovare una base solida, fisicamente sostenibile, all’ordine dei pianeti.
È ragionevole ritenere che Copernico si sia posto pertanto l’obiettivo di trovare un sistema astronomico in cui l’ordine dei pianeti fosse determinato dalla natura e non da un’ipotesi ad hoc.
Di fatto, il sistema eliocentrico, con i pianeti e la Terra in moto attorno al Sole, era la risposta.
Come nel sistema tolemaico, anche nel sistema copernicano i pianeti sono divisi in due gruppi: i pianeti inferiori o interni (Mercurio e Venere) che sono i pianeti compresi tra il Sole e la Terra, e i pianeti superiori o esterni (Marte, Giove e Saturno) che sono i pianeti compresi tra la Terra e la sfera delle stelle fisse.
Un pianeta interno, quando è visibile, è sempre visto vicino al Sole: Venere, ad esempio, è visibile sempre e soltanto nella parte orientale del cielo la mattina oppure nella parte occidentale del cielo la sera. È sufficiente allora misurare la distanza angolare tra il Sole e il pianeta, detta elongazione.
Quando l’elongazione è massima, il Sole, la Terra e il pianeta sono ai vertici di un triangolo rettangolo con l’angolo retto nel pianeta. Da Terra possiamo misurare l’angolo Sole-Terra-pianeta e con un semplice calcolo trigonometrico possiamo determinare la distanza tra il Sole e il pianeta in funzione della distanza del Sole dalla Terra. Nel caso di Mercurio, l’angolo può variare tra i 18° e i 28°, mentre nel caso di Venere può variare tra i 45° e i 47°. Questi dati ci permettono di affermare che Mercurio è sicuramente il pianeta più vicino al Sole, seguito da Venere. Non c’è nessuna ipotesi ad hoc a sostegno di quest’affermazione: è la natura stessa che ci obbliga a riconoscere quest’ordine dei primi due pianeti intorno al Sole.
Per i pianeti esterni la situazione è un po’ più complicata. Se usassimo lo stesso schema geometrico, dovremmo porre la Terra nel vertice dell’angolo retto, mentre il metodo di Copernico richiede di conoscere uno dei due angoli acuti. Occorre determinare le date di due eventi astronomici: l’opposizione, quando il pianeta è opposto al Sole (pertanto lo vediamo alla massima altezza in cielo a mezzanotte) e la quadratura, quando l’angolo Sole-Terra-pianeta è di 90° (l’angolo del quadrato). Occorre anche conoscere il periodo siderale, cioè quando tempo occorre al pianeta per percorrere la fascia dello zodiaco.
Con queste informazioni, Copernico ricava una formula più complicata che permette di determinare univocamente l’ordine: Marte, Giove e Saturno. Anche se coincide con l’ordine tolemaico, anche in questo caso nel modello copernicano questa disposizione è necessaria e imposta dalla natura.
Le basi astronomiche dell’astrologia erano così state salvate.
Non ci sorprende, pertanto, l’ampia accettazione che il sistema copernicano ebbe tra gli astrologi, considerando anche il ruolo centrale attribuito al Sole, la lucerna del mondo, un’idea che trovava ampia accettazione nella cultura magica esoterica rinascimentale.
La centralità del Sole, non più intesa in senso allegorico, poteva ora essere affermata anche come verità fisica.

LE OPERE SCIENTIFICHE

LA RIFORMA MONETARIA COPERNICANA

Prima di avvicinarci all’opera astronomica di Copernico, prendiamo in considerazione un paio di testi, conseguenza della sua attività di canonico, vale a dire di amministratore delle proprietà ecclesiastiche della diocesi di Warmia retta dallo zio Lukasz Watzenrode: il De estimatione monetae (Sul valore delle monete) del 1519 e il De monetae cudendae ratione (Sulla coniatura delle monete) del 1526.
I trattati monetari di Copernico ebbero origine nel conflitto secolare che opponeva il Regno di Polonia all’Ordine dei Cavalieri teutonici per il controllo dei territori prussiani. All’epoca di Copernico, ogni Stato poteva ospitare tutta una serie di zecche, spesso legate a intricati interessi e diritti locali, che coniavano monete che portavano impressi simboli araldici o ritratti dei regnanti a garanzia del loro valore, determinato essenzialmente dal loro peso e dal materiale di cui erano costituite. Le leghe metalliche potevano variare di molto in composizione, anche per le produzioni di una stessa zecca, alterando così, al ribasso ovviamente, il valore delle monete. Inoltre, persone senza scrupoli limavano i bordi delle monete in modo da accumulare, moneta dopo moneta, un piccolo tesoretto di frammenti d’argento o d’oro. A tutto ciò aggiungiamo il problema dei cambi tra le monete che circolavano addirittura all’interno di uno stesso Stato e abbiamo un quadro di quanto complessa e problematica fosse la situazione monetaria, nella Prussia reale (cioè la parte di Prussia facente parte del Regno di Polonia) come in molti altri paesi, in un’Europa con un sistema economico fortemente drogato dall’ingente afflusso di metalli preziosi dalle colonie americane del regno di Spagna.
I commercianti, i banchieri e i cambiavalute più scaltri si comportavano in un modo prevedibile: tendevano a pagare con le monete “cattive” e a riscuotere con le monete “buone”. In tal modo, si accumulavano, togliendole dalla circolazione, le monete di nuovo conio, ad alto contenuto di metalli preziosi, mentre rimanevano sul mercato le vecchie monete, limate e graffiate, a basso contenuto di metalli preziosi. Si creavano così ingenti tesori privati di metalli preziosi mentre il mercato vedeva la diffusione di monete di valore decrescente e sempre meno corrispondente a quello formalmente dichiarato.
Quest’osservazione, fatta da Copernico e da altri osservatori dei fenomeni economici prima e dopo di lui, è oggi nota come la legge di Gresham: la moneta cattiva scaccia la moneta buona.
Il De estimatione monetae contiene le riflessioni di Copernico sul problema dell’inflazione monetaria causata da queste truffe. Copernico le espose a una riunione della Dieta della Prussia Reale nel 1517 e le scrisse in tedesco nel 1519 per i rappresentanti di Danzica. Copernico chiese alla Dieta di abolire tutta una serie di zecche e di concentrare la coniazione in un’unica zecca prussiana adottante una regola di conio ben precisa, dopo aver ritirato tutte le vecchie monete dalla circolazione. Inoltre, propose di adottare l’equivalenza tra una libbra d’argento e 20 marchi, per tener conto del forte deprezzamento subito dalle monete prussiane. Nel De estimatione monetae, Copernico insisteva sulla necessità che le monete venissero coniate con una lega corrispondente al valore dichiarato. Per non turbare l’ordine pubblico con truffe di ogni genere, occorreva che lo standard monetario fosse costante, proprio come erano costanti le unità di misura dei pesi e delle lunghezze.
Nel terzo e quarto decennio del Cinquecento, la riforma monetaria di Copernico iniziò ad essere applicata, non solo nella Prussia reale, ma anche in altre parti della Polonia. Il re Sigismondo I richiese a Copernico una trattazione scritta: ne uscì il De monetae cudendae ratione con l’enunciazione della legge di Gresham. Sigismondo I usò quest’opera come base della sua politica monetaria.
Per Copernico, il requisito più importante di una moneta era il suo valore ed era estremamente importante che questo valore fosse indicato sulle monete e fosse stabile: «Occorre che la misura debba essere sempre costante». Oltre alla simbologia araldica, sulla moneta doveva essere impresso il valore che ne esprimeva il contenuto in argento o in oro: «Si istituisca di segnare la moneta con un pubblico sigillo, che significhi l’esatta quantità di oro o d’argento contenuta».1 Le monete, soprattutto quelle d’argento, dovevano essere coniate usando una lega con il rame per aumentarne la durezza, per poter emettere monetine di valori adatti ai piccoli commerci e scoraggiare la limatura o la fusione delle monete. Un buon sistema monetario avrebbe garantito un ottimale sviluppo economico del regno: «Noi infatti vediamo fiorire i paesi che posseggono buona moneta, laddove quelli che l’hanno malvagia decadono e periscono.»
Il De monetae cudendae ratione si chiudeva con le sette conclusioni rivolte a Sigismondo I:
«Primo: le monete non devono essere rinnovate senza il consiglio deliberato e il consenso unanime dei Consiglieri.
«Secondo: se possibile si dovrebbe designare un solo luogo per una zecca. Lì le monete dovrebbero essere coniate nel nome non di una città, ma dell’intero Paese con le sue insegne. La validità di questa raccomandazione è dimostrata dal conio polacco, che per questa sola ragione mantiene il suo valore su un’estensione così vasta di territorio.
«Terzo: quando si emette nuova moneta, il vecchio conio dovrebbe essere demonetizzato e abolito.
«Quarto: dovrebbe essere come regola permanente, senza cambiamenti e senza eccezioni, coniare soltanto 20 marchi, e nulla di più, da una libbra di argento puro, meno ciò che deve essere dedotto per il costo dell’operazione. Il conio prussiano in questo modo sarà definitivamente agganciato a quello polacco, con 20 grossi [Groschen] prussiani così come 20 grossi polacchi pari a 1 marco prussiano.
«Quinto: si dovrebbe evitare un’eccessiva molteplicità di conio.
«Sesto: la moneta dovrebbe essere emessa in tutte le denominazioni allo stesso tempo, cioè, skoter o grossi, scellini e denari dovrebbero essere coniati simultaneamente. Quanto grandi dovrebbero essere i rapporti? I grossi e gli scellini dovrebbero essere coniati? I denari d’argento anche, validi 1/4 o 1/2 o addirittura 1 marco? Deve essere deciso da quelli coinvolti, eccetto che, qualunque sia la distribuzione, la decisione dovrebbe essere presa in modo tale da durare per sempre. Si deve prestare attenzione anche ai denari ordinari, dato che ora valgono così poco che un intero marco difficilmente contiene più argento di 1 grosso.
«Ultimo: sorge una difficoltà dai contratti e dalle obbligazioni fatte prima e dopo il rinnovo della moneta. In queste materie si deve trovare il modo di non gravare troppo sui contraenti.»

IL COMMENTARIOLUS

Il modello astronomico di Copernico era conosciuto tra molti addetti ai lavori ben prima della pubblicazione del De Revolutionibus nel 1543, grazie alla circolazione manoscritta di un breve trattato il Nicolai Copernici de hypothesibus motuum coelestium a se constitutis commentariolus (Il piccolo commentario di Nicolò Copernico sulle ipotesi dei moti celesti, da lui stesso stabilite), in breve il Commentariolus, scritto prima del maggio 1514.
Il Commentariolus contiene una trattazione sintetica del sistema copernicano, senza far uso del complesso apparato matematico che viene sviluppato nel De Revolutionibus, pertanto si presta bene per analizzare il pensiero astronomico di Copernico senza essere gravati dalla pesantezza di tecniche matematiche che oggi sono poco utilizzate.
Il fenomeno celeste più semplice che possiamo osservare è il movimento della volta celeste. È ben noto che, a causa dello splendore del Sole, possiamo limitarci a osservare il cielo...

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