Galileo - La scienza dal dogma all'esperimento
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Galileo Galilei stabilisce i capisaldi della fisica moderna, frutto della matematica combinata con il metodo sperimentale. Abbandona l'autorità dei testi aristotelici e la loro interpretazione, per concentrarsi sulla sperimentazione e sulla riproducibilità degli esperimenti. Al posto dell'osservazione della natura, introduce l'ambiente artificiale del laboratorio dove, in condizioni controllate, compie prove su prove per estrarre dal caos dei fenomeni concetti e formule universali. Nasce così la scoperta che i gravi cadono tutti con la stessa accelerazione, indipendentemente dalla loro massa e natura, uno dei suoi contributi più noti; e poi il concetto di inerzia, un abbozzo del principio di relatività (i cui sviluppi cambieranno la fisica del Novecento), la legge dell'isocronismo delle oscillazioni del pendolo. Galileo applica il metodo scientifico anche all'osservazione dei cieli, dà inizio all'astronomia del telescopio e dedica buona parte della sua vita a combattere i sistemi che ponevano la Terra al centro dell'universo: scontrandosi per questo con la Chiesa cattolica del Seicento e andando incontro alla celebre condanna ritenuta ingiusta solo in epoca recente.

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Informazioni

Editore
Pelago
Anno
2021
ISBN
9791280714800
Categoria
Fisica
FOCUS

L’IMPORTANZA DI GALILEO

Galileo Galilei porta a compimento il metodo della fisica: la svincola, e svincola la scienza nel suo complesso, dall’autorità scritta nei libri, affermando che più dell’autorità e invece della sua interpretazione valgono l’osservazione, l’esperimento e la matematica. Anche se ha a disposizione solo la geometria euclidea, usa questo metodo e lo sviluppa nell’arco della sua vita; dopo di lui, la fisica continuerà a procedere così.
Galileo inizia l’astronomia del telescopio e scopre che i cieli non sono diversi dalla Terra, rompendo credenze millenarie; ricava le leggi del moto con velocità costante e con accelerazione costante che serviranno a Newton per verificare la bontà della sua teoria. Trova che il periodo delle oscillazioni del pendolo non dipende dalla loro ampiezza – la legge dell’isocronia, che in realtà è solo approssimata e verrà poi corretta, ma Galileo resta comunque il primo a osservare e rendere noto un fenomeno importantissimo che porterà alla costruzione degli orologi meccanici.
Introduce la teoria dei modelli, che permette di prevedere il comportamento di una macchina reale studiando quello di un modello in scala ridotta, e la applica subito sia alla scienza delle costruzioni sia alla biologia.
Sono importantissimi i suoi studi di idraulica e di termometria che portano agli sviluppi di Torricelli e di altri sulla pressione atmosferica e su altre grandezze meteorologiche per cui, poco dopo la sua morte, viene creata la prima rete meteorologica d’Europa.
Il contributo che forse ha più importanza, ma è una scelta assolutamente personale, è la scoperta che i gravi cadono tutti con la stessa accelerazione indipendentemente dalla loro massa e natura, se si può trascurare la resistenza del mezzo in cui si muovono. Questa constatazione è alla base della teoria generale della relatività di Einstein.
Quanto le sue conclusioni siano originali e quanto rielaborazione di idee e risultati precedenti è difficile dire: le nuove idee sono spesso la coagulazione di altre precedenti nebulose, espresse e capite in altro modo. Per esempio, Galileo potrebbe aver letto in testi greci che i gravi cadono con la stessa velocità; il fisico francese dell’Otto-Novecento Pierre Duhem riconduce alcune delle sue scoperte in meccanica a Nicolas Oresme, vescovo di Lisieux, vissuto nel XIV secolo. Ma l’importanza di Galileo si deve al fatto che, se ha letto i risultati di altri, li mette comunque alla prova con l’esperimento, li rielabora matematicamente ed è lui che li trasmette all’Europa insieme con il metodo.
C’è chi osserva, e io concordo, che il contributo di Galileo alla nascita della fisica moderna e la nascita dell’opera lirica siano strettamente intrecciate.
Perché Galileo impara dal padre Vincenzio – con cui fa anche esperimenti di acustica – e dall’ambiente intellettuale in cui cresce, a teorizzare, sperimentare e verificare quel che si teorizza. Il padre era un musicista e teorico di musica che frequentava la Camerata de’ Bardi, un circolo di musicisti e letterati fiorentini, dilettanti e no, che si riunivano in casa del conte Bardi. Una delle idee della Camerata era appunto che la teoria andasse sperimentata.
Dall’esame dei testi greci sulla tragedia, alcuni di loro, con Vincenzio, si convinsero che la tragedia greca fosse cantata, dalla teoria passarono alla pratica e finalmente produssero le prime opere, la Daphne di Jacopo Peri e l’Euridice di Giulio Caccini. Galileo cresce intellettualmente in questo ambiente.

LE OPERE SCIENTIFICHE

I TRE MASSIMI SISTEMI DEL MONDO

Galileo scrive il Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo, tolemaico e copernicano, in cui non nomina mai il terzo sistema, importantissimo, quello ticonico [cioè dovuto all’astronomo danese del Cinquecento Tycho Brahe – ndr]. In altre opere, come per esempio il Saggiatore, sostiene che il sistema ticonico non è valido al pari di quello tolemaico e in alcune lettere afferma di dimostrarlo nel Dialogo.
Nel sistema tolemaico la Terra è ferma al centro dell’Universo, e non ruota su se stessa. Le stelle fisse e tutti gli altri oggetti celesti sono animati da un moto di rotazione giornaliero (corrispondente alla rotazione giornaliera della Terra nel sistema copernicano); il Sole, la Luna e i pianeti sono animati anche da un moto intorno alla Terra che descriviamo nella figura con enormi semplificazioni.
Semplificazione del sistema tolemaico.
Semplificazione del sistema tolemaico.
Il Sole si muove intorno alla Terra lungo un’orbita circolare chiamata deferente, il cui centro non coincide con la Terra. Un pianeta ruota seguendo la circonferenza piccola della figura, chiamata epiciclo, in verso antiorario. Il centro dell’epiciclo a sua volta ruota lungo la circonferenza più grande, chiamata anch’essa deferente, nello stesso verso antiorario intorno alla Terra. Nella figura il deferente è centrato nella Terra, ma per avere risultati precisi il deferente di ciascun pianeta è centrato in un punto che non coincide con la Terra ed è diverso caso per caso. Il moto della Luna è ancora più complicato: essa si muove lungo l’epiciclo in verso orario e il centro del deferente ruota anch’esso. Per avere risultati precisi occorre aggiungere epicicli. Ogni corpo celeste comunque è trattato in modo diverso.
Tycho Brahe, italianizzato come Ticone, fu un grandissimo astronomo a cui il re di Danimarca Federico II donò un’isola, dove Tycho costruì un osservatorio astronomico con strumenti a volte grandi letteralmente come case e dove prese le misure astronomiche più precise mai fatte prima dell’avvento del telescopio. Nel 1599, in rotta con il successore di Federico, si trasferì a Praga, alla corte di Rodolfo II d’Asburgo, imperatore del Sacro romano impero, dove chiamò Keplero come assistente. Egli ideò un sistema del Mondo alternativo a quello di Copernico, mostrato nella figura.
Il sistema ticonico.
Il sistema ticonico.
Nel sistema ticonico la Terra è ferma al centro del Mondo. Tutti gli altri oggetti celesti, Sole, Luna, pianeti, stelle fisse, sono animati in primo luogo da un moto giornaliero intorno alla Terra, come per il sistema tolemaico. Oltre a questo moto, la Luna e il Sole girano intorno alla Terra, mentre i pianeti ruotano intorno al Sole, tutti con orbite circolari. È dunque anch’esso un sistema geocentrico, ma molto diverso da quello tolemaico.
Nel sistema copernicano il Sole è fermo nel centro dell’universo e le stelle fisse sono anch’esse ferme. Galileo dall’osservazione delle macchie solari scopre che il Sole ruota su se stesso rispetto alle stelle fisse in circa un mese: è il suo centro che è fisso. La Terra è animata in primo luogo da un moto di rotazione giornaliero. Inoltre, tutti i pianeti, Terra inclusa, ruotano intorno al Sole con orbite circolari e velocità costante.
Il sistema copernicano, ripreso dal Dialogo con qualche modifica.
Il sistema copernicano, ripreso dal Dialogo con qualche modifica.
Il sistema tolemaico è assolutamente sbagliato come descrizione del moto dei pianeti nello spazio. Come tecnica di calcolo della posizione dei pianeti e della Luna sulla volta celeste è corretto ma molto complicato, e viene sostanzialmente abbandonato già verso la fine del Cinquecento. Probabilmente già Tolomeo [che visse tra il I e il II secolo – ndr] lo considera una tecnica di calcolo e non una descrizione della realtà, perché nei suoi stessi calcoli si vede che la grandezza apparente della Luna dovrebbe variare di due volte dal suo minimo al massimo durante i vari cicli!
Nel sistema di riferimento del Sole valgono le leggi di Keplero per cui le orbite non sono circolari ma ellittiche e percorse con velocità che non sono costanti. Quindi per salvare le apparenze (come Galileo e tutti dal Medioevo fino ad almeno i suoi tempi, usiamo l’espressione salvare le apparenze per intendere spiegare i fenomeni osservati) sia Copernico sia Ticone introducono gli epicicli anche nei loro sistemi; nel seguito supporremo che le orbite dei pianeti intorno al Sole non siano circolari con epicicli ma seguano le leggi di Keplero in entrambi i sistemi.
La tecnica di calcolo alla base degli epicicli che compaiono nei tre sistemi non è affatto una costruzione cervellotica: l’astronomo Giovanni Virginio Schiaparelli, vissuto tra Ottocento e Novecento, osservò che si tratta di uno sviluppo in serie di Fourier, complicato però da fattori aggiuntivi nel caso di Tolomeo e di Ticone. L’idea di base è la rappresentazione di un moto periodico (cioè che si ripete ogni volta che passa un certo periodo di tempo) mediante una composizione di moti circolari uniformi, idea reinventata indipendentemente – o forse ripresa – e sviluppata agli inizi dell’Ottocento dal francese Jean Baptiste Joseph Fourier e oggi usatissima negli ambiti più disparati delle scienze pure e applicate.
Si dice spesso che le prove che Galileo ha in favore del sistema copernicano siano ancora deboli e incomplete. Esse sono in realtà ben solide per negare che il sistema tolemaico descriva la realtà dei moti dei corpi celesti: bastano le fasi di Venere e la grandezza apparente della Luna.
Ma tutte le prove del sistema copernicano, sia quelle che Galileo già ha, sia quelle che arriveranno nei secoli seguenti, sono fenomeni e osservazioni compatibili anche con il sistema ticonico, perché i due sistemi sono equivalenti cinematicamente, cioè per quel che riguarda la descrizione del moto.
La differenza tra i due sistemi è la scelta del sistema di riferimento: quello copernicano sceglie il sistema di riferimento in cui il Sole è fermo e centra in esso le coordinate; quello ticonico sceglie il sistema di riferimento in cui la Terra è ferma e centra in essa il sistema di coordinate, ma l’uno non è più vero o falso dell’altro. Per quel che riguarda la gravitazione, i due sistemi sono anche equivalenti dinamicamente, ma questo è molto complicato da vedere e ci si arriverà solo nel 1915 con la teoria della relatività generale.
Una buona scelta del sistema di coordinate facilita molto i calcoli e una cattiva scelta li rende complicatissimi: i calcoli sono di gran lunga più chiari e semplici nel sistema copernicano che nel sistema ticonico, in particolare gli sviluppi in epicicli, e per questo motivo non si svolgono direttamente i calcoli nel sistema ticonico che viene apparentemente abbandonato.
Tuttavia, svolti i calcoli nel sistema copernicano, è necessario trasformare i risultati nel sistema ticonico perché l’astronomo lavora sulla Terra e non sul Sole. Un astronomo che lavorasse sulla Luna dovrebbe trasformare i calcoli nel sistema selenocentrico, in cui la Luna è ferma, la Terra ruota intorno alla Luna, il Sole intorno alla Terra, i pianeti intorno al Sole. Complicatissimo, ma altrettanto lecito di quello copernicano.
I gesuiti del Collegio Romano, che ormai respingono il sistema tolemaico, conoscono almeno dal 1611 quello ticonico, lo apprezzano e lo sostengono sia perché salva tutte le apparenze sia perché non dà problemi di interpretazione delle Sacre scritture; Galileo invece non ne vuole sentir parlare.
Ciascuno ritiene di poter provare che il sistema dell’altro è sbagliato ma in realtà non può, perché i due sono equivalenti.
Però attenzione: noi oggi sappiamo che i due sistemi sono equivalenti perché nell’arco di tre secoli si è sviluppata la teoria della relatività, che esprime il fatto che la fisica non dipende dalla scelta del sistema di riferimento. Al tempo di Galileo, e ancora con Newton e dopo, si ignora la relatività, si crede che il moto sia assoluto, non una proprietà del sistema di riferimento, e quindi che se uno dei due sistemi è corretto l’altro è sbagliato. Questo è importantissimo per capire l’atteggiamento intransigente di Galileo sulla scelta tra i due sistemi. Nel Seicento, e ancora dopo, un oggetto o è fermo o è in moto e le due situazioni sono diversissime tra di loro, mentre per noi dipendono solo dalla scelta del sistema di riferimento.
In termini moderni diremmo che fin dopo Newton si pensa che esista un sistema di riferimento privilegiato rispetto al quale si può e si deve stabilire se vi sia moto oppure no.
Quanto all’accoglienza del sistema copernicano nell’Europa protestante, mentre sembra che Calvino non se ne sia interessato, Martin Lutero e Melantone lo condannano. Di conseguenza nel Cinquecento i matematici e astronomi tedeschi luterani, che al tempo dominano nel campo dell’astronomia matematica e della compilazione di tavole astronomiche, aderiscono al cosiddetto “compromesso di Wittemberg”: nei calcoli si usa il sistema copernicano, ma non lo si nomina e non se ne discute la realtà mai, in nessuna occasione, salvo naturalmente in privato.
Michael Maestlin, il maestro di astronomia di Keplero all’università luterana di Tubinga, conosce bene il sistema copernicano, che secondo alcuni avrebbe anche trasmesso a Galileo in una conferenza in Italia, ma ufficialmente insegna il solo sistema tolemaico e spiega quello copernicano a Keplero solo in privato.
Agli inizi del Seicento il sistema copernicano comincia a essere professato apertamente, ma non sono molti quelli che vi aderiscono, come lo stesso Keplero.

LA PARALLASSE E ALTRE PROVE DEL SISTEMA COPERNICANO

Nella discussione sui sistemi del Mondo e in altri problemi di astronomia affrontati da Galileo, per esempio nel Saggiatore, entra in gioco la parallasse, indicata nella figura.
La parallasse dell’oggetto O rispetto agli osservatori P1 e P2
La parallasse dell’oggetto O rispetto agli osservatori P1 e P2
Due diversi osservatori, P1 e P2 guardano lo stesso oggetto O. La parallasse di O rispetto a P1 e P2 è l’angolo compreso tra le due direzioni di osservazione, quella P1O, lungo cui l’osservatore P1 guarda l’oggetto O e l’analoga P2O per l’osservatore P2. A mano a mano che l’oggetto O si allontana, le due direzioni tendono a diventare parallele e la parallasse diventa sempre più piccola. Quando l’oggetto è molto lontano, la parallasse è talmente piccola da avere misura nulla a seconda della precisione dello strumento che usiamo.
Se conosciamo la parallasse α, la distanza b tra i due osservatori e uno dei due angoli, β oppure γ, con vertice negli osservatori, possiamo calcolare la distanza dell’oggetto O sia dall’osservatore P1 sia da quello P2 con una formula di trigonometria. Quindi la parallasse è importantissima in astronomia perché con misure svolte solo sulla Terra, angoli e distanza tra gli osservatori, essa ci permette di calcolare la distanza dagli oggetti celesti, ma solo di quelli sufficientemente vicini perché la sua misura non sia nulla. Un altro caso importante è quello della nostra visione: la parallasse tra i nostri due occhi nell’osservazione di un oggetto non troppo lontano viene recepita dal cervello che quindi costruisce un’immagine tridimensionale.
Nella diatriba che oppone Galileo e il suo allievo Mario Guiducci ai gesuiti nella persona di padre Orazio Grassi (che fu anche l’architetto della chiesa di Sant’Ignazio in Campo Marzio a Roma) e sviluppat...

Indice dei contenuti

  1. Collana
  2. Frontespizio
  3. Copyright
  4. Indice
  5. La nascita della scienza oggettiva
  6. PANORAMA
  7. FOCUS di Guido Parravicini
  8. APPROFONDIMENTI
  9. Piano dell'opera