Laboratorio Rojava
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Confederalismo democratico, ecologia radicale e liberazione delle donne nella terra della rivoluzione

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Laboratorio Rojava

Confederalismo democratico, ecologia radicale e liberazione delle donne nella terra della rivoluzione

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La seconda metà degli anni Dieci passerà alla storia per ciò che sta accadendo in Medio Oriente dove, respingendo gli attacchi delle bande fasciste dell’Isis e resistendo alle aggressioni dell’esercito turco, la regione curda del Rojava si sta organizzando su basi completamente diverse rispetto a quanto è possibile osservare nel resto del pianeta.
In questa zona, infatti, la democrazia è davvero un fenomeno partecipato dal basso nell’ambito di una società antirazzista e multietnica, l’attenzione ai temi ecologici riveste un ruolo di primo piano nella prassi collettiva e la liberazione delle donne è un fatto ben più profondo rispetto a quanto la retorica delle “guerrigliere con gli occhi verdi” sia solita dare in pasto all’opinione pubblica occidentale.
Nello stesso tempo, nel Rojava, qualunque ideologia reazionaria modellata sull’esempio ottocentesco dello stato-nazione è respinta come nemica dello spirito anticapitalista che anima il processo di trasformazione.
Gli abitanti del cantone rivoluzionario definiscono il nuovo sistema «confederalismo democratico», implementando le riflessioni del leader curdo Abdullah Ocalan, prigioniero in Turchia dal 1999, e rendendo concrete le politiche che altrove si limitano soltanto a parlare di libertà o di uguaglianza.
Laboratorio Rojava è il primo studio completo dedicato alle trasformazioni in corso nel Kurdistan siriano: la storia straordinaria di una lotta in grado di vincere e di affermarsi a dispetto di ogni probabilità.

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Informazioni

Anno
2021
ISBN
9788867183241

1. IL CONTESTO

Il nome Kurdistan ha fatto la sua prima comparsa nella saggistica storica araba nel Ventesimo secolo, in riferimento alla regione nella quale le colline orientali ai piedi della catena montuosa del Tauro incontrano le catene settentrionali dei Monti Zagros 1. Le stime sul numero dei curdi variano in modo notevole, ma le più realistiche si aggirano fra i 35 e i 40 milioni di persone; di questi, circa 19 milioni vivono in Turchia, 10-18 milioni in Iran, 5.6 milioni in Iraq, 3 milioni in Siria, 500.000 nell’ex Unione sovietica e un milione circa in Europa 2.
I curdi sono il terzo gruppo etnico del Medio Oriente dopo arabi e turchi. L’area di insediamento curda, sebbene relativamente compatta, si trova oggi a cavallo tra gli Stati di Turchia, Iraq, Iran e Siria. La regione è d’importanza strategica anche per la facilità di accesso all’acqua: i fiumi Tigri ed Eufrate, che bagnano la Siria e l’Iraq scorrono entrambi nella parte turca del Kurdistan (Bakur).
I linguisti collegano di comune accordo la lingua curda al ramo iraniano della famiglia indoeuropea, nonostante il curdo possa differire in modo significativo dal farsi. non esiste una lingua curda comune, né un alfabeto standard o scritto, in parte a causa della divisione del Kurdistan e della proibizione della lingua curda in molti Stati. I curdi parlano cinque dialetti principali o gruppi dialettali: il Kurmancî, i dialetti del sud-est (Sinei, Kimanşah, Lekî), lo Zaza (talvolta considerato una lingua a parte) e il Guranî. Questi dialetti sono talmente differenti che non sempre gli interlocutori riescono a intendersi.
Non abbiamo notizie certe sulle origini del popolo curdo. Ricercatori, nazionalisti (sia curdi che turchi) e persino il PKK hanno esposto delle teorie basate sull’orientamento ideologico. Il kemalismo, l’ideologia ufficiale dello Stato turco, sostiene «l’indivisibile unità dello Stato con il paese e la nazione» 3. Esso considera turchi tutti gli abitanti di Turchia e ogni aspirazione al riconoscimento delle identità non turche viene repressa come forma di separatismo. I turchi insistono nell’affermare che i curdi discendono da popolazioni turcofone.
Molti curdi, d’altro canto, si considerano discendenti degli antichi Medi. Il primo programma del PKK del 1978 afferma che «il nostro popolo ha dapprima provato a stanziarsi in queste terre nel primo millennio avanti Cristo, quando i Medi, progenitori della nostra nazione, salirono sul palcoscenico della storia» 4. Quando i curdi provano a legittimare i loro diritti come nazione sul Kurdistan, i loro argomenti si focalizzano sugli stanziamenti territoriali piuttosto che sui legami ancestrali 5, ma l’ipotesi della discendenza dai Medi della continua presenza curda è entrata nel linguaggio collettivo molto tempo fa.

1.1 Geografia del Rojava

Durante l’Impero ottomano [1299-1923], i nomadi arabi entrarono nell’area dell’odierna Siria, dove incontrarono i curdi locali. Una rotta commerciale fondamentale univa Aleppo a Mosul e all’odierno sud iracheno. Tra le due guerre mondiali, i curdi e i cristiani che fuggivano dalle persecuzioni in Turchia si stabilirono qui. Insieme ai nomadi della regione, costituirono l’embrione della popolazione del Rojava.
nel 1923 i vincitori della Prima guerra mondiale crearono il confine di 822 chilometri che divide Siria e Turchia, una linea arbitraria disegnata tra Jarabulus e nisêbîn (in turco, nusaybin) lungo il percorso della ferrovia Berlino-Baghdad.
Tre isole di insediamento curdo si trovano appena a sud di quel confine. La più orientale è Cizîrê, che confina anche con l’Iraq per un breve tratto del Tigri; l’isola al centro è Kobane; più a ovest è Afrîn. A sud di Cizîrê in Iraq, si trovano le montagne di Şengal, chiamate anche Sinjar, che sono abitate dai curdi ezidi.
Nel luglio 2012 durante la guerra civile siriana, il movimento curdo riuscì a liberare dal regime Ba’ath le tre regioni a maggioranza curda. A gennaio 2014, il Consiglio di transizione per l’istituzione dell’autonomia nel Kurdistan occidentale ha dichiarato cantoni queste tre regioni e ha dato alla popolazione il compito di istituire un’amministrazione autonoma democratica 6. Ciascuno dei tre cantoni è al momento amministrato da un governo di transizione. L’ultimo passo è stata la dichiarazione della Federazione della Siria del Nord o del Rojava nel marzo 2016, che include i tre cantoni e alcune aree multietniche liberate di recente.

Il cantone di Afrîn
Afrîn (in arabo, Afrîn) il cantone più occidentale dei tre, confina con la Turchia sia a nord (la provincia turca di Kilis) che a ovest (la provincia di Hatay). Si estende su un’area di circa 2.070 km 2 e include otto città (Afrîn al centro, poi Şêrawa, Cindirês, Mabata, Reco, Bilbilê, Şiyê e Şera) e 366 villaggi. Il cantone di Afrîn comprende inoltre l’altopiano noto come Kurd Dagh, ovvero (Montagne dei curdi; in curdo, Çiyayê Kurd o Kurmanc; in arabo, Jabal al-Akrad) che si eleva a ovest del confine turco e a est e a sud del fiume Afrîn, che scorre poco oltre. Le Kurd Dagh arrivano a 1.269 metri di altezza 7.
La città di Afrîn è stata fondata a un raccordo delle rotte commerciali del Diciannovesimo secolo. nel 1929 la sua popolazione ammontava a circa 800 persone, nel 1968 salì a circa 7.000 e nel 2003 a 36.562 8. All’inizio della guerra civile siriana nel 2011 la popolazione del cantone era stimata sui 400.000, ma una volta iniziati i combattimenti molti rifugiati da Aleppo migrarono ad Afrîn, portando la popolazione a 1,2 milioni.
La maggior parte della popolazione del cantone è curda musulmana sunnita, ma ci sono anche 8.000 curdi aleviti 9 per lo più nella città settentrionale di Mabata, insieme ad alcune famiglie turcomanne. I villaggi di curdi ezidi, che qui sono chiamati Zawaştrî, hanno tra i 7.500 e i 10.000 abitanti. Secondo il presidente del comitato per le relazioni esterne del cantone, Silêman Ceefer, circa il 10 per cento della popolazione è arabo. Ad Afrîn, a differenza degli altri cantoni, le aşîret (tribù) non rivestono più un ruolo rilevante.
Il territorio di Afrîn è per lo più montuoso, abitato sin dall’antichità e non minacciato dai nomadi. Differisce in tal senso dagli altri due cantoni, nei quali l’agricoltura è ripresa solo nel periodo tra le due guerre mondiali 10. Il clima è mediterraneo con una piovosità media annua di 15-20 millimetri. nella valle, le terre rosse sono coltivate in modo intensivo, con l’utilizzo di pompe diesel per l’estrazione dell’acqua dalla falda. La principale coltura è l’olivo, a cui si aggiungono grano, cotone, cedri, melograni, meloni, uva e fichi; secondo alcune stime il cantone ha oltre tredici milioni di ulivi. Anche fuori dalla regione, le olive sono rinomate per la loro alta qualità 11.
Afrîn sotto il sistema amministrativo siriano è parte del governatorato di Aleppo. Ha proclamato l’Autonomia democratica il 29 gennaio 2014. L’assemblea ha eletto Hêvî Îbrahîm Mustefa alla presidenza del comitato, la quale ha nominato Remzi Şêxmus e Ebdil Hemid Mistefa come suoi vice 12.

Il cantone di Kobane
A circa 98 chilometri a est di Afrîn si trova Kobane (in arabo Ayn Al-Arab). Situata a circa 520 metri sul livello del mare, è un importante centro economico per la coltivazione del grano. L’Eufrate il principale fiume della Siria, segna il confine occidentale del cantone; le sue acque raggiungono il livello più alto tra aprile e maggio, dopo lo scioglimento delle nevi nel Kurdistan settentrionale 13. Per la sua collocazione frontaliera e le sue riserve di acqua dolce, il cantone di Kobane è d’importanza strategica.
La sua capitale, la città di Kobane, è stata fondata nel 1892 come città-fabbrica durante la costruzione della ferrovia Berlino-Baghdad. Si pensa che il nome Kobane sia una corruzione della parola tedesca Kompanie. Il confine artificiale turco-siriano tracciato nel 1923, divideva la città: la città turca di confine, Mürşitpinar (in curdo Etmenek), a nord della ferrovia, non era altro che la periferia della Kobane siriana. Il confine era minato ed era impossibile attraversarlo: solo nel 2010 fu creato un piccolo punto di passaggio. Al di là del confine turco, la città più vicina è Suruç (in curdo, Pirsûs), nella provincia di Urfa. Sotto l’occupazione siriana, Kobane aveva un nome arabo, Ayn Al-Arab, che significa «primavera» o «occhio degli arabi».
Le aşîret 14 curde hanno vissuto a lungo nell’area di Kobane. Molti vivevano in modo nomade 15 . nel Ventesimo secolo molti esuli curdi in fuga dalle persecuzioni in Turchia fecero di Kobane la loro casa. Vivono a Kobane anche turcomanni e rifugiati armeni, ma molti di essi hanno lasciato la città negli anni Sessanta per andare ad Aleppo o in Armenia. Prima delle rivolte siriane del 2011, si stimava che duecentomila persone vivessero nella regione di Kobane 16 . Durante la guerra civile siriana le migrazioni di massa all’interno della Siria hanno portato la popolazione attorno ai 400.000. La città di Kobane nel 2011 aveva 54.681 abitanti ed era abitata per la maggior parte da curdi. Ora la popolazione ha superato i 100.000 17 .
Il 19 luglio 2012 la città di Kobane fu la prima in Rojava a espellere il regime Ba’ath. Il cantone di Kobane ha dichiarato l’indipendenza il 27 gennaio 2014. Il presidente dell’esecutivo di Kobane è Enver Müslim, che ha nominato Bêrîvan Hesen e Xalid Birgil come suoi vice. Come il cantone di Afrîn, anche il cantone di Kobane sotto l’amministrazione siriana fa parte del governatorato di Aleppo.
Alla fine del 2013 l’ISIS ha tentato di conquistare la città, ma le unità YPG e YPJ [ vedi 8.1 e 8.2] hanno continuamente respinto gli attacchi. A metà settembre 2014 le milizie islamiste hanno dato inizio a una grande offensiva e hanno attaccato la città. Isolata da Afrîn e Cizîrê, Kobane si è trovata circondata da nemici. La maggior parte della popolazione è fuggita e sono rimasti sol...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Laboratorio Rojava
  3. Indice
  4. PREFAZIONE
  5. INTRODUZIONE
  6. PROLOGO
  7. 1. IL CONTESTO
  8. 2. LE DIVERSE CULTURE DEL ROJAVA
  9. 3. CONFEDERALISMO DEMOCRATICO
  10. 4. LA LIBERAZIONE
  11. 5. UNA RIVOLUZIONE DELLE DONNE
  12. 6. L'AUTONOMIA DEMOCRATICA IN ROJAVA
  13. 7. LE ASSOCIAZIONI DELLA SOCIETÀ CIVILE
  14. 8. LA TEORIA DELLA ROSA: LA DIFESA
  15. 9. IL NUOVO SISTEMA DI GIUSTIZIA
  16. 10. DEMOCRATIZZARE L’ISTRUZIONE
  17. 11. IL SISTEMA SANITARIO
  18. 12. L'ECONOMIA ALTERNATIVA
  19. 13. SFIDE ECOLOGICHE
  20. 14. I VICINI
  21. 15. PROSPETTIVE
  22. POSTFAZIONE
  23. GLOSSARIO
  24. BIBLIOGRAFIA