Elogio della terra
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Elogio della terra

Un viaggio in giardino

  1. 172 pagine
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Elogio della terra

Un viaggio in giardino

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Informazioni sul libro

Uno dei più grandi filosofi della nostra epoca apre le porte del suo giardino "Un'euforica dichiarazione d'amore, un coraggioso inno di lode" Die Zeit

Con 24 illustrazioni di Isabella Gresser

"È necessaria una coscienza planetaria": Byung-Chul Han volge il suo sguardo penetrante alla terra e alla natura, ma non si tratta di pura riflessione, perché questo libro appassionato che incrocia Goethe, Hölderlin, Heidegger, Schubert e D'Annunzio è anche un diario di giardinaggio.

Più il filosofo si dedica al suo giardino berlinese – che chiama Bi-Won, "giardino segreto" in coreano –, più cresce in lui il rispetto per la bellezza della terra (rappresentata nel testo con le splendide illustrazioni di Isabella Gresser).

In questo viaggio tra le stagioni, le piante e i pensieri il lettore imparerà di nuovo lo stupore e la meraviglia di fronte all'unicità e alla fragilità del nostro pianeta. Han scrive una dichiarazione d'amore per la natura che è anche un appello all'umanità per proteggerla: "Lo sperare è la modalità temporale del giardino, per cui il mio elogio della terra è rivolto alla terra che verrà".

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Informazioni

Editore
nottetempo
Anno
2022
ISBN
9788874529599

Diario dal giardino

Questa è una canzone per i bambini
che nascono e vivono tra l’acciaio
e il bitume, tra il cemento e l’asfalto,
e che forse non sapranno mai
che la terra era un giardino.
C’era un giardino che si chiamava terra.
Brillava al sole come un frutto proibito.
No, non era né il paradiso né l’inferno
né qualcosa di già visto o udito.
C’era un giardino, una casa sugli alberi,
con un letto di muschio per farci l’amore
e un piccolo ruscello che scorreva senza un’onda
veniva a rinfrescarlo e seguiva il suo corso.
C’era un giardino grande come una valle.
Ci si poteva nutrire in tutte le stagioni,
sulla terra rovente o sull’erba gelata
e scoprire fiori senza nome.
C’era un giardino che si chiamava terra.
Era abbastanza grande per migliaia di bambini.
Un tempo era abitato dai nostri nonni,
che lo avevano ereditato dai loro nonni.
Dov’è il giardino dove saremmo potuti nascere,
dove avremmo potuto vivere spensierati e nudi?
Dov’è questa casa dalle porte aperte,
che cerco ancora senza mai trovare?
Georges Moustaki, Il y avait un jardin1
E piove su i nostri volti
silvani
Gabriele D’Annunzio, La pioggia nel pineto

31 luglio 2016

I girasoli che ho seminato appena fuori dal recinto in primavera ora fioriscono malgrado le voraci lumache che vanno pazze dei loro semi. Sono cresciuti davvero robusti. Questi amanti del sole circondano il giardino col loro giallo splendente, sembrano a loro volta un sole splendente. Spesso li guardo con stupore. Quanto sono alti. È un miracolo che da un seme così piccolo possa scaturire una pianta di tali dimensioni. Ho toccato i fiori stupendomi della loro solidità, del loro legame con la terra, della loro “terrosità”: mi ha fatto bene, mi ha dato un bel terreno su cui stare, di cui oggi ho bisogno più che mai.
I convolvoli vicino al recinto hanno i fiori violetti. Il balcone del mio appartamento a Basilea, non distante dalla casa in cui abitò Nietzsche, era ricoperto di convolvoli i cui fiori si aprivano la mattina presto richiudendosi la sera; era cinto a destra da convolvoli e a sinistra da viti. In mezzo, in autunno, fiorivano le cosmee. Lungo il bordo destro del giardino, in un grande vaso, c’era un caprifoglio che morì quando se ne andò l’amore. Persino gli orologi si fermarono allora. Fu un dolore enorme.
Gli elicrisi fioriscono magnifici, rossi, gialli e bianchi. Al tatto, i loro petali sono secchi come paglia, danno l’impressione di non poter avvizzire mai. Amo la loro leggiadria, la loro spensieratezza. Sono molto infantili. L’acqua non gli piace per niente. Quando piove o li innaffio, si ripiegano su se stessi. Già, si accartocciano come se stessero provando dolore. È triste che vivano per un solo anno. Fioriscono per poi sparire per sempre. Adoro in particolare gli elicrisi bianchi.
L’ibisco azzurro è in fiore. L’ibisco è il fiore nazionale coreano, lì si chiama mugungwha. Anche la rosa azzurra detta Novalis è in fiore. L’azzurro è il colore del romanticismo. Grandioso. Ma la grandiosità non s’attaglia alla sua bellezza, le manca la grazia. L’ortensia azzurra risplende discreta nell’ombra. I grappoli di moscato maturano con calma e si tingono di blu. La Susanna dagli occhi neri è in pieno rigoglio. È il fiore estivo per eccellenza, col suo occhio sorridente risplende per tutta l’estate fino in autunno. Ha un’aria così gaia e spensierata.

7 agosto 2016

L’agnocasto inizia a fiorire. All’inizio pensavo che non avrebbe retto l’inverno visto che i suoi rami, fino ai primi giorni d’estate, parevano del tutto rinsecchiti. Ma con mia grande sorpresa ha messo le gemme: una meravigliosa resurrezione. Da rami che sembravano morti sono spuntati dei germogli verdi. Vivono. E ora sono in fiore, d’un azzurro luminoso.
L’agnocasto o pepe del monaco è anche detto, in tedesco, “albero casto”, “agnello casto” o “letto di paglia della vergine”, perché a quanto pare indebolisce la carica sessuale, aiutando così la castità e la verginità. La dea Era, nata sotto una di queste piante, si univa una volta all’anno con Zeus e poi un bagno nel fiume Imbrasos ripristinava la sua verginità. Negli orti dei monasteri medioevali l’agnocasto cresceva insieme alle spezie e alle piante officinali. I monaci ne usavano i semi piccanti come condimento per via del loro effetto anafrodisiaco. Tra gli anafrodisiaci impiegati a suo tempo contro i “riprovevoli desideri carnali” c’erano anche la ruta comune, il luppolo, la liquirizia o la coda di volpe (Amaranthus). Il medico greco Dioscoride Pedanio nel I secolo, parlando del pepe del monaco, scrive:
Agnocasto, Vitex agnus-castus
L’agnos, arbusto dell’agnocasto, noto ai Romani come pepe selvatico, è una pianta arborea che cresce presso i corsi d’acqua e le coste rocciose. È detto agnos perché in occasione delle Tesmoforie le donne che intendevano mantenere la verginità lo usavano come giaciglio o perché, se bevuto, esso mitiga l’istinto di giacere con qualcuno.
Le mele diventano grandi e gialle. Hanno un buon sapore e profumano. Il giardino è un luogo di profumi. Profuma di terra. Le fragole, che come suggerisce il loro nome tedesco Erdbeeren sono proprio le bacche profumate della terra, si diffondono. Il nome originario della bacca in tedesco è “la rossa”, anche se non tutte le bacche sono rosse. Ho anche delle fragole bianche, che gli uccelli non mangiano perché le credono acerbe; invece sono mature, hanno un odore e un sapore dolcissimo. Questo loro colore le protegge dagli uccelli ingordi che in giardino si pappano tutte le bacche, compresi gli acini d’uva. Quest’anno sono particolarmente avidi. Va detto che sono anche dei buongustai: mangiano solo i frutti maturi. Anche i cetrioli e i pomodori pullulano. Il loro è un pullulare smodato, ma a me questa smodatezza non piace. La funkia detta So Sweet emana un profumo inebriante.

12 agosto 2016

Un giorno autunnale molto freddo in piena estate. Le piante, che malgrado le temperature fioriscono rigogliose, valgono da ricompensa per l’addio anticipato all’estate. Quest’anno se n’è andata davvero molto presto. In piena stagione era già autunno. Ecco comparire i fiori autunnali. I grandi fiori del colchico d’autunno sembrano frutti esotici. Sbocciano festosi, sono proprio “senza tempo d’autunno”. Il tempo della festa è un momento senza tempo, la festa fa perdere il senso del tempo. Oggi il tempo si è assolutizzato come tempo di lavoro. Non c’è più festa cui aggrapparsi, per cui il tempo è più che mai effimero. I “senza tempo d’autunno” portano luce e splendore nel giardino d’autunno altrimenti buio.

23 agosto 2016

Mi ha molto rattristato che i girasoli, a causa di questa estate così corta e gelida, siano appassiti in fretta. Non hanno avuto occasione di svilupparsi, i loro fiori sono avvizziti rapidamente. Un gelo inatteso in piena estate ha portato con sé un autunno freddo e umido. I colchici d’autunno, che di solito fioriscono in settembre o ottobre, ora lo fanno in piena estate. Uno di essi sembra un enorme croco. Un altro sfoggia un fiore ricchissimo.
L’ortensia profumata emana un aroma intenso ma molto delicato. Odora di giglio. I gigli orchidea fioriscono all’ombra. Adoro le piante che restano nell’ombra. Ho fatto sì che le ombre fiorissero. Vi fioriscono digitali, campanule, funkie, nontiscordardimé caucasici e anemoni d’autunno. Ma sono le ortensie, inebrianti, a illuminare le ombre. Le adoro. Col tempo ho imparato ad amarle.

19 settembre 2016

È già autunno inoltrato. L’aria è molto fresca. La sofferenza è grande. Fioriscono, bellissimi, cosmee, anemoni, colchici e crochi autunnali. I semi di cosmea li ho portati dall’Estremo Oriente: quest’anno a fiorire sono quindi delle cosmee coreane. È indubbiamente coreano anche il basilico dal profumo bizzarro comprato al mercato del giardino botanico berlinese.
L’agnocasto, le rose e le funkie perdono via via la loro energia vitale, non fioriscono più. Le spiree blu, i colchici d’autunno, i floghi, i fiori cardinale, le Susanna dagli occhi neri, le funkie profumate e le ortensie hanno perso tono, le rose e i gerani conferiscono al giardino d’autunno un ultimo, caldo tocco di splendore.
Ultimamente mi sono sentito come sul punto di dissanguarmi. Il dolore mi ha reso permeabile, vulnerabile. La percezione si è acuita. Ogni cosa è diventata per così dire fonte di dolore. Poi c’è stato un incidente.
In giardino c’è un bel salice. Lo amo molto e ho provato orrore, un giorno, nel vederlo ricurvo. Le foglie parevano rinsecchite. In tutta evidenza un roditore aveva aggredito il suo tronco scavandovi un buco. Dentro si vedeva qualcosa di rosso, tanto che ebbi l’impressione che si fosse dissanguato, che mi avesse abbandonato. La morte si era annunciata in giardino.
Il salice, il mio amore, dissanguato. La ferita era così grande da non essere curabile. Probabile che sapesse di dover morire in autunno. A inizio anno era sprofondato nel delirio, avvolto in uno sciame d’api.
Ho indugiato a lungo, fino a notte, presso il cadavere rialzato del mio amore, ho pianto a lutto insieme agli anemoni d’autunno. Il salice si è dissanguato nel momento stesso in cui avevo pensato di morire dissanguato anch’io. Era l’amore che io diedi per perso.

29 settembre 2016

Gli anemoni d’autunno giapponesi, le cosmee coreane e i crochi autunnali sono in pieno rigoglio. Quest’anno ho portato molti semi dalla Corea, in particolare quelli del sesamo selvatico deulkkae, detti kkaennip (in giapponese egoma). Le sue foglie sono prelibate. Vi avvolgo un po’ di riso e di pasta di miso e ingoio tutto. Il profumo è magnifico. Sa di terra, di profondità e segretezza. Il calore del riso si armonizza alla perfezione col sapore forte del sesamo selvatico noto anche come shiso. Molte ricette prevedono l’uso delle sue foglie: marinate nella salsa di soia hanno un ottimo sapore. È uno dei miei ...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Nota dell’editore
  3. Frontespizio
  4. Copyright
  5. Indice
  6. Prefazione
  7. Viaggio d’inverno
  8. Giardino d’inverno
  9. Il tempo dell’Altro
  10. Ritorno alla terra
  11. Romanticizzazione del mondo
  12. Ciliegi d’inverno
  13. Piè di gallo e amamelidi
  14. Forsizie
  15. Anemoni
  16. Camelie
  17. Amenti del salice
  18. Crochi
  19. Funkie
  20. Sulla felicità
  21. Bei nomi
  22. Victoria amazonica
  23. Colchici d’autunno
  24. Diario dal giardino
  25. Note
  26. Elenco delle illustrazioni di Isabella Gresser
  27. Ringraziamenti del traduttore