VIII. Dalle guerre mondiali a oggi.
Antisemitismo dello sterminio e ritorno del rimosso
1. La Repubblica di Weimar: nell’anticamera dell’inferno.
Nel breve periodo della prima Repubblica tedesca, dal 9 novembre 1918 al 30 gennaio 1933, tutti gli elementi e gli stereotipi antisemiti che si erano infiltrati in modo capillare nella società dell’Impero tedesco continuarono a esercitare la loro influenza. Sebbene gli anni di stabilizzazione economica dal 1924 in poi avessero portato a un periodo di relativa calma dopo anni di crisi, si trattava di una calma illusoria, soprattutto per gli ebrei. I cambiamenti e gli sconvolgimenti provocati dalla guerra perduta e dalla caduta dell’Impero trovarono negli ebrei un facile capro espiatorio, esattamente secondo lo schema che aveva sempre determinato il rapporto tra la società cristiana, le sue autorità politiche e gli ebrei. Il fatto che gli ebrei potessero essere etichettati in modo del tutto naturale come beneficiari economici della guerra («profittatori di guerra») ha giocato un ruolo importante tanto quanto il consistente aumento dell’afflusso di ebrei provenienti dall’Europa orientale subito dopo la fine della prima guerra mondiale, a seguito del conflitto polacco-sovietico.
Le istituzioni dello Stato, come gli impieghi pubblici, le forze armate, le Chiese e l’élite economica, rimasero in larga parte legate alle loro vecchie strutture autoritarie ed erano ben lontane da un nuovo inizio democratico. In merito alla loro posizione nei confronti degli ebrei, anche i partiti politici e le associazioni civiche rimasero non solo fedeli ai collaudati schemi di pensiero nazionalisti, sciovinisti e razzisti, ma li consolidarono; e presto ad essi si aggiunsero nuovi partiti e nuove associazioni, non ultimo il Partito nazionalsocialista tedesco dei lavoratori. A posteriori, nella prospettiva della storia dell’antisemitismo, possiamo considerare la Repubblica di Weimar poco più che un ponte tra l’antisemitismo diffusosi durante l’età imperiale in tutti gli strati della società e l’antisemitismo statale del «Terzo Reich», anticamera di quell’inferno che fu l’antisemitismo dell’annientamento.
Un fattore importante nello sviluppo successivo dell’antisemitismo è stata la radicalizzazione antisemita delle associazioni. Accanto a numerosi nuovi raggruppamenti per ogni possibile tipologia di popolazione (impiegati del popolo, operai, impiegati statali, donne, artisti, studenti), fu particolarmente attiva la Lega pangermanica, ancora guidata da Heinrich Claß che nel 1920 si era ampliata arrivando a contare 490 gruppi locali. La cosiddetta Federazione nazionale tedesca di protezione e difesa fondata dalla Lega dopo la sua unificazione (1919), fu particolarmente attiva soprattutto a seguito della fusione con la Lega del martello del Reich, costituita da Theodor Fritsch, facendo della lotta contro gli ebrei a partire dal manifesto di Claß dal titolo Wenn ich Kaiser wär la sua principale missione. Supportato da circoli medio-borghesi e da accademici, il gruppo arrivò nel 1922 a contare circa 200 000 membri divisi in 600 gruppi locali. All’indomani dell’omicidio, nel giugno del 1922, dell’industriale ebreo, nonché ministro degli Esteri del Reich, il liberale Walther Rathenau, la Federazione protezione e difesa fu messa al bando dalla maggior parte degli Stati tedeschi e i suoi membri trovarono nuova accoglienza tra le file del Partito nazionalsocialista.
Una propaggine della Lega del martello del Reich fu costituita dall’Ordine dei Germani, fondato nel 1912, una società segreta antisemita organizzata in logge, i cui influenti membri ne propagavano le idee nella società borghese; l’organizzazione fu anche coinvolta in attentati politici. L’Ordine dei Germani a sua volta diede vita, nel 1918, alla Società Thule, anch’essa una società segreta, sciovinista e antisemita che combatté la Rivoluzione di novembre del 1918-1919 e la Repubblica bavarese dei Consigli del 1919, considerandole l’esito di una cospirazione ebraica mondiale. Furono proprio l’Ordine dei Germani e la Società Thule a introdurre la croce uncinata (svastica) come simbolo della razza ariana nel nazionalsocialismo, dapprima come emblema del Partito nazionalsocialista e poi come elemento ufficiale della bandiera del Terzo Reich.
Organo di stampa dell’Ordine dei Germani era il foglio clandestino «Runen. Zeitschrift für germanische Geistesoffenbarungen und Wissenschaften. Merkblatt für den Freundschaftsgrad des Germanen-Ordens» (Rune. Rivista per le rivelazioni spirituali e scientifiche germaniche. Volantino per il grado di amicizia dell’Ordine dei Germani). Un primo esempio delle argomentazioni contorte utilizzate dai membri dell’ordine ce lo offre il contributo del Fr[atello] dell’[Or]dine «Tannhäuser» intitolato Il Talmud invertito come verità della Bibbia ariana, in cui l’autore elabora una perversa immagine del mondo tedesco-cristiano ricavandola dalla Bibbia e dal Talmud. Per farlo si basa su Der Talmjude (L’ebreo del Talmud), il pamphlet di August Rohling, e sullo Judenspiegel (Lo specchio dell’ebreo) del «Dott. Justus», e costruisce il vero cristianesimo popolare sul negativo dell’odiato ebraismo. In questo modo, l’«ebreo in noi» diventa, allo stesso tempo, un modello ammirato e, come tale, una superficie di proiezione perfetta per l’odio condensato del nuovo cristianesimo germanico:
In una certa misura abbiamo bisogno di un Talmud germanico, di una dottrina morale esclusivamente ariano-germanica e di regole di vita tedesche per poter diventare liberi, sani, felici e grandi!! – Il modo migliore per farlo è dissotterrare le sagge leggi ariane dalla Bibbia e dal Talmud!1
Sull’opinione pubblica furono particolarmente efficaci testi come il romanzo sessista-razzista Die Sünde gegen das Blut (I peccati contro il sangue) dello scrittore e politico Artur Dinter, nel quale si dà ampia diffusione al cliché sulla preferenza degli uomini ebrei dai capelli scuri per le donne tedesche bionde. Il primo volume apparve nel 1917 e raggiunse, fino al 1922, una tiratura di 200 000 copie. Anche l’opuscolo Judas Schuldbuch (Il libro delle colpe di Giuda), pubblicato nel 1919 a firma di Wilhelm Meister, pseudonimo di Paul Bang, che fu membro del Reichstag tra le file del Partito popolare nazionale tedesco e poi segretario di Stato, ebbe enorme successo. In esso viene descritta nel dettaglio, fase dopo fase, un’ipotetica presa di potere da parte degli ebrei fino a una definitiva «dominazione ebraica» in Germania. Il libro conobbe sei edizioni in pochi anni, con circa 30 000 copie vendute.
Infine, anche I Protocolli dei Savi di Sion, apparsi per la prima volta in Germania proprio in questo periodo (1919-1920), esercitarono la loro fatale influenza nell’ampia diffusione del mito del complotto mondiale ebraico. Com’è stato giustamente sostenuto, con la loro ricezione da parte del Partito nazionalsocialista, i Protocolli hanno costituito in un certo senso il copione delle fantasie di dominio mondiale dei nazionalsocialisti: un ulteriore esempio di proiezione della loro sete di potere su un ebraismo immaginario e distorto cinicamente.
L’esercito ha continuato ad essere un ricettacolo privilegiato per le correnti antisemite. Emblematico dell’umore delle truppe fu il memorandum sulla «soluzione della questione ebraica», che Hans Knodn, giovane membro del 41° reggimento fucilieri a Passau, e cofondatore del gruppo locale del Partito nazionalsocialista, indirizzò nel 1920 al primo ministro bavarese. Le proposte ivi contenute lasciano sgomento l’osservatore odierno e suonano come un’inquietante anticipazione delle risoluzioni approvate alla Conferenza di Wannsee del gennaio 1942 sulla «soluzione finale della questione ebraica»:
1. Entro 24, al massimo 48 ore, «la maggior parte degli ebrei» dovrà presentarsi, provvista «degli indumenti più necessari» in «precisi punti di raccolta». «Da questi luoghi sarà poi messo in atto il trasporto presso i campi di concentramento».
2. «Gli ebrei che cercheranno di sottrarsi all’internamento con la fuga o con la corruzione», dovranno essere condannati a morte. I loro beni saranno confiscati.
3. «I tedeschi che aiuteranno gli ebrei a fuggire» andranno incontro alla «stessa sorte».
4. «Se l’Intesa aprirà le ostilità contro di noi, allora dovremo rispondere immediatamente con rappresaglie contro gli ebrei. In caso di ordine di blocco, gli ebrei saranno fatti morire di fame. In caso di avanzata del nemico, avrà luogo il massacro degli ebrei fino a quando l’avanzata non sarà fermata».
5. L’internamento degli ebrei sarà mantenuto fino a che la Germania continuerà ad essere «minacciata da nemici interni ed esterni». Nel caso di ebrei sopravvissuti, una volta eliminati i «pericoli interni ed esterni», si dovrà procedere alla loro «completa deportazione», in particolare «in Palestina», ovviamente dopo che essi si saranno lasciati alle spalle i loro beni e le loro proprietà. Il ritorno in Germania deve essere considerato un crimine punibile con la morte2.
Il più antisemita dei partiti ufficiali fu il Partito popolare nazionale tedesco, fondato nel 1918, che collaborava strettamente con le associazioni. Nel 1924, con il 19,5% dei voti, esso divenne il secondo partito del Reichstag. Dopo una forte perdita di consensi alle elezioni del 1928 e la nomina del magnate della stampa Alfred Hugenberg a presidente del partito, l’orientamento già fortemente nazionalista, popolare e antisemita si radicalizzò. Il partito divenne così uno degli apripista del nazionalsocialismo; si sciolse nel 1933. Sebbene non presentassero programmi dichiaratamente antisemiti o ostili agli ebrei, tutti gli altri partiti, ad eccezione del Partito popolare tedesco e soprattutto del Partito democratico tedesco – che continuò costantemente a difendere i diritti civili degli ebrei e che fu pertanto additato dal versante popolare come «partito degli ebrei» – furono sempre più o meno apertamente antisemiti, spesso in virtù di convenienze elettorali. I partiti cattolici (Centro e Partito popolare bavarese) erano conservatori di stampo nazionalista, ma per nulla di matrice etnica e il loro programma non era esplicitamente antisemita. Essi rappresentavano, tuttavia, una popolazione cattolica locale, nella quale erano saldamente ancorati gli stereotipi cristiani dell’antisemitismo.
L’atteggiamento dei socialdemocratici fu ambivalente: sebbene non facessero dell’antisemitismo un punto della loro agenda programmatica, cercarono di tener conto delle diverse opinioni del proprio elettorato, integrando così anche sentimenti antisemiti. Anche il Partito comunista tedesco, pur non essendo programmaticamente antisemita, non esitò a sfruttare l’atteggiamento antisemita diffuso nella società del tempo e a far leva sullo stereotipo dei capitalisti ebrei che dominano l’economia nella lotta contro il «capitale». Emblematico di questa tendenza fu il famigerato appello di Ruth Fischer, presidente dell’Ufficio politico del Comitato centrale del Partito comunista, del 1923:
State incitando contro il capitale degli ebrei, egregi signori? Chi incita contro il capitale degli ebrei, egregi signori, è già un combattente di classe, anche se non lo sa. Siete contro il capitale ebraico e volete vincere i lavoratori del mercato azionario? Bene così. Calpestate i capitalisti ebrei, appendeteli ai lampioni, schiacciateli3.
Il forte elemento religioso presente nello spettro dell’antisemitismo ha fatto sì che anche le Chiese cristiane divenissero un fattore estremamente rilevante nel carattere antisemita assunto dalla società, con chiare differenze tra il protestantesimo e il cattolicesimo. La Chiesa cattolica era tutt’altro che libera da correnti antisemite, e quanto più era fortemente radicata in una comunità locale, tanto più efficaci continuavano ad essere i vecchi stereotipi e pregiudizi antisemiti, anche se le mancava il legame istituzionale con lo Stato. Lo Stato era interamente protestante e pertanto elevò l’antigiudaismo e l’antisemitismo cristiani a dottrina statale, con tutte le conseguenze negative che la storia dell’emancipazione ha portato alla luce. Il protestantesimo era infatti particolarmente esposto all’influsso di un cristianesimo etnico-germanico che voleva sbarazzarsi di tutti i perniciosi elementi ebraici. Pioniere, in questo senso, fu il pastore capo di Flensburg, Friedrich Andersen (1860-1940), il quale, ispirato dalla teoria della razza di Chamberlain, chiese l’abolizione dell’Antico Testamento ebraico, dichiarando Gesù non ebreo (come Chamberlain) e paventando il pericolo di una «vittoria finale» dell’ebraismo:
Chi vincerà, la stella di Giuda o la croce? – La questione, al momento, non può essere risolta. In ogni caso, l’ebreo procede risoluto per la sua strada […] la prostrazione dell’avversario che odia a morte. Quando la cristianità festeggia il Venerdì Santo, non dovrebbe cullarsi nei sogni; […] altrimenti potrebbe aver nuovamente luogo un Golgota ancora più terribile, nel quale l’ebraismo di tutto il mondo canterebbe i suoi canti giubilari sulla tomba del cristianesimo calpestato in onore di Jahvè, l’omicida e sterminatore di popoli4.
Andersen è stato uno dei cofondatori della popolare Federazione per la Chiesa tedesca (1921) e, attraverso di essa, uno dei precursori dei Cristiani tedeschi. Questi ultimi, costituitisi come gruppo in Turingia nel 1931, propagarono una Chiesa imperiale germanica, nella quale gli ebrei convertiti al cristianesimo non avrebbero potuto trovare posto, sostenendo inoltre la purezza del «sangue germanico» e intendendo liberare il messaggio cristiano da tutti gli elementi ebraici. Il primo Reichsleiter (capo) del Movimento per la fede dei «Cristiani tedeschi» fu il pastore, e per un breve periodo anche vescovo del Brandeburgo, Joachim Hossenfelder, che stilò le «Linee guida» per i Cristiani tedeschi:
7. Nella razza, nel carattere etnico e nella nazione vediamo regole di vita che Dio ci ha donato e affidato, e il cui mantenimento è per noi legge divina. La mescolanza delle razze, pertanto, deve essere contrastata […].
9. Nella missione di conversione degli ebrei vediamo un grave pericolo per il nostro carattere etnico. Essa è la porta d’ingresso del sangue estraneo nel nostro popolo. […] Rifiutiamo la missione di conversione degli ebrei in Germania fino a quando gli ebrei avranno la cittadinanza e attraverso di essa sussista il rischio di un occultamento e di una ibridazione della razza. […] In particolare, devono essere vietati i matrimoni tra tedeschi ed ebrei5.
Dopo che i nazionalsocialisti salirono al potere, nel 1933, i Cristiani tedeschi costituirono la maggioranza in quasi tutte le chiese regionali protestanti, imposero Ludwig Müller come il più alto vescovo del Reich e introdussero nelle Chiese regionali da loro governate il cosiddetto «paragrafo ariano», una misura con cui si escludevano i cristiani di origine ebraica da tutti gli uffici ecclesiastici. Una delle istituzioni fondate dai Cristiani tedeschi fu il famigerato Istituto per la ricerca e l’eliminazione dell’influenza ebraica nella vita della Chiesa tedesca (1939-1945), che ebbe lo scopo di contribuire alla «de-giudaizzazione» (Entjudung) del cristianesimo e alla quale presero parte numerosi teologi evangelici tornati in carica dopo il 1945. L’opposizione ai Cristiani tedeschi si costituì nella «Chiesa confessante», che respinse il paragrafo ariano della Chiesa, ma che tollerò, invece, il paragrafo ariano dello Stato.
2. Il Partito nazionalsocialista: la lotta contro gli ebrei come programma.
Il partito destinato ad assumere un’importanza decisiva per il successivo sviluppo dell’antisemitismo nel Terzo Reich fu il Partito nazionalsocialista tedesco dei lavoratori, fondato nel 1920. Adolf Hitler ne fece parte fin dall’inizio e fu uno dei suoi primi membri ufficiali. Il programma del partito del febbraio 1920, come altri programmi populisti e antisemiti precedenti, definiva la cittadinanza tedesca con un chiaro intento di opposizione all’emancipazione ebraica:
4. Può essere cittadino solo chi è membro della nazione. Membri della nazione possono essere solo coloro i quali hanno sangue tedesco, indipendentemente dalla confessione religiosa. Pertanto, nessun ebreo può essere un membro della nazi...