Nato nella paura
eBook - ePub

Nato nella paura

Letteratura, orrore, esistenza

  1. Italian
  2. ePUB (disponibile sull'app)
  3. Disponibile su iOS e Android
eBook - ePub

Nato nella paura

Letteratura, orrore, esistenza

Dettagli del libro
Anteprima del libro
Indice dei contenuti
Citazioni

Informazioni sul libro

«Quasi sempre, chi scrive o legge racconti dell'orrore è nato nella paura. Quando ho scoperto le opere di Lovecraft e Poe ho identificato immediatamente la paura da cui sorgevano e l'ho accolta. Anziché cercare la pace nella vita, ho aggravato la paura. E l'ho aggravata ulteriormente lasciandomi sedurre dagli aspetti più morbosi e spaventosidell'esistenza. Mi spiace non aver cercato la pace anziché la paura, ma non sono stato abbastanza saggio o lungimirante.»Bastano queste fulminanti parole per comprendere che Ligotti, quando – di fronte alle domande di giornalisti, critici, appassionati – indossa i panni del buon conversatore, parlando di sé e della propria opera, non è affatto da meno rispetto al Ligotti scrittore dell'orrore sovrannaturale; il Ligotti le cui visioni di terrori metafisici, squarciati nel tessuto anodino di una provincia americana trasfigurata dalla coazione a ripetere, hanno ridisegnato i confini della letteratura, weird e non solo. Ispirazione inquieta di un'intera generazione di scrittori – Jeff VanderMeer in primis –, il notoriamente schivo Thomas Ligotti svela in queste pagine, che raccolgono tutte le interviste da lui rilasciate, i meccanismi della sua immaginazione e il funzionamento della creazione artistica; racconta il ruolo che i grandi del passato hanno avuto nella sua formazione; svela incubi, paure, deliri; e consegna al lettore un ritratto in absentia che è definito tanto da quello che Ligotti dice e spiega, quanto – e forse soprattutto – da quello che, misterioso, tace.Nato nella paura è allora il viatico d'elezioneper entrare nel mondo oscuro e surreale dell'autore che, più di tutti, può fregiarsi dell'ambito titolo di erede di H.P. Lovecraft e E.A. Poe, un mistagogo della parola che non smette di spaventarci.

Domande frequenti

È semplicissimo: basta accedere alla sezione Account nelle Impostazioni e cliccare su "Annulla abbonamento". Dopo la cancellazione, l'abbonamento rimarrà attivo per il periodo rimanente già pagato. Per maggiori informazioni, clicca qui
Al momento è possibile scaricare tramite l'app tutti i nostri libri ePub mobile-friendly. Anche la maggior parte dei nostri PDF è scaricabile e stiamo lavorando per rendere disponibile quanto prima il download di tutti gli altri file. Per maggiori informazioni, clicca qui
Entrambi i piani ti danno accesso illimitato alla libreria e a tutte le funzionalità di Perlego. Le uniche differenze sono il prezzo e il periodo di abbonamento: con il piano annuale risparmierai circa il 30% rispetto a 12 rate con quello mensile.
Perlego è un servizio di abbonamento a testi accademici, che ti permette di accedere a un'intera libreria online a un prezzo inferiore rispetto a quello che pagheresti per acquistare un singolo libro al mese. Con oltre 1 milione di testi suddivisi in più di 1.000 categorie, troverai sicuramente ciò che fa per te! Per maggiori informazioni, clicca qui.
Cerca l'icona Sintesi vocale nel prossimo libro che leggerai per verificare se è possibile riprodurre l'audio. Questo strumento permette di leggere il testo a voce alta, evidenziandolo man mano che la lettura procede. Puoi aumentare o diminuire la velocità della sintesi vocale, oppure sospendere la riproduzione. Per maggiori informazioni, clicca qui.
Sì, puoi accedere a Nato nella paura di Thomas Ligotti in formato PDF e/o ePub, così come ad altri libri molto apprezzati nelle sezioni relative a Littérature e Collections littéraires nord-américaines. Scopri oltre 1 milione di libri disponibili nel nostro catalogo.

Informazioni

parte terza
Una demenza necessaria (2004-2011)
Il soprannaturale è la controparte metafisica della follia, e ciò rende il genere dell’orrore soprannaturale il miglior veicolo possibile per esprimere l’incubo misterioso di una mente cosciente naufragata in questa casa infestata che è il mondo, e portata alla pazzia dal suo incredibile raccapriccio. Questo tipo di orrore non ha niente a che vedere con la disumanità dell’uomo verso l’uomo, ma è una demenza necessaria, un ordine superiore di bizzarria e desolazione incorporato nel sistema in cui tutti noi funzioniamo.
Thomas Ligotti, 2004
La letteratura è intrattenimento o non è nulla
Intervista di Neddal Ayad, 2004
ayad: Leggi molta saggistica? Se sì, quale preferisci?
ligotti: Non metto alcun paletto al genere dei saggi che scelgo di leggere; l’unica condizione è che mi senta in sintonia con l’idea dell’essere al mondo che ha l’autore. Per esempio ho appena finito di leggere L’ultimo messia del filosofo norvegese Peter Wessel Zapffe. Risale agli anni trenta e a tutt’oggi rimane l’unico testo di Zapffe tradotto in inglese. Secondo Zapffe, gli esseri umani in generale e la coscienza umana in particolare sono un errore di natura, e la specie umana dovrebbe smettere al più presto di riprodursi per porre fine al tragico orrore della nostra vita di esseri senzienti che passano il loro tempo a raccontarsi che vale la pena di vivere. È un riassunto molto conciso del tipo di atteggiamento che trovo negli autori che più sollecitano il mio interesse, come Schopenhauer, Lovecraft, Cioran e certi scrittori buddhisti.
Che cosa ti indispone dei romanzi? Che nei romanzi è necessaria una morale?
Qualcosa del genere. Alla gente sta bene che un racconto breve dell’orrore finisca male. Non lo accetta, invece, in un romanzo dell’orrore… non dopo aver letto centinaia di pagine che l’hanno coinvolta emotivamente nella salvezza di certi personaggi. Le storie dell’orrore in forma breve sono come quelle che ci si racconta davanti a un falò o come le leggende urbane, solo un modo di dire «bu!». Nella mente di quasi tutti i lettori non hanno niente a che fare con il mondo reale. Tuttavia, credo che la narrativa horror abbia un grande potenziale che invece non è alla portata immediata della narrativa realista: il potenziale di ritrarre i nostri peggiori incubi, personali e collettivi, mentre il nostro corpo va in rovina e ci avviciniamo alla morte. Per poi lasciarli lì: senza lieto fine, senza apologie, scuse, redenzione o via di scampo. Alcuni scrittori horror lo hanno fatto in maniera coerente, ma non sono tantissimi. Le loro opere mi hanno molto dilettato – è tutto intrattenimento, in fondo – e oltre a questo ho provato una momentanea soddisfazione davanti a chi ha avuto l’audacia di parlare male del prezioso dono della vita, sebbene sin dall’infanzia ci insegnino con il lavaggio del cervello a non dire mai una parola di sconforto. Ovviamente, anche se scrivi un racconto dell’orrore che la infama, evitare di affermare la vita è impossibile. L’atto stesso di scrivere è una sua affermazione, così come il suicidio. Sono entrambi gesti vitali e idealisti. Posso dirti per esperienza che un vero zombi depresso non trova alcun senso nel suicidio, non lo considera una soluzione. Certi ricercatori psichiatrici ipotizzano che prescrivere antidepressivi ai malati di depressione estrema potrebbe rivitalizzarli al punto tale da spingerli a considerare il suicidio un rimedio praticabile alla loro condizione. Nessuno, invece, si è mai curato commettendo un suicidio, il che probabilmente è la migliore tesi a suo sfavore. Tuttavia, sebbene scrivere racconti dell’orrore – in particolare quelli che sfruttano un elemento soprannaturale – sia un gesto affermativo, è anche indice di un danno psicologico, perché il soprannaturale è la controparte metafisica della follia, e ciò rende il genere dell’orrore soprannaturale il miglior veicolo possibile per esprimere l’incubo misterioso di una mente cosciente naufragata in questa casa infestata che è il mondo, e portata alla pazzia dal suo incredibile raccapriccio. Questo tipo di orrore non ha niente a che vedere con la disumanità dell’uomo verso l’uomo, ma è una demenza necessaria, un ordine superiore di bizzarria e desolazione incorporato nel sistema in cui tutti noi funzioniamo. Il suo emblema è la malignità vuota e inspiegabile che alcuni di noi leggono in faccia alle bambole, ai manichini, alle marionette e via dicendo. Le facce di così tante effigi della nostra forma, create dalle nostre mani e menti, sembrerebbero il nostro modo di dire a noi stessi che conosciamo un segreto troppo terribile da dire. Lo scrittore horror è colui che più di tutti ha occasione di rivelare in parte tale segreto. È davvero un’occasione sprecata, o forse una benedizione, che siano così in pochi a sfruttare questo potenziale della narrativa dell’orrore. Fanno il contrario, piuttosto: scoprono i segreti riguardo a un male nel nostro mondo, invece che il male del mondo, e poi lo fanno sconfiggere da un paletto di legno, un proiettile d’argento, un esorcismo ecc. Ci risvegliamo dall’incubo e va ancora tutto bene.
Consideri la tua scrittura necessariamente sovversiva? Te lo chiedo perché qualcuno ha detto che la narrativa dell’orrore è necessariamente conservatrice.
I best seller dell’orrore sono necessariamente conservatori perché devono intrattenere un grande numero di lettori. A prescindere dalle copie vendute, però, la narrativa non può essere concretamente sovversiva né a livello di individuo né di gruppo, eccezion fatta per tendenze preesistenti che una data opera di fantasia può innescare, in particolare le tendenze omicide o suicide. Ci sono stati notevoli esempi di suicidio o omicidio collegati a certi romanzi. Tuttavia, se un lettore sente la sua vita o la sua incolumità minacciate da una storia inventata, smette di leggerla oppure nega che la lettura intacchi la sua percezione di una realtà sicura e protetta, specialmente protetta. Il lettore continua a leggere soltanto se lo si intrattiene in maniera positiva e vitalista. La sovversione tramite l’arte, in qualsiasi forma, è impossibile, anche se le autorità, per esempio la Chiesa cattolica, ci fanno credere il contrario. Nemmeno le pubblicazioni di saggistica possono essere sovversive. Se contraddicono ciò che tutti hanno sempre sostenuto, le loro idee vengono riformulate, ignorate, capovolte o addomesticate per il pubblico consumo. Un buon esempio di questo fenomeno sono gli scritti di Freud, ateo e con un’idea totalmente pessimista della natura umana. Probabilmente le opinioni che contengono sono il motivo per cui tutti gli psicologi che hanno stretto un legame professionale con lui hanno finito per spezzarlo: la sua visione macabra del mondo era troppo in contrasto con il loro fondamentale ottimismo. Persino il lettore medio trova le fantasiose teorie metafisiche di Jung molto più accettabili rispetto all’ipotesi di Freud che non esistono potenze superiori e che il comportamento degli umani è influenzato in negativo da conflitti psicologici inconsci.
Traslocare in Florida ha influito in qualche modo sulla tua scrittura?
Per niente.
Mi sembra di ricordare che in un’altra intervista ti dicessi disgustato dall’idea di vivere al «Sud». Negli Stati Uniti non c’è un posto più a sud della Florida. Che cosa ti ha fatto cambiare idea?
Vicende personali. Continuo a essere schifato dai climi e dalle società calde, per non parlare della flora e della fauna nauseanti che proliferano così disgustose da quelle parti. Mentre girava Fitzcarraldo nella foresta amazzonica, Werner Herzog ha fatto questo commento sulla location: «Qui c’è armonia, ma è l’armonia del genocidio. Persino le stelle sembrano in disordine».
Ripensando al tuo periodo a Detroit, che impatto ha avuto la città sulla tua opera? Dopo che te ne sei andato ti è saltato all’occhio qualcosa che potresti non aver notato o aver dato per scontato quando ci abitavi?
Sono nato a Detroit, ma a parte i primi anni dell’infanzia non ci ho abitato. Sono cresciuto in un sobborgo della borghesia medioalta che confinava con la città. Però, negli anni sessanta, alle superiori, ho passato un po’ di tempo nei ghetti cittadini dove ci si faceva le canne, e poi ho lavorato in centro per ventitré anni. Mi è sempre piaciuto lo spettacolo delle case abbandonate, carbonizzate e in rovina. Nel primo racconto dell’orrore che ho pubblicato, Il chimico, cerco di esprimere il mio fascino per questo mondo di rovine. In misura minore questo vale anche per il mio romanzo breve My Work Is Not Yet Done, ambientato in una città senza nome ispirata a Detroit. Lo sfondo del mio computer è la foto di una casa abbandonata nell’East Side di Detroit. In tanti miei racconti ho cercato di articolare un’estetica del degrado nei borghi e nelle città. Per me il declino e la decrepitezza equivalgono a una specie di serenità, al tranquillo abbandono delle illusioni sul futuro.
Hai dichiarato che diversi tuoi racconti sono cominciati nei sogni (o negli incubi). Hai dichiarato anche di avere preso antidepressivi, alcuni dei quali sono noti per amplificare, intensificare o alterare i sogni. Hanno avuto questo effetto su di te, e se sì, pensi che abbiano influenzato i tuoi racconti?
A quanto ricordo, ho sempre avuto incubi. Alcuni antidepressivi hanno intensificato i miei sogni, altri li hanno appannati. Dipende dalle sostanze chimiche del cervello su cui sono ideati per agire. In generale, ritengo più probabile che l’assunzione quotidiana di antidepressivi in una dose significativa limiti gli impulsi creativi di un individuo, il che non è necessariamente un male. Conosco altre persone, a parte me, che li prendono, e nei newsgroup sulla depressione e il suicidio ho letto di gente che la pensa così. E il motivo di questo fenomeno non è l’azione normalizzante o emotivamente benefica degli antidepressivi: magari lo fosse. L’effetto anti-creativo è dovuto in prima istanza al fatto che gli antidepressivi ti appiattiscono le emozioni e ti scombinano i processi mentali. Perdi la concentrazione e gli impulsi necessari a scrivere, disegnare o suonare. Questo è valido in particolare per chi è gravemente depresso, per chi soffre del sintomo peggiore della depressione, la cosiddetta anedonia. Molta gente che potrebbe anche fare a meno degli antidepressivi – e se smettesse, le compagnie farmaceutiche non si riempirebbero le tasche – si sente rinvigorita assumendone dosi relativamente piccole.
È straordinaria la schiettezza con cui parli della depressione e dei suoi effetti sulla qualità della tua vita. Parecchia gente continua a considerarlo un tabù.
Le malattie mentali rimarranno un tabù finché non diventeranno universali. Non che non lo siano già, sotto una certa prospettiva. Ma l’esistenza stessa dei disturbati, mentali ed emotivi, è una seria minaccia al sistema socioeconomico in cui siamo imprigionati. Se davvero vuoi essere pazzo, ti conviene imitare la pazzia del tuo capo, delle autorità che fanno rispettare la legge, e del presidente degli Stati Uniti. Altrimenti sei fottuto.
Hai mai scritto qualcosa che giudichi troppo cupo o pesante per essere pubblicato?
No, ma ho concepito storie che poi non ho scritto perché troppo perturbanti. Se riesci a scrivere una cosa, vuol dire che non lo è più di tanto. Ciò che turba davvero non si può scrivere. Anche se lo si potesse fare, nessuno sopporterebbe di leggerlo. E scrivere, in sostanza, non è che una forma di svago per l’autore e il lettore. Non mi importa chi è l’autore: la letteratura è intrattenimento o non è niente. Qualcuno potrebbe obiettare citando un libro come i Canti di Maldoror di Lautréamont. Se vogliono vederla così, liberi di farlo. Chi sono io per negare a qualcuno i suoi eroi demoniaci? Secondo me nessuno nella storia dell’umanità ha tutta quella credibilità, né l’avrà mai.
Hai cominciato a consumare droghe leggere quand’eri relativamente giovane. Che tipo di attrazione esercitavano?
Mi sembra una domanda strana. È come se chiedessi: «Perché uno vuole sentirsi meglio di come si sente di solito?». Posso capire chi trova antipatici la droga e l’alcol perché da bambino ha avuto esperienze sfortunate con il consumo di droga o parenti alcolisti… o perché ha paura di perdere il controllo… o è abbastanza fortunato da non avere bisogno di alterare il suo stato emotivo medio. Nessuno di questi è il mio caso, e mi sembra che non lo sia nemmeno per la razza umana in generale. Sembra che in tutti gli esseri umani ci sia una spinta innata a non vivere in uno stato emotivo saldo, e questo proverebbe che tale stato, per la maggior parte della gente, non è tollerabile. Altrimenti perché arrendersi alle attrazioni dell’amore romantico per più di una volta? Pos...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Sommario
  3. Introduzione
  4. Parte prima. Incubi incantatori (1988-1991)
  5. Parte seconda. Questo carrozzone di carne (2000-2003)
  6. Parte terza. Una demenza necessaria (2004-2011)
  7. Parte quarta. Nato nella paura (2011-2013)
  8. Fonti