Matrimonio medievale
eBook - ePub

Matrimonio medievale

  1. Italian
  2. ePUB (disponibile sull'app)
  3. Disponibile su iOS e Android
eBook - ePub

Matrimonio medievale

Dettagli del libro
Anteprima del libro
Indice dei contenuti
Citazioni

Informazioni sul libro

La famiglia, la parentela, la sessualità, la socialità ma soprattutto il matrimonio nel Medioevo sono i temi affrontati in questo saggio dallo storico francese Georges Duby. A partire dal dodicesimo secolo, in Francia, due concezioni di matrimonio radicalmente diverse, quella aristocratica e quella ecclesiastica, si scontrarono e si adattarono l'una all'altra per garantire e perpetrare l'ordine sociale e l'ordine divino. Studiando casi di matrimonio di re e membri dell'aristocrazia, seguendone gli sviluppi attraverso una fitta ed estesa rete di incesti, bigamie e divorzi e mettendo in risalto il ruolo della donna nella società, l'autore ricostruisce la realtà quotidiana dell'istituzione matrimoniale presso l'alta aristocrazia, l'élite laica che allora iniziava a uscire dalla oscurità. Fulcro della sua indagine le pratiche del matrimonio in quanto elementi costitutivi della storia sociale e culturale del Medioevo. Riproposto nella collana le Silerchie arricchito dalla nuova e preziosa introduzione di Ida Magli, «Matrimonio medievale» continua a essere quel riferimento per la ricerca interdisciplinare sulla famiglia, la morale, la legislazione e il costume che, agli inizi degli anni ottanta, inaugurò un nuovo metodo d'indagine ampliando e rinnovando l'orizzonte degli studi storici attraverso l'uso libero e spregiudicato di strumenti provenienti da esperienze scientifiche diverse, dall'antropologia alla sociologia e alla etnologia.

Domande frequenti

È semplicissimo: basta accedere alla sezione Account nelle Impostazioni e cliccare su "Annulla abbonamento". Dopo la cancellazione, l'abbonamento rimarrà attivo per il periodo rimanente già pagato. Per maggiori informazioni, clicca qui
Al momento è possibile scaricare tramite l'app tutti i nostri libri ePub mobile-friendly. Anche la maggior parte dei nostri PDF è scaricabile e stiamo lavorando per rendere disponibile quanto prima il download di tutti gli altri file. Per maggiori informazioni, clicca qui
Entrambi i piani ti danno accesso illimitato alla libreria e a tutte le funzionalità di Perlego. Le uniche differenze sono il prezzo e il periodo di abbonamento: con il piano annuale risparmierai circa il 30% rispetto a 12 rate con quello mensile.
Perlego è un servizio di abbonamento a testi accademici, che ti permette di accedere a un'intera libreria online a un prezzo inferiore rispetto a quello che pagheresti per acquistare un singolo libro al mese. Con oltre 1 milione di testi suddivisi in più di 1.000 categorie, troverai sicuramente ciò che fa per te! Per maggiori informazioni, clicca qui.
Cerca l'icona Sintesi vocale nel prossimo libro che leggerai per verificare se è possibile riprodurre l'audio. Questo strumento permette di leggere il testo a voce alta, evidenziandolo man mano che la lettura procede. Puoi aumentare o diminuire la velocità della sintesi vocale, oppure sospendere la riproduzione. Per maggiori informazioni, clicca qui.
Sì, puoi accedere a Matrimonio medievale di Georges Duby in formato PDF e/o ePub, così come ad altri libri molto apprezzati nelle sezioni relative a Storia e Storia dell'Europa medievale. Scopri oltre 1 milione di libri disponibili nel nostro catalogo.

Informazioni

Anno
2013
ISBN
9788865762899

1. Due modelli di matrimonio:
l’aristocratico e l’ecclesiastico

Lo storico del matrimonio nell’Occidente medievale si trova davanti a un vasto terreno incolto che si è iniziato a dissodare solo in qualche punto. Chi vuol fare un lavoro proficuo in questo campo deve cominciare a delineare i confini dell’area nella quale vuol compiere la sua ricerca. Con tutta la cautela dovuta intendo fare proprio questo, e nel modo seguente: dal momento che non sono né uno studioso di diritto canonico, né uno studioso di liturgia, né un teologo, ho scelto di considerare il matrimonio dal punto di vista della storia sociale e, più precisamente, di osservare le pratiche di matrimonio.1 Scegliendo questa via non mi sono certo semplificato le cose: la maggior parte dei testi pervenuta tratta non la pratica ma la teoria del matrimonio. Questi documenti ci dicono che cosa era considerato normale e possono essere usati come fonti per la ricostruzione di un sistema di valori, un corpo di regole morali, un codice che segna i confini tra comportamento lecito e illecito. Ovviamente il comportamento individuale si conformava a questa immagine ideale solo in modo imperfetto. Vorrei aprire una breccia in questa incrostazione di norme che ha sin qui assorbito l’attenzione di quasi tutti gli studiosi del campo, per arrivare più vicino possibile alla realtà di vita. Da parecchi anni nel mio seminario al Collège de France seguo questa difficile linea di ricerca. So bene che questo lavoro è solo all’inizio e che i risultati che qui presenterò sono molto incompleti e hanno più che altro lo scopo di mettere in evidenza alcuni punti.
In questa fase devo limitare la mia indagine solo a quel ristrettissimo gruppo della società laica che iniziava a uscire dall’oscurità, l’alta aristocrazia. Inoltre concentro l’attenzione su una sola parte dell’Europa, dove il materiale documentario è un po’ più ricco che altrove, la parte settentrionale del regno di Francia, e su un solo secolo, il XII. Ho scelto questo periodo non soltanto perché mi è particolarmente familiare, ma per altre due ragioni ancor più convincenti: da un lato, dopo la grande scarsità del X secolo e dell’inizio dell’XI, le fonti diventano più abbondanti. In particolare si possono esaminare in questo periodo opere letterarie scritte per l’intrattenimento di cavalieri e principi, le quali, se anche non rispecchiano quello che facevano, almeno ci dicono quello che volevano fare. Dall’altro lato mi sembra che proprio a quel tempo nella nostra cultura si compì un mutamento fondamentale nell’evoluzione dell’istituto del matrimonio. Fu infatti l’inizio di una fase decisiva nel conflitto che dominò tutta quella evoluzione, il conflitto cioè tra due modelli radicalmente diversi e antagonisti: il modello laico di matrimonio, creato per mantenere l’ordine sociale, e il modello ecclesiastico, creato per mantenere l’ordine divino. Tra questi due modelli, solo del secondo possiamo avere una nozione chiara, perché le nostre informazioni vengono quasi esclusivamente da ecclesiastici. Ma gli ecclesiastici erano allora costantemente impegnati a combattere il primo modello, denunciandolo, condannandolo e quindi descrivendolo. Credo sia metodologicamente corretto cominciare con il presentare un rapido profilo di questi due sistemi opposti.
Al contrario di quanto si dice talvolta ancora oggi, sembra che la società, o meglio l’alta società del XII secolo, si sia basata per molto tempo su un’unità fondamentale, il casato o famiglia di due generazioni. Si trattava del triangolo formato da padre, madre e figli attorno al quale erano raggruppati altri individui in numero variabile, alcuni parenti non sposati, tutti coloro che erano «mantenuti» dal casato e la familia, cioè il gruppo di servitori domestici. La struttura entro la quale questo gruppo avvertiva il senso della propria coesione era la casa o domus. Poiché la funzione specifica di chi vantava uno stato nobile era e continuava a essere quella tradizionalmente militare, i maschi occupavano una posizione dominante in tutte le case nobili, sebbene anche alla moglie del capo del casato, la «signora», fossero affidate funzioni importanti, avendo l’incarico di badare all’economia del casato, alla servitù femminile e ai figli più giovani.2 Questa struttura fondamentale definiva tutto un sistema di atteggiamenti, soprattutto quelli di rispetto e deferenza.3 Era una struttura così dominante che ogni metafora che cercasse di esprimere relazioni di potere, per esempio tra signore feudale e vassallo all’interno del feudo, del principato o del regno, in qualche modo ricorreva all’immagine domestica. Ed era questa struttura a collocare il matrimonio al centro di tutte le istituzioni sociali.
Unendo due individui discendenti da due diverse case per fondare una nuova casa analoga alle precedenti – o, piuttosto, per assicurare la sopravvivenza di una di queste case – il matrimonio dava un riconoscimento ufficiale e, fra tutte le possibili unioni, sceglieva quelle che la società legittimava come mezzi per perpetuare se stessa senza mettere in pericolo la propria stabilità strutturale. Ecco perché il matrimonio non doveva essere clandestino, ma invece un atto cerimoniale esteriore. Era necessaria una celebrazione, una celebrazione assolutamente pubblica che per una volta riunisse un gran numero di persone per assistere a un rito centrale: la processione che accompagnava una donna, la sposa, a una casa, a una camera, a un letto, nell’aspettativa che presto diventasse madre. In questo modo il matrimonio inseriva la procreazione in un ordine di cose. E ordine implicava anche pace, perché l’istituto del matrimonio era proprio l’opposto del ratto: era fondato su un accordo, un contratto, noto anche come contratto di matrimonio (pactum conjugale), stipulato tra due case. In base a questo contratto una delle due case avrebbe ceduto una donna, l’altra l’avrebbe accolta o acquisita. Lo scambio dunque riguardava una donna, o, più precisamente, la sua futura maternità, il suo «sangue», con tutto quello che ciò avrebbe portato alla nuova famiglia in termini sia di valore ancestrale (virtus) sia di diritti ereditari. Nella cerimonia erano quindi inclusi dei riti che esprimevano questo contratto. Si trattava di tre gesti che ci sono noti perché entrarono a far parte del rituale ecclesiastico in uso nel periodo e nella regione di cui ci stiamo occupando:4 la consegna della sposa nel rito del trapasso dei poteri mediante la congiunzione delle mani; il dono offerto dallo sposo in cambio della dote, la dos, nella forma di un anello o di poche monete come segno di garanzia sul diritto alla proprietà del nuovo casato; infine l’inginocchiamento della sposa davanti all’uomo divenuto suo «padrone», un gesto inteso ad affermare che ella si rimetteva al potere di un altro maschio, non più a quello del capo della casa di origine, ma a quello della casa nella quale entrava. Naturalmente la cerimonia di consenso, il fidanzamento (desponsatio), precedeva quella di trasferimento, il matrimonio (nuptiae). Queste due solenni occasioni erano talvolta separate da un lungo intervallo, poiché spesso era vantaggioso stringere l’alleanza molto prima che le circostanze pratiche, in primo luogo l’età dei contraenti, rendessero possibile la loro unione fisica.
A questo punto vanno fatte tre osservazioni:
Il contratto di matrimonio era essenziale per il futuro di entrambe le case. La decisione era dunque troppo importante per essere lasciata agli individui interessati, perciò era presa da coloro che avevano la responsabilità delle due famiglie.
L’accordo aveva conseguenze diverse per le due famiglie. Una di queste accoglieva nel proprio grembo un corpo estraneo, la sposa, che diveniva parte del casato. In una certa misura questa donna rimaneva sempre un’intrusa, l’oggetto di un’ostinata diffidenza, di un sospetto che si concentrava sempre su di lei se qualche insolita sventura colpiva il marito. L’altra famiglia, però, aveva sacrificato una parte delle proprie sostanze e cercava una compensazione, ecco perché vediamo spesso legami di affetto particolarmente intensi (dilectio) tra i figli della nuova coppia e i fratelli della madre.
Infine, i termini del contratto garantivano alla donna sposata diritti autonomi sia sulla propria dote (dos) sia sulle aspettative di eredità. Ma non vi è dubbio che in pratica questi diritti venivano esercitati dagli uomini, vale a dire dal marito, dai fratelli se rimaneva vedova, e dai suoi figli ed eredi nelle cui mani l’eredità paterna e materna si riunivano nel corso della generazione successiva.5 È un fatto che in questa società le donne non uscivano mai dalla più rigida subordinazione. Come è espresso con chiarezza dal vescovo Gilberto di Limerick, si sottomettevano ai loro mariti e li «servivano».6
Questa società laica aveva da tempo elaborato un sistema di regole concernenti il matrimonio, della cui organizzazione abbiamo solo una nozione imprecisa. Questo sistema aveva anzitutto lo scopo di proteggere tutti coloro che non erano stabilmente inseriti in una condizione coniugale. Le vedove e gli orfani, come «poveri» per eccellenza, erano affidati alle cure particolari del re in primo luogo, poi dei principi, quindi di tutti i cavalieri. In questa posizione si trovavano anche le «dame» e le «vergini» ogni qual volta lasciavano l’ambito protettivo della casa;7 come pure i maschi celibi, ai quali era assicurato il diritto all’ospitalità (contubernium) e che trovavano accoglienza nel gruppo di parentela complementare formato dalla compagnia di vassalli. Inoltre questo sistema era anche destinato a proteggere il patrimonio, a conservare la posizione economica dei figli nati da coppie sposate. Questo scopo era alla base delle tre caratteristiche salienti del codice di matrimonio laico.
Nell’etica laica il matrimonio regolava gli impulsi sessuali ma solo, ripeto, nell’interesse di un patrimonio. Quando non vi erano implicazioni di eredità, l’attività sessuale al di fuori del matrimonio era consentita. Dall’altro lato, era della massima importanza che la moglie ricevesse un solo seme, quello di suo marito, per timore che degli intrusi, provenienti dal sangue di un altro uomo, prendessero posto tra gli aventi diritto all’eredità degli avi. Ecco perché il codice morale laico condannava rigorosamente l’adulterio da parte della donna.
Questo codice morale non richiedeva una struttura monogamica. I vedovi erano assolutamente liberi di risposarsi, e un marito poteva ripudiare la propria moglie. Questo era permesso non solo, come prevedibile, in caso di adulterio ma anche quando sembrava opportuno nell’interesse del patrimonio prendere un’altra moglie: vuoi perché la precedente moglie tardava a dare al marito il figlio che avrebbe assicurato continuità alla casa, vuoi semplicemente perché sembrava vantaggioso per la casa acquisire una donna di maggior valore. La cosa importante era che il ripudio avesse luogo nelle dovute forme, mediante un accordo tra le due famiglie. Era a questo punto che le clausole del pactum assumevano il loro pieno significato. Nel complesso poi questo codice morale condannava rigorosamente la violenza e disapprovava con molta energia il ratto.8
Infine vi era una forte tendenza all’endogamia, perché le famiglie spesso ritenevano che un matrimonio tra cugini poteva essere usato per riunire le sparse porzioni di eredità frazionate nelle generazioni precedenti. Così, mentre il matrimonio rimaneva proibito all’interno della stessa casa e all’interno del ristretto gruppo familiare, la nozione di incesto perdeva tutto il suo rigore oltre il terzo grado di parentela.
Sembra che in questa regione la funzione del matrimonio all’interno della società aristocratica assumesse un’importanza crescente man mano che il sistema sociale che chiamiamo feudalesimo si configurava sulla scia della lenta ma irresistibile trasformazione strutturale di recente subita dalla classe dominante. D’ora innanzi la celebrazione dei valori della cavalleria – cioè la vocazione militare di questa categoria sociale – verranno esaltati più che mai, così come i vantaggi dell’avventura individuale saranno celebrati nei miti della letteratura cavalleresca.9 È però un fatto che la supremazia economica dell’aristocrazia ormai non derivava più soprattutto dalla distribuzione dei bottini di guerra, come era avvenuto nell’VIII secolo, né dal saccheggio legalizzato delle proprietà della Chiesa, come nel X secolo e nella prima metà dell’XI (tra l’altro, infatti, la riforma della Chiesa dell’XI secolo aveva anche messo fine ai saccheggi da parte dei laici). D’altronde tale supremazia non dipendeva ancora, come sarebbe avvenuto dopo il XIII secolo, soprattutto da vitalizi e stipendi, né dalla distribuzione delle entrate delle finanze principesche. Più che in ogni altra epoca la supremazia economica dell’aristocrazia dipendeva dalle risorse di un patrimonio e dal privilegio ereditario di sfruttare terra e uomini.10 Decisamente i cavalieri del XII secolo, più dei loro antenati e dei loro discendenti, erano nella sostanza degli eredi. Questo processo di radicamento in un ambiente agrario, così come la graduale dissoluzione delle compagnie militari private, la cessione di proprietà ai vassalli e l’irresistibile evoluzione che trasformò il possesso feudale in un diritto ereditario, tutto ciò servì a inserire più solidamente che mai l’aristocrazia laica entro i confini della casa (domus). Inoltre spiega perché, sin dal secondo trentennio dell’XI secolo, il nome della casa tendeva a divenire il cognome comune a tutta la discendenza della «genía».11 In queste circostanze è corretto considerare la società cavalleresca come un insieme di case giustapposte.
Ma bisognerebbe dire di un certo numero di case perché in realtà questo numero si stabilizzò. D’ora innanzi ogni ceppo alimenterà un solo ramo. I rami avventizi saranno fatti appassire per non indebolire il tronco centrale. Uscendo per un momento dai limiti geografici che mi sono imposto e considerando la regione di Mâcon, per quello che ne so, ho la netta impressione che in quell’area la frammentazione delle grandi tenute carolinge, che per tutto il X secolo aveva portato a una proliferazione di case nobili, giunse a un punto di arresto nella seconda metà dell’XI secolo e nel corso del XII.12 Credo anche che una delle cause più forti di questa stabilità fosse il graduale diffondersi in tutti i livelli della società aristocratica di una struttura di famiglia basata sulla stirpe che era modellata sull’esempio dei re.13 Era diventato chiaro che delimitare le strutture della stirpe era il sistema più efficace per conservare il patrimonio, vero fondamento della supremazia cavalleresca (potrei aggiungere, per inciso, che a quel tempo l’aumento di produttività della terra rendeva questo patrimonio sempre più redditizio, anche se queste crescenti risorse non erano sempre sufficienti a coprire le spese sempre in aumento di chi voleva mantenere il proprio rango). Assumendo gradualmente un carattere monarchico, la casa (domus) rafforzava quindi l’autorità del solo uomo che un certo documento di Mâcon chi...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Introduzione
  3. Prefazione
  4. 1. Due modelli di matrimonio: l’aristocratico e l’ecclesiastico
  5. 2. Incesto, bigamia e divorzio di re e nobili
  6. 3. Una casa nobile: i conti di Guines
  7. Note