18. Tra tutti i luoghi santi e degni d’amore il Sepolcro ha, in un certo senso, il primo posto. Si prova un non so che di teneramente de voto più dove Egli riposò da morto che dove dimorò da vivo. Il ricordo della sua morte muove a pietà più di quello della sua vita. Penso che ciò avvenga perché la morte sembra più crudele e la vita più dolce e la quiete del sonno lusinga l’umana debolezza più del la fatica del vivere, il quieto stato della morte più che il diritto sentiero della vita. La vita di Cristo mi offre un modello per la vita; ma la sua morte mi offre la redenzione dalla morte. La sua vita mi insegnò a vivere, ma la sua morte distrusse la morte. Laboriosa è stata la sua vita, preziosa la sua morte. Entrambe furono necessarie. Ma a cosa potrebbe giovare la morte del Cristo ad uno che viva empiamente e a che cosa la sua vita ad uno che muoia da dannato? Forse che la morte del Cristo, ancor oggi, serve a liberare dalla morte eterna coloro che fino alla morte hanno vissuto in colpa? E la santità della sua vita ha liberato i Santi Padri vissuti prima della sua venuta? Così sta scritto: Quale dei viventi non vedrà la morte e potrà strappare la sua anima dalle grinfie dell’abisso? (Sal, 88, 49). Erano dunque per noi egualmente necessarie e l’una e l’altra, e la sua vita giusta e la sua morte impavida. Vivendo insegnò a vivere e morendo rese sicuro il morire: è morto per risorgere ed ha fondato la speranza della resurrezione per coloro che muoiono. Ma a ciò Egli aggiunse un terzo beneficio, senza il quale ne anche il resto sarebbe servito: la remissione dei peccati. Difatti, per quanto concerne la vera e suprema beatitudine, cosa avrebbe potuto giovare a chi era tenuto prigioniero anche dal solo peccato originale una vita per quanto retta e di lunga durata? Il peccato ha infatti preceduto la morte e se l’uomo l’avesse evitato non avrebbe assaporato la morte (mortem non gustasset) in eterno.
19. Peccando l’uomo perse la vita e trovò la morte: Dio stesso l’aveva infatti predetto - e rispondeva a giustizia - che se l’uomo avesse peccato sarebbe morto. Cosa avrebbe potuto ricevere di più giusto se non la pena del taglione? Dio infatti è la vita dell’anima, e questa è la vita del corpo. Avendo l’uomo peccato col libero arbitrio, di sua propria volontà ha rinunciato alla vita: che perda dunque, di conseguenza, la possibilità di dare a sua volta la vita, contro la sua propria volontà. Spontaneamente respinse la Vita, ha rifiutato di vivere: sia incapace di darla a chi vuole e quando vuole. L’anima che non ha voluto essere governata da Dio sia impotente a reggere il corpo. Dal momento che non ha ubbidito a chi è sopra di lei, perché dovrebbe comandare a chi è al di sotto di lei? Il Creatore ha trovato ribelle la sua creatura [ l’anima], così pure l’anima trovi ribelle la creatura [ il corpo] a lei asservita. L’uomo ha trasgredito la legge divina: scopra quindi nelle sue membra un’altra legge che si rifiuta di ubbidire alla legge della sua volontà e lo imprigiona nella legge della caduta (cfr. Rm, 7,25). Inoltre il peccato, secondo le Scritture, ci separa da Dio (Is, 59, 2) e quindi così pure la morte ci separi dal corpo. L’anima non può separarsi da Dio se non per mezzo del peccato, il corpo non può separarsi dall’anima se non per mezzo della morte. E forse troppo spietata questa pena che si limita a prescrivere che il suddito subisca lo stesso male che ha commesso contro il suo Creatore? Niente di più consequenziale, indubbiamente, del fatto che, essendo la morte spirituale colpevole e volontaria, abbia causato altresì la morte corporale, punitiva e necessaria.
20. Poiché l’uomo era stato condannato in conformità alla sua duplice natura a questa doppia morte, l’una dello spirito dovuta alla sua volontà e l’altra del corpo come conseguenza della prima, l’Uomo-Dio, per la sua potenza e benevolenza, venne in aiuto all’una e al l’altra con la sua morte, insieme corporale e volontaria, e con quella sua unica morte sconfisse la nostra doppia morte. E a ragione, infatti di quelle nostre due morti una ci fu imputata come risultato della nostra colpa, l’altra come dovuto castigo. Il Cristo accettò il castigo e, pur essendo indenne da colpa, morendo di sua spontanea volontà soltanto nel corpo guadagnò per noi la vita e la remissione. Del resto, se non avesse sofferto nel corpo, non avrebbe prosciolto il nostro debito: se non fosse morto spontaneamente, la sua morte non avrebbe avuto me rito. Ma, se come si è detto, la morte è il risultato meritato per la colpa e la morte è il debito della colpa, dal momento che il Cristo ha rimesso i peccati ed è morto per i peccatori, ormai quanto dovevamo è stato pagato e il debito è sciolto.
21. E poi, come sappiamo che Cristo ha il potere di rimettere i peccati? Senza dubbio perché Egli è Dio e può ciò che vuole. E come sappiamo che Egli è Dio? I miracoli lo provano. Ha compiuto opere che nessun altro potrebbe, per tacere poi l’oracolo dei Profeti e la testimonianza della voce del Padre discesa dall’ alto sudi lui nella magnificenza della gloria dei cieli. Ché se Dio è a nostro favore, chi è contro di noi? E se Dio ci giustifica chi ci condannerà? (Rm, 8, 31 e 8, 33-34). A Lui ed a Lui solo noi confermiamo ogni giorno: Contro te, unicamente, ho peccato (Sal, 50, 6). Chi meglio, anzi, chi altri ha la facoltà di perdonare il peccato fatto contro di lui? O, come nonio potrebbe Egli che può tutto? E, infine, io ho facoltà di perdonare, se voglio, le colpe commesse contro di me: e Dio non potrebbe rimettere quelle fatte contro di lui? Se chiunque ha la facoltà di rimettere i peccati, Egli onnipotente - e solo lo può Egli contro il quale si pecca - beato colui al quale Egli non addosserà colpa. Ecco, abbia mo conosciuto come Cristo, per la potenza della sua divinità, ha la facoltà di condonare le colpe.
22. Quanto alla sua volontà [ di rimettere i peccati] chi mai potrà dubitarne? Infatti chi ha rivestito la nostra carne e subito la nostra stessa morte credi forse che ci negherà la sua giustizia? Egli che volontariamente s’incarnò, che volontariamente patì, che volontariamente fu crocefisso, ci negherà proprio il suo perdono? Se per la sua deità è chiaro che Egli può rimettere i peccati, con la sua umanità dimostra chiaramente che questo è il suo volere. Ma da quali fatti possiamo trarre ancor motivo di credere che Egli scacciò da noi la morte? Dal fatto che Egli la sopportò pur non avendola meritata. Per qual motivo dovrebbe dunque esigere di nuovo da noi ciò che Egli ha già pagato per noi? Colui che concesse il perdono del peccato donandoci la sua giustizia scioglie il debito della morte e riporta alla vita. Uccisa dunque la morte, ritorna la vita. Cancellando il peccato torna la giustizia. La morte è stata dispersa nella morte d...