Il contratto sessuale venticinque anni dopo.
Democrazia, lavoro, reddito di base*
Carole Pateman
Quando ho scritto Il problema dell’obbligazione politica nel 1970, pensavo di sapere cosa significasse “liberale”. Per un certo periodo mi è comunque sembrato che i lemmi ubiquitari “liberale” e “liberalismo” – che negli Stati Uniti sono soggetti anche ad abusi politici– venissero utilizzati per una gamma di autori e tesi talmente ampia che, a meno di non specificarne con cura il significato, finissero per essere più un intralcio che un aiuto. Così, per quanto fossi solita argomentare contrapponendo il liberalismo alla democrazia, continuo a non sapermi destreggiare rispetto a un “liberalismo” senza ulteriori specificazioni. In Il contratto sessuale (1988) le mie tesi sulla subordinazione civile fanno riferimento a un contesto caratterizzato dalla libertà e uguaglianza giuridiche e individuali, generalmente considerate quali tratti distintivi del “liberalismo”. Il mio libro tuttavia non era dedicato a quest’ultimo, bensì alle teorie del contratto, un ambito ben diverso.
La frase forse più spesso citata di questo libro è: «Un ordine sociale libero non può essere un ordine contrattuale». Ci si è chiesti come vada interpretata. Riporto qui il brano successivo:
Ci sono altre forme di libero accordo attraverso le quali donne e uomini possono istituire relazioni politiche, anche se, in un periodo in cui i socialisti sono occupati a rivestirsi di panni contrattualisti, poca creatività politica è dedicata allo sviluppo di nuove e necessarie forme (Pateman [1988] 1997, p. 301, traduzione italiana modificata).
Il primo dei due assunti contenuti in queste righe è che la teoria del contratto ha fagocitato altre e diverse concezioni della libertà e dell’accordo volontario. I sostenitori ufficiali della democrazia parlano molto di libertà, ma è da troppo tempo che il mercato viene controllato dalla concezione contrattualista. In questi strani inizi del XXI secolo è decisamente necessario un discorso sulla libertà alternativo [...]. Il contratto è un dispositivo commerciale importante e ammirevole, ma va tenuto al suo posto. Il secondo assunto, che riguarda un libero ordine contrattuale, è che contratto e mercati non possono fare da modello per un intero ordine sociale. Quando si intraprende questa strada, il contratto finisce presto per rimuovere le condizioni della sua stessa esistenza, cosa non proprio originale. Le basi non contrattuali del contratto – il fatto che il contratto presupponga l’esistenza di pratiche e relazioni sociali (non contrattuali) – sono state evidenziate da molti autori di rilievo: è la lezione di Hobbes, che ricorre anche in Durkheim, Parsons e Polanyi, ad esempio.
Nel rifiutarmi di assumere il contratto a emblema della libertà e come lente teorica fondamentale per il pensiero politico, mi contrappongo alla forte corrente inaugurata da John Rawls. Le tesi a sostegno dell’ideale rawlsiano di una società quale schema volontario e cooperativo – una democrazia – possono essere formulate direttamente, senza fare ricorso ad accordi ipotetici tra parti astratte in merito a principi coerenti con l’ideale teorico. Una teoria della democrazia ha bisogno di prendere le mosse da dove ci troviamo al presente e alla luce di come siamo giunti a tali circostanze che sono tutt’altro che ideali. Per giunta la tesi contemporanea, che deriva dai classici del contratto originario, ingloba il contratto sessuale e razziale – il contratto sociale essendo solo una delle dimensioni del contratto originario – e questo ingombrante retaggio non si può semplicemente liquidare, portando alla luce un contratto neutro, perché viene costruito attraverso la stessa struttura del ragionamento.
Il contrattualismo contemporaneo ammicca ai classici ma dà per acquisita la giustificazione di fondo del governo nello Stato moderno, che invece i predecessori consideravano un problema irrisolto; questa è la tesi che ho sostenuto in Il problema dell’obbligazione politica, che ancora oggi rimane valida. Mancando di riconoscerne la problematicità, i teorici contemporanei accettano tacitamente tutte le dimensioni di quella giustificazione “originaria” e finiscono per occultare quanto il contratto sessuale e razziale continuino a informare le strutture sociali (cfr. Mills, Pateman, 2007). Il contrattualismo di Rawls si sofferma molto su ragionamenti e principi morali che però, come molti sostenitori delle sue tesi ammettono, non si prestano ad analisi contrattualistiche, motivo per cui i problemi posti dalle gerarchie sessuali e razziali vengono ignorati. Questo significa che il contrattualismo contemporaneo trascura i processi di democratizzazione, la creazione di un ordine sociale e politico più democratico, e non riesce a rimettere in discussione il significato di “democrazia”.
Sono temi che mi hanno sempre interessata, per quanto l’attenzione degli accademici vari a seconda dei mutamenti del clima politico e delle vicissitudini dei movimenti [politici]. All’inizio di Partecipazione e teoria della democrazia (1970) notavo che la richiesta di una partecipazione più allargata fosse assai diffusa; alcuni anni dopo non avrei potuto scrivere sul contratto sessuale senza il ritorno del movimento delle donne; e oggi la questione del reddito di base è dibattuta in numerosi paesi. Non è sorprendente dunque che al contempo, in un momento in cui le dottrine economiche neoliberiste hanno conseguito un potere globale, la democrazia partecipativa non vada più di moda tra i teorici della democrazia e che le concezioni di minima e accreditate siano quelle più decisamente critiche sulla questione [...].
L’istituto dell’impiego
Quando una giovane donna acconsente (o rifiuta) di sottoscrivere un matrimonio combinato, acconsente (o rifiuta) di intraprendere questa forma di istituto matrimoniale. Prendere parte a un contratto matrimoniale crea una nuova relazione coniugale. Questo è un esempio della differenza tra contratto e consenso, di cui ho trattato nel mio studio sull’obbligazione politica (ho finito per scrivere più sul contratto che sul consenso). Quando si acconsente, l’oggetto del consenso è preesistente; si acconsente a qualcosa. Il contratto porta in essere nuove relazioni – replicandocosì il contratto originario che crea, o si dice che crei, lo Stato moderno e le sue istituzioni; il contratto relativo alla «proprietà sulla persona» (Pateman, 2002) è il veicolo tramite cui vengono riprodotti i rapporti di subordinazione nelle principali istituzioni della società moderna.
Negli Stati Uniti e in Inghilterra i mariti hanno perso il loro potere giuridico, ma l’istituto dell’impiegoè rimasto più o meno invariato dai tempi in cui scrivevoPartecipazione e teoria della democrazia. La mia tesi in merito al contratto di lavoro, in Il contratto sessuale, è stata spesso intesa come un’ordinaria discussione in merito alla partecipazione involontaria e coatta. Ma, a meno che sottoscrivere un contratto sia un atto volontario, questa tesi non implica affatto ritenere – come invece fanno tanta filosofia politica e molte politiche pubbliche – che il contratto coincida con la libertà. Il mio ragionamento riguardava piuttosto le conseguenze di quel libero atto. Quando degli individui decidono volontariamente di sottoscrivere un contratto hanno esercitato una loro libertà, ma la conseguenza, nel caso dei lavoratori e del contratto di impiego, è la loro incorporazione alla stregua di subordinati. Concentrarsi sull’atto del sottoscrivere, lasciandone in ombra le conseguenze, permette di separare senza ambiguità il lavoro salariato dal lavoro servile e di iscrivere senza problemi l...