© 2020 iacobellieditore
Prima edizione elettronica Ottobre 2020
Prima edizione stampa Gennaio 2017
Tutti i diritti riservati
www.iacobellieditore.it
isbn elettronico 978-88-6252-665-4
isbn stampa 978-88-6252-338-7
Andrea Berrini
scrittori
dalle
metropoli
Incontri a Pechino, Mumbai,
Delhi e Singapore
iacobellieditore
Ad Alessandra
A Mattia e Chiara
La noncuranza vigile e sensibile,
la leggerezza che non perde in densità
Scritta sui muri di Pechino
Siamo qui sulla terra per andare in giro a cazzeggiare.
Non date retta a chi dice altrimenti.
Kurt Vonnegut, Un uomo senza patria
Introduzione
A Pechino, la giornata è perfetta.
Scrivo la mattina, pranzo con un amico, il pomeriggio sullo schermo del mio computer compaiono facce dall’ufficio di Milano e decine di e-mail, documenti da studiare. Microcredito, editoria, qualche altra faccenda: i miei mestieri. E una raffica di appuntamenti con gli scrittori d’Asia e i loro editori, con le riviste e i festival letterari.
La sera e nel weekend gli scrittori li posso incontrare di persona: gente alla mano, autentica e accogliente che a Milano me la sogno. Privilegi da expat – siamo su un piedistallo, noi expat quaggiù – privilegio da editore.
Interessante io ai loro occhi, perché editore di narrativa asiatica, ma anche per i miei libri (a Milano, chiamatemi Nessuno). Soprattutto curiosi loro, e avvincenti, entusiasmanti dentro a tanto di nuovo da capire: che bello sapere di non sapere nulla, ed esplorarlo. Dentro a città, metropoli nuove di zecca che si espandono per il largo e in altezza, come organismi viventi, come le città marziane nella fantascienza di Bradbury.
E le personalità, la lotta per l’esistenza spicciola, il contesto sociale e culturale che costoro abitano mi coinvolgono più di Bradbury, Ballard, Vonnegut, Dick: un salto oltreconfine dentro a società differenti, a premesse da indagare. Certo, corro un rischio, perché la domanda «Cosa stai cercando?» la vedo comparire negli occhi di chi incontro. E a volte ci sento sotto un: cosa vuoi tu da me, italianuccio, europeo, bianco. Se mi pubblichi bene, altrimenti? Ma, nei più, la mia curiosità fa da miccia alla loro, e il cortocircuito scatta. Scintilla! E magari scintille quando cozziamo l’uno contro l’altro.
Perché l’editore errante incontra, e questo è il bello del mestiere.
Poco tempo fa, in tour nel Sudest Asiatico, mi trovo dentro a una stanza spoglia in Malesia, seduti in quattro attorno a un tavolino di ferro nel retro di una libreria indipendente di Kuala Lumpur, capitale meticcia e accattivante. Sono nella Siverfish Books di Raman Krishnan, che oramai conosco da anni. Ogni volta che sono lì, passo a trovarlo, e lui ascolta paziente la mia storia. Non abbiamo mai saputo inventare una collaborazione editoriale completa, ma intanto io prendo appunti, mi guardo in giro, mi godo le parole di questo signore, le infilo dentro al mio schedario mentale costruendo una memoria utile: la spendo con me stesso, mi ci accuccio confortato, divertito, avulso in qualche modo dalla mia milanese piattezza.
Raman ha aperto attorno alla sua libreria una piccola casa editrice che sa pubblicare ottima narrativa e saggistica in lingua inglese. Mi dice che è il suo “progetto politico”, affermazione piuttosto inusuale da queste parti, anche se è forse solo una traduzione ambigua: politics, cosa davvero si intende? Ma è chiaro che per lui, malese di origine indiana, è l’occasione di coltivare una battaglia culturale contro l’imperare di un Islam invadente anche se non oppressivo: e la lingua inglese gli apre un ambito di autonomia intellettuale.
Raman fa da quarto incomodo a un incontro con due editor locali, Linda Lingard e Dayaneetha Da Silva, che mi presentano il loro di progetto: pensano di lanciare una casa editrice che traduca dalle lingue di tutto il Sudest Asiatico, in inglese, ovviamente. Bel progetto, dare aria a una narrativa che altrimenti resta confinata nel Sudest. Ma quanto costa farlo? A chi lo vendi? Economia: Linda e Dayan non hanno risposte, tutto è un po’ campato per aria. E quindi ecco apparecchiata una conversazione a largo raggio, dalla narrativa in lingua malay all’e-book, e queste tre persone sono estremamente simpatiche. Linda clumsy, cinese di origine, facilmente imbarazzabile. Raman un po’ in difesa dietro a frasi altisonanti (modello, struttura di costi) e a informazioni calate giù a rivendicare una conoscenza enciclopedica dell’editoria asiatica, ma intelligente e appassionato, capace di scovare talenti (un romanzo l’ho comprato da Silverfish Books, e con Metropoli d’Asia l’ho portato in libreria). Dayan, che più tardi, accompagnandomi a prendere un taxi, mi dice: «Io sono stata invitata da Linda a questa riunione, sapevo grosso modo chi sei tu, ma non ho capito per niente il ruolo di Raman». Le ho risposto: «Penso che Linda avesse bisogno di una presenza amica, rassicurante». Dayan, direi, è editor di origine indiana, qualche capello bianco come un’aureola attorno al viso, ma giovanile nello sguardo, vispa, acuta.
Mi sono divertito: può bastare? Mi sento un po’ vampiro, succhio linfa da quei corpi, violento personalità solo per infilare una storia in più dentro al mio schedario mentale. Autoerotismo della ricerca. Sono qui ora, ma so che ci sarò anche in un poi, quando rileggerò le schede.
Malesia meticcia, come meticcio era il mio progetto: scrittore, editore, investitore, tutto in uno stesso calderone, e meticcia la commistione di incontri in quel presente e di scrittura poi, in questo dopo pechinese frutto del mio errare.
Tutto cominciò a Bombay, dove mi ero catapultato per seguire un progetto di microcredito – ho fondato una società che di questo si occupa in molti paesi del mondo.
A casa di amici, un editor in pensione mi stilò una lista di scrittori, critici, editori da i...