La voce d'oro di Mussolini
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La voce d'oro di Mussolini

Storia di Lisa Sergio, la donna che visse tre volte

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Storia di Lisa Sergio, la donna che visse tre volte

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Chi era l'elegante figurina che la sera del 9 maggio 1936, dai gradini più alti del Vittoriano, trasmetteva in inglese il famoso discorso di Mussolini sulla conquista dell'Impero?Si chiamava Lisa Sergio (1905-1989) e stava vivendo la sua prima incarnazione: quella della «fervente fascista», nota all'estero come la «voce d'oro» di Roma.Giornalista fiorentina plurilingue, di madre americana e padre napoletano, nel 1937 fu licenziata dal ministero della Propaganda forse perchè sospettata di mormorare contro il regime o più probabilmente perché ritenuta troppo loquace circa una sua breve relazione con il genero del duce Galeazzo Ciano. Protetta da Guglielmo Marconi, approdò negli Stati Uniti nel 1937 e ricominciò una brillante carriera radiofonica all'insegna della democrazia americana: ecco la sua seconda vita. Dopo la guerra però, ottenuta la nazionalità statunitense, fu accusata dall'FBI di simpatieper il comunismo, allontanata dalla radio e inserita in alcune «liste nere» da seguaci del maccartismo. Alla fine decise di trasferirsi a Washington, dove si reinventò come conferenziera.Questo libro, frutto di un trentennale scavo in archivi pubblici e privati, racconta la sua triplice, avventurosa esistenza. E cerca allo stesso tempo di ripristinare alcune verità, che lo scorrere del tempo, la concretezza dei documenti e l'ostinazione propria dei ricercatori lasciano impudentemente affiorare.

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Informazioni

Editore
Neri Pozza
Anno
2021
ISBN
9788854524286

PARTE PRIMA

Italia (1905-1937)

I. Anglo-fiorentina

1. L’infatuazione anglo-americana per Firenze ha radici remote. Ma fu soprattutto a partire dalla seconda metà dell’Ottocento che gli amanti dell’arte, della letteratura e dei magici paesaggi toscani calarono a frotte – dall’Europa intera e dall’America – nella patria di Dante: da Henry James (Ritratto di signora) a Robert Browning e, più avanti, da Edward E. Forster (Camera con vista) a Bernard Berenson. I fiorentini veraci li chiamavano bonariamente «anglo-beceri» per come storpiavano l’idioma locale. Secondo Giuliana Artom Treves, studiosa del fenomeno, «Inglese era per antonomasia […] ogni forestiero che veniva a Firenze. “Sono arrivati gli Inglesi” diceva un facchino d’albergo al padrone, “ma non ho capito se sono Russi o Tedeschi”». D’altronde, con qualche esagerazione, non si era forse scritto che a metà Ottocento un terzo della popolazione cittadina era costituita da anglo-americani?
Arte e cultura a parte, Firenze attraeva gli stranieri appartenenti a un ampio spettro sociale per diversi altri motivi, veri o presunti che fossero: per gli agi consentiti da un costo della vita di gran lunga inferiore rispetto ai Paesi di provenienza, per la possibilità di arricchirsi con investimenti nell’antiquariato o nel campo immobiliare, per il clima salubre (ottimo per i malati di tubercolosi!), per il sottile fascino dell’esilio volontario e dell’irresponsabilità politica nel Paese ospitante. E poi c’erano gli alberghi e le ville confortevoli, l’ambiente comunitario tollerante, le cascine, i bagni termali, le sedute spiritiche, i salotti cosmopoliti dove ascoltare concerti e bere il canonico afternoon tea, abbandonandosi a feroci gossip sui connazionali.
2. Facile quindi capire perché Charles H. Fitzgerald (1851-1932), originario di Baltimora, figlio di un imprenditore marittimo discendente da coloni di origine irlandese, e sua moglie Alice Riggs Lawrdson, di antica famiglia virginiana, entrambi abbienti, decidessero – dopo aver a lungo viaggiato in Europa – di prendere dimora più o meno stabile nel capoluogo toscano. A Firenze nacquero così le loro due figlie, Alice (1875-1962), pioniera nel campo infermieristico, e Margherita (1881-1957), occhi blu e capelli castani, madre della nostra Lisa Sergio (all’anagrafe Elisa Maria Alice). Poco si sa del terzo figlio, Richard Booth (1876-1932), di cui vi è una labile traccia nell’ultimo testamento del genitore: secondo una notizia giornalistica pare vivesse a Baltimora. E sembra dubbia l’affermazione di Lisa che, per parte materna, fosse lontana cugina di Franklin Delano Roosevelt.
Non è chiaro come e dove il padre di Lisa, Agostino Sergio (1866-1915), avesse incontrato Margherita Fitzgerald. Probabilmente a Firenze, dove l’uomo si era trasferito da Napoli forse all’inizio del secolo. Si sposarono nella città toscana l’8 giugno del 1904 e andarono ad abitare nell’elegante zona di piazzale Donatello, accanto al Cimitero degli inglesi. Agostino discendeva da una famiglia di giudici e avvocati, ma non esercitava la professione. Anzi, nessuna professione. Campava del reddito di alcuni terreni agricoli nel Napoletano e di quanto gli passava il padre (non ricco, ma agiato).
Di madre scozzese, unico figlio maschio, con quattro sorelle, Agostino era – secondo Niccolò Tucci (che peraltro non lo conobbe di persona, per ragioni anagrafiche) – un uomo «senza arte né parte». Inoltre, non aveva una nobiltà riconosciuta, nonostante Lisa abbia contribuito a tramandare la leggenda che fosse un barone meridionale, discendente dall’antica famiglia romana dei Sergii (alla quale è dedicato – scrive sempre la figlia – un bell’arco trionfale tuttora visibile a Pola, in Istria). Nulla del genere risulta però dal certificato di nascita del padre né dalle nostre ricerche araldiche.
Ben diverso il caso di una delle sorelle di Agostino, Nerina Sergio (1877-1951), convolata a nozze con Giulio Rodinò di Miglione (1875-1946): lui sì di verace famiglia nobile napoletana, assai attivo in politica (deputato e ministro) con i popolari di don Luigi Sturzo e ancora con Pietro Badoglio e Ivanoe Bonomi tra il ’44 e il ’45.
Sempre a proposito di Agostino Sergio, si possono estrarre alcune pittoresche e anche dolorose annotazioni che lo riguardano dal diario di Marcello Rodinò di Miglione (1906-1994), uno degli otto figli di Giulio e Nerina (quindi cugino di Lisa):
Fu il grande amore ed il grande dolore di Suo padre Diego [Sergio]. Bel giovane, elegante ed amante della bella vita, non volle collaborare nello studio di avvocato del padre e visse una vita giovanile che oggi si definirebbe “scriteriata”. Il padre lo giudicò sempre severamente, soffrendo molto nel suo cuore paterno. Agostino non ascoltò né consigli, né rimproveri; dopo anni di bella vita sposò un’americana, Margherita Fitz-Gerald [sic], e visse con lei nel più profondo disaccordo. Colpito da una malattia frutto di giovanile vita disordinata, a quarant’anni [1906] appariva già un uomo distrutto. Io, da bambino, accompagnando Mammà [Nerina Sergio], lo vidi una volta a S. Giorgio a Cremano nella bella villa Pignatelli di Montecalvo (oggi quasi ridotta ad un rudere), dove doveva morire solo [nel 1915, a quarantanove anni], avendolo la moglie abbandonato.
3. Lisa, figlia unica di Agostino Sergio e Margherita Fitzgerald, nacque a Firenze il 17 marzo 1905, circa un anno dopo il loro matrimonio. L’unione, però, cominciò ben presto a vacillare. Il dissidio culminò nel 1910, quando la coppia ebbe un alterco per futili motivi. All’epoca Lisa aveva cinque anni. Da adulta avrebbe dato due distinte versioni dell’evento. Questa la prima: la madre aveva consentito alla bimba di giocare nel Cimitero degli inglesi, mentre il padre voleva che rimanesse nel giardino di casa. Questa la seconda versione: Margherita aveva fatto il bagno alla piccola, contravvenendo agli ordini di Agostino che, essendo la figlia raffreddata, temeva un suo peggioramento.
Comunque sia andata, ecco come Lisa descriverà la fase acuta del litigio:
Lui alzò la voce, lei fece altrettanto. Lui schizzò fuori dalla stanza e tornò con qualcosa in mano. Lei urlò, mi prese fra le sue braccia e corse fuori sulla terrazza che sovrastava il giardino. Partì un unico colpo, che ci mancò per un pelo. Lui lasciò cadere il piccolo revolver, corse giù per le scale e uscì di casa. Ricordo di aver sentito la sua auto allontanarsi lungo la strada.
Inevitabile la separazione. Ben presto il padre se ne tornerà a San Giorgio a Cremano, vicino a Napoli, dove morirà il 30 agosto 1915. Non sono note le cause del trapasso. Il «Mattino» di Napoli nei sette giorni seguenti non pubblicherà alcun necrologio. Lisa accenna a un tumore ai polmoni. Come già detto, nel diario di Marcello Rodinò si legge che Agostino (suo zio, in quanto fratello della madre Nerina) era stato vittima di una «malattia frutto di giovanile vita disordinata». Dalla cautela adoperata, si potrebbe pensare che il padre di Lisa avesse contratto il “mal francese” e che questo lo avesse portato prematuramente alla tomba.
4. Al momento del decesso del padre, la bimba aveva dieci anni. Ebbe un’educazione privata, con particolare attenzione alle lingue, tanto che imparerà alla perfezione inglese e francese. Lei stessa sostiene di aver frequentato per un paio d’anni a Firenze le classi elementari dell’Istituto del Sacro Cuore (senza accennare a un’altra scuola privata inglese, di cui diremo tra breve). Comunque a occuparsi di lei ci furono sempre varie istitutrici e in particolare i nonni materni Fitzgerald.
Fin dalla più tenera età Lisa manifestò una viva inclinazione per la lettura, mentre non era per nulla attratta dai giochi tipici delle coetanee. Fu soprattutto la nonna materna, la cui vista stava declinando, a sollecitare un suo precoce interesse per le notizie e la carta stampata: «Trovavo stimolante» scrisse da adulta «diventare la sua informatrice ufficiale su quanto accadeva nel mondo. Le leggevo giornali parigini, inglesi e americani, in aggiunta a quattro quotidiani italiani, visto che aveva ormai imparato la lingua abbastanza bene da comprenderli».
La nonna suppliva all’assenza anche affettiva della madre, destinata ad accentuarsi durante la guerra, quando Margherita si impegnò a tempo pieno con la Croce Rossa e lavorò nella divisione chirurgica di una scuola adibita a ospedale, spesso non tornando nemmeno a casa la notte. Qualche anno più tardi, nel 1933, quando Lisa viveva ormai stabilmente a Roma e lavorava alla radio, pare che la signora Fitzgerald avesse aperto «un negozio di antichità ed oggetti vari in Lungarno Acciaiuoli». Non sappiamo con quali competenze né da quanto tempo esercitasse la professione di antiquaria. Forse da un anno, visto che nel luglio ’32, sulla lista dei passeggeri stranieri del Conte Biancamano diretti a New York, lei figurava come «housewife» ovvero «casalinga» (andava a trovare la sorella Alice).
La relazione tra Margherita e la figlia rimase sempre fredda, con punte di ostilità reciproca, nonostante la comune fede fascista durata anni. D’altronde fra le carte di Lisa conservate a Georgetown non si trova nemmeno una lettera della madre (morta a Firenze il 29 aprile 1957).
Carattere spigoloso, quello della vedova Margherita, che forse contribuì a compromettere definitivamente, già nel 1916 (un anno dopo la morte di Agostino), anche i suoi rapporti con la cognata Nerina Sergio in Rodinò. Almeno così verrebbe da pensare leggendo un documento legale con cui Nerina e la sorella Bianca contestano la correttezza della Fitzgerald nella «divisione ereditaria» del defunto marito, Agostino Sergio.
Alcune righe del già citato diario di Marcello Rodinò confermano il distacco totale maturato fra le due famiglie:
Recentemente [aprile 1976] [la cugina Lisa Sergio] ci è venuta a far visita a Roma in via Corelli; non la vedevo da [oltre] 50 anni (!) e dalla bella giovane sedicenne (che incontrai per la prima volta alla Stazione di Firenze, mentre con Papà, allora Ministro della Guerra, andavamo a Venezia […] per un congresso del Partito Popolare [1921]) si era trasformata in una vecchia signora […] piuttosto chiacchierona.
E pensare che Marcello Rodinò dal 1956 al 1964 era stato amministratore delegato della RAI. Senza che mai Lisa lo avesse cercato. Così pure, quando suo figlio Giuseppe andò a studiare nel ’66 alla Columbia University, al padre Marcello non venne in mente di rimettersi in contatto con la cugina, per fare in modo che si vedessero. Non per malanimo. Da troppo tempo si erano persi di vista.
5. A quindici anni, siamo ormai nel 1920, Lisa aveva concluso la propria educazione, perfezionandosi poi anche con viaggi e soggiorni d’istruzione all’estero. Forse, pur giovanissima, cercò in Italia di entrare all’università, in una facoltà umanistica. Diciamo «forse» perché lei stessa fa qualche allusione in proposito. Ma dall’Archivio storico dell’Università di Firenze non risulta una sua iscrizione tra il 1920 e il 1932. Più verosimile che avesse seguito qualche corso di archeologia come libera uditrice.
Purtroppo l’adolescenza della giovane Sergio rimane avvolta in una sorta di caligine. Da parte sua dobbiamo accontentarci di poche briciole. Nulla, ad esempio, dice sulla propria formazione intellettuale, ovvero sui libri letti o sulle opere d’arte che l’avevano colpita. Di certo, essendo molto sveglia e rapida nell’apprendere, aveva sopperito da sola alle carenze di un’educazione irregolare impostale dai genitori: un atteggiamento allora in voga tra molti anglo-americani, ostili alla omologazione delle scuole tradizionali.
Solo dei Braggiotti, una famiglia amica dei genitori, Lisa ci racconta qualcosa, per la notevole influenza che la loro frequentazione ebbe su di lei. Il padre, Isidoro Braggiotti, era un tenore italiano nato a Parigi ma originario di Smirne (lontanamente imparentato con Enrico Braggiotti, alla fine degli anni Ottanta presidente della Banca Commerciale); mentre la madre, Lily Schlesinger, era un mezzosoprano americano di Boston. Ma soprattutto avevano otto figli, quattro maschi e quattro femmine, qualcuno più giovane qualcuno più vecchio di Lisa, tutti belli (specie le ragazze) e destinati a brillanti carriere artistiche – pianisti, ballerine, attrici – negli Stati Uniti.
Ai primi del Novecento i genitori Braggiotti si erano stabiliti a Firenze dove avevano aperto una scuola di canto in una grande villa sovrastante la città. Affascinati dall’induismo, divennero fra l’altro vegetariani. Ogni sabato il padre Braggiotti, con il suo smoking viola, organizzava feste musicali in cui i figli più piccoli ballavano o suonavano il piano, il violino e il violoncello. Gli italiani li chiamavano «quei pazzi americani». Ma dopo il 1919 quando, morta la madre, si trasferirono dai parenti a Boston, per gli americani divennero «quei pazzi italiani».
6. Molte novità su Lisa emergono da un gradevole libro di reminiscenze infantili (1957), scritto dalla minore delle figlie Braggiotti, Gloria. Già il titolo fa sorridere: Born in a Crowd, cioè nata in una folla di fratelli e sorelle. Ma di particolare interesse è il tredicesimo capitolo, che si intitola Summer Sister: la «sorella per l’estate» è proprio la nostra protagonista.
Innanzitutto emerge una circostanza mai rivelata da Lisa stessa, e cioè che era stata compagna di scuola di una sorella di Gloria Braggiotti, Francesca, in un istituto privato inglese: la Miss Penrose’s School for Girls. L’omonima direttrice, tipica zitellona inglese dalle guance rubizze e i denti un poco sporgenti, amava molto le proprie allieve e doveva usare metodi di insegnamento veramente alternativi se tutte le figlie Braggiotti ambivano frequentare la sua scuola, contro il parere dei genitori, peraltro di idee aperte.
Ed ecco dunque le parti salienti delle pagine amabili di Gloria Braggiotti sulla nostra piccola italo-americana:
La più importante delle amiche incontrate a scuola fu Lisa Sergio, che anni dopo, durante il regime mussoliniano, divenne una commentatrice radiofonica. […] Da suo padre aveva ereditato i neri occhi sfolgoranti, con l’iride che sembrava espandersi e contrarsi quando parlava in preda all’eccitazione. Aveva capelli castani ondulati, raccolti in una lunga treccia che le pendeva lungo la schiena […]. La sua pelle, troppo spesso esposta al sole, era di un pallore verdognolo, con prematuri cerchi scuri sotto gli occhi. Quando sorrideva, il viso di colpo si illuminava, facendo pensare a un improvviso lampo in un cielo di pece.
La madre di Lisa, ex Miss Fitzgerald, veniva da Baltimora. Non ricordo molto del suo aspetto se non che era alta e distinta, ma non calda e affettuosa come gli italiani che conoscevo.
Spesso Lisa si fermava dai Braggiotti per il weekend.
Fra sussurri segreti e promesse giurate gradualmente conoscemmo la sua storia. Il padre di Lisa era affetto da disturbi mentali e talvolta perdeva il controllo. Allora lei e la madre si chiudevano nella camera da letto e aspettavano che si calmasse. La signora Sergio, con i nervi a pezzi per le esternazioni del marito, non era in grado di concedere il necessario affetto alla sensibile figlia, e così, quando Lisa trovò una nuova casa accogliente [quella dei Braggiotti], ne fu sollevata.
Quando il sig. Sergio finalmente morì [1915], Lisa [che aveva dieci anni] per caso si trovava con noi al mare. Fu quella la prima volta che la chiamammo «sorella per l’estate». A mezzogiorno, quando il resto della compagnia nuotava nel Mediterraneo o stava lanciando sassi sulla riva, la mamma portò Lisa a fare una passeggiata e le comunicò la triste notizia, paragonando la morte del suo povero padre alla trasformazione di un bruco in una bellissima farfalla. Sottolineò il fatto che, morendo, era veramente diventato un essere più bello ed elegante.
Anche dopo la morte del sig. Sergio, quando la vedova riprese una vita normale, Lis...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Collana
  3. Frontespizio
  4. Colophon
  5. Sommario
  6. Prologo
  7. Ringraziamenti
  8. PARTE PRIMA. Italia (1905-1937)
  9. PARTE SECONDA. Stati Uniti (1937-1989)
  10. Abbreviazioni
  11. Note al testo
  12. Cronologia
  13. Scopri l'autrice