Capitolo 1
Z comme Zemmour
Éric Zemmour nasce il 31 agosto del 1958 a Montreuil, comune francese della regione dell’Île de France, la città è divenuta famosa negli ultimi decenni quale sede di Ubisoft, azienda leader mondiale per la distribuzione di videogiochi.
Éric nasce da una famiglia di origine ebraico-algerina in un periodo storico tumultuoso, con l’ex colonia africana in lotta per l’indipendenza. Il conflitto tra madrepatria e colonia fu decisivo per la storia politica e culturale francese. Permise un processo di netta decolonizzazione e portò alla caduta della IV Repubblica. La Costituzione della V Repubblica conferì al Presidente in carica ampi poteri d’iniziativa e di indirizzo politico, gli stessi che distinguono l’attuale Repubblica presidenziale francese dai suoi omologhi europei, come ad esempio dall’Italia, in cui il Capo di Stato è un garante della Carta costituzionale e figura super partes. La grandezza del Generale De Gaulle emerse grazie alla sua capacità di trasformare un momento di crisi e smarrimento in un modo per accrescere il proprio potere e condurre la Francia a un nuovo assetto costituzionale.
Alla fine, saranno sette i lunghi anni di violenza e tumulti dal 1° novembre 1954 al 19 marzo 1962, che vedranno contrapposti l’esercito nazionale francese e gli indipendentisti algerini, il fronte di liberazione nazionale e l’immancabile apporto delle milizie del Partito Comunista algerino, con l’apertura di un fronte di guerra anche sul territorio continentale francese.
La famiglia Zemmour è previdente e lascia la colonia due anni prima che il conflitto divampi irrimediabilmente.
La storia delle famiglie ebree in Algeria ha radici antichissime, ed è uno fra gli esempi più emblematici di accettazione (almeno apparente e a tratti sorprendente) del multiculturalismo, con il Nord-Africa conquistato dai mussulmani nell’VIII secolo e con la concessione dello status di dhimmi (suddito non di fede islamica secondo la millenaria e rigida shari’a) ai popoli che provenivano dall’antica regione romana della Giudea, e costretti a scappare a causa di persecuzioni che di secolo in secolo si sarebbero intensificate fino all’esito drammatico della Shoah.
Éric è quindi, per etnia, un ebreo-arabo, ma si definirà (tra numerosi approfondimenti e interventi riportati dal “Washington Post” nel 2004, e con un’intervista rilasciata al giornale francese nel 2010, “L’Express”) sempre un ebreo-berbero, termine che proviene dalle antiche comunità ebraiche che abitarono le catene montuose del Marocco e che, conoscendo Zemmour stesso, sta ad evidenziare una netta demarcazione fra il mondo giudaico-cristiano e quello arabo, da cui si discosta fermamente. Una distanza ideologica e culturale talmente marcata da diventare ben presto un cardine del suo pensiero politico.
Figlio del medico (ambulancier) Roger Zemmour, e della casalinga Lucette Lévy, Éric trascorre la sua infanzia e adolescenza nella vitale Rue Doudeauville, nel diciottesimo arrondissement della ville lumière, nel quartiere di Chateau Rouge, vivendo a Drancy e frequentando l’École Lucien-de-Hirsch, la più antica scuola ebraica francese, istituita nel 1901. Dalla sua adolescenza felice deriverà la profonda attenzione e sensibilità al problema delle periferie, con il polemista che mette spesso a confronto i luoghi della sua infanzia, popolati in passato da immigrati europei e italiani, con il presente difficoltoso e di crisi, con quelle stesse periferie divenute ricettacolo dell’islam radicale e pericoloso.
La vita e la crescita di Éric procede serena. Gli spettri della guerra sono alle spalle e la sua famiglia vede nel trasferimento in Francia una seconda occasione e una grande opportunità per ripartire.
A casa Zemmour gli affetti sono un vero e proprio binomio antitetico. Il padre è spesso assente a causa del suo lavoro, mentre la madre casalinga e sua nonna dedicano al giovane attenzioni e supporto, soprattutto nell’integrazione con la nuova cultura e nello studio, in cui Éric si dimostra fin da subito portato e motivato.
Enormemente legato agli affetti materni, complice la lontananza, la freddezza e l’austerità del padre, racconterà spesso, in interviste e riflessioni (su tutte, quella rilasciata a “Vanity Fair” il 1° gennaio 2020) quanto le figure femminili di madre e nonna fossero state decisive per un’infanzia felice e senza privazioni. Zemmour ha anche un fratello minore, di nome Jean-Luc. Nato tre anni dopo Éric, anche Jean-Luc ha sofferto la lontananza della figura di riferimento paterna, affidandosi al fratello maggiore durante gli anni dell’infanzia e soffrendo spesso per episodi di bullismo. A raccontarci questo rapporto fraterno è stato il giornalista de “L’Express” Etienne Girard nel suo esordio letterario Le radicalisé: Enquête sur Éric Zemmour, un saggio che prova a raccontare gli aspetti più intimi della discesa in campo di Éric. L’autore mette in evidenza come i due fossero molto legati da piccoli, recandosi spesso in sinagoga insieme, salvo poi discostarsi con la crescita e spesso a causa di diverbi ideologici. Su tutti, secondo Girard, la concezione e l’importanza attribuita allo stato di Israele, da Éric spesso poco considerato, mentre per Jean-Luc una seconda casa agli inizi degli anni duemila. Mentre Éric sceglierà la strada della cultura e del giornalismo, Jean-Luc farà numerosi lavori dedicandosi saltuariamente a diverse occupazioni, dalla vendita di assicurazioni fino a diventare gestore di una libreria. Alla cerimonia identitaria del 5 dicembre a Villepinte dei patrioti zemmouriani, tuttavia, di Jean-Luc neanche l’ombra. Éric lo ripeterà spesso crescendo: «Ma mère m’idolâtrait, beaucoup plus que mon frère».
Dopo essersi diplomato nel 1979 alla Sciences Po a Parigi, tenterà per ben due volte l’accesso alla rinomata École Nationale de Administration, ENA, voluta da De Gaulle per formare la nuova classe dirigente francese.
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