CAPITOLO II
IL TERRORISMO
Il termine “terrorismo” è stato utilizzato per indicare diverse prassi di violenza politica, dal terrorismo perpetrato da Stati dispotici, al terrorismo di stampo indipendentista come in India, Irlanda e Spagna, sino ad approdare al terrorismo di sinistra degli anni ‘70 e al terrorismo di destra dell’inizio degli anni ‘80.
Una prima definizione di terrorismo è offerta solo dopo la rivoluzione francese, quando il termine entra in uso nel linguaggio politico. Walter Laqueur9 a tal proposito rimarca che i termini “terrorismo” e “terrorista” sono apparsi in data relativamente recente: il supplemento del 1798 del Dictionnarie dell’Académie Français dava il significato del termine “terrorismo” come système, régime de la terror, cioè sistema o regime del terrore.
Nel corso dei secoli, quindi, il termine è stato utilizzato con riferimento prima a quella particolare strategia messa in atto dai governi per sottomettere la popolazione, poi all'uso sistematico della violenza ai danni delle entità statali da parte di organizzazioni clandestine con finalità politiche.
Attualmente la Decisione Quadro n.475 del 2002 ha avuto il compito e il merito di armonizzare la nozione di terrorismo a livello comunitario. Come si legge all'art. 2, è considerata terroristica “l'associazione strutturata da più di due persone, stabilita nel tempo, che agisce in modo concertato allo scopo di commettere dei reati terroristici”. Per reato terroristico s’intende, come dettato dall'art.1, l'attività intenzionale attuata al fine di “intimidire gravemente la popolazione”, “costringere indebitamente i poteri pubblici o un’organizzazione internazionale a compiere o astenersi dal compiere un qualsiasi atto”, “destabilizzare gravemente o distruggere le strutture politiche fondamentali, costituzionali, economiche o sociali di un Paese o un’organizzazione internazionale”.
Il terrorismo è un fenomeno complesso e per essere compreso ne deve essere valutato l’aspetto criminologico, quello politico ed i concetti di guerra, propaganda e religione, anche se l’aspetto politico è, in un certo qual modo, prevalente. Difatti è difficile che un atto terroristico, a prescindere dalle motivazioni, non acquisti un significato politico poiché, con l'attentato, il terrorista sfida il monopolio statale dell'uso legittimo della forza.
Il terrorismo “contemporaneo”, che quindi si differenzia dalle forme tradizionali, si distingue per la sua volontà di impressionare l’opinione pubblica, l’utilizzo della violenza eversiva come arma psicologica, la spettacolarizzazione dell’evento e la ricerca di obiettivi simbolici.
Vi è poi la differenziazione per fini tra il terrorismo di matrice eversivo/separatista e quello di stampo religioso: i primi sono mossi da ragioni puramente politiche mentre i secondi spesso appaiono privi di un chiaro piano politico.
Le forme di terrorismo possono essere di natura nazionalista e indipendentista, estremista o di matrice religiosa.
Il terrorismo nazionalista e indipendentista è una forma di terrorismo che si caratterizza per essere piuttosto radicato nelle realtà socio-culturali in cui si sviluppa.
Nella maggior parte dei casi nasce in seno a minoranze etniche che subiscono o abbiano subito una dominazione, una persecuzione o una repressione da parte dello Stato centrale.
Esempi sono il PKK in Turchia, l’ETA in Spagna e l’IRA in Irlanda.
Il terrorismo estremista conosce due varianti, una “rossa” e una “nera”. Analogo è l’obiettivo ossia quello di distruggere lo Stato democratico ma con diverse prospettive: la costruzione di una società comunista al posto di un sistema definito “autoritario” (rossa) e/o la costruzione di uno Stato autoritario di ispirazione fascista (nera).
Infine il terrorismo di matrice religiosa evidenzia la volontà dell’organizzazione terroristica di creare uno Stato Islamico con radici sostanzialmente di tipo fondamentalista.
L’intimidazione e il terrore sono componenti essenziali quando si parla di terrorismo, la cui forza risiede nell’attitudine a creare psicosi individuali o collettive attraverso l’aggressione di simboli condivisi.
Nel tempo, il termine “terrorismo” è stato associato a pratiche di violenza politica perpetrate da regimi autoritari nei confronti dei dissidenti, organizzazioni di stampo indipendentista per le proprie rivendicazioni territoriali, organizzazioni religiose per l’affermazione e la supremazia del proprio credo (vedi anche Thug e Sikh indiani), organizzazioni eversive nei confronti del potere costituito, come quelle che hanno segnato la storia dell’Italia del secolo scorso negli anni di piombo.
Molto importante in tal senso è la definizione di finalità di terrorismo e di eversione per comprendere la differenza tra le due entità.
• “Costituisce finalità di terrorismo quella di incutere terrore nella comunità con azioni criminose indiscriminate, dirette cioè non contro le singole persone ma contro quelle che esse rappresentano o, se dirette contro la persona indipendentemente dalla sua società, miranti a incutere terrore per scuotere la fiducia nell’ordinamento costituito ed indebolirne le strutture.”
• “La finalità di eversione si identifica nel fine più diretto di sovvertire l’ordinamento costituzionale e di stravolgere l’assetto pluralistico e democratico dello Stato disarticolandone le strutture, impedendone il funzionamento o deviando dai principi fondamentali che costituiscono l’essenza dell’ordinamento costituzionale”.
(CASS.PEN.I Sez. 5.11.1987 n. 11382)
Alla luce di quanto esposto, appare evidente che eversione e terrorismo sono due concetti distinti per finalità, struttura ed organizzazione.
Volendo semplificare e sintetizzare, si potrebbe riassumere asserendo che l’eversione mira al cambiamento mentre il terrorismo al ribaltamento.
Spesso si attribuisce a soggetti sociali che possono diventare eversivi (No-Tav, anarco-insurrezionalisti, criminalità organizzata), la possibilità di svolgere azioni terroristiche eclatanti che necessitano di una organizzazione tipica e specifica di cui gli eversivi non hanno disponibilità.
La differenza tra azioni eversive e azioni terroristiche andrebbe meglio specificata anche relativamente al fatto che i terroristi hanno bisogno di un nemico strutturato, di uno Stato evidente ed identificabile mentre, in generale, i gruppi eversivi più o meno organizzati, si inseriscono nel vuoto politico da delegittimazione istituzionale per influenzare un già debole processo decisionale e per svelarne la fragilità e le contraddizioni.
I gruppi eversivi hanno una politica di indebolimento della fiducia sociale e di maggior penetrazione e controllo del territorio, volta a produrre azioni eversive clamorose che non sono tuttavia classificabili come atti terroristici.
La confusione paradossale si giustifica soltanto se non si vuole distinguere tra attività eversiva, che consiste nell’indice attribuito a tutte le attività non formalizzate mirante a destabilizzare la regolarità delle situazioni sociali e l’attività terroristica che consiste in una organizzazione politica la cui azione tattica e strategica è finalizzata all’esercizio e/o alla conquista di un potere definito.
Volendo semplificare ulteriormente, la differenza risiede nella finalità, nella struttura organizzativa, nella tattica e strategia delle azioni.
11 SETTEMBRE 2001: OSAMA BIN LADEN E AL-QAʿIDA
L’11 settembre 2001 morirono 2.752 persone negli Stati Uniti per un attacco terroristico che segnò la storia non solo americana ma del mondo intero.
L’Occidente si scoprì più vulnerabile che mai e imparò a conoscere un nuovo nemico: Osama Bin Laden e Al-Qāʿida, un’organizzazione terroristica sunnita paramilitare nata nel 1988, ai tempi dell'invasione sovietica dell’Afghanistan, pressappoco alla fine della guerra. L’organizzazione è stata guidata sino alla morte, avvenuta il 2 maggio 2011, dal miliardario saudita Osama Bin Laden che si avvaleva della guida ideologica di Ayman al- Zawahiri.
La genesi dell'organizzazione ha quale fondamento una teorizzazione religiosa di ispirazione wahabita che col tempo ha raccolto elementi di altre correnti religiose islamiche, appoggiandosi di volta in volta al “clero” locale, come i deobandi e i talebani, ma senza una relazione di dipendenza.
La prima definizione giuridica di Al-Qāʿida, come di “organizzazione terroristica internazionale”, venne data nel maggio 2001 dalla corte federale di New York nell'ambito del processo per gli attentati alle ambasciate statunitensi del 1998 in Kenya e Tanzania.
Osama Bin Laden, 17° figlio (di 57) di un immobiliarista yemenita, utilizzò il proprio patrimonio per aiutare la resistenza dei mujaheddin nella guerra sovietica in Afghanistan, dove arrivò quando aveva 23 anni. Il 2 maggio 2011 Osama Bin Laden fu ucciso ad Abbottabad (Pakistan), durante un attacco dei Navy Seal della Marina degli Stati Uniti avvenuto nel suo complesso fortificato. Gli è succeduto il suo braccio destro, e cofondatore del gruppo, Ayman al-Zawahiri.
AL-DAWLA AL-ISLĀMIYYA: LO STATO ISLAMICO – IL CALIFFATO
L’organizzazione jihadista salafita, già nota come Stato Islamico (Islamic State, IS), è attiva in Siria e Iraq, dove ha controllato militarmente, a fasi alterne, un ampio territorio. Il suo capo, Abu Bakr Al-Baghdadi, nel giugno 2014 ha proclamato la nascita di un califfato nei territori caduti sotto il suo controllo, in un'area compresa tra la Siria nord-orientale e l'Iraq occidentale.
Evoluzione del gruppo di Al-Qāʿida in Iraq, l’IS nasce per combattere l'occupazione americana dell'Iraq e il Governo iracheno sciita sostenuto dagli Stati Uniti d'America dopo il rovesciamento di Saddam Hussein. Nel 2013 lo Stato Islamico dell'Iraq ha proclamato unilateralmente la propria unificazione con la branca siriana di Al-Qāʿida che aveva conquistato una parte del territorio siriano nell'ambito della guerra civile contro il governo di Baššār al-Asad.
Nel 2014 l'IS ha esteso il proprio controllo in territorio iracheno, con la presa in giugno di Mosul10, adottando il nome attuale e proclamando la nascita del califfato il 29 giugno 2014. Dapprima alleato di Al-Qāʿida, rappresentata in Siria dal Fronte al-Nusra, l'IS se ne è definitivamente distaccato nel febbraio 2014, diventandone il principale concorrente per il primato nel jihad globale.
IS, ISIS, ISIL E DAESH
Nel flusso informativo dei mass media, ci si può imbattere in svariati nomi utilizzati per indicare lo Stato Islamico.
Ciò si spiega con un diverso modo di interpretare la traduzione del nome originario del gruppo al-Dawla al-Islāmiyya fī l-ʿIrāq wa l-Shām traducibile come Stato Islamico dell'Iraq e della Siria (Islamic State of Iraq and Syria, ISIS) o Stato Islamico dell'Iraq e del Levante (Islamic State of Iraq and the Levant, ISIL).
La parola araba Shām indica infatti quella regione geografica che comprende il sud della Turchia, la Siria, il Libano, Israele, la Giordania e la Palestina e che viene indicata come Grande Siria o Levante.
DAESH è invece l’adattamento di DAIISH, cioè l’acronimo tratto direttamente dall’arabo Al Dawla Al Islamiya fi al Iraq wa al Sham.
Un articolo del Guardian11, ripreso dal ilpost.it12, riporta che l’utilizzo del...