La ricerca dell'infelicità
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Il mondo alla rovescia di BoJack Horseman

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Il mondo alla rovescia di BoJack Horseman

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Con le sue sei stagioni che Netflix ha distribuito fra il 2014 e il 2020, BoJack Horseman è fra le serie televisive che più hanno segnato lo scorso decennio: è la serie che ha portato l’animazione televisiva al livello di complessità della nuova televisione che ha per emblemi titoli quali Mad Men e Breaking Bad. BoJack Horseman parte da uno stereotipo del cinema d’animazione tradizionale, gli animali antropomorfi, per sovvertire ogni aspettativa degli spettatori, decostruendo i sistemi tradizionali di rappresentazione e narrazione. Se la “ricerca della felicità”, come ha sostenuto il filosofo Stanley Cavell, è la cifra del cinema hollywoodiano, in BoJack Horseman si tratta piuttosto di una ricerca dell’infelicità, che riguarda sia lo stile di vita dei personaggi sia la riflessione sulla loro esistenza. Il tema della ricerca dell’infelicità trova la sua forma congeniale nella temporalità sovrabbondante del medium televisivo, che BoJack Horseman sfrutta magistralmente per contrapporre lo scorrere insensato del tempo oggettivo, il suo procedere implacabile e indifferente dal presente al futuro, alle illusorie deviazioni del tempo soggettivo verso il passato e il possibile.

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Informazioni

Anno
2022
ISBN
9788868615765

IL PASSATO E IL POSSIBILE

La moltiplicazione dei mondi

La vita delle persone e degli animali si svolge naturalmente nel presente e tende verso il futuro. La mente umana – e anche quella degli altri animali, nel mondo di BoJack Horseman – ha però la capacità, che talvolta si rivela una condanna, di rappresentare non solo ciò che è o sta per essere, ma anche ciò che è stato e ciò che avrebbe potuto essere. Questa pluralità di livelli di rappresentazione è decisiva nella costruzione delle sei stagioni della serie.
Sebbene la narrazione si basi su un evento presente che guarda verso il futuro – il rilancio della carriera di BoJack –, il procedere in avanti delle vicende è sistematicamente inframmezzato da ritorni all’indietro che vanno a rievocare eventi passati della vita del protagonista, come anche di quella dei suoi famigliari e dei suoi amici. A tutto ciò si aggiunge la tendenza a costruire intorno al mondo della storia (quello che per noi è il mondo di finzione ma per i personaggi è l’unico mondo reale) una costellazione di mondi secondari creati ora dall’immaginazione degli artisti (il mondo di Horsin’ Around, il mondo di Philbert…) ora semplicemente dalle fantasie dei personaggi (in particolare quelle di BoJack quando è sotto effetto di alcol o droga).
BoJack Horseman è una serie nella quale ciò che vediamo non corrisponde necessariamente a ciò che accade nel presente della storia. Lo spettatore è costantemente sfidato a decifrare la natura degli eventi ai quali sta assistendo, che potrebbero essere presenti oppure passati, reali oppure meramente possibili, e avere luogo nel mondo esterno oppure nel chiuso della mente di un personaggio, sia in forma di flashback che rievocano il passato sia in forma di visioni che si affacciano su scenari alternativi alla realtà. La mente di BoJack, in particolare, è il grande teatro in cui si svolgono alcuni degli episodi più clamorosi dell’intera serie.


La progressione dei flashback: Horsin’ Around

I nodi principali dell’esistenza di BoJack hanno a che fare con le sue due famiglie: quella reale degli Horseman-Sugarman e quella immaginaria di Horsin’ Around. Le prime tre stagioni si soffermano soprattutto su quest’ultima.
Fin dall’episodio iniziale vediamo BoJack intento a contemplare sul suo televisore le vecchie puntate della sitcom che lo ha reso celebre. Si tratta della storia di tre trovatelli adottati da un cavallo, con cui finiscono per formare una famiglia tanto anomala quanto coesa, capace di una felicità che sembra inattingibile fuori dalla finzione televisiva. Per BoJack, tuttavia, Horsin’ Around non è soltanto la storia del cavallo e dei tre orfani ma anche la situazione in cui quella sitcom è stata prodotta. Il set di Horsin’ Around è, a sua volta, una specie di famiglia, anomala come quella della sitcom ma non altrettanto felice. La relazione paterna fra il cavallo e i tre orfani si riflette, in una forma molto meno idealizzata, molto più prosaica, in quella fra BoJack e i tre giovanissimi attori: Joelle Clarke, Bradley Hitler-Smith e Sarah Lynn. Ugualmente importante è l’amicizia che legava BoJack al creatore della sitcom, Herb Kazzaz.
Nonostante Horsin’ Around abbia di fatto chiuso i battenti nel 1996 dopo nove stagioni, per BoJack a ben vedere non è mai finita. Alle pareti della sua villa troviamo appese le copertine incorniciate dei giornali e le foto di scena che ritraggono il cast della sitcom, la cui sigla è ora la suoneria del suo telefonino. Nettamente focalizzato su Horsin’ Around è S1E3, Prickly-Muffin, che mediante una successione di flashback introduce il personaggio di Sarah Lynn, la bambina prodigio della sitcom, divenuta superstar della musica pop nel decennio successivo, per finire poi scalzata dalla più giovane Sextina Aquafina – un delfino dalla sensualità dirompente, che è la nemesi di Sarah Lynn come Mr. Peanutbutter lo è di BoJack.
Sarah Lynn è forse il personaggio che più assomiglia a BoJack, di cui amplifica tanto gli splendori quanto le miserie. Mentre il successo di BoJack è rimasto confinato a Horsin’ Around, la stella di Sarah Lynn è divenuta persino più sfolgorante dopo la fine della sitcom. La caduta, però, per lei, è stata ancora più catastrofica. BoJack è un cinquantenne depresso e alcolizzato, ma ancora disposto a lottare per riemergere; Sarah Lynn, invece, quando la incontriamo in Prickly-Muffin, è una trentenne completamente allo sbando, senza più nessun obiettivo nella vita che non sia l’abuso di alcol e droga.
Le prime tre stagioni di BoJack Horseman sono segnate indelebilmente dal contrasto fra l’innocenza e la vivacità di Sabrina in Horsin’ Around e lo sguardo perso nel vuoto di Sarah Lynn vent’anni dopo. È un contrasto che a partire da Prickly-Muffin si fa sempre più stridente, per raggiungere infine il culmine in S3E11, That’s Too Much, Man! Il titolo rimanda al tormentone di Sabrina in Horsin’ Around: la catchphrase con cui la piccola orfana si rivolge al cavallo per esprimere la sua sorpresa o il suo dissenso, facendo esplodere ogni volta l’entusiasmo della platea. Nell’episodio in questione la frase assume però una connotazione del tutto differente.
Nel prologo vediamo Sarah Lynn eccezionalmente in pace con se stessa, per merito di una terapia di riabilitazione che sembra averla finalmente liberata dalla dipendenza da alcol e droga. Si tratta però di una felicità idealizzata, artefatta, troppo simile a una finzione per poter durare, come pronostica peraltro un quadro terribilmente kitsch sullo sfondo, in cui Sarah Lynn è raffigurata come l’Ofelia di John Everett Millais trascinata dalle acque del fiume. È dunque sufficiente una telefonata di BoJack, reduce dalla cocente delusione del mancato premio Oscar, per riportare Sarah Lynn sulla cattiva strada.
Quel che segue è una cavalcata di BoJack e Sarah Lynn verso il precipizio, che l’episodio segue passo per passo; gli altri personaggi entrano in scena soltanto quando i due sciagurati li incontrano nel corso della loro delirante avventura. La focalizzazione si accentua ulteriormente quando, sotto l’effetto di alcol e droga, BoJack inizia a soffrire di reiterati vuoti di memoria che corrispondono a ellissi narrative, facendo così coincidere il flusso di coscienza del protagonista con il montaggio dell’episodio.
La folle corsa di BoJack e Sarah Lynn giunge sino alle nevi dell’Ohio per poi ripiegare su Los Angeles e terminare sotto la cupola del planetario del Griffith Observatory. La scena ricorda quella, celeberrima, di Gioventù bruciata. In ambo i casi, svolge un ruolo cruciale la voce fuori campo che descrive la volta celeste. Se nel capolavoro di Nicholas Ray si aveva un montaggio piuttosto articolato, la costruzione della scena in That’s Too Much, Man! è estremamente semplice: un breve esterno del Griffith Observatory, seguito da un lungo piano fisso che mostra BoJack e Sarah Lynn in controluce, nell’angolo sinistro di un’immagine dominata dal cielo stellato. I due discutono delle qualità estetiche del planetario, il che offre a Sarah Lynn l’occasione per ripetere una frase icastica – l’analogo del “That’s Too Much, Man!” di Sabrina – che aveva già in pronunciato in precedenza nell’episodio e, ancora prima, da bambina, in un flashback di Prickly-Muffin: “I wanna be an architect” (“Voglio diventare architetto”).
Poi la voce fuoricampo prosegue la sua spiegazione: “Le nostre vite non sono che brevissimi lampi in un universo che ha miliardi di anni…”. BoJack ne trae la conclusione che “non importa quello che abbiamo fatto nel passato o come saremo ricordati, la sola cosa che importa è ora, questo momento, questo momento spettacolare che stiamo condividendo”. Ma Sarah Lynn non gli risponde, nonostante BoJack ripeta il suo nome per tre volte, l’ultima delle quali quando lo schermo è ormai nero e scorrono i titoli di coda.
Che si tratti di overdose non è difficile da inferire, ma che sia stata letale se ne ha certezza soltanto nell’episodio successivo, intitolato con crudele ironia That Went Well. Nel prologo, che di fatto costituisce l’epilogo di That’s Too Much, Man!, vediamo Sarah Lynn nel 2007, all’apice del suo successo. Al termine di un concerto, il pubblico grida ad alta voce il suo nome, facendo così corrispondere le prime parole di That Went Well (“Sarah Lynn! Sarah Lynn!”) alle ultime di That’s Too Much, Man! (“Sarah Lynn? Sarah Lynn? Sarah Lynn?”). Quando BoJack entra nel camerino, Sarah Lynn è felice di incontrarlo, e vorrebbe condividere con lui le perplessità sulla propria carriera, sintetizzate in una frase eloquente: “Lo so che ora sorrido, ma la luce dentro di me si sta spegnendo”. Lo scopo della visita di BoJack è però molto più prosaico: è lì per chiedere a Sarah Lynn di aiutarlo a rilanciare, con un’ospitata, il suo nuovo ma già fallimentare programma televisivo. Delusa, la ragazza lo mette gentilmente alla porta. Da lì si torna al presente, con un telegiornale che annuncia la morte per overdose di Sarah Lynn a soli trentun anni.
Dopo la sigla, l’episodio prende una piega del tutto differente, con una demenziale vicenda di un bastimento di spaghetti che affonda nell’oceano creando le condizioni per una catastrofe ecologica che sarà sventata da Mister Peanutbutter. Si ha sensazione che la linea tragica della serie abbia raggiunto il non plus ultra e che ci sia bisogno di compensare virando nettamente sulla linea comica. D’altra parte, anche in quest’ultima è questione di una catastrofe, seppure rimediabile come indica il That Went Well del titolo. Inoltre, a un certo punto la linea comica si ricollega a quella tragica mediante uno stacco di montaggio che, dagli spaghetti nell’oceano, porta alla pentola di spaghetti fatta maldestramente traboccare da Sabrina in una puntata di Horsin’ Around; un ulteriore stacco di montaggio ci mostra BoJack che come al solito – ma ora più che mai – insegue i suoi fantasmi di fronte al televisore.
Per quanto la linea comica risulti quantitativamente prevalente nell’episodio, la linea tragica torna a prendere il sopravvento nel finale, quando BoJack, alla guida della sua auto, preme il piede sull’acceleratore staccando le mani dal volante, con l’intenzione di farla finita. Poi però sterza e inchioda, scende dalla macchina, e da un’altura vede un gruppo di cavalli atleti che corrono nella valle, come un tempo faceva il suo idolo d’infanzia Secretariat. In assenza di dialoghi, i versi di Stars di Nina Simone si fanno carico di esprimere il flusso di coscienza di BoJack, che continua a esser dominato dal ricordo di quanto avvenuto al planetario, e dal pensiero del confronto impietoso fra le stelle del cielo e le stelline dello show business.
Il Griffith Observatory, nel cui planetario si conclude la vicenda di Sarah Lynn, è il luogo in cui aveva avuto inizio l’avventura di Horsin’ Around, come ci racconta S1E8, The Telescope. In occasione della visita di BoJack a Herb Kazzaz, ormai malato terminale di cancro, un lungo flashback rievoca la storia della loro amicizia. La prima parte del flashback – introdotta da una canzone che esprime parodisticamente lo spirito del tempo: “This is a song from the ‘80s / The decade which it currently is” (“Questa è una canzone degli anni Ottanta / Il decennio in cui ci troviamo”) – racconta l’ascesa dei due giovani artisti nella California degli anni Ottanta. La svolta si ha proprio al Griffith Observatory quando BoJack cita scherzosamente Gioventù bruciata mentre Herb gli racconta che la ABC ha approvato il progetto di Horsin’ Around e sarà BoJack a interpretare il cavallo protagonista della sitcom. Per festeggiare, Herb regala a BoJack il telescopio eponimo con cui osservare la città che i due amici si apprestano a conquistare.
La seconda parte del flashback ha invece per oggetto la fine dell’amicizia fra BoJack e Herb, e si svolge una decina d’anni dopo – con il cambio di decennio segnalato di nuovo nella colonna sonora: “Generic ‘90s grunge song / Everyone in flannel / Generic ‘90s grunge song / Something from Seattle” (“Generica canzone grunge anni Novanta / Tutti con camicie di flanella / Generica canzone grunge anni Novanta/ Qualcosa da Seattle”). L’omosessualità di Herb è divenuta di pubblico dominio e la ABC lo licenzia dalla produzione di Horsin’ Around, senza che BoJack intervenga per aiutare il suo amico. Nonostante siano passati vent’anni da allora, la ferita è ancora aperta e, nella scena al tempo presente, Herb dichiara di non voler accettare le scuse di BoJack, che per lui è soltanto “un egoista codardo che si porta via tutto quel che vuole senza preoccuparsi delle persone che ferisce”. BoJack non la prende bene e il tentativo di riconciliazione con il suo vecchio amico degenera in una rissa. Sarà l’ultimo incontro fra i due.
In S2E3, Still Broken, BoJack partecipa al funerale di Herb, che dopo essere miracolosamente sopravvissuto al cancro ha perso la vita in seguito a un incidente stradale. Il funerale è l’occasione per una rimpatriata del cast di Horsin’ Around, e per una nuova serie di flashback dai quali Herb emerge come la figura paterna della sitcom, l’unica persona in grado di garantire che i legami affettivi fra i membri del cast potessero almeno approssimarsi a quelli, idealizzati, della famiglia della finzione televisiva.
Nel flashback che chiude l’episodio, Herb si rivolge a BoJack, Sarah Lynn, Joelle e Bradley sul set di Horsin’ Around dicendo loro: “Voglio che vi prendiate cura uno dell’altro. Qualunque cosa accada, noi resteremo uniti”. Un istante dopo irrompono sul set i produttori che comunicano che ci si deve immediatamente recare a una festa finalizzata a promuovere la sitcom. BoJack e Herb decidono però di sottrarsi all’invito per andare a visitare il set di un altro celebre programma televisivo, Love Boat. Lì scoprono che l’acqua del mare è alta soltanto pochi centimetri e il cielo azzurro è un fondale dipinto. Il divario fra la finzione e la realtà sembra ancora una volta incolmabile. BoJack esprime la sua perplessità su quel che potrà succedere in seguito al successo imprevisto di Horsin’ Around, ma Herb gli ribatte fiducioso: “Non ho paura, BoJack. Il futuro è luminoso. Guardalo!”. Quel che si vede all’orizzonte, però, è soltanto un cielo di cartone. Il cinico pessimismo di BoJack risulta in fin dei conti più realistico del generoso ottimismo di Herb.


La progressione dei flashback: la saga dei Sugarman

In S4E1, che ha per oggetto la candidatura di Mr. Peanutbutter a governatore della California, BoJack resta eccezionalmente fuori campo. Lo ritroviamo all’inizio dell’episodio successivo, The Old Sugarman Place, esattamente là dove lo avevamo lasciato alla fine della stagione precedente: a guardare i cavalli atleti correre nel deserto. Da lì, BoJack viaggia sino a Harper’s Landing, nel Michigan, dove si trova la casa, da tempo disabitata e ormai in rovina, in cui sua madre Beatrice trascorreva le vacanze da bambina, insieme al fratello maggiore Crackerjack, alla madre Honey e al padre Joseph Sugarman, un magnate dell’industria alimentare.
Come nel Posto delle fragole, il passato torna a rivivere quando un visitatore del presente si affaccia nella dimora abbandonata. A differenza di Isak Borg nel capolavoro di Ingmar Bergman, BoJack non ha tuttavia il privilegio di assistere all’apparizione del mondo di ieri. Quel che accade in The Old Sugarman Place è piuttosto una sovrapposizione nello stesso luogo di due dimensioni temporali, una passata e una presente, che però restano invisibili l’una all’altra; soltanto lo spettatore ha il privilegio di percepirle entrambe.
L’ingresso di BoJack nella casa in rovina si svolge in parallelo alle vacanze dei Sugarman nell’estate del 1944: prima Honey canta I Will Always Think of You accompagnata da Crackerjack al pianoforte, poi l’intera famiglia posa per una foto che è tuttora appesa sopra il camino. Ma la freccia del tempo, come ama ripetere il patriarca Joseph Sugarman, avanza inesorabile. Le stagioni si susseguono per arrivare al tragico inverno del 1944 in cui Beatrice e i suoi genitori piangono Crackerjack, caduto nella guerra contro i nazisti. In parallelo, nella dimensione del presente, Bojack se ne sta al freddo a guardare sullo smartphone una miniserie sulla morte di Sarah Lynn, in cui recita Paul Giamatti con u...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. La ricerca dell'infelicità
  3. Indice dei contenuti
  4. BOJACK, COSÌ LONTANO, COSÌ VICINO
  5. CONCERTO PER CINQUE STRUMENTI IN SETTE MOVIMENTI
  6. IL PASSATO E IL POSSIBILE
  7. DELLA FINE
  8. IMPARARE DA BOJACK
  9. BIBLIOGRAFIA
  10. SCHEDA TECNICA
  11. COLLANA REPETITA