1.
I tre uomini avevano impiegato circa due ore a esplorare l’albergo: erano quindi le dieci meno qualche minuto, quando si diressero di nuovo verso il salone ristorante.
Trovarono gli ospiti annoiati a morte e talmente innervositi dalla cattività che neanche le prelibatezze di Olga erano riusciti ad ammansirli.
Gli Edwards, in particolare, erano in fermento e continuavano a lamentarsi del comportamento fascista della polizia dei Paesi austroungarici.
Britta era ancora molto offesa con Frank e dovette accontentarsi delle chiacchiere insulse di Rudi, che cercava di farsi perdonare per l’intrusione di due giorni prima con una sfilza di frasi galanti e banali. Lei gli rispondeva macchinalmente, ma aveva lo sguardo perso: l’enigma del suo ritrovamento in sala del biliardo continuava a tormentarla.
Suo padre la occhieggiava, preoccupato dalla fasciatura alla testa che la ragazza continuava a toccare infastidita.
Suor Clemente osservava la neve cadere con espressione serena: a quanto pareva, non era più così angosciata all’idea di restare bloccata ancora qualche giorno nell’albergo. Britta si domandò il motivo di un cambiamento così repentino.
Jürgen rientrò con piglio deciso, seguito dai due aiutanti, e prese la parola: “ Meine Herren, abbiamo ultimato la perquisizione”.
“Alla buon’ora!”, sibilò la Edwards, a voce bassa ma perfettamente udibile.
“Ecco, innanzitutto mi scuso per l’attesa, abbiamo fatto più velocemente possibile”.
“Diciassette stanze da perlustrare non sono poche, meine Dame! ”, intervenne un po’ piccato il dottor Gruber, che per via dei suoi reumatismi aveva sofferto più degli altri quel continuo salire e scendere le scale.
“Concordo. Ecco, devo purtroppo informarvi che non abbiamo rinvenuto alcuna traccia del denaro o dei preziosi scomparsi”.
Ci fu un brusio concitato, il cui senso generale potrebbe essere riassunto in un collettivo: “Ve l’avevamo detto!”.
“Ci sono delle teorie… – aggiunse Jürgen guardando di sottecchi il direttore, che annuì energicamente – … Insomma, è stata formulata l’ipotesi che il presunto ladro…”.
“ Presunto?”, si accalorò Frank.
“… Che il presunto ladro sia arrivato dall’esterno e poi sia fuggito nel bosco. Forse aveva dei complici pronti ad aiutarlo, non appena fosse uscito indisturbato dall’albergo – proseguì Jürgen, impassibile –. Per questo motivo, sono costretto a chiedere ancora una volta la vostra collaborazione. Ho bisogno di farvi alcune domande, e per comodità credo sia meglio interrogarvi a piccoli gruppi. Signori! Vi prego! Silenzio! So che è una seccatura, ma faremo il prima possibile e poi potrete tornare alle vostre occupazioni. D’altronde, con questo tempaccio c’è ben poco da fare. Bene. Penso che potremo ascoltare Fräulein Sommer e la sua famiglia prima di pranzo, mentre dopo le ore quattordici farò qualche domanda a voi, meine Herren”, disse rivolgendosi agli Edwards.
“ In for a penny, in for a pound” , sbottò George Edwards, con espressione rassegnata.
“Subito dopo vorrei parlare un attimo con voi, sorella”.
Suor Clemente gli rivolse un delicato cenno di assenso.
“Ehm, bene. Dana?”, disse poi bloccando la cameriera che stava sparecchiando i tavoli.
“ Mein Herr?”.
“Avvisate il personale che dalle diciassette in poi voglio vedere nel mio ufficio: Ingrid, Giovanni e Olga. E voi, naturalmente. Frank, venite pure per ultimo. Nel frattempo, lavorate normalmente: rifate le camere e preparate pure il pranzo e la cena come al solito. Per quanto riguarda la vostra cameriera, Fräulein – disse rivolto a Britta –, può venire con noi adesso, se preferite. Prego, signori, potete seguirmi anche subito. Si tratta solo di poche domande”, concluse Jürgen, facendo strada.
“Ne dubito”, pensò Britta.
E lo seguì nella carrozzina spinta da Elke, accompagnata da suo padre, da Rudi e da zia Gudrun.
2.
I cinque entrarono nel modesto ufficio, dove il dottore e il direttore si erano intanto accomodati dietro alla scrivania.
Jürgen stava armeggiando in un piccolo sgabuzzino nascosto dietro la porta, dove racimolò quattro sedie scompagnate e uno sgabello di legno.
Fece accomodare gli ospiti, tranne Britta, già seduta sulla sedia a rotelle; tenne lo sgabello per sé. Si sedette a sua volta dietro la scrivania ed estrasse dalla tasca della giacca un lapis e il taccuino nero su cui aveva preso appunti durante la perquisizione.
“Bene, signori, grazie ancora della vostra disponibilità. Faremo in un attimo. Per comodità, vi prego di dirmi innanzitutto dove si trovava ognuno di voi tra le tre e le cinque del mattino di due giorni fa”.
“Cosa?”, esplose Markus Sommer.
“È solo una formalità, Herr Sommer! – spiegò Jürgen –, serve a me per capire se avete potuto sentire o vedere qualcosa di sospetto”.
“Ma due giorni fa non è quando… quando hanno ucciso quel poveretto?”, intervenne a sproposito zia Gudrun.
“Ancora non sappiamo se sia stato un omicidio, Frau Sommer”, chiarì il dottore.
“Esatto. Per ora mi sto occupando solo del presunto furto. Per far luce sulla questione dell’avvelenamento dovremo attendere l’esito dell’autopsia”.
Zia Gudrun rabbrividì.
“Beh, è presto detto – disse poi, velocemente per l’appunto –. Io ero a letto e dormivo come un ghiro. La cucina di questo hotel è squisita, Herr Direktor, ma anche piuttosto… impegnativa”.
Herr Shulze le sorrise debolmente.
“Io faccio fatica a dormire, al contrario di mia sorella. Certo, c’è da dire che ho uno stile di vita più morigerato”, la fulminò Markus Sommer.
“Provate con un buon bicchiere di rosso, concilia il sonno che è un piacere”, gli disse bonariamente il dottore.
“Io non bevo – replicò il signor Sommer, gelido –. Dicevo, faccio fatica a dormire. Ho trascorso la notte rivedendo alcuni conti della mia società; purtroppo, appena mi allontano, i miei sottoposti fanno di tutto per mandarmi in rovina. Mi sarò addormentato intorno alle tre e mezza del mattino”.
“Ah! Questo mi interessa molto! E non avete sentito nulla? Un rumore, un grido, delle voci? Qualcosa?”.
“Non mi pare. Ah, sì, aspettate. Stavo per addormentarmi, quando ho sentito una voce in corridoio. Non so che ore fossero, molto tardi, comunque. In realtà, per un attimo ho pensato che foste voi, Rudi”, disse il signor Sommer.
Rudi arrossì violentemente e guardò Britta.
“Cavatela da solo”, gli disse lei con gli occhi.
“Ecco, no, Herr Sommer, non ero io. Cioè, prima, verso mezzanotte e mezza, sono… sono passato un attimo a dare la buonanotte a vostra figlia. Solo un saluto rapido dopo l’ultimo bicchiere giù al bar. Forse avete sentito la mia voce a quell’ora. Ma era al massimo l’una meno un quarto, non certo le tre di notte”, disse.
Le sopracciglia del signor Sommer erano così inarcate da sembrare sul punto di spezzarsi, ma non avrebbe mai parlato di una questione di famiglia così delicata davanti a degli estranei. I suoi occhi lampeggianti fecero però capire a Britta che l’aspettava un brutto quarto d’ora, più tardi, per aver lasciato che un uomo entrasse nella sua stanza a un orario tanto sconveniente, rischiando di mettere in discussione reputazione e matrimonio.
Il fatto che l’uomo in questione fosse il futuro sposo non cambiava le cose: c’era sempre il rischio che, concedendosi troppo presto, la ragazza facesse perdere interesse al fidanzato.
“È tutto così ingiusto! – si disse Britta, esasperata –. Non l’ho certo invitato io a entrare! Ma non mi crederà nessuno, come al solito. La colpa è sempre della donna, ovviamente”.
“Quindi voi cosa avete fatto, dopo aver… ehm… salutato la vostra fidanzata?”, riprese Jürgen.
“Come ho detto, ero stato al bar a parlare di politica internazionale con quell’Edwards, che peraltro avrebbe bisogno di una bella lezione. In molti sensi. C’eravate anche voi, dottore – disse, mentre Hector annuiva –. Poi ho… fatto due parole con Britta e sono tornato in stanza. Avevate offerto lo champagne, quella sera, Herr Direktor… e credo di averne bevuto parecchio. Sono crollato”.
“Quindi non avete sentito alcun rumore, verso le tre e mezza del mattino?”.
“Assolutamente no”, scandì Rudi, accalorato.
“Ottimo, ottimo”, lo rabbonì Herr Shulze.
“Io ho sentito un rumore, però! Anzi, più di uno!”, intervenne Britta.
Tutti la fissarono.
“Vi prego, illuminateci, Fräulein”, le disse Jürgen con una leggerissima sfumatura ironica nella voce.
“Anch’io ho fatto fatica a dormire quella notte, ero un po’ sconvolta per via di…
beh, non importa – cominciò, evitando con decisione di guardare Rudi –. Come sapete, avevo fatto visita a Herr Neumann prima che il mio fidanzato passasse a salutarmi – proseguì, calcando con forza sulle ultime parole –. Subito dopo mi sono buttata a letto. Mi ero assopita da circa due o tre ore quando sono stata svegliata da una voce maschile in corridoio”.
“La stessa che avete sentito voi, probabilmente”, disse Jürgen a Markus Sommer, che annuì.
“Ma l’uomo non era solo. Ho sentito anche una risata femminile”.
“Cosa? Una donna? Interessante! Ne siete certa?”.
“Beh, sì. Almeno, credo… mi è proprio sembrato di sentire una donna ridere due o tre volte. Mi è parso strano, in effetti, vista l’ora”.
“Stavi sicuramente sognando!”, intervenne Rudi con la sua solita, insopportabile aria di superiorità.
“E avete riconosciuto le voci dell’uomo e della donna?”.
“Ecco. No. Non mi pare”, rispose Britta dopo qualche istante, con la sensazione che qualcosa le stesse sfuggendo. Ma cosa?
“Bene. Se non c’è altro…”.
“In realtà ho sentito un altro rumore, quella notte. Un tonfo, come di un mobile rovesciato. Posso essere precisa anche sull’ora perché ho guardato l’orologio. Erano le quattro e venti del mattino”.
“Ah! Le quattro e venti del mattino… molto bene”, disse Jürgen, segnando tutto accuratamente sul taccuino.
“E per quanto riguarda voi, cara?”, domandò gentilmente il dottore a Elke, che era un po’ in soggezione per la solennità dell’evento e assomigliava più che mai a una bambina spaventata; forse anche per via delle treccine bionde arrotolate intorno alla nuca.
“Ecco, meine Herren, io ho cenato alle sei e mezza, poi ho aiutato la Fräulein a vestirsi. Lei mi ha detto che non avrebbe più avuto bisogno di me. Allora sono andata un attimo in sala bar, era ancora molto presto. Voi siete stato tanto gentile da offrirmi una tisana fatta con le erbe che raccogliete – sorrise a Herr Shulze –. Era deliziosa, alla melissa e fiordaliso, con un po’ di liquirizia essiccata…”.
“Sì. In realtà ci basta sapere cosa avete fatto dalle tre alle cinque del mattino”, la interruppe Jürgen, intollerante alle divagazioni.
Elke si confuse e arrossì: “Oh. Perdonatemi”.
“Vai pure avanti, Elke!”, la incoraggiò Britta con un sorriso.
“Sono andata subito in camera, ho stirato due camicie del padrone, ho detto le preghiere e alle nove e mezzo già dormivo”, concluse semplicemente la ragazza.
“E ora, credo che la mia famiglia abbia fatto il suo dovere più che a sufficienza.
Noi ce ne andiamo a pranzo”, disse freddamente il signor Sommer, alzandosi.
“Ma certo, mein Herr. E ancora grazie a tutti voi per la collaborazione”, rispose in fretta Herr Shulze, alzandosi a sua volta in segno di rispetto.
“Un istante”, disse Britta, bloccando il braccio di Elke, che si apprestava a spingere la sedia a rotelle.
“ Meine Herren, potrei chiedervi l’immenso favore di restare qui con voi? Prometto che starò in un angolo e farò silenzio”.
“Impossibile!”, pensò il dottore sorridendo tra sé.
“Ma perché?”, le chiese Rudi, in realtà piuttosto indifferente alla risposta.
C’era solo un argomento che li avrebbe convinti: “Beh, perché mi annoio da morire! Almeno qui succede qualcosa di interessante! Pensate quando lo racconterò alla festa dei von Thungen! – disse, simulando un tono frivolo –. Voi intanto andate pure a pranzo. E dopo potrete giocare a biliardo senza femmine tra i piedi – ammiccò, con un sorriso forzato.
“Beh, andiamo, allora? Io ho una fame…”, bofonchiò Rudi, mentre il signor Sommer faceva un’alzata di spalle per commentare la stranezza dei desideri delle donne.
“Mi dispiace, Fräulein, ma è fuori discussione – le disse bruscamente Jürgen –. Stiamo conducendo un’indagine seria, qui”.
Britta capì che non avrebbe potuto rompere quel muro; così decise di scavalcarlo.
“Oh, vi prego, Herr Direktor! – piagnucolò –. Ci terrei tantissimo. Perché negarmi un innocente passatempo, dopo tutti i disagi che abbiamo già dovuto subire qui?”.
Herr Shulze diventò scarlatto.
“Jürgen – disse, con un tono di voce che non ammetteva repliche –, se la Fräulein vuole rimanere qui, rimarrà qui. È una graditissima ospite di questo albergo e può...